Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 10721 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 10721 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/04/2025
R.G.N. 6450/20
C.C. 25/02/2025
ORDINANZA
Risarcimento danni ex art. 1669 c.c. -Gravi difetti -Tutela risarcitoria ai sensi dell’art. 2043 c.c.
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 6450/2020) proposto da: COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE e COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE, rappresentati e difesi, giusta procura in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio digitale eletto presso l’indirizzo PEC del difensore;
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE (P.IVA: P_IVA, in persona del suo legale rappresentante pro -tempore , elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende, unitamente all’Avv. NOME COGNOME giusta procura in calce al controricorso;
-controricorrente – avverso la sentenza del Tribunale di Milano n. 11333/2019, pubblicata il 6 dicembre 2019, notificata a mezzo PEC il 6 dicembre 2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25 febbraio 2025 dal Consigliere relatore NOME COGNOME
lette le memorie illustrative depositate nell’interesse delle parti, ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c.
FATTI DI CAUSA
1. -Con atto di citazione notificato il 28 ottobre 2015, COGNOME NOME e COGNOME NOME convenivano, davanti al Giudice di Pace di Milano, la RAGIONE_SOCIALE chiedendo che la società convenuta -quale costruttrice e venditrice -fosse condannata al risarcimento dei danni, in favore degli attori, nella misura di euro 2.230,00 o della diversa maggiore o minore somma accertata, per i gravi difetti presenti all’interno dell’appartamento di loro proprietà, sito nel Comune di Gorgonzola, nell’ambito del complesso immobiliare denominato ‘RAGIONE_SOCIALE‘, difetti imputabili ai vizi di costruzione dell’immobile e consistenti nell’omessa realizzazione della vaschetta di raccolta della condensa, da collegarsi con idoneo tubicino al sifone di scarico del lavello della cucina, con conseguente determinazione del ristagno di acqua e di umidità sul muro.
Si costituiva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE, la quale contestava la fondatezza, in fatto e in diritto, della domanda avversaria e ne chiedeva il rigetto.
Nel corso del giudizio era assunta la prova orale ammessa ed era espletata consulenza tecnica d’ufficio.
Quindi, il Giudice di Pace adito, con sentenza n. 11800/2017, depositata il 18 dicembre 2017, notificata il 5 febbraio 2018, riconosciuta l’esistenza dei vizi costruttivi dedotti, condannava, per l’effetto, la RAGIONE_SOCIALE alla corresponsione, in favore degli attori, della somma di euro 1.830,00, oltre IVA.
2. -Con atto di citazione notificato il 7 marzo 2018, la RAGIONE_SOCIALE proponeva appello avverso la pronuncia di prime cure e, all’uopo, lamentava: 1) l’erroneità della sentenza per difetto dei presupposti giustificativi dell’applicazione della disciplina di cui all’art. 1669 c.c.; 2) l’erronea ritenuta tempestività della domanda spiegata, a fronte delle sollevate eccezioni di decadenza e prescrizione, non avendo, tra l’altro, gli attori indicato la data di scoperta del vizio; 3) la mancanza di prova circa la sussistenza del vizio, sia quanto alla sua entità, sia in relazione alla sua causazione.
Si costituivano in giudizio COGNOME NOME e COGNOME NOME, i quali instavano per la declaratoria di rigetto dell’impugnazione, esponendo che le alterazioni denunciate (attinenti a ristagni di acqua con condensa sul fondo della canna fumaria, che maculavano la muratura, creando un’alonatura di umidità attorno al foro di innesto del tubo), anche se relative a parti non essenziali dell’opera, bensì ad elementi accessori o secondari, comunque avrebbero giustificato il ricorso all’azione ex art. 1669 c.c., in quanto incidenti negativamente e in modo considerevole sul godimento dell’immobile, con la riduzione di tale godimento in modo apprezzabile e con il pregiudizio arrecato alla normale utilizzabilità, all’utilità e alla funzionalità in base all’uso suo proprio.
Decidendo sul gravame interposto, il Tribunale di Milano, con la sentenza di cui in epigrafe, in accoglimento dell’appello e in riforma della pronuncia impugnata, rigettava la domanda risarcitoria proposta da COGNOME NOME NOME e COGNOME NOME e li condannava alla restituzione delle somme corrisposte da RAGIONE_SOCIALE in forza della sentenza di prime cure.
A sostegno dell’adottata pronuncia il Tribunale rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che, in accoglimento del primo motivo, da leggere congiuntamente al terzo, doveva ritenersi che il vizio in oggetto non fosse riconducibile nell’alveo dell’art. 1669 c.c. e che, per tale ragione, non potesse trovare applicazione la tutela ad esso sottesa; b ) che il vizio accertato dal consulente tecnico d’ufficio, consistente nella presenza di ristagno di acqua e umidità su una parete della cucina, e più precisamente di macchie di umidità intorno al canale di sfogo che collegava la cappa della cucina alla canna fumaria, imputabile alla mancata predisposizione in fase costruttiva della vaschetta e del tubicino di raccolta della condensa alla base del tubo da collegarsi allo scarico del lavandino della cucina, in quanto vizio appunto attinente alla cappa della cucina, non incideva sul profilo funzionale della stessa, ma determinava l’insorgenza di macchie di umidità e di condensa sulla parete intorno alla cappa, sicché non era riconducibile al concetto di ‘gravi difetti’ di cui all’art. 1669 c.c.; c ) che, nell’ambito della tutela accordata dalla suddetta norma, potevano farsi rientrare i vizi e difetti incidenti non su elementi costitutivi ma secondari, tuttavia le alterazioni sarebbero dovute ricadere sulla struttura, sulla funzionalità, sull’utilizzo dell’opera, menomandone apprezzabilmente il godimento, il che, nel caso di
specie, non era accaduto, poiché non era emerso che il descritto difetto avesse menomato il godimento della cucina; d ) che, in particolare, non risultava che la cucina o, nello specifico, la cappa non funzionasse o non potesse essere utilizzata, poiché la macchia di condensa/umidità era circoscritta all’attaccatura della cappa e, quindi, aveva un’estensione limitata (come verificabile dalle foto accluse alla relazione peritale) e il vizio era di modesta entità, sicché il godimento del bene non era compromesso, tantomeno in modo apprezzabile; e ) che, pertanto, il suddetto vizio non era soggetto alla tutela di cui all’art. 1669 c.c., né l’azione avrebbe potuto essere inquadrata ai sensi dell’art. 1667 c.c., attesa la natura soggettiva della parte convenuta, o ai sensi dell’art. 1495 c.c., visto il termine decadenziale e prescrizionale, né ai sensi dell’art. 2043 c.c., mancando, a monte, l’allegazione relativa agli elementi costitutivi dell’istituto affinché potesse essere posta in essere una simile configurazione.
-Avverso la sentenza d’appello hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, COGNOME NOME e COGNOME NOME
Ha resistito, con controricorso, l’intimata RAGIONE_SOCIALE
-Le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Preliminarmente occorre affrontare l’eccezione di inammissibilità del ricorso, come sollevata dalla controricorrente, per violazione dell’art. 366, primo comma, n. 4, c.p.c., in ragione della prospettata mancata menzione ed assenza di critica dei capi
della sentenza impugnata e per carenza di intellegibilità delle violazioni ex adverso denunciate.
1.1. -L’eccezione è priva di fondamento.
Infatti, le doglianze proposte rispettano i criteri di sinteticità e chiarezza e si appuntano avverso i debitamente richiamati asserti della pronuncia impugnata.
Per l’effetto, risulta osservato il principio a mente del quale, in tema di ricorso per cassazione, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, primo comma, n. 4, c.p.c., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., a pena di inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 18998 del 06/07/2021; Sez. U, Sentenza n. 23745 del 28/10/2020; Sez. L, Ordinanza n. 17224 del 18/08/2020).
2. -Tanto premesso, con il primo motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1669 c.c. e degli artt. 112, 342 e 345 c.p.c., per avere il Tribunale escluso che ricorresse la gravità dei difetti ex art. 1669 c.c., in accoglimento del primo e del terzo motivo, benché in tali censure l’appellante non avesse mai eccepito nulla di specifico in punto di gravità dei difetti, essendosi la Continental Project limitata a contestare la sussistenza di alcun potere di direttiva e controllo sull’operato degli appaltatori (e solo sotto questo profilo, attinente alla
propria legittimazione passiva, avrebbe negato l’integrazione dei presupposti dell’azione ex art. 1669 c.c., oltre che quanto all’intervenuta decadenza e prescrizione della domanda).
Obiettano gli istanti che anche il terzo motivo d’appello, rubricato ‘infondatezza nel merito dell’avversa pretesa’, si sarebbe concretizzato in una ricostruzione alternativa, priva di basi scientifiche e del tutto autoreferenziale, del danno accertato dal consulente tecnico d’ufficio, senza che nulla fosse eccepito in punto di gravità dei difetti.
Rilevano, per l’effetto, i ricorrenti che il giudice d’appello sarebbe incorso nel vizio di extra-petizione, pronunciandosi oltre i limiti delle doglianze fatte valere, non avendo l’appellante mai indicato la parte del provvedimento di primo grado riferita alla gravità del vizio e le modifiche richieste per superarla.
2.1. -Il motivo è infondato.
Ed infatti l’atto di appello ha contestato specificamente le argomentazioni della sentenza di primo grado, nella parte in cui ha ritenuto che fossero stati integrati i gravi difetti idonei a legittimare la tutela risarcitoria contemplata dall’art. 1669 c.c.
Come riconosciuto dagli stessi ricorrenti, a pag. 11 dell’atto d’appello, si afferma: ‘Anzitutto, preme rilevare che il preteso vizio ex adverso lamentato non rientra certo tra le ipotesi di rovina e difetti di cose immobili di cui all’art. 1669 c.c., che risulta quindi del tutto inapplicabile al caso di specie’; continuando, a pag. 13, nel senso che ‘… alla luce di quanto sopra esposto, il Giudice di pace di Milano avrebbe dovuto ritenere inapplicabile la disciplina di cui all’art. 1669 c.c.’, ed infine, a pag. 21, sostenendo che ‘… nulla è stato provato in
merito alla sussistenza dell’asserito vizio né in ordine alla gravità e causazione dello stesso, in palese violazione dei principi vigenti in tema di prova’.
Inoltre, le censure sul difetto di gravità dei difetti accertati sono state collegate alle argomentazioni esposte dalla sentenza impugnata. In premessa, a pag. 8 dell’atto di gravame, è stato specificato che l’appello aveva ad oggetto ‘… la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto applicabile al caso di specie e nei confronti della società odierna esponente la responsabilità ex art. 1669 c.c. per rovina e difetti di cose immobili’.
3. -Con il secondo motivo i ricorrenti prospettano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1669 c.c., con l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, per avere il Tribunale ritenuto, contrariamente alle conclusioni cui era pervenuto il Giudice di Pace, che il vizio accertato non incidesse sulla funzionalità dell’immobile acquistato e, quindi, non fosse riconducibile al concetto di ‘gravi difetti’ di cui all’art. 1669 c.c.
Osservano gli istanti che, travisando le risultanze sia della consulenza tecnica d’ufficio sia degli atti di causa, il giudice del gravame avrebbe sostenuto che la menomazione apprezzabile del godimento sarebbe stata esclusa dagli esiti peritali e neanche sarebbe stata allegata dalla parte quale elemento concreto in fatto.
3.1. -Il motivo è infondato.
Nella fattispecie, è stato escluso -conformemente al consolidato indirizzo nomofilattico di questa Corte -che il difetto rilevato dal consulente tecnico d’ufficio, consistente nell’appurata esistenza di ristagni di acqua/condensa sul fondo della canna fumaria (causati dal difetto di collegamento della vaschetta di raccolta della condensa, mediante idoneo tubicino, al sifone di scarico del lavello della cucina), che maculavano la muratura per via dell’imbibimento della stessa, creando un’alonatura di umidità attorno al foro di innesto del tubo, costituisse un ‘grave difetto’ ex art. 1669 c.c.
Segnatamente il Tribunale -pur riconoscendo che i difetti rilevanti possono incidere anche su elementi secondari, purché incidenti sulla funzionalità del bene, menomandone il godimento -ha escluso, sulla scorta delle risultanze peritali, che il vizio come innanzi descritto incidesse sulla funzionalità della cucina e, in specie, della cappa, essendo appunto la macchia di condensa/umidità circoscritta all’attaccatura della cappa, con un’estensione limitata.
In proposito, questa Corte ha evidenziato che sono gravi difetti dell’opera, rilevanti ai fini dell’art. 1669 c.c., anche quelli che riguardino elementi secondari ed accessori (come impermeabilizzazioni, rivestimenti, infissi, etc.), purché tali da compromettere la funzionalità globale e la normale utilizzazione del bene, secondo la destinazione propria di quest’ultimo (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 30792 del 06/11/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 24230 del 04/10/2018; Sez. 2, Sentenza n. 1751 del 24/01/2018; Sez. 2, Ordinanza n. 27315 del 17/11/2017; Sez. U, Sentenza n. 7756 del 27/03/2017).
Compromissione debitamente esclusa dal Tribunale secondo le argomentazioni addotte.
Ne discende che la valutazione a tal fine effettuata dal giudice di merito -sull’esclusione dell’incidenza delle deficienze costruttive sulla funzionalità dell’opera e sulla menomazione del godimento dell’immobile costituisce apprezzamento che sfugge al sindacato di legittimità, in quanto correttamente motivato (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 12231 del 19/08/2002; Sez. 2, Sentenza n. 6997 del 26/05/2000; Sez. 2, Sentenza n. 81 del 07/01/2000; Sez. 2, Sentenza n. 6229 del 24/10/1983; Sez. 2, Sentenza n. 1622 del 24/05/1972).
4. -Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2043 c.c., con l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, per avere il Tribunale escluso la tutela risarcitoria secondo la clausola generale sulla responsabilità aquiliana, mancando, a monte, l’allegazione degli elementi costitutivi dell’istituto affinché potesse essere ipotizzata una simile configurazione.
Per converso, deducono gli istanti che avrebbero espressamente invocato la tutela ai sensi dell’art. 2043 c.c., laddove la fattispecie concreta non fosse ricaduta nell’alveo dell’art. 1669 c.c., nella comparsa conclusionale del giudizio di secondo grado, di cui sarebbero sussistiti tutti gli elementi costitutivi.
E d’altronde una diversa qualificazione giuridica sarebbe stata sempre ammissibile, perfino nel corso del giudizio d’impugnazione, ad opera della parte o del giudice.
4.1. -Il motivo è infondato.
In via pregiudiziale, si rileva che l’esercizio dell’azione generale di risarcimento danni ex art. 2043 c.c. spetta solo allorché, al momento in cui l’avente diritto può far valere la propria pretesa, i presupposti oggettivi delineati dalla norma speciale di cui all’art. 1669 c.c. non sussistano: a ) o per la natura dell’immobile interessato (diverso dagli edifici o da altre cose immobili destinate per loro natura a lunga durata); b ) o per la natura delle deficienze riscontrate (diverse dalla rovina, in tutto o in parte, dall’evidente pericolo di rovina o dai gravi difetti); c ) o per la natura delle cause acclarate (diverse dal vizio del suolo o dalle carenze della costruzione); d ) o per l’insorgenza della carenza costruttiva dopo il decorso del termine di dieci anni dal compimento dell’opera, termine, quest’ultimo, di natura sostanziale, che non ricade negli istituti della decadenza o della prescrizione, determinando piuttosto la durata del rapporto che deriva dall’attuazione dell’intervento programmato e, dunque, rappresentando un elemento costitutivo della fattispecie (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 31301 del 10/11/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 20450 del 17/07/2023; Sez. 2, Sentenza n. 19823 del 19/09/2014; Sez. 3, Sentenza n. 3029 del 20/06/1978; Sez. 3, Sentenza n. 3072 del 09/07/1977).
La medesima conclusione vale per l’ipotesi in cui difettino i presupposti soggettivi, ossia la legittimazione attiva per la qualità dei soggetti pretendenti (diversi dai committenti o suoi aventi causa), necessaria allo scopo di esperire l’azione di cui all’art. 1669 c.c.: in tal caso, non ricorre un concorso di norme, sicché non sono integrati dei validi motivi per precludere la facoltà del
danneggiato di spiegare l’azione generale di cui all’art. 2043 c.c. (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 27385 del 26/09/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 21719 del 27/08/2019; Sez. 3, Sentenza n. 1748 del 28/01/2005; Sez. 3, Sentenza n. 3338 del 07/04/1999).
Orbene, pur potendo degradare gli asseriti gravi difetti a meri vizi della cosa, secondo la prospettazione innanzi esposta, nella fattispecie, non avrebbe potuto essere esercitata l’azione di responsabilità extracontrattuale dei compratori verso il venditore per la ricorrenza di tali vizi, che avrebbero, invece, richiesto l’esperimento delle azioni speciali per la garanzia dei vizi della cosa alienata.
Ed invero, in caso di inadempimento del venditore, oltre alla responsabilità contrattuale da inadempimento o da inesatto adempimento, è configurabile anche la responsabilità extracontrattuale del venditore stesso, solo qualora il pregiudizio arrecato al compratore abbia leso interessi di quest’ultimo che, essendo sorti al di fuori del contratto, abbiano la consistenza di diritti assoluti; diversamente, quando il danno lamentato sia la conseguenza diretta del minor valore della cosa venduta o della sua distruzione o di un suo intrinseco difetto di qualità si resta nell’ambito della responsabilità contrattuale, le cui azioni sono soggette a prescrizione annuale (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 24872 del 21/08/2023; Sez. 3, Sentenza n. 3021 del 11/02/2014; Sez. 2, Sentenza n. 11410 del 08/05/2008).
Simili interessi estranei al contratto, tali da assurgere al rango di diritti assoluti, pacificamente non sono stati dedotti nel caso in disputa, sicché l’evocazione della generale responsabilità aquiliana verso il venditore non può costituire un espediente per
eludere i termini decadenziali e prescrizionali dell’azione contrattuale relativa alla garanzia per i vizi nella vendita.
5. -Con il quarto motivo i ricorrenti contestano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1173 e 1669 c.c., con l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, per avere il Tribunale tralasciato di esaminare l’eccezione svolta dagli appellati in punto di riconoscimento del vizio e di formulazione della proposta di sostituzione della cappa della cucina (acquisita nell’istruttoria testimoniale del processo di primo grado il 26 luglio 2016), quale fonte di nuova obbligazione soggetta a prescrizione decennale e svincolata, come tale, dal requisito della gravità di cui all’art. 1669 c.c. (eccezione svolta nella comparsa di risposta in appello).
Sostengono gli istanti che il geometra COGNOME, per conto della RAGIONE_SOCIALE, proponeva agli odierni ricorrenti di ovviare al grave vizio/difetto del proprio appartamento attraverso la sostituzione, a cura e spese della società RAGIONE_SOCIALE, della cappa ad aspirazione con una semplice cappa a carboni attivi; e così anche il consulente tecnico di parte appellante aveva riconosciuto il vizio costruttivo nel corso delle operazioni peritali, con e-mail del 9 marzo 2017, indirizzata a tutte le parti e ai loro difensori, con cui aveva manifestato la disponibilità a chiudere bonariamente la questione ‘per una cifra intorno ad euro 2.000,00, a parte CTU’.
5.1. -Il motivo è infondato.
Anzitutto, la prospettazione della tenutezza della RAGIONE_SOCIALE, in forza di una nuova e autonoma obbligazione di facere ,
è stata svolta dagli odierni ricorrenti solo nel giudizio di gravame, e dunque tardivamente, mentre nel giudizio di primo grado è stata fatta valere la sola azione risarcitoria per gravi difetti ex art. 1669 c.c. verso il committente costruttore e venditore.
Né alcun impegno è stato assunto dal costruttore-venditore di eliminare gli eventi lesivi (che sia stato accettato dall’avente diritto), tale da far insorgere una nuova obbligazione, svincolata dal termine annuale di prescrizione e soggetta all’ordinaria prescrizione decennale (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 20853 del 29/09/2009; Sez. 2, Sentenza n. 8026 del 27/04/2004).
In secondo luogo, nel corso del giudizio, sia in primo grado sia in appello, la RAGIONE_SOCIALE ha sempre contestato la pretesa avversaria.
In ultimo, le trattative per comporre bonariamente la vertenza, le proposte, le concessioni e le rinunce fatte dalle parti a scopo transattivo, se non raggiungono l’effetto desiderato, non avendo come proprio presupposto l’ammissione totale o parziale della pretesa avversaria, non rappresentano, quindi, riconoscimento del diritto altrui (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 6034 del 06/03/2008; Sez. 3, Sentenza n. 5948 del 02/07/1997; Sez. 1, Sentenza n. 4060 del 09/05/1997; Sez. 1, Sentenza n. 2189 del 05/03/1994).
6. -In conseguenza delle argomentazioni esposte, il ricorso deve essere respinto.
Le spese e compensi di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002,
n. 115 -, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, alla refusione, in favore della controricorrente, delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 2.269,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda