SENTENZA TRIBUNALE DI BARI N. 4041 2024 – N. R.G. 00004883 2015 DEL 02 10 2024 PUBBLICATA IL 03 10 2024
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI BARI II SEZIONE CIVILE
in persona del Giudice dott.ssa NOME COGNOME ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. r.g. 4883/2015
promossa da
e , rappresentati e difesi, giusta mandato in atti, dall’avv. NOME COGNOME;
ATTORI
contro
in persona del legale liquidatore p.t. rappresentata e difesa, giusta mandato in atti, dall’avv. NOME COGNOME
CONVENUTA
OGGETTO: risarcimento danni ex art. 1669 c.c. a seguito di a.t.p. di cui al giudizio n. R.G.: 4883/2015.
CONCLUSIONI
Le parti hanno concluso come da note di trattazione scritta depositate per l’udienza del 15.3.2024, che qui si intendono integralmente richiamate.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. ritualmente notificato, – in qualità di proprietaria dell’immobile acquistato in data 04.02.2008, giusta atto di compravendita per notaio rep. 57456, racc. 24402- e – attuale residente dell’abitazione – hanno convenuto in giudizio la impresa costruttrice in liquidazione, al fine di accertare e dichiarare la sussistenza di gravi difetti all’immobile, nonché l’inadempimento della convenuta per aver omesso di fornire la certificazione di abitabilità e l’attestato di certificazione energetica ai sensi del D.Lgs 192/05, con condanna, altresì, al pagamento delle somme stabilite in sede di CTU.
Nello specifico, hanno denunciato la manifestazione di alcuni fenomeni di umidità ed accumuli di muffe, nonché l’insussistenza di isolamento termo acustico tra i solai e le pareti interne divisorie tra le diverse unità immobiliari, difetti che hanno comportato il deterioramento e ammuffimento degli arredi, la deformazione degli infissi, il rigonfiamento della parete in ceramica presente in uno dei bagni. Hanno aggiunto, altresì, che per l’accertamento dei lamentati vizi è stato instaurato giudizio di A.T.P. ex art, 696 c.p.c. (N. R.G. 6701/2014), all’esito del quale, verificato lo stato dei luoghi e valutate le cause e l’entità dei danni riscontrati, è stata accertata la sussistenza dei vizi e sono stati indicati gli interventi di riparazione necessari, giusta perizia tecnica a firma del C.T.U. incaricato, Ing. .
Sulla base di tali circostanze, l’attrice ha chiesto la condanna di al pagamento di: i) € 16.704,32 più iva per opere di riparazione e rimessione in pristino dell’immobile; ii) € 2.400, 00 più iva per opere di rimozione delle immissioni sonore da vano interrato; iii) € 20.860,00 (pari al 20% del prezzo di acquisto dell’immobile, pari a € 104.300,00) per deprezzamento dell’immobile a causa di vizi non emendabili, ovvero alla minor somma da determinarsi in via equitativa.
L’attore ha, invece, concluso per la condanna di parte convenuta al pagamento di € 774,00 a titolo di maggiori esborsi energetici, oltre ai compensi liquidati al C.T.U. e al suo ausiliario in sede di a.t.p.
costituitasi in giudizio, ha chiesto, in via preliminare, la nullità del ricorso per omessa o assoluta incertezza del punto sub 4) dell’art. 163 c.p.c.; sempre preliminarmente, ha eccepito la violazione dei termini e delle condizioni per l’esercizio dell’azione – tanto qualificandola ex artt. 1490 1495 c.c., quanto riqualificandola ex artt. 1667 – 1670 c.c. ovvero ex art. 1669 c.c. Nel merito, ha insistito per il rigetto della domanda, poiché infondata in fatto e in diritto.
Disposto il mutamento del rito – giusta ordinanza resa a verbale d’udienza del 29.05.2015 – ed acquisito il fascicolo di A.T.P. di cui al giudizio N. R.G. 6701/2014, la causa, istruita sulla scorta della produzione documentale versata in atti dalle parti ed interrogatorio formale del legale rappresentante della è pervenuta all’udienza del 15.03.2024 dove, sulle conclusioni come in epigrafe precisate, è
stata riservata per la decisione, con concessione alle parti dei termini di cui all’art. 190 c.p.c.
MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO
Preliminarmente, occorre precisare che l’oggetto del presente giudizio involge l’applicazione delle disposizioni normative in materia di appalto privato. Com’è noto, l’appalto è il contratto sinallagmatico mediante il quale una parte, il committente, affida ad un altro soggetto, l’appaltatore, la realizzazione di un’opera in cambio di un corrispettivo in danaro. L’appaltatore assume l’obbligazione con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio; egli è tenuto a garantire il committente per eventuali
difformità e vizi dell’opera. Tuttavia, il committente è onerato di denunciare i difetti entro un dato termine di decadenza ed agire giudizialmente nel termine di prescrizione fissato dalla legge.
Attese le eccezioni formulate dal convenuto in merito all’intervenuta decadenza e prescrizione della domanda formulata dai ricorrenti, occorre verificare quale sia la disciplina applicabile. In materia di vizi dell’esecuzione dell’opera vengono in rilievo l’art. 1667 c.c. secondo il quale l’appaltatore è tenuto alla garanzia per le difformità e i vizi dell’opera e l’art. 1669 c.c. che si applica esclusivamente ai beni immobili e prevede la responsabilità dell’appaltatore per vizi che determinino rovina o pericolo di rovina e per gravi difetti.
Segnatamente la Suprema Corte ha avuto modo di precisare che il difetto di costruzione che, ai sensi dell’art. 1669 cod. civ., legittima il committente alla relativa azione, può consistere in una qualsiasi alterazione, conseguente ad un’insoddisfacente realizzazione dell’opera, che, pur non riguardando parti essenziali della stessa (e perciò non determinandone la “rovina” od il “pericolo di rovina”), bensì quegli elementi accessori o secondari che ne consentono l’impiego duraturo cui è destinata (quale, ad esempio, l’intonaco) incida negativamente ed in modo considerevole sul godimento dell’immobile medesimo (Cass. sez. II, n. 456/2016). E ancora configurano gravi difetti dell’edificio, a norma dell’art. 1669 c.c., anche le carenze costruttive dell’opera – da intendere altresì quale singola unità abitativa – che pregiudicano o menomano in modo grave il normale godimento e/o la funzionalità e/o l’abitabilità della medesima, come allorché la realizzazione è avvenuta con materiali inidonei e/o non a regola d’arte ed anche se incidenti su elementi secondari ed accessori dell’opera (quali, proprio come nel caso in esame, pareti perimetrali, pavimento a confine con il vano autorimessa), purché tali da incidere negativamente ed in modo considerevole sul suo godimento e da comprometterne la normale utilità in relazione alla sua destinazione economica e pratica, e per questo eliminabili solo con lavori di manutenzione, ancorché ordinaria, e cioè mediante opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici (Cass. Ord. n. 1423 del 18/01/2019; Cass. Sez. U n. 7756 del 27/03/2017; Cass. n. 20644 del 09/09/2013; Cass. n. 84 del 03/01/2013; Cass. n. 20307 del 04/10/2011; Cass n. 19868 del 15/09/2009).
Partendo da quanto sostenuto dalla Suprema Corte nelle pronunce richiamate, si può dire che i vizi presentati dall’unità immobiliare di cui alla presente causa (‘fenomeni di umidità’, ‘accumuli di muffe’, ‘solai e pareti interne divisorie tra le diverse unità immobiliari prive dei requisiti minimi di isolamento termo acustico’), appaiono riconducibili alla categoria dei vizi rientranti nella fattispecie di cui all’art. 1669 c.c.. Difatti secondo il consolidato e condiviso indirizzo della Suprema Corte tra i gravi vizi di cui all’art. 1669 c.c. vi rientrano, senza dubbio, le infiltrazioni d’acqua determinate da carenze di impermeabilizzazione o delle opere di drenaggio che incidano sulla funzionalità dell’opera (cfr. Cass. nn. 117/2000, 11740/2003, 84/13, 21351/05, 117/00, 4692/99, 2260/98, 2775/97, 3301/96, 10218/94,
13112/92, 9081/92, 9082/91, 2431/86, 1427/84, 6741/83, 2858/83, 3971/81, 3482/81, 6298/80, 4356/80, 206/79, 2321/77, 1606/76 e 1622/72).
Da tanto consegue l’applicazione della disciplina sui termini prevista dall’art. 1699 c.c.
Il termine annuale di decadenza per la denuncia decorre dal momento in cui il denunciante abbia acquisito una conoscenza sufficientemente completa del vizio e della responsabilità dello stesso.
Ciò detto, nel caso di specie, la denuncia dei vizi all’immobile ex art. 1669 co.1 c.c. è stata effettuata da con raccomandata a/r datata 19.04.2013, consegnata a Postal Service per la notifica al destinatario in data 20.04.2013 (cfr. DOC. 2 fascicolo giudizio N. R.G. 6701/2014). Tale raccomandata è stata ricevuta in data 24.04.2013 dalla a mezzo del delegato (cfr. DOC. 2 fascicolo giudizio N. R.G. 6701/2014). Essa, in quanto atto recettizio, produce effetti solo dal momento in cui è portata a conoscenza del destinatario ex art. 1334 c.c. Sicché, è dal 24.04.2013 che decorre il termine prescrizionale di un anno.
Ne consegue che parte attrice avrebbe dovuto esercitare l’azione entro un anno dalla denuncia ai sensi dell’art. 1669 co.2 c.c. (‘Il diritto del committente si prescrive entro un anno dalla denunzia’).
Nel caso di specie, il ricorso per a.t.p. è stato depositato il 24.04.2014 (cfr. fascicolo giudizio N. R.G. 6701/2014 in atti) e, dunque, entro il termine di un anno dalla denunzia. Ne discende, pertanto, l’infondatezza dell’eccezione di prescrizione formulata.
Nel merito, procedendo ad esaminare la domanda promossa nei confronti della si rileva quanto segue.
Dalla documentazione presente nel fascicolo di causa e, nello specifico, nel fascicolo acquisito N. R.G. 6701/2014 N.R. risulta che le doglianze afferenti all’immobile oggetto di causa evidenziate dai ricorrenti consistevano in:
manifestazioni di umidità alle pareti perimetrali esterne e sul pavimento a confine con il vano autorimessa sottostante;
solai e pareti interne divisorie tra le unità immobiliari privi dei requisiti minimi di isolamento interno acustico;
deterioramento e ammuffimento di arredi e infissi.
Dalla CTU espletata dall’Ing. , previa esclusione di responsabilità in capo ai ricorrenti per omessa o insufficiente manutenzione dell’immobile ( ‘Si esclude che ciò sia dovuto a scarsa manutenzione dell’immobile’ , cfr. pag. 19 relazione CTU), è risultato quanto segue.
Con riferimento alla mancanza di isolamento termico all’interno delle pareti perimetrali esterne, il perito ha ravvisato mancanze dal punto di vista strutturale dell’involucro edilizio, riferendo che ‘si è constatato che sia il solaio di calpestio che i muri perimetrali non rispondono ai requisiti richiesti dalla normativa in vigore nel 2006 (anno del P.d.C. in sanatoria), determinando così l’insorgenza di umidità e la sensazione di scarso isolamento termico’ (cfr. pag. 18 e 19 relazione).
Al fine di porre rimedio ai problemi strutturali innanzi ravvisati, il CTU ha proposto i seguenti interventi: posa in opera di cappotto interno di 2 cm di spessore; posa in opera di intonaco termico, barriera al vapore e pannello coibente da 2 cm (pagg. 16 e 17 relazione), quantificati complessivamente in € 16.704, 32 più iva, come da tabella 1 afferente nel dettaglio le opere da eseguire (pag. 18 relazione).
Anche con riferimento allo scarso isolamento lamentato dai ricorrenti, il Consulente ha riscontrato ‘anche in questo caso dei deficit prestazionali rispetto alla normativa vigente’ , proponendo come interventi la regolazione del ‘fine corsa’ delle serrande automatiche dei box auto, l’introduzione di guide con guarnizioni e l’utilizzo di appositi gommini anti-rumore, per un costo complessivo di € 2.400,00 più iva (pagg. 18 e 19 relazione).
A fronte di tali esiti, non può tenersi conto, al contrario, delle contestazioni che la difesa di parte convenuta ha sollevato rispetto alle modalità di accertamento e agli esiti cui è giunto il perito nella propria relazione finale.
In primo luogo, occorre osservare che, sebbene non possa ritenersi condivisibile l’eccepita tardività delle asserite contestazioni – non essendo il termine di cui all’art. 195 c.p.c. perentorio, quanto, piuttosto, meramente ordinatorio (S.U. n.5624/2022), -, nondimeno i rilievi che il convenuto ha mosso alla perizia solo in sede di costituzione nel presente giudizio appaiono inidonei ad inficiare la genuinità dell’elaborato tecnico. Trattasi, difatti, di asserzioni genericamente formulate, prive di riferimenti concreti da cui poter dedurre la rilevanza rispetto all’accertamento concretamente compiuto dal C.T.U.
Difatti, parte convenuta asserisce che ‘si è soffermato solamente sulle caratteristiche costruttive dell’isolamento termico della parete esterna esposta a nord e non anche sulle caratteristiche traspiranti dei rivestimenti murali e sulla necessaria ventilazione degli ambienti stessi’; o ancora, ‘ la presenza di umidità e di muffa sulla parete esposta a nord avrebbe suggerito di integrare la valutazione delle caratteristiche dell’isolamento termico della parete con la verifica dello stato dei luoghi relativamente alla presenza di umidità e di temperatura degli ambienti, rapportata all’umidità e temperatura esterna, a tale data e nel periodo precedente di certo superiore ai 25°C che con un corretto ricambio d’aria, avrebbe di certo asciugato la parete dalla modesta presenza di residui di umidità ‘; nonché nella parte in cui asserisce che il vizio vada accertato tenendo in considerazione anche ‘le caratteristiche dei rivestimenti interni poco traspiranti e delle caratteristiche abitative e di vita degli occupanti che contribuiscono ed influenzano le caratteristiche termoigrometriche delle pareti e dell’aria degli ambienti’ .
Ebbene, tali contestazioni – la cui sede naturale non poteva che essere il giudizio di A.T.P., ove solo era possibile, per il perito incaricato, rispondere agli avversi rilievi o, eventualmente, provvedere all’integrazione degli accertamenti richiesti – non appaiono corroborati da alcun elemento concreto da cui poter dedurre l’effettiva incidenza rispetto all’elaborato, sicché le stesse risultano meri assunti di parte. Peraltro, va osservato che neppure nel presente giudizio di merito è stata avanzata richiesta di integrazione di C.T.U. al fine di poter tener conto delle asserite mancanze della relazione conclusiva del giudizio di A.T.P.
Alla luce di quanto precede, stante l’accertamento da parte del CTU – dalle cui conclusioni non vi è ragione di discostarsi, in ragione della completezza, chiarezza e linearità delle argomentazioni svolte – che ha ravvisato difetti strutturali e acustici del comparto edilizio oggetto di a.t.p., riconducibili ad una cattiva esecuzione della prestazione d’opera della società convenuta, da cui sono derivati i vizi all’immobile innanzi denunciati dai ricorrenti, va accolta la domanda formulata da con riferimento all’accertamento di responsabilità in capo alla ai sensi dell’art. 1669 c.c.
Ne consegue che la società convenuta va condannata al pagamento dell’importo di € 16.704,32 più iva per le opere di rimessione in pristino dell’immobile, oltre interessi, e di € 2.400,00 più iva per la sistemazione delle serrande dei box poste al piano interrato, oltre interessi, così come quantificato dal perito in sede di A.T.P.
A differenti conclusioni deve giungersi, invece, con riguardo alla richiesta di condanna al pagamento della somma di € 20.860,00, pari al 20% del prezzo di acquisto dell’appartamento di € 104.300,00, per le seguenti considerazioni.
Sul punto, occorre rilevare che, nel rispondere alle osservazioni formulate dal C.T.P. di parte convenuta relativamente all’esatta quantificazione della riduzione di valore economico dell’immobile a causa dei vizi riscontrati, l’Ing. ha chiarito che ‘gli interventi riparatori proposti, in particolare quello descritto all’ultimo capoverso di pg. 16 e pagina seguente e quantificato nella Tabella 1 di pagina 18, è risolutivo del problema di condensa superficiale, ed attenua i problemi di isolamento termo-acustico dell’involucro edilizio.’ Ha precisato, altresì, con riguardo alla classe energetica dell’immobile, che ‘il dato fondamentale da tener presente è la ‘classe energetica’ globale dell’immobile, che per legge deve essere almeno la C’ e che ‘ con l’intervento proposto si rientrerebbe senz’altro nei termini di legge’, concludendo che, ‘a parere del sottoscritto, non si può parlare di riduzione del valore economico dell’immobile’ (pagg. 20 e 21 relazione).
Ha escluso, altresì, che possa apprezzarsi una rilevante riduzione della superficie interna dovuto in ragione dell’incremento di spessore dei rivestimenti, riferendo che ‘essa non raggiunge 1 mq di entità, per cui, considerando che dall’atto notarile si evince che il prezzo di vendita dell’immobile è stato ‘a corpo’, non si ritiene di dover applicare alcuna riduzione al valore economico dello stesso’ (pag. 22)
Ne discende, pertanto, che i vizi denunciati dai ricorrenti trovano completa ed esaustiva soluzione nelle opere di intervento e rimessione in pristino, proposte dal CTU, che risolvono ab origine le riscontrate carenze strutturali all’immobile.
Sicché, condividendo le osservazioni aggiuntive del CTU sul punto, si rigetta la domanda di condanna alla somma di € 20.860,00.
Va rigettata, per mancanza di prova, la domanda di condanna al pagamento della somma di € 774,00 a titolo di maggiori esborsi energetici sostenuti da in ragione del cattivo isolamento termico dell’immobile.
Non possono ritenersi sufficienti, a tal fine, le conclusioni a cui è giunto il perito Ing. nel proprio elaborato; premesso che non era neppure stato formulato specifico quesito sul punto, il consulente, nel rispondere all’osservazione avanzata dalla difesa di parte attrice, ha riferito chiaramente che ‘la presunta spesa sostenuta finora per raggiungere un confort accettabile, anch’essa è difficilmente quantificabile, dato che dipende molto dalle abitudini dei residenti.’ Pur avendo provveduto a quantificare un maggior esborso energetico di €774,00, derivante dalla differenza (per sei annualità) tra spesa media tra classe energetica C e classe energetica D, tale indicazione è il frutto espressamente di ‘ calcoli approssimativi ‘, che non consentono di apprezzare alcun collegamento rispetto alle vicende ed ai consumi nella fattispecie concreta.
Peraltro, occorre osservare che la difesa dei ricorrenti non ha prodotto alcunché sul punto, né ha formulato richieste istruttorie volte a comprovare, quantomeno, quale sia l’effettiva spesa energetica mensile sostenuta; non risultano, a titolo esemplificativo, neppure le bollette relative alla fornitura elettrica.
Ne consegue che la domanda formulata da va integralmente rigettata, in quanto infondata.
Da ultimo, con riferimento alla domanda volta all’accertamento dell’inadempimento di per aver omesso di fornire a il certificato di abitabilità e l’attestato di certificazione energetica, si formulano le seguenti osservazioni.
Secondo il costante orientamento del Supremo Collegio, il venditore di un immobile destinato ad abitazione ha l’obbligo di consegnare all’acquirente il certificato di abitabilità, senza il quale l’immobile stesso è incommerciabile, e che la violazione di tale obbligo può legittimare sia la domanda di risoluzione del contratto, sia quella di risarcimento del danno, sia l’eccezione di inadempimento, e non è sanata dalla mera circostanza che il venditore, al momento della stipula, avesse già presentato una domanda di condono per sanare l’irregolarità amministrativa dell’immobile.
Conseguentemente, la mancata consegna di tale licenza implica un inadempimento che, sebbene non sia tale da dare necessariamente luogo a risoluzione del contratto, può comunque essere fonte di un danno risarcibile ovvero costituire il fondamento dell’ exceptio prevista dall’art. 1460 c.c., per il solo fatto che si è consegnato un bene che presenta problemi di commerciabilità, essendo irrilevante la circostanza che l’immobile sia stato costruito in conformità delle norme igienico-sanitarie, della disciplina urbanistica e delle prescrizioni della concessione ad edificare, ovvero che sia stato concretamente abitato (cfr. Cass. Civ. n. 34211/2022).
Ciò detto, nel caso di specie, è un dato incontestabile che il certificato di abitabilità (oggi agibilità), pur a fronte di un impegno assunto in tal senso in sede di compravendita dell’immobile (cfr. pag. 2 atto di compravendita. DOC. 1 fascicolo parte attrice), non è mai stato fornito a dalla società Tuttavia gli attori non hanno collegato alla richiesta di accertamento alcuna domanda di condanna alla consegna della suddetta documentazione. Mentre va dichiarata la tardività -e, dunque, l’inammissibilità – della domanda di risarcimento del danno per omessa consegna del predetto certificato, poiché formulata solo in sede di comparsa conclusionale, e non in sede di ricorso introduttivo e/o nella memoria ex art. 183 co. VI n.1 c.p.c. (Cass. Sez. Un. n. 12310/2015).
In ogni caso, la predetta richiesta appare infondata per difetto di prova, non essendoci prova del danno né sotto il profilo dell’ an né del quantum.
Analogo discorso va fatto per la domanda di accertamento della mancata consegna dell’attestato di certificazione energetica, circostanza pacifica, in quanto non contestata, ma non essendoci alcuna domanda di condanna alla consegna, la stessa si appalesa inammissibile per difetto di interesse ex art. 100 c.p.c.
In ragione del parziale accoglimento delle domande proposte le spese possono essere compensate per 1/3 e la restante parte posta a carico della convenuta, liquidate come in dispositivo secondo i parametri fissati dal d.m. 13.08.2022 n. 147, in base al decisum e non al disputatum (scaglione da 5.201,00 a 26.000, fasi studio, introduttiva, istruttoria e decisoria)
Le spese della CTU espletata in ATP sono poste definitivamente a carico di in persona del legale liquidatore p.t.
P.Q.M.
Il Tribunale di Bari, seconda sezione civile, in persona del Giudice Unico dott.ssa NOME COGNOME definitivamente pronunciando, ogni diversa e ulteriore istanza, eccezione e deduzione disattesa, così giudica:
ACCOGLIE la domanda ex art. 1669 c.c. e, per l’effetto, condanna la in persona del legale liquidatore pro tempore, al pagamento in favore di di € 16.704,32 più iva per le opere riparatorie e di rimessione in pristino, oltre interessi, nonché la somma di € 2.400,00 più iva per le opere da eseguirsi sulle serrande, oltre interessi;
RIGETTA nel resto;
CONDANNA la in persona del legale liquidatore pro tempore al pagamento delle spese di lite in favore di parte attrice, da distrarsi al procuratore costituito per dichiarato anticipo, liquidate in € 3.671,00 (286,00 per esborsi e 3385,00 per compensi), oltre rimborso spese al 15%, iva e cpa come per legge, da distrarsi in favore del procuratore costituito per dichiarato anticipo;
4) PONE definitivamente a carico di in persona del legale liquidatore pro tempore le competenze liquidate al CTU in fase di ATP con decreto presidenziale del 10.09.2014.
Così deciso in Bari il 02.10.2024
Il Giudice NOME COGNOME