Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 541 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 541 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/01/2024
Oggetto: Spese di giustizia – gratuito patrocinio
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30319/2020 R.G. proposto da COGNOME e l’avv. COGNOME NOME COGNOME rappresentato e difeso il primo, con procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME del foro di Salerno, e la seconda in proprio ex art. 86 c.p.c., entrambi elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME;
-ricorrente – contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore;
-intimato – avverso l’ordinanza della Corte di appello di Salerno n. 3432 pubblicata il 15 ottobre 2020;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26 giugno 2023 dal Consigliere NOME COGNOME
Osserva in fatto e in diritto
Ritenuto che:
-La Corte d’appello di Salerno, sezione lavoro, con sentenza in data 20 novembre 2015, rigettava l’appello proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza di primo grado e contestualmente revocava l’ammissione dell’appellante al patrocinio a spese dello Stato (ammissione che era stata disposta con delibera del Consiglio dell’ordine degli avvocati di Salerno in data 17 settembre 2013), rilevando che lo stesso aveva agito in giudizio con mala fede e colpa grave;
-con decreto in data 4 gennaio 2016, il Presidente delegato della Corte d’appello di Salerno dichiarava inammissibile l’opposizione proposta dal COGNOME ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 170 avverso il provvedimento di revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato contenuto nella sentenza della Corte d’appello del 20/11/2015, ritenendo che poiché la revoca era stata disposta ai sensi dell’art. 136, comma 2 del DPR n. 115/2002, era
preferibile l’orientamento seguito da parte dei giudici di legittimità secondo cui anche tale ipotesi di revoca era impugnabile unicamente con il ricorso per Cassazione, e non anche ai sensi del menzionato art. 170, in analogia con le ipotesi di revoca disposte dal giudice penale;
-per la cassazione di detto decreto il COGNOME proponeva ricorso, che veniva accolto con ordinanza n. 29877 del 2019 che riaffermava il principio di diritto secondo cui “In tema di patrocinio a spese dello Stato, la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato adottata con la sentenza che definisce il giudizio di appello, anziché con separato decreto, come previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136 non comporta mutamenti nel regime impugnatorio avverso la relativa pronuncia, che resta quello, ordinario e generale, dell’opposizione ex art. 170 stesso D.P.R., dovendosi escludere che la pronuncia sulla revoca, in quanto adottata con sentenza, sia, per ciò solo, impugnabile immediatamente con il ricorso per cassazione”;
-riassunto il giudizio dinanzi alla Corte di appello di Salerno dallo stesso COGNOME il giudice delegato dal Presidente, con ordinanza n. 3432 del 2020, riconosceva la fondatezza dell’opposizione per avere fatto discendere la revoca dell’ammissione al gratuito patrocinio dal fatto che l’appellante avrebbe dovuto agire tempestivamente tramite opposizione agli atti esecutivi dalla distinzione tra prescrizione delle pretese contributive e prescrizione dell’azione diretta all’esecuzione dei titoli, con cons eguente liquidazione delle
spese che venivano riconosciute in favore dell’Avv. NOME COGNOME in euro 1.500,00, oltre accessori, per l’opera prestata nel procedimento n. 72/2014, spese poste provvisoriamente a carico dell’Erario, a cui si aggiungeva la condanna del Ministero della giustizia al pagamento delle spese del procedimento di rinvio in sede di opposizione, ivi compresa la fase dinanzi la Corte di Cassazione, in euro 1.320,00, oltre accessori;
-avverso tale provvedimento propone ricorso per cassazione il COGNOME sulla base di due motivi;
-è rimasto intimato il Ministero della giustizia.
Considerato che:
-il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e la errata applicazione degli artt. 91 c.p.c., 2233 c.c. e 4, Tabelle n. 12 e n. 13 del D.M. n. 55/2014 e succ. mod. in relazione dall’art. 360, comma 1 n. 3 e n. 4 c.p.c., per mancato rispetto del minimo legale, nonché dell’art. 132, comma 1 n. 4 c.p.c., con conseguente nullità dell’ordinanza che in ordine alla quantificazione delle spese di lite conterrebbe solo formule stereotipate asetticamente trascritte e quindi priva di una reale e riconoscibile motivazione.
Ad avviso del ricorrente la determinazione del compenso dovuto è da ritenere erronea sia per l’originario procedimento patrocinato, sia quello per le due opposizioni e del ricorso per cassazione che avrebbero dovuto essere computati nei valori
medi e poi dimidiati ai sensi dell’art. 130 d.p.r. n. 115 del 2002.
Con il secondo motivo il ricorrente deduce un error in procedendo per violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia su specifici capi della domanda circa le spese di lite, non avendo provveduto il giudice del rinvio alla liquidazione di tutte le spese del procedimento principale e delle procedure di opposizione, con omessa indicazione della parte soccombente e conseguente nullità dell’ordinanza in ordine alle omesse liquidazioni delle spese di lite contenente solo formule stereotipate asetticamente trascritte.
I motivi -da trattare unitariamente per la evidente connessione che li avvince -sono fondati nei limiti di seguito esposti.
La disciplina dettata del dpr n. 115/2002 prevede che “L’onorario e le spese spettanti al difensore sono liquidati dall’autorità giudiziaria con decreto di pagamento, osservando la tariffa professionale in modo che, in ogni caso, non risultino superiori ai valori medi delle tariffe professionali vigenti relative ad onorari, diritti ed indennità” (art. 82). L’art. 130 (Compensi del difensore, dell’ausiliario del magistrato e del consulente tecnico di parte) aggiunge “Gli importi spettanti al difensore, all’ausiliario del magistrato e al consulente tecnico di parte sono ridotti della metà”.
Quindi, onorario e spese del difensore della persona ammessa al patrocinio a spese dello Stato sono liquidate con decreto del giudice, in base alla tariffa professionale vigente, non possono
essere superiori ai valori medi e devono essere ridotti alla metà. Contro il decreto di pagamento è ammessa opposizione (art. 84).
Quanto poi al punto costituito dal vantaggio che lo Stato avrebbe nel percepire compensi doppi rispetto a quelli spettanti al difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, questa Corte (Cass. 11 settembre 2018, n. 22017) ha rilevato: “la circostanza che nella singola causa lo Stato possa incassare più di quanto liquida al singolo difensore compensa le situazioni in cui lo Stato non recupera quanto versa in favore dei difensori e contribuisce al funzionamento del sistema del gratuito patrocinio nella sua globalità”.
Tanto chiarito in principio, nella specie la Corte di merito ha correttamente liquidato il compenso per il giudizio principale, R.G. n. 72/2014, in materia di lavoro, che nei minimi dimidiati, tenuto conto del valore della causa pari ad euro 13.542,51, ammontava ad euro 1.270,00, somma ampiamente ricompresa in quella liquidata in euro 1.500,00.
Diversamente per i giudizi di opposizione e per quello di legittimità.
La liquidazione compiuta dal Giudice di rinvio ha, infatti, ad oggetto i compensi dovuti al difensore del ricorrente per l’attività professionale prestata in favore del COGNOME nelle tre fasi, due giudizi di opposizione, di cui uno in sede di rinvio, e quella di legittimità, che sono state liquidate in un compenso unico, peraltro per il solo giudizio di rinvio e per quello di
cassazione, omessa ogni pronuncia quanto al primo giudizio di opposizione.
Tale conclusione si pone in contrasto con l’orientamento della giurisprudenza di legittimità relativo alle tariffe approvate con i decreti ministeriali successivi al d.m. 24 novembre 1990, n. 392, secondo cui il giudice di rinvio è tenuto a provvedere sulle spese dell’intero giudizio di merito se riforma la sentenza di primo grado, ovvero sulle spese delle sole fasi d’impugnazione se rigetta l’appello (cfr., da ultimo, Cass. 23 febbraio 2021 n. 4895; Cass. 13 giugno 2018 n. 15506, nonché Cass. 7 novembre 2019 n. 28698, con richiamo, Cass. n. 5535 del 2014 in motivazione; Cass. 7 gennaio 2009 n. 50; Cass. 18 giugno 2007 n. 14053; Cass. 29 marzo 2006 n. 7243; Cass. 18 giugno 2003 n. 9783; Cass. 1° ottobre 2002 n. 14075; Cass. 23 aprile 2001 n. 5987). In particolare, il giudice di rinvio non può procedere ad unica, globale, liquidazione per le spese di giudizio di cassazione e le spese del giudizio di rinvio, ma deve procedere a liquidazione distinta per ciascuno di tali giudizi, in modo da consentire alla parte interessata di verificare se, per ognuno di essi, siano stati rispettati i limiti delle relative tariffe (Cass. n. 5535 del 2014).
In virtù di tale principio il Giudice del rinvio non avrebbe potuto liquidare unitariamente un compenso unico per lo stesso giudizio di rinvio e per la fase di legittimità; inoltre è incorso in omessa pronuncia quanto alla liquidazione delle spese del primo giudizio di opposizione.
Ne consegue la cassazione in parte qua dell’impugnata ordinanza, perciò limitatamente alla suddetta errata unitaria liquidazione delle due fasi di giudizio (legittimità e di rinvio) e all’omessa pronuncia sul primo giudizio di opposizione, restando quindi confermato il regolamento delle spese relative al giudizio presupposto.
L’ordinanza impugnata va pertanto cassata, nei limiti segnati dalla parte dei motivi accolti, con il conseguente rinvio della causa alla Corte di appello di Salerno, che provvederà, in persona di diverso magistrato, anche al regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.
P . Q . M .
La Corte accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione; cassa l’ordinanza impugnata e rinvia al la Corte di appello di Salerno, in persona di diverso magistrato, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^