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Gratuità degli incarichi: stop ai compensi in enti locali

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8754/2024, ha respinto il ricorso di alcuni ex amministratori di un consorzio intercomunale che richiedevano il pagamento dei loro compensi. La Corte ha stabilito che la normativa introdotta nel 2010 ha sancito il principio della gratuità degli incarichi per gli amministratori di forme associative di enti locali, con l’obiettivo di ridurre la spesa pubblica. Questa regola speciale prevale su altre norme che prevedono una semplice riduzione dei compensi. La Corte ha anche chiarito importanti aspetti procedurali, come la validità della notifica dell’atto di impugnazione al difensore di un ente estintosi durante il processo, in applicazione del principio di ultrattività del mandato.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Gratuità degli Incarichi: la Cassazione Conferma lo Stop ai Compensi per gli Amministratori di Enti Locali

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato il tema della gratuità degli incarichi per gli amministratori di consorzi e altre forme associative di enti locali, confermando una linea interpretativa rigorosa volta al contenimento della spesa pubblica. La decisione chiarisce che, a seguito delle riforme del 2010, tali ruoli devono essere considerati un servizio svolto a titolo gratuito, escludendo il diritto a percepire compensi, gettoni o indennità.

I Fatti del Contendere

Il caso nasce dal ricorso di alcuni ex amministratori di un Consorzio Provinciale per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani. Essi avevano chiesto in giudizio il riconoscimento del loro diritto a percepire un’indennità per l’attività svolta, anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 5, comma 7, del D.L. 78/2010, che aveva modificato il quadro normativo sui compensi pubblici. La loro domanda era stata rigettata sia in primo grado dal Tribunale sia in appello, poiché i giudici di merito avevano interpretato la norma come un’eliminazione totale dei compensi per tali figure, in linea con l’obiettivo del legislatore di ridurre i costi degli apparati politici e amministrativi.

Questioni Preliminari: Estinzione dell’Ente e Giurisdizione

Prima di entrare nel merito, la Suprema Corte ha dovuto risolvere due questioni preliminari sollevate dalle amministrazioni resistenti (Comuni e Provincia succeduti al Consorzio).

L’Ultrattività del Mandato al Difensore

La prima eccezione riguardava l’inammissibilità del ricorso perché notificato al difensore del Consorzio dopo che quest’ultimo si era formalmente estinto. La Corte ha rigettato l’eccezione applicando il principio consolidato dell’ultrattività del mandato. Secondo tale principio, il mandato al difensore sopravvive all’estinzione della parte che lo ha conferito. La notifica dell’impugnazione al procuratore originario è quindi pienamente valida, a meno che lo stesso procuratore non dichiari o notifichi formalmente l’evento interruttivo (l’estinzione dell’ente) alle controparti. Ciò garantisce la stabilità del processo e tutela l’affidamento delle altre parti.

La Giurisdizione del Giudice Ordinario

Le amministrazioni resistenti avevano inoltre sostenuto il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a favore di quello amministrativo. Anche questa doglianza è stata respinta. La Cassazione ha chiarito che la controversia non verteva sulla legittimità degli atti amministrativi di determinazione del compenso, ma sull’esistenza stessa del diritto a percepirlo a seguito di una modifica normativa. Trattandosi della rivendicazione di un diritto soggettivo patrimoniale, la giurisdizione spetta al giudice ordinario.

La Norma sulla Gratuità degli Incarichi e la Decisione della Corte

Il cuore della controversia risiede nell’interpretazione dell’art. 5, comma 7, del D.L. 78/2010, il quale stabilisce che “agli amministratori di comunità montane e di unioni di comuni e comunque di forme associative di enti locali aventi per oggetto la gestione di servizi e funzioni pubbliche non possono essere attribuite retribuzioni, gettoni, o indennità o emolumenti in qualsiasi forma siano essi percepiti”.

I ricorrenti sostenevano che questa norma dovesse essere letta in combinato disposto con altre disposizioni (come l’art. 6 dello stesso decreto), che prevedevano una generica riduzione del 10% dei compensi, e che la sua ratio fosse solo quella di evitare doppi compensi per chi già deteneva cariche politiche elettive.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha rigettato questa interpretazione, aderendo a una lettura letterale e sistematica della norma. I giudici hanno affermato che l’art. 5, comma 7, introduce un principio fondamentale di gratuità degli incarichi, configurandosi come una norma speciale che prevale sulla regola generale della semplice riduzione dei costi. Questa interpretazione, sottolinea la Corte, è stata avallata anche dalla Corte Costituzionale (sent. n. 151/2012), che ha riconosciuto nella gratuità un principio orientato a “ridurre gli oneri della finanza pubblica”.

La Corte ha inoltre respinto l’argomento basato sul legittimo affidamento dei ricorrenti, i quali avevano accettato l’incarico quando era ancora previsto un compenso. La norma, infatti, non ha effetto retroattivo (ex tunc), ma opera solo per il futuro (ex nunc). Pertanto, gli amministratori, di fronte al nuovo regime di gratuità, erano liberi di recedere dall’incarico se non intendevano proseguire la loro attività senza remunerazione.

Le conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza per la finanza pubblica e per chi opera all’interno delle amministrazioni locali. Viene riaffermato con forza che gli incarichi in consorzi e altre forme associative tra enti locali non rappresentano un’opportunità di guadagno, ma un servizio reso alla collettività. La gratuità degli incarichi è un principio cardine introdotto per razionalizzare la spesa e rafforzare il senso di servizio che dovrebbe connotare tali funzioni. Per gli amministratori, ciò implica la consapevolezza che, salvo diverse e specifiche previsioni di legge, l’impegno in questi organismi è basato su un fondamento di volontarietà e non dà diritto a una remunerazione economica.

L’estinzione di un ente pubblico durante un processo rende inammissibile l’impugnazione notificata al suo precedente avvocato?
No, per il principio di ‘ultrattività del mandato’, la notifica effettuata al difensore originario è valida se quest’ultimo non ha formalmente comunicato l’evento estintivo alle altre parti. Questo principio assicura la stabilità e la prosecuzione del giudizio.

Gli amministratori di consorzi tra enti locali hanno diritto a un compenso per il loro incarico?
No. La sentenza chiarisce che l’art. 5, comma 7, del D.L. n. 78/2010 ha introdotto un principio specifico di gratuità degli incarichi per gli amministratori di forme associative di enti locali, eliminando il diritto a percepire retribuzioni, gettoni o indennità.

La legge che elimina i compensi viola l’affidamento di chi aveva già accettato l’incarico quando questo era retribuito?
No. La Corte ha stabilito che la norma non ha efficacia retroattiva ma si applica solo per il futuro (ex nunc). Gli amministratori che non intendevano proseguire l’attività gratuitamente avevano il diritto di recedere dall’incarico, pertanto non vi è lesione del loro legittimo affidamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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