Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 27267 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 27267 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13557/2021 R.G. proposto da:
MINISTERO INFRASTRUTTURE MOBILITÀ SOSTENIBILI -PROVVEDITORATO INTERREGIONALE RAGIONE_SOCIALE PUBBLICHE PER IL VENETO, TRENTINO ALTO ADIGE FRIULI E VENEZIA GIULIA, nonché l ‘ RAGIONE_SOCIALE, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall ‘ AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso il cui indirizzo di posta elettronica certificata sono domiciliati per legge;
-ricorrenti-
contro
COGNOME NOME, nonché contro LA RAGIONE_SOCIALE, quest ‘ ultima nella persona del legale rappresentante in atti indicato, rappresentati e difesi entrambi dagli avvocati COGNOME NOME e COGNOME NOME, presso l ‘ indirizzo di
posta elettronica certificata dei quali sono entrambi domiciliati per legge;
-controricorrenti- avverso la SENTENZA RAGIONE_SOCIALEa CORTE D ‘ APPELLO di VENEZIA n. 717/2021 depositata il 22/03/2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/09/2024 dal Consigliere COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. La società RAGIONE_SOCIALE, quale aderente al RAGIONE_SOCIALE (di seguito, per brevità RAGIONE_SOCIALE), con il suo legale rappresentante COGNOME NOME, convenivano in giudizio davanti al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE il RAGIONE_SOCIALE –RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE, per far accertare l’inesistenza del credito di € 592.934,09, fatto valere nei loro confronti dall’RAGIONE_SOCIALE e dal Presidente del suddetto RAGIONE_SOCIALE quale corrispettivo dovuto per l’occupazione di aree lagunari da destinare all’attività di pesca, che era stata autorizzata provvisoriamente a favore del RAGIONE_SOCIALE con atto n. 4752/1995 del Magistrato RAGIONE_SOCIALE Acque e quindi rinnovata di anno in anno fino al 30 giugno 2005.
Si costituivano in giudizio il RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE, che: a) contestavano in fatto e in diritto la domanda attorea, RAGIONE_SOCIALEa quale chiedevano il rigetto, invocando la responsabilità diretta e/o solidale di ciascuna ditta consorziata aderente al consorzio sulla base RAGIONE_SOCIALEa previsione degli artt. 2606 e 2615 comma 2 c.c., vertendosi in materia di obbligazioni assunte nell’interesse dei consorziati; b) in via riconvenzionale, chiedevano l’accertamento del credito erariale e la condanna degli attori al
pagamento in favore RAGIONE_SOCIALEo Stato RAGIONE_SOCIALE somme dovute per l’utilizzo dei beni demaniali, per il periodo non coperto da prescrizione.
La causa veniva istruita mediante acquisizione RAGIONE_SOCIALEa documentazione prodotta dRAGIONE_SOCIALE parti, ma venivano ritenuti inutilizzabili gli atti interruttivi RAGIONE_SOCIALEa prescrizione, che erano stati prodotti mediante il deposito di un compact riproducente gli stessi.
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n. 2646/2017, in accoglimento RAGIONE_SOCIALEa domanda attorea, dichiarando non dovute le somme richieste con le citate note del 17.4.2014 e del 14.7.2015 per effetto di prescrizione e che i creditori sociali non erano legittimati ad agire nei confronti dei soci, a seguito RAGIONE_SOCIALEa estinzione RAGIONE_SOCIALEa società cooperativa (tale dovendosi intendere il RAGIONE_SOCIALE) e stante l’assenza di attivo patrimoniale sulla base del bilancio finale di liquidazione (ragion per cui i soci non avevano riscosso somme in base a detto bilancio finale).
Avverso la suddetta sentenza proponevano appello il RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE sulla base di cinque motivi. Con il primo chiedevano l’accertamento RAGIONE_SOCIALEa debenza dei canoni per effetto RAGIONE_SOCIALEa messa a disposizione RAGIONE_SOCIALE aree demaniali, a prescindere dalla superficie in concreto occupata ed utilizzata dagli aderenti al RAGIONE_SOCIALE Con il secondo si dolevano che il Tribunale aveva ritenuto che la prescrizione avesse durata quinquennale (mentre, in tesi difensiva, sarebbe stata decennale) e comunque aveva omesso di prendere in considerazione gli atti interruttivi che essi avevano RAGIONE_SOCIALEgato su supporto informatico ma che erano stati dichiarati inutilizzabili in sentenza. Con il terzo motivo si dolevano che il giudice di primo grado aveva escluso la responsabilità solidale dei singoli consorziati per le obbligazioni assunte dal RAGIONE_SOCIALE per conto degli stessi ed indipendentemente dalla spendita del loro nome, così violando l’art. 2615 c.c. Con il quarto lamentavano che il Tribunale aveva ignorato la natura consortile RAGIONE_SOCIALE‘ente e non aveva considerato che, a seguito RAGIONE_SOCIALEa sua estinzione, il credito poteva essere fatto valere soltanto nei
confronti dei singoli consorziati; d’altra parte, controparte non aveva prodotto il bilancio finale di liquidazione, per cui non aveva provato l’assenza di attivo patrimoniale. Con il quinto motivo l’RAGIONE_SOCIALE si doleva che il Tribunale non aveva ravvisato il suo difetto di legittimazione passiva e, conseguentemente, l’aveva condannata RAGIONE_SOCIALE spese.
Le parti appellate resistevano all’appello, eccependone l’inammissibilità e chiedendone comunque il rigetto nel merito.
La Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n. 717/2021, dichiarava inammissibile il primo motivo e, stante l’espressa dichiarazione di rinuncia contenuta nelle conclusioni di parte appellante, dichiarava precluso l’esame del secondo, terzo e quarto motivo di appello; disattendeva il quinto; e, per l’effetto, confermava la sentenza del giudice di primo grado, condannando le amministrazioni appellanti alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese processuali.
Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALEa corte territoriale hanno proposto ricorso, a mezzo RAGIONE_SOCIALE‘Avvocatura Generale RAGIONE_SOCIALEo Stato, il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE–RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE.
Hanno resistito con un unico controricorso gli originari attori.
Per l’odierna adunanza il Procuratore Generale ha rassegnato conclusioni, chiedendo l’accoglimento del primo motivo di ricorso, mentre i Difensori RAGIONE_SOCIALE parti non hanno depositato memorie.
La Corte si è riservata il deposito RAGIONE_SOCIALEa motivazione entro il termine di sessanta giorni dalla decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Le amministrazioni ricorrenti articolano in ricorso 4 motivi.
1.1.Con il primo motivo entrambe le amministrazioni ricorrenti censurano la sentenza impugnata ex art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. per
violazione e/o falsa applicazione degli artt. 99, 100, 112 e 306 c.p.c., nella parte in cui (p. 10 ss) ha affermato che:
«Ora, se è vero in generale che le parti hanno la facoltà, per effetto del principio dispositivo, di disporre RAGIONE_SOCIALE‘ordine logico RAGIONE_SOCIALE questioni poste, salvo che queste non siano rilevabili d’ufficio, e restano libere di condizionare l’esame RAGIONE_SOCIALEa questione logicamente principale a quello RAGIONE_SOCIALEa questione logicamente subordinata, non è pertinente invocarne l’applicazione nel caso di specie, in quanto il primo motivo di gravame non investe alcuna RAGIONE_SOCIALE due rationes decidendi con cui la sentenza impugnata ha ritenuto fondata la domanda di accertamento negativo del credito, rigettando la domanda riconvenzionale avanzata dRAGIONE_SOCIALE amministrazioni convenute.
«Attraverso la sua formulazione si chiede a questa Corte di anteporre l’esame di questioni di merito assorbite e non rilevabili d’ufficio – la cui disamina da parte del giudice d’appello la parte che vi abbia interesse ha l’onere di sollecitare attraverso la loro mera riproposizione ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 346 c.p.c. (v. in tal senso da ultimo Cass. n. 22311 del 15/10/2020) -, rispetto ad altre questioni di merito su cui il tribunale si è pronunciato, la devoluzione RAGIONE_SOCIALEa cui cognizione al giudice d’appello resta affidata all’appello principale, con la critica RAGIONE_SOCIALEa decisione di primo grado sul punto.
«Inoltre, ed è quel che più rileva, le amministrazioni hanno dichiarato esplicitamente di rinunciare ai motivi di appello che investono i due distinti ed autonomi ordini di ragioni, ciascuno dei quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione impugnata, nel caso in cui la prima censura non venga esaminata ed accolta, censura che, come testé indicato, non è altro che la riproposizione degli argomenti addotti a sostegno di uno o più degli elementi RAGIONE_SOCIALEa fattispecie costitutiva del credito non vagliati dal tribunale.
«Se dunque ci si limita, in adesione alla volontà espressa dRAGIONE_SOCIALE appellanti, all’esame in via prioritaria del primo motivo di gravame, lo stesso, non costituendo una censura alla sentenza appellata ma la mera riproposizione di un argomento non affrontato dal giudice di prime cure, non supera il vaglio d’ammissibilità per violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 342 cod. proc. civ., poiché non coglie la ‘ ratio decidendi ‘.
«Solamente se il tribunale, nel pronunciare nel merito, avesse omesso di decidere su un’eccezione di rito proposta dRAGIONE_SOCIALE amministrazioni convenute, nel senso che se ne fosse disinteressato completamente, in tal caso avrebbe violato l’art. 276 c.p.c., e poiché l’eccezione di rito avrebbe dovuto esaminarsi prima del merito e ne avrebbe condizionato l’esame, il silenzio del giudice si sarebbe risolto ancorché la mancata manifestazione RAGIONE_SOCIALEa sua valutazione sull’eccezione di rito fosse stata in ipotesi espressione di scelta RAGIONE_SOCIALEa soluzione più liquida – in un error in procedendo , cioè nell’inosservanza RAGIONE_SOCIALEa regola per cui il merito si sarebbe potuto esaminare solo per il caso di infondatezza RAGIONE_SOCIALE‘eccezione di rito. La violazione di tale regola, in quanto avrebbe inciso sulla decisione, avrebbe allora richiesto una reazione con l’appello e non con la riproposizione RAGIONE_SOCIALE‘eccezione di rito, perché è necessario che essa venga espressa con un’attività di critica del modus procedendi del giudice di primo grado, che necessariamente avrebbe dovuto esaminare l’eccezione di rito (cfr. in questi termini Cass. Sez. Un. n. 11799 del 12/05/2017 succitata) e l’esame RAGIONE_SOCIALEa denuncia RAGIONE_SOCIALE‘esistenza del vizio RAGIONE_SOCIALEa sentenza per l’eccezione di rito di cui trattasi avrebbe potuto legittimamente essere anteposto alla valutazione di ogni altra doglianza.
«Ma nella fattispecie concreta sottoposta a questo collegio è pacifico che le questioni assorbite in primo grado attengono al merito RAGIONE_SOCIALEa controversia, onde il condizionare l’esame dei veri e propri motivi di gravame che investono la carenza di titolarità passiva del rapporto obbligatorio dedotto in giudizio e la sua prescrizione alla disamina RAGIONE_SOCIALE
prime, rinunciando agli stessi in caso di loro mancato accoglimento, non può che risolversi in una strutturazione RAGIONE_SOCIALE‘impugnazione in termini inammissibili.
«Stante l’espressa dichiarazione di rinuncia contenuta nelle conclusioni di parte appellante, risulta precluso l’esame del secondo, terzo e quarto motivo d’appello».
Sottolineano le parti ricorrenti che, in sede di conclusioni rassegnate in atto di appello e nel foglio di precisazione (che vengono entrambe trascritte), avevano espressamente subordinato all’esplicito accoglimento del primo motivo il proprio interesse a che fossero esaminati il secondo, il terzo ed il quarto motivo, da esse dichiarati espressamente dipendenti; e quindi avevano espressamente rinunciato ai suddetti ulteriori e subordinati motivi soltanto nel caso di mancato accoglimento del primo motivo nel merito (e/o nel caso RAGIONE_SOCIALEa mancata esplicita reiezione RAGIONE_SOCIALE relative difese sostanziali RAGIONE_SOCIALEa controparte).
Aggiungono che: a) la graduazione dei motivi d’impugnazione trova la sua legittimazione nel principio dispositivo, per il quale le parti hanno la facoltà di disporre RAGIONE_SOCIALE‘ordine logico e/o giuridico RAGIONE_SOCIALE questioni proposte nel giudizio, salvo si tratti di questioni rilevabili d’ufficio; pertanto, la graduazione dei motivi d’impugnazione esclude che il giudice possa procedere al previo esame dei motivi subordinati; b) l’ordine di subordinazione costituisce un limite al generale dovere del giudicante, di cui all’art.112 c.p.c., di pronunciarsi per intero sopra ciascun motivo, prescindendo dall’ordine logico dei medesimi o dalla loro pregnanza; ma che tale limite è coerente con il canone logico di non contraddizione: se alla parte è data facoltà di delimitare il perimetro del thema decidendum , alla stessa parte deve essere data anche la facoltà di fissare l’ordine RAGIONE_SOCIALE questioni e di subordinare a tale graduazione la riduzione di quello stesso perimetro che la parte ha la facoltà di delimitare.
Si dolgono che la corte territoriale, limitandosi ad una pronuncia di inammissibilità del primo motivo, ha violato il principio dispositivo, in quanto ha omesso la valutazione dei motivi subordinati (il secondo, il terzo ed il quarto), pur in assenza di una pronuncia che rigettasse nel merito il primo motivo di appello.
Sostengono che la corte territoriale, dichiarando inammissibile il primo motivo di ricorso, non poteva esimersi dalla valutazione dei sopra indicati residui motivi di gravame; e, statuendo nei termini RAGIONE_SOCIALE‘impugnata sentenza, ha dichiarato il concretarsi di una rinunzia che, a quelle condizioni, non era mai stata formulata.
1.2. Con il secondo motivo entrambe le amministrazioni ricorrenti denunciano la sentenza impugnata ex art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. per «nullità RAGIONE_SOCIALEa sentenza per omessa pronuncia» nella parte in cui la corte territoriale ha affermato:
«Ma nella fattispecie concreta sottoposta a questo collegio è pacifico che le questioni assorbite in primo grado attengono al merito RAGIONE_SOCIALEa controversia, onde il condizionare l’esame dei veri e propri motivi di gravame che investono la carenza di titolarità passiva del rapporto obbligatorio dedotto in giudizio e la sua prescrizione alla disamina RAGIONE_SOCIALE prime, rinunciando agli stessi in caso di loro mancato accoglimento, non può che risolversi in una strutturazione RAGIONE_SOCIALE‘impugnazione in termini inammissibili.
«Stante l’espressa dichiarazione di rinuncia contenuta nelle conclusioni di parte appellante, risulta precluso l’esame del secondo, terzo e quarto motivo d’appello, merita di essere censurata altresì sotto altro profilo».
In sintesi, le amministrazioni ricorrenti si dolgono che la corte territoriale, tanto affermando, ha omesso di pronunciarsi su di una domanda che esse avevano correttamente formulata in sede di atto di appello; ed ha omesso ogni pronuncia sul ‘secondo, terzo e quarto
motivo d’appello’, sull’assunto di una rinuncia (in realtà insussistente). Il tutto con conseguente nullità RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata.
1.3. Con il terzo motivo, formulato in via subordinata, entrambe le amministrazioni ricorrenti censurano la sentenza impugnata ex art. 360 c.1 n. 3 c.p.c. per «violazione e/o falsa applicazione degli artt. 99, 100, 112 e 306 c.p.c. anche in relazione agli artt.305 e 307-309 e 331 e 342 cpc», nella parte in cui la corte territoriale ha erroneamente ritenuto inammissibile l’appello affermando (pag. 10-11) che le questioni, di cui al primo motivo, non fossero mai state decise dal Tribunale.
Sottolineano che l’oggetto RAGIONE_SOCIALEa controversia era una pretesa creditizia e che le questioni poste investivano: a) il se il credito fosse mai sorto, e a quale titolo e se le aree fossero ‘in esclusiva’; b) la consistenza materiale e il l’ammontare effettivo del credito, e il se RAGIONE_SOCIALE‘applicabilità RAGIONE_SOCIALE eccezionali agevolazioni di legge; c) il quando fosse sorto, in particolare la sua crescita progressiva nell’arco di dieci anni; d) il se fosse stato estinto in tutto o al 10% per effetto RAGIONE_SOCIALEa positiva escussione del fideiussore; e) il se e il quando i singoli consorziati avessero posto in essere i comportamenti materiali che avrebbero fatto sorgere il credito erariale nei loro confronti (e non nei confronti del consorzio); f) il quando il credito sarebbe sorto, quale sia il suo termine prescrizionale, la titolarità dal lato passivo e l’eventuale solidarietà o divisione del credito stesso, tra gli attuatori dei comportamenti materiali e la responsabilità comunque solidale del RAGIONE_SOCIALE, che aveva regolato tra i consorziati lo sfruttamento a fini produttivi RAGIONE_SOCIALE aree ‘coltivabili’.
In definitiva, secondo le amministrazioni ricorrenti, non può sostenersi che le questioni inerenti all’accertamento del credito, poste alla base del primo motivo di appello, possano essere considerate assorbite ed estranee alla ratio decidendi RAGIONE_SOCIALEa sentenza del giudice di
primo grado, costituendo le stesse, invero, presupposto stesso di quella sentenza.
1.4. Con il quarto motivo l’RAGIONE_SOCIALE censura la sentenza impugnata ex art. 360 c.1 n. 3 c.p.c. per «violazione e falsa applicazione degli artt. 81 e 100 c.p.c., e RAGIONE_SOCIALE‘art. 29 L. 366/1963», nella parte in cui ha statuito che:
«Nel caso in esame, l’RAGIONE_SOCIALE deve ritenersi legittimata a contraddire in ragione del fatto che, come RAGIONE_SOCIALEgato e documentato dai convenuti, l’ente si è affermato titolare del credito dedotto in giudizio, sottoscrivendo, a mezzo del proprio Direttore, la prima richiesta di pagamento comunicata con nota prot. 4391-14 del 17.04.2014 e denominata ‘Interruzione RAGIONE_SOCIALEa prescrizione e costituzione in mora ai sensi e per gli effetti degli artt. 1219, 1310 e 2942 cod. civ. – Richiesta di Pagamento’».
Sottolinea l’RAGIONE_SOCIALE che la sua specifica competenza istituzionale è circoscritta alla verifica ed alla certificazione del fatto che gli importi, calcolati da parte RAGIONE_SOCIALE‘ente che amministra la laguna, siano esatti; ma che essa RAGIONE_SOCIALE non è titolare del diritto di incassare le somme, che sono di esclusiva spettanza del RAGIONE_SOCIALE.
Evidenzia che la doppia richiesta di pagamento (di cui all’art. 1, comma 274, L. 30 dicembre 2004, n. 311) era stata da essa firmata, in forza di atti di disposizione del demanio lagunare adottati solo dal RAGIONE_SOCIALE, in qualità di Magistrato RAGIONE_SOCIALE Acque.
In definitiva, secondo l’RAGIONE_SOCIALE, sarebbe indubbio il suo difetto di legittimazione passiva, in conformità a quanto disposto dall’art.29 L. 366/1963 (in base al quale «La concessione dei beni demaniali marittimi compresi nell’interno RAGIONE_SOCIALEa conterminazione lagunare rimane affidata al Magistrato RAGIONE_SOCIALE acque in tutta la laguna, escluse le zone portuali di competenza RAGIONE_SOCIALE‘autorità marittima, secondo gli speciali accordi già stabiliti o da stabilirsi»).
2. Al di là RAGIONE_SOCIALE serie perplessità indotte dalla singolarità RAGIONE_SOCIALE‘articolazione degli atti nei gradi precedenti di giudizio e dal tenore letterale RAGIONE_SOCIALEa gravata sentenza, i primi due motivi – che, in quanto connessi, sono qui trattati congiuntamente -sono, se complessivamente considerati ed alla stregua pure di un precedente specifico di legittimità (Cass. n. 28326/2023) in termini pienamente sovrapponibili (tanto da potersi operare, in questa sede, un richiamo integrale alla motivazione di quello, in ordine a quanto qui non espressamente argomentato), fondati.
Secondo quanto accertato nella sentenza impugnata (p. 9), il giudice di primo grado, «facendo applicazione del principio RAGIONE_SOCIALEa ‘ragione più liquida’», aveva accolto la domanda di accertamento negativo del credito (azionato dRAGIONE_SOCIALE amministrazioni demaniali) sulla base di una duplice ratio : a) la prescrizione del credito, non avendo le amministrazioni convenute provato di aver interrotto, prima RAGIONE_SOCIALE‘intimazione del 2014, il termine quinquennale di prescrizione; b) la non trasmissibilità del debito ai soci RAGIONE_SOCIALEa società estinta, in considerazione del fatto che i soci aderenti non avevano riscosso alcun importo in sede di liquidazione e che RAGIONE_SOCIALE era una società cooperativa a responsabilità limitata, alla quale, per effetto del richiamo di cui all’art. 2519 c.c., sono applicabili, in quanto compatibili, le norme sulla società per azioni (compreso l’art. 2495 c.c.).
Essendo stata accolta la domanda attorea, le amministrazioni convenute, proponendo l’appello in via principale, avrebbero dovuto in primo luogo contestare i fatti costitutivi RAGIONE_SOCIALEa domanda attorea. Tuttavia, esse con il primo motivo hanno chiesto l’accertamento RAGIONE_SOCIALEa debenza dei canoni per effetto RAGIONE_SOCIALEa messa a disposizione RAGIONE_SOCIALE aree demaniali a prescindere dalla superficie in concreto occupata ed utilizzata dagli aderenti alla RAGIONE_SOCIALE ed hanno manifestato la volontà di rinunciare RAGIONE_SOCIALE censure, articolate nei successivi tre motivi,
a condizione che fossero esaminate e dichiarate fondate le ragioni di insussistenza del credito nell’ an e nel quantum .
La corte territoriale nell’impugnata sentenza ha ritenuto di non poter esaminare il primo motivo, in quanto la doglianza non coglieva le specifiche rationes decidendi RAGIONE_SOCIALEa sentenza.
La statuizione contenuta nella impugnata sentenza di ritenere precluso l’esame del secondo, terzo e quarto motivo di appello (per effetto RAGIONE_SOCIALEa espressa rinuncia articolata da parte appellante in sede di conclusioni nel giudizio di appello) non è corretta in quanto la dichiarazione da parte degli appellanti era espressamente condizionata all’accoglimento (e, dunque, all’esame nel merito) RAGIONE_SOCIALEa censura contenuta nel primo motivo, mentre la corte, dichiarando detto motivo inammissibile, non ha proceduto al suo esame nel merito.
In definitiva, la corte territoriale, non avendo esaminato nel merito il primo motivo, avrebbe dovuto pronunciarsi sui motivi residui (che investivano la carenza di titolarità passiva del rapporto obbligatorio dedotto in giudizio e la sua prescrizione), non operando, in dipendenza RAGIONE_SOCIALEa definizione del primo motivo pure in senso favorevole alla parte appellante, la dichiarazione di rinuncia a dette altre censure, siccome condizionata in quei termini.
Il terzo motivo, in quanto articolato per il caso di mancato accoglimento dei primi due motivi, resta assorbito.
Il quarto motivo è infondato.
Secondo quanto accertato dalla Corte veneziana, l’RAGIONE_SOCIALE ha agito nella vicenda come titolare del credito dedotto in giudizio, sottoscrivendo, a mezzo del proprio Direttore, la prima richiesta di pagamento comunicata con nota prot. 4391-14 del 17.04.2014 e denominata «Interruzione RAGIONE_SOCIALEa prescrizione e costituzione in mora ai sensi e per gli effetti degli artt. 1219, 1310 e 2942 cod. civ. – Richiesta di Pagamento».
Come questa Corte ha rilevato nel già richiamato precedente (Cass. n. 28326/2023), tanto è sufficiente a dimostrare la legittimazione passiva RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE essendosi la stessa qualificata titolare del credito dedotto in giudizio.
P. Q. M.
La Corte:
accoglie il primo ed il secondo motivo, e, per l’effetto, assorbito il terzo e respinto il quarto:
cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e
rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di RAGIONE_SOCIALE, in diversa composizione, perché proceda a nuovo esame.
Così deciso in Roma, in data 11 settembre 2024, nella camera di