Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 3887 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 3887 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/02/2024
OPPOSIZIONE AGLI ATTI ESECUTIVI
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4155/2020 R.G. proposto da COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, dal quale, unitamente all’AVV_NOTAIO , è rappresentato e difeso
-ricorrente principale –
contro
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO
-controricorrente e ricorrente incidentale -nonché contro
COGNOME NOME, in difetto di domicilio eletto in ROMA, domiciliato per legge ivi presso la CANCELLERIA RAGIONE_SOCIALE CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE E, PER ESSA, QUALE MANDATARIA CON RAPPRESENTANZA, RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, QUALE RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE E, PER ESSA, QUALE RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE
-intimati –
Avverso la sentenza n. 2446/2019 del TRIBUNALE DI TREVISO, depositata il giorno 21 novembre 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19 settembre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Nell’anno 2009, la società RAGIONE_SOCIALE promosse innanzi il Tribunale di Treviso espropriazione forzata in danno di NOME COGNOME, sottoponendo a pignoramento un immobile di proprietà di quest’ultimo, ubicato in Treviso, INDIRIZZO; nella procedura dispiegarono intervento numerosi creditori dell’esecutato, dettagliatamente indicati nell’epigrafe del presente provvedimento.
Emessa ordinanza di vendita del bene pignorato per un prezzo base di euro 1.282.500, la fase liquidativa si svolse attraverso plurimi infruttuosi esperimenti di vendita e con reiterati ribassi del prezzo di
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collocazione; il cespite venne alfine aggiudicato, per il prezzo di euro 345.000, ad NOME COGNOME, a favore del quale, saldato il prezzo, fu poi emesso (il 18 ottobre RAGIONE_SOCIALE) decreto di trasferimento.
Avverso detto decreto (nonché avverso l’ordine di liberazione dell’immobile nel frattempo emanato dal giudice dell’esecuzione) NOME COGNOME propose opposizione agli atti esecutivi, adducendo, in sintesi, l’ingiustizia del prezzo di aggiudicazione, not evolmente inferiore a quello corretto « tenuto conto delle condizioni di mercato ».
L’opposizione è stata disattesa dalla decisione in epigrafe.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, articolando un motivo; resiste, con controricorso, e dispiega altresì ricorso incidentale per un motivo la RAGIONE_SOCIALE, nella qualità di procuratrice speciale di RAGIONE_SOCIALE; resistono, con separati controricorsi, anche NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE (quale cessionaria del credito di RAGIONE_SOCIALE), per il tramite della sua mandataria con rappresentanza, RAGIONE_SOCIALE.
Non hanno svolto difese in questo grado di giudizio gli altri soggetti intimati, in epigrafe indicati.
I ricorrenti, principale ed incidentale, e la controricorrente RAGIONE_SOCIALE hanno depositato memoria illustrativa.
All’esito dell’adunanza camerale sopra indicata, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di cui al secondo comma dell’art. 380 -bis. 1 cod. proc. civ..
RAGIONI RAGIONE_SOCIALE DECISIONE
Logicamente preliminare è la disamina dell’unico motivo del ricorso incidentale, articolato per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ..
Con esso si eccepisce un’omessa pronuncia sull’eccezione di inammissibilità dell’opposizione agli atti esecutivi in quanto tardiva; si assume comunque detta inammissibilità (ai fini di un rilievo di ufficio
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ad opera della Corte e della cassazione senza rinvio della sentenza impugnata), per essere le questioni dedotte dall’opponente relative a « adempimenti e provvedimenti precedenti il decreto di trasferimento », pertanto da sollevare avverso l’ordinanza di vendita delegata.
1.1. Il motivo è infondato, sotto ambedue i profili.
Pronunciando sul merito della opposizione agli atti, il giudice territoriale ha, in modo implicito ma inequivoco, ritenuto infondata l’eccezione di inammissibilità per tardività della opposizione stessa, necessario antecedente logico giuridico della statuizione resa: detta decisione, dunque, non è censurabile con ricorso per cassazione per omessa pronuncia (ovvero per violazione della norma sul procedimento dettata dall’art. 112 cod. proc. civ.), bensì per violazione di legge e difetto di motivazione, onde portare il controllo di legittimità sulla conformità a diritto della decisione implicita e sulla decisività della questione non presa in considerazione ( ex plurimis, Cass. 08/05/2023, n. 1213; Cass. 29/01/2021, n. 2151; Cass. 06/11/2020, n. 24953; Cass. 13/08/RAGIONE_SOCIALE, n. 20718).
E, riguardata sotto il profilo della correttezza giuridica, la reiezione della eccezione di inammissibilità dell’opposizione appare immune dalle sollevate doglianze.
Come in sintesi illustrato in narrativa, NOME COGNOME ha dedotto, quale ragione di invalidità del decreto di trasferimento, la notevole inferiorità del prezzo di aggiudicazione del bene pignorato rispetto al « giusto prezzo », da ragguagliare alle « condizioni di mercato », in forza del disposto dall’art. 108 della legge fallimentare.
Detta circostanza non poteva essere fatta valere reagendo con lo strumento ex art. 617 cod. proc. civ. avverso l’ordinanza di vendita o altri provvedimenti prodromici al decreto di trasferimento : l’evenienza allegata (ed il correlato vizio) è invero riscontrabile soltanto in rapporto all’esito positivo dell’ esperimento di vendita (cioè a dire, in rapporto al
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quantum dell’ aggiudicazione) , ben potendo il prezzo a base d’asta stabilito nell’ordinanza di vendita subire incrementi (anche considerevoli) per effetto dell’esperimento della gara tra gli offerenti (per una fattispecie analoga, Cass. 02/08/2023, n. 23538).
E tanto giustifica l’ammissibilità della opposizione in parola.
L’unico motivo del ricorso principale denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 586 cod. proc. civ. e dell’art. 108 l.fall..
Assume, breviter, l’impugnante che il « giusto prezzo » – previsto dall’art. 586 cod. proc. civ. come parametro per l’esercizio del potere di sospensione dell’esecuzione (ostativo all’emissione del decreto di trasferimento) – va rapportato al valore corrente di mercato del bene staggito, alla stregua di quant o stabilito nell’ambito delle procedure concorsuali dall’art. 108 l.fall.: da ciò inferisce la notevole inferiorità del prezzo di aggiudicazione conseguito nella specie (euro 345.000), ribassato di oltre il 70% rispetto al valore di stima (euro 1.282.500).
Ove confermata l’interpretazione seguita dal giudice di merito, prospetta questione di legittimità costituzionale dell’art. 586 cod. proc. civ., per contrasto con il principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.), di buona gestione dell’amministrazione della giustizia (art. 98 Cost.), di parità di trattamento delle parti del processo (art. 111 Cost.).
2.1. Il motivo è infondato.
Nel tracciare i presupposti di operatività della facoltà officiosa in questione, introdotta dall’art. 19 -bis del d.l. 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203 (a cui si deve l’interpolazione dell’art. 586 cod. proc. civ. con l’aggiunta dell ‘inciso « può sospendere la vendita quando ritiene che il prezzo offerto sia notevolmente inferiore a quello giusto »), questa Corte, all’esito di un’accurata ed analitica esegesi dell’istituto, ha chiarito che il potere di sospendere la vendita, attribuito al giudice dell’esecuzione dopo l ‘ aggiudicazione perché il prezzo offerto è notevolmente inferiore
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a quello giusto, può essere esercitato allorquando: a) si verifichino fatti nuovi successivi all’aggiudicazione; b) emerga che nel procedimento di vendita si siano verificate interferenze illecite di natura criminale che abbiano influenzato il procedimento, ivi compresa la stima stessa; c) il prezzo fissato nella stima posta a base della vendita sia stato frutto di dolo scoperto dopo l’aggiudicazione; d) vengano prospettati, da una parte del processo esecutivo, fatti o elementi che essa sola conosceva anteriormente all ‘ aggiudicazione, non conosciuti né conoscibili dalle altre parti prima di essa, purché costoro li facciano propri, adducendo tale tardiva acquisizione di conoscenza come sola ragione giustificativa per l’ esercizio del potere del giudice dell ‘ esecuzione (in tal senso Cass. 21/09/2015, n. 18451, alla cui motivazione si fa integrale rinvio).
Da ciò si è poi desunto che non integra un prezzo ingiusto di aggiudicazione, idoneo a fondare la sospensione prevista dall ‘ art. 586 cod. proc. civ., quello che sia anche sensibilmente inferiore al valore posto originariamente a base della vendita, ove questa abbia avuto luogo in corretta applicazione delle norme di rito, né si deducano gli specifici elementi perturbatori della correttezza della relativa procedura elaborati dalla giurisprudenza, tra cui non si possono annoverare l ‘ andamento o le crisi, sia pure di particolare gravità, del mercato immobiliare (Cass. 10/06/2020, n. 11116).
Si tratta di una lettura ermeneutica costantemente ribadita in numerosi successivi arresti della giurisprudenza di legittimità, mai posta in discussione o contraddetta, sì da integrare vero e proprio diritto vivente (tra le tante, cfr. Cass. 23/06/2016, n. 13014; Cass. 12/12/2016, n. 25324; Cass. 10/01/2017, n. 268; Cass. 14/02/2017, n. 3791; Cass. 06/05/2021, n. 27071; Cass. 20/10/2021, n. 29018; Cass. 26/11/2021, n. 36857; Cass. 06/07/2022, n. 21408; Cass. 19/01/2023, n. 1639; Cass. 25/01/2023, n. 2224; Cass. 20/04/2023, n. 10718; Cass. 08/06/2023, n. 16336; Cass. 21/08/2023, n. 24913).
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2.2. A tale orientamento si è allineata la gravata sentenza: negata, sulla scorta di un’interpretazione coordinata di alcuni dati positivi, la corrispondenza del « giusto prezzo » rilevante ex art. 586 cod. proc. civ. con il valore di mercato del bene, menzionati, in chiave adesiva, alcuni degli arresti di legittimità sopra citati, il giudice territoriale ha escluso la ricorrenza delle condizioni per la sospensione della vendita, per non aver l’opponente « allegato alcun fatto che abbia interferito con il procedimento di determinazione del prezzo ed in conseguenza del quale la determinazione del prezzo di stima sia stata falsata al ribasso ».
E la pronuncia merita conferma, dacché all’orientamento cui essa ha aderito si intende qui manifestare ulteriore e convinta continuità, resistendo alle critiche formulate dall’impugnante principale, queste replicando argomenti già vagliati (ed altresì confutati) nelle decisioni sopra menzionate di questa Corte.
Devesi qui allora ribadire che il « giusto prezzo » cui fa riferimento l’art. 586 cod. proc. civ. è diversamente da quanto opina il ricorrente -un concetto non economico, correlato cioè al valore venale o al miglior risultato di collocazione dell’immobile conseguibile in base ai parametri del mercato, bensì giuridico: esso designa l’esito ottenuto da una sequenza procedimentale della fase liquidatoria svolta in maniera conforme alle regole che la presidiano, ovvero in assenza di fattori devianti o interferenze illegittime incidenti sulla formazione del prezzo.
Valga, per meglio ed esaustivamente puntualizzare la nozione, riportare le parole di Cass. 10/06/2020, n. 11116: « proiezione in sede esecutiva del principio della rilevanza della sola verità processuale, vale a dire di quella accertata con la corretta applicazione delle regole del processo di cognizione sulla ricostruzione o rappresentazione dei fatti quali presupposti del giudizio di diritto idoneo a regolare la fattispecie e definire la controversia, è il principio dell ‘ identificazione del prezzo giusto con quello che risulta da un corretto svolgimento delle operazioni
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di vendita: non è giusto il prezzo soggettivamente reputato tale da uno dei soggetti del processo, ma solo quello che si forma all’esito del corretto funzionamento dei meccanismi processuali istituzionalmente deputati a determinarlo », poiché « è l’ interazione col mercato dei beni oggetto della vendita giudiziaria a costituire idonea garanzia di ottenimento del massimo risultato giusto ed utile possibile ».
E l a fisiologia dell’espropriazione singolare immobiliare è segnata dalla evenienza di sequenziali esperimenti di vendita (nemmeno ex lege limitati nel numero, diversamente dalla espropriazione di beni mobili) con progressivi ribassi del prezzo a base d’asta rispetto al prezzo del primo esperimento, di norma ancorato a quello di stima: ma nemmeno quest’ultimo, a ben vedere, corrisponde al cor rispettivo conseguibile da un’alienazione negoziale al valore di mercato, per la necessità di tener conto della « assenza della garanzia per vizi del bene venduto » (art. 568 cod. proc. civ.), ovvero della minor tutela che spetta all’aggiudicatario di un immobile, non legittimato, giusta l’art. 2922 cod. civ., alla proposizione delle c.d. azioni edilizie (tra tutte, v. Cass. 02/04/2014, n. 7708).
Le superiori considerazioni escludono ogni possibile identificazione tra « prezzo giusto » rilevante ai fini del potere di sospensione della vendita ex art. 586 cod. proc. civ. e valore di mercato.
2.3. A differente conclusione non conduce poi l ‘argomentazione su cui si incentra il motivo in vaglio: non è conforme a diritto l’ applicazione analogica all ‘ espropriazione singolare della norma ( ratione temporis applicabile) dettata dall’art. 108 l.fall. per la procedura concorsuale.
La tesi muove da un (implicito ma indefettibile) presupposto: la omologia, strutturale e funzionale, della fase liquidativa nell’esecuzione singolare ed in quella collettiva, da ciò pretendendo inferire una identità di disciplina attraverso una vis expansiva di quella positivamente stabilita per le procedure fallimentari.
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Si tratta, tuttavia, di un presupposto errato: invero evidenti sono le disomogeneità della fase liquidativa nei due àmbiti.
Esse investono, in primo luogo e al fondo, la modalità stessa con cui si addiviene alla trasformazione dell’immobile in denaro.
Se infatti nella espropriazione individuale la vendita del compendio staggito segue un subprocedimento rigorosamente predeterminato dalle norme codicistiche (ancor più dopo la riforma del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, che ha positivamente definito anche il numero degli esperimenti da compiere in un range temporale del pari definito), nel quale al giudice dell’esecuzione sono riservati spazi di discrezionalità circoscritti (in specie, per quanto per quanto qui più di interesse, circa la misura dei ribassi), nelle procedure concorsuali la discrezionalità degli organi direttivi, espressa con il programma di liquidazione, concerne addirittura la tecnica di vendita, potendo questa compiersi, in alternativa al modello codicistico, nella forma competitiva, con regole e scansioni liberamente individuate dagli organi della procedura, salvo il rispetto delle regole minime di correttezza e trasparenza (da ultimo, Cass. 01/07/2022, n. 21007)
Ma puntuali differenze concernono anche l’aspetto specifico in esame, cioè il potere di sospendere la vendita dopo l’aggiudicazione.
Alla regola sancita dall’art. 586 cod. proc. civ. si contrappone, nell’ambiente concorsuale, un regime composito, in cui concorrono due distinte fattispecie: un potere giudiziale di sospensione, subordinato alla formulazione di un’istanza di un soggetto interessato (fallito, comitato dei creditori o altri interessati) entro un brevissimo termine (dieci giorni) dichiaratamente fissato a pena di decadenza, esercitabile in caso di prezzo notevolmente inferiore a quello giusto, « tenuto conto delle condizioni di mercato » (art. 108 l.fall.); un potere di sospensione del curatore, nell’ipotesi di presentazione di un’offerta irrevocabile
d’acquisto migliorativa, per un importo non inferiore al dieci per cento del prezzo offerto (art. 107, quarto comma, l.fall.).
Se lo scopo di queste due norme appare identico (incrementare il risultato economico della vendita) e l’effettiva perseguibilità di esso è affidato ad una valutazione discrezionale (del giudice o del curatore), va sottolineato come nemmeno nel contesto concorsuale il riferimento alle « condizioni di mercato » come parametro di « giustezza » del prezzo è stato inteso dalla giurisprudenza di nomofilachia come biunivoca correlazione al prezzo di mercato.
È radicato convincimento di questa Corte che il prezzo « giusto » con cui il giudice delegato deve confrontare il prezzo di aggiudicazione (onde verificare l’esistenza di una notevole sproporzione) non rappresenta il valore – astratto ed ipotetico di mercato ma l’esito possibile della vendita da individuarsi, esercitando un prudente apprezzamento, alla luce della concreta e contingente situazione del mercato territoriale di riferimento come evidenz iata dall’andamento della fase liquidativa (ovvero dalle risposte offerte dalla platea dei potenziali interessati all’acquisto rispetto alla collocazione in vendita del bene) ma anche da ll’assenza di interferenze o fattori devianti incidenti sul prezzo (Cass. 26/07/2023, n. 22570; Cass. 23/11/2022, n. 34457; Cass. 12/06/2020, n. 11352).
Risulta dunque, in virtù di quanto illustrato, non praticabile la osmosi delle discipline in tema di sospensione della vendita nel senso predicato dal ricorrente principale: all’inverso, la breve analisi della giurisprudenza di legittimità ora condotta dimostra come il contenuto della valutazione sul « giusto prezzo » nella espropriazione singolare sia stato ‘ esportato ‘ nella procedura concorsuale, finendo con l’integrare uno dei parametri di congruità del prezzo anche in quella sede.
2.4. E tanto palesa la manifesta infondatezza, per tutte le pretese violazioni, della questione di legittimità costituzionale prospettata dal
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ricorrente principale, in ogni caso dovendosi ascrivere le disomogeneità di regolamentazione tra espropriazioni individuali e collettive non a vulnus del principio di ragionevolezza bensì a opzione del legislatore, estrinsecazione della sua ontologica discrezionalità e coerente con le diversità, sotto plurimi profili, delle due tipologie di procedure.
In conclusione e per riepilogare: sono rigettati il ricorso principale e il ricorso incidentale.
Circa il regolamento delle spese di lite, la reciproca soccombenza ne giustifica la integrale compensazione nei rapporti tra NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE, quale procuratrice speciale di RAGIONE_SOCIALE; l’applicazione del principio di cui all’art. 91 cod. proc. civ. impone invece la condanna del ricorrente principale alla refusione delle spese del giudizio di legittimità in favore delle parti ad esso controricorrenti, NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE (e, per essa, quale mandataria con rappresentanza, RAGIONE_SOCIALE), spese distintamente liquidate, avuto riguardo alle attività difensive da ciascuna effettivamente svolte.
Atteso il rigetto dei due ricorsi, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass., Sez. U, 20/02/2020, n. 4315) per il versamento da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura rispettivamente pari a quello previsto per i rispettivi ricorsi, ove dovuto, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13.
p. q. m.
Rigetta il ricorso principale.
Rigetta il ricorso incidentale.
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Dichiara interamente compensate le spese del giudizio di legittimità tra NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE, quale procuratrice speciale di RAGIONE_SOCIALE.
Condanna il ricorrente principale, NOME COGNOME, al pagamento in favore del controricorrente NOME COGNOME delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori, fiscali e previdenziali, di legge.
Condanna il ricorrente principale, NOME COGNOME, al pagamento in favore della controricorrente RAGIONE_SOCIALE e, per essa, quale mandataria con rappresentanza, RAGIONE_SOCIALE, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 6.500,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori, fiscali e previdenziali, di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte di ambedue i ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso rispettivamente proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis .
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione