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Giusta causa dimissioni: quando si può eccepire?

Una lavoratrice ottiene un decreto ingiuntivo per crediti da lavoro. La società datrice si oppone, vantando un controcredito per mancato preavviso. La Corte di Cassazione conferma la decisione dei giudici di merito: l’aver sollevato un’eccezione riconvenzionale rende necessario l’accertamento sulla giusta causa dimissioni, senza che ciò costituisca una violazione del principio del chiesto e del pronunciato.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Giusta Causa Dimissioni: Quando la Difesa del Datore di Lavoro Rende Necessario l’Accertamento

L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento sui poteri del giudice nel contesto di un’opposizione a decreto ingiuntivo promossa da un datore di lavoro. In particolare, la Corte di Cassazione ha stabilito che, qualora l’azienda si difenda eccependo un proprio credito per mancato preavviso, il giudice è tenuto a valutare la sussistenza della giusta causa dimissioni, anche se non è stata oggetto di una domanda specifica da parte della lavoratrice nel giudizio di opposizione. Questa decisione ribadisce la natura strumentale di tale accertamento per risolvere la controversia principale.

I Fatti di Causa

Una lavoratrice otteneva un decreto ingiuntivo per il pagamento di circa 3.750 euro a titolo di ferie residue, tredicesima e indennità redazionale. La società editrice datrice di lavoro proponeva opposizione, sostenendo di essere a sua volta creditrice di una somma maggiore (oltre 6.200 euro) a titolo di indennità per mancato preavviso, poiché la lavoratrice si era dimessa senza, a suo dire, una giusta causa.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello respingevano l’opposizione, confermando il decreto ingiuntivo. I giudici di merito ritenevano che la difesa della società, configurandosi come un’eccezione riconvenzionale, rendesse necessaria la verifica della sussistenza della giusta causa delle dimissioni. Avendo accertato tale giusta causa, l’eccezione della società veniva respinta.

La società ricorreva quindi in Cassazione, lamentando principalmente quattro violazioni:
1. La violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (art. 112 c.p.c.), per aver il giudice accertato la giusta causa senza una specifica domanda.
2. La violazione del diritto di difesa e del contraddittorio.
3. L’errata applicazione della norma sulla non contestazione dei fatti (art. 115 c.p.c.).
4. L’erronea dichiarazione di inammissibilità delle prove richieste in appello per contestare la giusta causa.

La Decisione della Corte di Cassazione e l’accertamento della giusta causa dimissioni

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso della società, confermando la correttezza delle decisioni dei giudici di merito. La Corte ha chiarito che l’eccezione sollevata dalla società, finalizzata a paralizzare la pretesa della lavoratrice opponendo un proprio controcredito, ha di fatto ampliato il tema del decidere. Per stabilire se alla società spettasse o meno l’indennità di mancato preavviso, era logicamente e giuridicamente indispensabile accertare se le dimissioni fossero sorrette da una giusta causa.

Le Motivazioni

Il fulcro della decisione risiede nella corretta qualificazione della difesa della società come eccezione riconvenzionale. A differenza di una mera difesa, che si limita a negare i fatti posti a fondamento della domanda, l’eccezione riconvenzionale introduce nel processo un fatto nuovo (il controcredito) che, se provato, può estinguere o modificare il diritto vantato dall’attore.

La Cassazione ha affermato che la verifica della fondatezza di tale eccezione implicava necessariamente l’accertamento sulla sussistenza della giusta causa delle dimissioni. Pertanto, il giudice non è andato ‘oltre la domanda’ (vizio di ultrapetizione), ma ha semplicemente svolto una valutazione strumentale e indispensabile per decidere sull’eccezione stessa. L’accertamento della giusta causa, come si legge nel dispositivo della sentenza di primo grado (“accertata la giusta causa di dimissioni, rigetta l’opposizione”), era finalizzato unicamente a decidere sulla richiesta della società di revocare il decreto ingiuntivo.

Inoltre, la Corte ha dichiarato inammissibili i motivi relativi alla violazione del contraddittorio e alla non contestazione dei fatti, poiché la società ricorrente non aveva adempiuto all’onere di trascrivere integralmente nel ricorso gli atti processuali rilevanti (in particolare, il ricorso per decreto ingiuntivo), impedendo alla Corte di legittimità di effettuare le necessarie verifiche. Infine, è stato ritenuto infondato il motivo sulla mancata ammissione delle prove, poiché, una volta che i fatti a fondamento della giusta causa sono stati considerati non specificamente contestati in primo grado, la richiesta di prove tardive in appello diventa irrilevante.

Le Conclusioni

L’ordinanza consolida un principio processuale di notevole importanza pratica: quando un datore di lavoro si oppone a una richiesta di pagamento di un ex dipendente eccependo un credito per mancato preavviso, deve essere consapevole che tale difesa apre inevitabilmente il campo a un’indagine giudiziale sulla legittimità delle dimissioni.

L’accertamento sulla giusta causa dimissioni non è più un tema esterno alla controversia, ma ne diventa un presupposto logico. Questa pronuncia sottolinea l’importanza di una strategia difensiva attenta fin dalle prime fasi del giudizio: la mancata contestazione specifica dei fatti allegati dalla controparte può precludere la possibilità di farlo efficacemente nei gradi successivi, con conseguenze decisive sull’esito della lite.

Può un giudice accertare la giusta causa di dimissioni se la lavoratrice non ne ha fatto esplicita domanda nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo?
Sì, il giudice è tenuto a farlo se il datore di lavoro, per difendersi, solleva un’eccezione riconvenzionale vantando un proprio credito per l’indennità di mancato preavviso. In questo caso, l’accertamento sulla giusta causa diventa un passaggio necessario per decidere sull’eccezione stessa.

Cosa si intende per ‘eccezione riconvenzionale’ in questo contesto?
È la strategia difensiva con cui il datore di lavoro non si limita a negare il diritto della lavoratrice, ma oppone un proprio contro-diritto (il credito per mancato preavviso) al fine di neutralizzare la pretesa avversaria. Questa difesa amplia l’oggetto del giudizio.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili alcuni motivi di ricorso della società?
Perché la società ricorrente non ha trascritto integralmente nel proprio ricorso gli atti processuali di riferimento (come il ricorso monitorio originario). Tale omissione ha impedito alla Corte di Cassazione di verificare la fondatezza delle censure procedurali sollevate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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