Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5390 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 5390 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 01/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 18731-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME (RAGIONE_SOCIALE, che la rappresentano e difendono;
– ricorrente –
contro
COGNOME COGNOME elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 203/2022 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 03/06/2022 R.G.N. 1311/2021;
Oggetto
R.G.N. 18731/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 28/11/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/11/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che
NOME COGNOME otteneva decreto con il quale era ingiunto a RAGIONE_SOCIALE il pagamento della complessiva somma di euro 3.750,43 a titolo di residuo ferie, residuo tredicesima mensilità e indennità redazionale;
la società proponeva ricorso in opposizione che era respinto dal Tribunale con statuizione confermata dalla Corte di appello;
in particolare, la Corte di merito riteneva non violato il principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato per avere il giudice di prime cure accertato la sussistenza di una giusta causa di dimissioni in capo alla RAGIONE_SOCIALE in quanto tale verifica si palesava necessaria alla luce della eccezione di natura riconvenzionale formulata dalla società la quale aveva allegato di essere rimasta creditrice, a sua volta, nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, per l’importo di € 6.223,28, somma dovuta a tit olo di indennità di mancato preavviso. Il giudice di appello ha altresì escluso la violazione del contraddittorio e del diritto di difesa con riguardo all’accertamento della giusta causa di dimissioni risultando a tal fine dirimente la considerazione delle ragioni già esposte dalla COGNOME nel ricorso monitorio e la richiesta della società che nel corso del processo di primo grado aveva dichiarato di ritenere la causa ormai matura per la decisione. Nel merito il giudice di appello ha dichiarato di condividere la valutazione di prime cure di sussistenza della giusta causa di dimissioni ai sensi dell’art. 32 c.n.l.g. alla stregua delle
circostanze rappresentate dalla lavoratrice in sede monitoria e non oggetto di specifica contestazione da parte della società;
per la cassazione della decisione ha proposto ricorso RAGIONE_SOCIALE sulla base di quattro motivi; la parte intimata ha resistito con controricorso;
entrambe le parti hanno depositato memoria;
Considerato che
1.Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce ex art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c., violazione o falsa applicazione dell’art . 112 c.p.c., censurando la sentenza impugnata per avere escluso la violazione dell’art. 112 c.p.c. con riferimento alla statuizione di accertamento della sussistenza della giusta causa di dimissioni; la società ha infatti contestato di avere formulato un’ eccezione di natura riconvenzionale in sede di opposizione; né -ha osservato- una domanda in tal senso era stata formulata dalla lavoratrice alla quale era preclusa, in sede di opposizione, la formulazione di domande non azionate in sede monitoria;
con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 101 c.p.c. e degli artt. 111 e 24 Cost. censurando la sentenza impugnata per avere escluso la violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa in riferimento alla questione della violazi one dell’art. 32 c.n.l.g.; rappresenta di avere nel giudizio di appello insistito nelle istanze istruttorie;
con il terzo motivo deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. censurando la sentenza impugnata per avere ritenuto non oggetto di specifica contestazione i fatti allegati nel
ricorso monitorio; assume che l’eventuale condotta processuale in tal senso della società avrebbe potuto avere rilievo solo laddove il giudizio di primo grado avesse avuto ad oggetto l’accertamento della giusta causa di dimissioni; ribadisce di avere, in sede di opposizione, contestato le condizioni di ammissibilità della domanda di ingiunzione sul presupposto che la RAGIONE_SOCIALE aveva rassegnato le dimissioni senza rispettare il termine di preavviso;
4. con il quarto motivo deduce, in via subordinata, violazione e falsa applicazione dell’art. 437 c.p.c. censurando la sentenza impugnata per avere rilevato la tardività della contestazione della sussistenza della giusta causa, formulata solo in seconde cure dalla società, la quale aveva sul punto articolato specifici capitoli di prova; tali allegazioni erano state considerate inammissibili; sostiene, viceversa, l’ammissibilità dei mezzi di prova articolati sulla base della giurisprudenza di questa Corte ( Cass. n. 8441/2020);
5. il primo motivo di ricorso è infondato;
5.1. la sentenza impugnata, premesso che il Tribunale aveva correttamente accertato, rigettando l’opposizione proposta da RAGIONE_SOCIALE, la sussistenza della giusta causa di dimissioni, ha evidenziato che la società, nel ricorso in opposizione avverso il decreto ingiuntivo, aveva eccepito il proprio maggior credito correlato alla insussistenza di una giusta causa di dimissioni ed al conseguente proprio diritto ad ottenere il pagamento della indennità di preavviso; RAGIONE_SOCIALE aveva infatti a tal fine richiamato l’art. 27 del c.n.l.g. e osservato che dallo stesso cedolino della retribuzione del mese di ottobre 2020, prodotto dalla controparte, risultava un debito della lavoratrice per la
somma di € 6.223,28, a titolo di indennità di preavviso. Sulla scorta di tale quadro ricostruttivo delle difese delle parti il giudice di appello ha ritenuto che la questione inerente la sussistenza della giusta causa era stata correttamente e necessariamente valutata onde accertare la fondatezza della pretesa azionata in via monitoria nonché della eccezione riconvenzionale della società; in questa prospettiva ha escluso la violazione dell’art. 112 c.p.c.;
5.2. la decisione di seconde cure è corretta e si sottrae alle censure articolate dalla odierna ricorrente;
5.3. invero, dallo storico di lite del ricorso per cassazione si evince che la società datrice con il ricorso in opposizione aveva concluso per il rigetto del ricorso monitorio, mentre nella memoria di costituzione nel giudizio di opposizione la COGNOME aveva concluso per la conferma del decreto ingiuntivo ed inoltre chiesto di accertare e dichiarare la sussistenza della giusta causa di dimissioni con conseguente condanna della società al pagamento della indennità sostitutiva del preavviso; in subordine , tra l’altro, aveva chiesto accertarsi che le dimissioni erano state rassegnate in uno stato di crisi aziendale, tale da esonerare dall’obbligo di preavviso (ricorso, pagg. 11 e sgg. );
5.4. il Tribunale, con statuizione confermata dalla sentenza impugnata, richiamata la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale nell’ordinario giudizio di cognizione, che si instaura a seguito dell’opposizione a decreto ingiuntivo, l’opposto, rivestendo la posizione sostanziale di attore, non può avanzare domande diverse da quelle fatte valere con il ricorso monitorio, salvo il caso in cui, per effetto di una riconvenzionale formulata dall’opponente, egli si venga a trovare, a sua volta,
nella posizione processuale di convenuto, al quale non può essere negato il diritto di difesa, rispetto alla nuova o più ampia pretesa della controparte, mediante la proposizione (eventuale) di una “reconventio reconventionis” che deve, però, dipendere dal titolo dedotto in causa o da quello che già appartiene alla stessa come mezzo di eccezione ovvero di domanda riconvenzionale ( tra le altre, Cass. n. 5415/2019), adottava ordinanza con la quale rigettava la istanza di differimento dell’udienza <>; la statuizione che chiudeva il giudizio di opposizione era formulata in questi termini ‘accertata la giusta causa di dimissioni, rigetta l’opposizione’;
5.5. ciò posto, non risulta validamente contrastata – in difetto della trascrizione degli atti di riferimento ed in particolare dell’intero ricorso in opposizione, come viceversa necessario per consentire al collegio di legittimità, giudice del fatto processuale, la verifica del contenuto delle difese delle parti – la affermazione della Corte di merito in ordine al fatto che nel giudizio di opposizione la società opponente, convenuta in senso sostanziale, aveva spiegato eccezione riconvenzionale la quale, come noto, consiste in una prospettazione difensiva che, pur ampliando il tema della controversia, è finalizzata, a differenza della domanda riconvenzionale, esclusivamente alla reiezione della domanda attrice, attraverso l’opposizione al diritto fatto valere dall’attore di un altro diritto idoneo a paralizzarlo (Cass. n. 7292/2021); la circostanza, del resto, risulta implicitamente ammessa dalla odierna ricorrente laddove richiama le difese spiegate nel ricorso in opposizione le quali, in quanto dichiaratamente intese a paralizzare la pretesa azionata in via monitoria con la deduzione del credito vantato nei confronti
dell’opposta a titolo di indennità sostitutiva dalla società, configurano una eccezione riconvenzionale; da tanto deriva che poiché la verifica della fondatezza della eccezione riconvenzionale implicava l’accertamento della sussistenza o meno della giusta causa di dimissione, correttamente la questione è stata ritenuta devoluta e quindi esaminata dal Tribunale, come ritenuto dalla Corte di appello;
5.6. a riguardo è da evidenziare che dalla medesima espressione utilizzata nel dispositivo della sentenza di primo grado, ed in coerenza con la natura di eccezione riconvenzionale attribuita alla deduzione della società opponente in ordine al credito vantato nei confronti della lavoratrice per l’indennità sostitutiva del preavviso, il giudice di prime cure non ha mostrato di voler rendere una autonoma pronunzia di accertamento della sussistenza della giusta causa di dimissioni, ma, come si evince dall’us o del participio passato ‘accertata la giusta causa di dimissioni’, una valutazione esclusivamente strumentale alla pronunzia richiesta dall’opponente di revoca o di declaratoria di inefficacia del decreto ingiuntivo opposto; tanto esclude la sussistenza del denunziato vizio di extrapetizione;
6. il secondo motivo di ricorso è inammissibile
6.1. le censure di violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio, escluse dal giudice di appello, sono inammissibili in quanto, innanzitutto, in violazione dell’art. 366, comma 1 n. 6 c.p.c., non sorrette dalla trascrizione degli atti di riferimento e quindi del contenuto del ricorso monitorio ed in secondo luogo perché si sostanziano in un diverso apprezzamento dei fatti allegati nel ricorso per decreto
ingiuntivo al fine della corretta instaurazione del contraddittorio sulle circostanze che rendevano giustificate le dimissioni, apprezzamento intrinsecamente inidoneo a dare contezza dell’errore in tesi ascritto al giudice di secondo grado; né il solo fatto, allegato ma non dimostrato, della mancata indicazione della norma del contratto collettivo asseritamente violata dalla società, e cioè l’art. 32 c.n.l.g. si configura come elemento destinato a incidere sulla compiuta realizzazione del contraddittorio, ove comunque, sia esplicitata la ragione per la quale la lavoratrice si era determinata a rassegnare le dimissioni;
il terzo motivo di ricorso è inammissibile, per difetto della integrale trascrizione del contenuto del ricorso monitorio; non è quindi stata validamente censurata la affermazione del giudice di secondo grado secondo il quale la lavoratrice nel ricorso per decreto ingiuntivo aveva allegato le ragioni integranti giusta causa di dimissioni, questione strettamente funzionale all’accoglimento della pretesa monitoria;
il quarto motivo di ricorso è infondato; invero, una volta ritenuti non contestati dalla odierna ricorrente i fatti allegati dalla lavoratrice a fondamento della giusta causa di dimissioni, non risultava necessaria riguardo agli stessi la ammissione dei mezzi di prova richiesti dalla società (Cass. n. 3727/2012, Cass. n. 5356/2009);
al rigetto del ricorso consegue la condanna della parte soccombente alla rifusione delle spese processuali ed pagamento, nella sussistenza dei relativi presupposti processuali, dell’ulteriore importo del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comm a quater d.p.r. n. 115/2002;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in € 2.500,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Roma, così deciso nella camera di consiglio del 28 novembre 2024
La Presidente Dott.ssa NOME COGNOME