Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 22140 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 22140 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso 14343-2019 proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, che lo rappresentano e difendono unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA RAGIONE_SOCIALE.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, che la rappresentano e difendono;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 6281/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 13/11/2018 R.G.N. 4067/2014;
R.G.N.14343/2019
COGNOME.
Rep.
Ud. 12/06/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/06/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
con sentenza 13 novembre 2018, la Corte d’appello di Napoli ha rigettato l’appello di NOME COGNOME avverso la sentenza di primo grado, di reiezione delle sue domande di recesso in data 24 giugno 2008 per giusta causa dal rapporto di agenzia con la Banca MPS s.p.a., per i disagi cagionati ai promotori finanziari per effetto delle vicende traslative conseguenti alla cessione del pacchetto azionario di controllo di RAGIONE_SOCIALE al RAGIONE_SOCIALE e di condanna risarcitoria per gli importi richiesti; 2. come il Tribunale, essa ha escluso la sussistenza di idonea prova, a carico dell’agente, della giusta causa di recesso (individuata, in occasione della cessione d’azienda da AXA SIM a MPS Banca, nella ricaduta negativa sui promotori finanziari della violazione degli obblighi informativi, cruciale nel rapporto di agenzia, per connessione al generale obbligo di lealtà), da valutare in detto rapporto con più rigore rispetto a quello di lavoro subordinato, esigendosi un inadempimento colpevole del preponente, di non scarsa importanza e considerevolmente lesivo dell’interesse del primo;
con atto notificato il 6 maggio 2019, l’agente ha proposto ricorso per cassazione con quattro motivi, cui la banca ha resistito con controricorso e memoria ai sensi dell’art. 380 bis 1 c.p.c.;
il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell’art. 380 bis 1, secondo comma, ult. parte c.p.c.
CONSIDERATO CHE
il ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione dell’art. 2119 c.c., per non avere la Corte territoriale più attentamente scrutinato le violazioni informative denunciate in funzione di una valutazione di ‘fondamentale e palese gravità’ dell’inadempimento della banca preponente, ai fini di integrazione della giusta causa di recesso, per la maggiore intensità del rapporto fiduciario tra le parti nel rapporto di agenzia rispetto al rapporto di lavoro subordinato (primo motivo); violazione e falsa a pplicazione dell’art. 113, secondo comma Regolamento Consob e motivazione contraddittoria ed illogica, per non avere la Corte territoriale ritenuto grave inadempimento agli obblighi contrattuali la mancata predisposizione, da parte della Banca preponente (secondo quanto riferito dal teste COGNOME, di messa a punto dalla predetta della contrattualistica con i promotori finanziari ad aprile 2008 e di successiva predisposizione per la clientela ‘in un lasso di tempo non breve stante la complessità della novel la’ ) della modulistica di adeguamento alla cd. ‘Direttiva Mifid’ per la clientela, così da non consentire ad essi l’adempimento degli obblighi informativi nei confronti della clientela, secondo la previsione della norma denunciata (entrata in vigore a fine ottobre 2007), ‘in occasione del primo contatto utile o, in mancanza, non oltre il 30 giugno 2008’ (terzo motivo);
essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono inammissibili;
in via di premessa, giova ribadire che l’istituto del recesso per giusta causa, previsto dall’art. 2119, primo comma c.c. in relazione al contratto di lavoro subordinato, è applicabile anche al contratto di agenzia, dovendosi tuttavia tener conto, per la
valutazione della gravità della condotta, che in quest’ultimo ambito il rapporto di fiducia -in corrispondenza della maggiore autonomia di gestione dell’attività per luoghi, tempi, modalità e mezzi, in funzione del conseguimento delle finalità aziendali -assume maggiore intensità rispetto al rapporto di lavoro subordinato; con la conseguenza che, ai fini di legittimità del recesso, è sufficiente un fatto di minore consistenza, secondo una valutazione rimessa al giudice di merito insindacabile, se adeguatamente e congruamente argomentata come nel caso di specie (dal secondo capoverso di pg. 4 al primo di pg. 5 della sentenza), in sede di legittimità (Cass. 26 maggio 2014, n. 11728; Cass. 12 novembre 2019, n. 29290);
3.1. in materia di responsabilità contrattuale, è noto che la valutazione di gravità dell’inadempimento, ai fini della risoluzione di un contratto a prestazioni corrispettive ai sensi dell’art. 1455 c.c., costituisca questione di fatto, la cui valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice del merito e che sia insindacabile in sede di legittimità, ove sorretta da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici (Cass. 28 giugno 2009, n. 14974; Cass. 30 marzo 2015, n. 6401; Cass. 22 giugno 2020, n. 12182);
3.2. nel caso di specie, non si configura allora la violazione delle norme di legge denunciate, in assenza di errori di diritto, neppure sotto il profilo del vizio di sussunzione (Cass. 30 aprile 2018, n. 10320; Cass. 25 settembre 2019, n. 23851). Il ricorrente si duole piuttosto di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerente alla tipica valutazione del giudice di merito, censurabile in sede di legittimità solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione (Cass. 11 gennaio 2016, n. 195; Cass. 13 ottobre 2017, n. 24155; Cass.
29 ottobre 2020, n. 23927), oggi peraltro nei rigorosi limiti del novellato art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c. (qui inammissibile);
3.3. le censure si risolvono, pertanto, in una diversa interpretazione e valutazione delle risultanze processuali e ricostruzione della fattispecie operata dalla Corte territoriale, insindacabili in sede di legittimità (Cass. 7 dicembre 2017, n. 29404; Cass. s.u. 27 dicembre 2019, n. 34476; Cass. 4 marzo 2021, n. 5987), spettando esclusivamente al giudice del merito, autore di un accertamento in fatto, argomentato in modo pertinente e adeguato a giustificare il ragionamento logico-giuridico alla base della decisione;
il ricorrente ha poi dedotto omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, in relazione a molteplici inequivoche circostanze risultanti da ‘macroscopici elementi di prova’ , riproposti ‘in un’elencazione di riscontri sul merito’ (secondo motivo);
anch’esso è inammissibile;
6. ricorre qui l’ipotesi di ‘doppia conforme’, prevista dall’art. 348 ter , quinto comma c.p.c., applicabile ratione temporis , non avendo il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo dedotto ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., indicato le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrandone la diversità tra loro (Cass. 22 dicembre 2016, n. 26774; Cass. 6 agosto 2019, n. 20994; Cass. 13 aprile 2021, n. 9656);
6.1. in ogni caso, nella denunciata omissione di esame di fatti è assente il carattere della decisività proprio per la deduzione della loro pluralità, che esclude ex se la portata risolutiva di ciascuno (Cass. 5 luglio 2016, n. 13676; Cass. 28 maggio 2018, n. 13625; Cass. 3 maggio 2019, n. 11705): sicché, il vizio si
colloca al di fuori del nuovo paradigma normativo dell’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c.;
il ricorrente ha, infine, dedotto omessa pronuncia o motivazione sulla domanda del ricorrente e comunque violazione e falsa applicazione dell’art. 2558 c.c., in assenza di alcun ‘cenno nella laconica pronuncia’ impugnata della domanda del ricorrente di accertamento di giusta causa del recesso ai sensi della norma denunciata (quarto motivo);
8. esso è infondato;
è indubbio che la cessione d’azienda, che nel rapporto di agenzia è sussumibile nella fattispecie legale prevista dall’art. 2558 c.c., possa integrare giusta causa di recesso dell’agente dal contratto di agenzia, se il cessionario non offra una sufficiente garanzia del regolare adempimento delle obbligazioni derivanti dalla prosecuzione del rapporto di durata -tanto più se relative ad importi già maturati, ma non ancora esigibili, come quelli dell’indennità da corrispondere alla fine del rapporto -e, più in generale, della regolare prosecuzione dell’attività dell’azienda cui è connessa l’attività dell’agente medesimo (Cass. 12 ottobre 2007, n. 21445);
9.1. tuttavia, nel caso di specie, non sussiste un’omessa pronuncia, in quanto essa è stata resa, avendo la Corte territoriale dato espressamente atto della domanda (al settimo alinea di pg. 2 della sentenza), che ha rigettato in esito ad una valutazione di insufficienza probatoria, sulla base dell’arresto citato (all’ultimo capoverso di pg. 3 e al primo di pg. 4 della sentenza);
pertanto, il ricorso deve essere rigettato e le spese del giudizio regolate secondo il regime di soccombenza, con raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella
ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535)
P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso e condanna l’agente ricorrente alla rifusione, in favore della controricorrente, alle spese del giudizio, che liquida in € 200,00 per esborsi e € 11.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali in misura del 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella Adunanza camerale del 12 giugno 2024