Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 13246 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 13246 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26397/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
nonchè contro
REGIONE LAZIO, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE), che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la SENTENZA del TRIBUNALE DI VITERBO n. 209/2018 depositata il 05/02/2018;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/11/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
NOME COGNOME conveniva innanzi al Giudice di Pace di RAGIONE_SOCIALE la RAGIONE_SOCIALE, gestore del RAGIONE_SOCIALE nel Comune di RAGIONE_SOCIALE, per sentirla condannare al risarcimento a suo favore del danno patrimoniale, biologico ed esistenziale.
A sostegno della sua pretesa, l’attrice deduceva che tra le parti sarebbe intercorso un rapporto contrattuale di natura privatistica rientrante nei contratti di somministrazione con prestazione continuativa. Il parametro medio di arsenico e fluoruri rilevato dagli agenti della RAGIONE_SOCIALE sarebbe risultato non conforme a quello consentito dalla legge e, dal 31.12.2012, sarebbero risultate scadute le deroghe concesse dalla Comunità Europea e dalla Regione RAGIONE_SOCIALE in ordine all’erogazione di acqua destinata al consumo umano contenente concentrazioni di arsenico e fluoruri in misura superiore a quella normativamente consentita; pertanto, il Comune di RAGIONE_SOCIALE aveva deliberato la non potabilità di detta acqua sull’intero territorio sì che la RAGIONE_SOCIALE, a far data dal gennaio 2013 e fino alla potabilizzazione delle acque erogate, avrebbe operato in violazione degli obblighi di legge e contrattuali.
1.1. Il Giudice di Pace di RAGIONE_SOCIALE, rilevato l’inadempimento, condannava RAGIONE_SOCIALE al pagamento della somma di €1.500,00 a titolo di risarcimento danni patiti da NOME COGNOME a causa della non potabilità dell’acqua somministrata dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE comunale; accertava il diritto dell’attrice a corrispondere solo il 50% del canone di acqua potabile per i periodi in cui risultava accertata dalle pubbliche autorità la non potabilità dell’acqua; respingeva la domanda di manleva spiegata dalla società NOME
RAGIONE_SOCIALE nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE e della Regione RAGIONE_SOCIALE, chiamate in causa dalla convenuta.
La pronuncia veniva impugnata da NOME innanzi al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, che rigettava il gravame. A sostegno della sua decisione, osservava il giudice, per quanto qui ancora rileva:
la questione del difetto di giurisdizione viene rigettata poiché la presente controversia non investe il tema di pubblici servizi oggetto di concessione, attenendo piuttosto la fattispecie al rapporto privatistico tra gestore e titolare dell’utenza idrica;
è inammissibile la domanda di manleva nei confronti della Regione RAGIONE_SOCIALE per difetto di legittimazione in quanto spiegata nei confronti della Regione RAGIONE_SOCIALE, non già del suo Presidente in veste di commissario ad acta .
La pronuncia veniva impugnata per la cassazione dalla RAGIONE_SOCIALE, che affidava il ricorso a quattro motivi.
Si difendevano la Regione RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME depositando distinti controricorsi.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo si denuncia difetto di giurisdizione del giudice ordinario adìto, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 1) cod. proc. civ. La ricorrente lamenta che l’asserita giurisdizione del giudice ordinario sia contraria alla consolidata giurisprudenza di questa Corte, che ha più volte stabilito che ove la contestazione investa scelte discrezionali dell’ente in ordine alla determinazione del canone e all’organizzazione del RAGIONE_SOCIALE, la giurisdizione sia riservata al giudice amministrativo (Cass. Sez. U, n. 2239 del 10.09.2004; Cass. n. 99629 del 13.10.1997). Nella prospettazione della ricorrente, nel caso di specie l’effettivo thema decidendum coinvolge inevitabilmente l’omessa adozione di provvedimenti di riduzione della tariffa, non soltanto il
rapporto privatistico tra il gestore del SII ed i singoli utenti, bensì anche la verifica della legittimità dell’azione autoritativa della PA esercitata attraverso lo svolgimento di un potere discrezionale.
1.1. Il motivo è infondato.
Va ricordato, in primo luogo, che rileva, ai fini del riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, non tanto la prospettazione compiuta dalle parti, quanto il petitum sostanziale, da identificare soprattutto in funzione della causa petendi , ossia dell’intrinseca natura della posizione soggettiva dedotta in giudizio (Cass. Sez. Un., n. 21928/2018; n. 21522/2017; n. 25836/2016; n. 604/2015). Le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che «quando si controverta in ordine alla tariffa applicata per l’erogazione del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, il giudizio investe ‘ il corrispettivo pattuito in un rapporto contrattuale su basi paritetiche, nel quale vengono in evidenza il diritto soggettivo dell’ente di riscuotere un corrispettivo per la fornitura e quello dell’utente di pagare per la fornitura realmente ottenuta ‘ , con conseguenza che la controversia, concernendo l’«an» e il «quantum» di detto credito, senza investire scelte discrezionali dell’ente territoriale riguardanti l’organizzazione del RAGIONE_SOCIALE e la determinazione delle tariffe, spetta alla cognizione del giudice ordinario» (Cass. n. 13580/2019, in tema di RAGIONE_SOCIALE di scarico e depurazione delle acque reflue, che richiama Cass. Sez. Un., n. 18263/2004).
1.2. Da quanto sopra riportato deriva che le questioni che non attengono alla correttezza dell’esercizio delle funzioni tariffarie da parte dei soggetti di governo del RAGIONE_SOCIALE (‘SII’) appartengono al giudice ordinario (Cass. Sez. U, Ordinanza n. 4079 del 09/02/2023, Rv. 666641 -01, riguardante una questione di
inserimento nelle bollette delle somme dovute a titolo di conguaglio tariffario per «partite pregresse» relative a periodi precedenti).
1.2.1. In definitiva, la giurisdizione ordinaria va esclusa se il fruitore del RAGIONE_SOCIALE non ha dedotto il suo rapporto di utenza bensì ha investito direttamente scelte discrezionali dell’amministrazione, in particolare contestando l’organizzazione del RAGIONE_SOCIALE sotto vari profili; in tal caso non viene censurato incidenter tantum il provvedimento amministrativo come illegittimo, chiedendone la disapplicazione ai fini della tutela del diritto soggettivo al pagamento di un canone contrattualmente stabilito, ma vengono contestate in via principale le scelte discrezionali dell’ente, in ordine alla determinazione del canone, facendo valere una situazione giuridica qualificabile come interesse legittimo correlato ad un atto adottato dall’ente territoriale come autorità nell’esercizio di una potestà amministrativa, al di fuori di un rapporto negoziale di tipo paritetico (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 13580 del 21/05/2019, Rv. 654194 – 01).
Con il secondo motivo si deduce violazione degli artt. 141 e ss. del T.U. RAGIONE_SOCIALE (d.lgs. n. 152 del 2006), degli artt. 9, 12 e 13 del d.lgs. n. 30.01.2001 (Attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano) e della OPCM 3921 del 2011, rapportati all’arti all’art 1218 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ. Nella prospettazione della ricorrente, la normativa di settore prevede, formalmente e sostanzialmente, una sostituzione del soggetto regionale rispetto a quello locale rappresentato dal gestore del SII. Tali previsioni, in particolare, stabiliscono che è compito della Regione prevedere misure atte a rendere possibile un approvvigionamento RAGIONE_SOCIALE di emergenza per far fronte a contingenti esigenze locali; in tale prospettiva è stata emanata l’O.P.C.M. n. 3921 del 28.01.2011, che richiama la situazione
di assoluta emergenza di fronte alla quale, come confermato dall’RAGIONE_SOCIALE (‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ ), la RAGIONE_SOCIALE non aveva potere di intervento alcuno. La sentenza impugnata non ha minimamente colto la portata della normativa di settore richiamata negli scritti difensivi: il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE ha completamente omesso la valutazione di tali aspetti e dell’intento del legislatore in relazione ai casi emergenziali richiamati di tutelare la salute dei cittadini e la relativa garanzia di servizi a mezzo di apposita disciplina di riferimento.
Con il terzo motivo si deduce violazione degli artt. 132 cod. proc. civ. e 111 Cost., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ. La ricorrente lamenta la motivazione inesistente resa dal giudice di seconde cure sulla base delle risultanze processuali, nella parte in cui non tiene conto delle motivate ragioni di diritto evidenziate dalla RAGIONE_SOCIALE nei propri scritti difensivi.
Il secondo e terzo motivo possono essere esaminati congiuntamente, in quanto entrambi censurano -sotto i due diversi profili della violazione di legge e della omessa pronuncia – la sentenza impugnata per mancata valutazione da parte del giudice di seconde cure delle responsabilità della Regione RAGIONE_SOCIALE.
4.1. Le doglianze sono inammissibili. Il secondo mezzo di gravame si rivela inammissibile perché carente di riferibilità alla ratio decidendi della sentenza impugnata, agli effetti dell’art. 366, comma 1, n. 4, cod. proc. civ. Il giudice di seconde cure ha escluso il coinvolgimento della Regione RAGIONE_SOCIALE sotto il diverso (e qui non impugnato) profilo dell’assenza di legittimazione ad agire passiva della Regione RAGIONE_SOCIALE, posto che l’odierna ricorrente sull’errato presupposto della non riferibilità del ruolo di Presidente rispetto al titolo di responsabilità attribuibile alla Regione, in conseguenza
dell’attuale carica da questi rivestita – avrebbe spiegato domanda di manleva nei confronti della Regione stessa, non già del suo Presidente in veste di Commissario ad acta (v. sentenza p. 4 ultimo capoverso, p. 5 primi 4 righi).
Si spiega, quindi, in questi termini la totale omissione di motivazione sulla questione indicata nel mezzo di ricorso che, pertanto, non è carente né manifestamente illogica, rimanendo così insindacabile in sede di legittimità.
Del resto, con i motivi di ricorso per cassazione la parte non può limitarsi a riproporre le tesi difensive svolte nelle fasi di merito e motivatamente disattese dal giudice dell’appello, senza considerare le ragioni offerte da quest’ultimo, poiché in tal modo si determina una mera contrapposizione della propria valutazione al giudizio espresso dalla sentenza impugnata che si risolve, in sostanza, nella proposizione di un «non motivo», come tale inammissibile ex art. 366, comma 1, n. 4, cod. proc. civ. (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 22478 del 24/09/2018, Rv. 650919 -01; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 17330 del 31/08/2015, Rv. 636872 – 01).
5. Con il quarto motivo si deduce omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5) cod. proc. civ. Erra il Tribunale nel sentenziare l’assenza di legittimazione da parte dell’ente regionale: la ricorrente sottolinea la mancata valutazione di tutta la normativa richiamata e dei documenti offerti in comunicazione in ordine al ruolo chiave dell’ente regionale. In particolare, il giudice di seconde cure ha dimenticato di valutare il contenuto di molteplici allegati dai quali si evince chiaramente che la Regione RAGIONE_SOCIALE ha svolto un ruolo diretto attivo e di responsabilità giuridica-amministrativa nella vicenda che ci occupa: è, dunque, a tale soggetto che spetta assicurare la tutela delle
acque destinate al consumo umano senza trascinare i gestori locali in situazioni di crisi di operatività.
5.1. Anche il quarto motivo è inammissibile, come peraltro rilevato nel controricorso della Regione RAGIONE_SOCIALE (p. 13, ultimo capoverso). Va rilevato che, nell’ipotesi di «doppia conforme», prevista dall’art. 348 -ter , comma 5, cod. proc. civ. (applicabile, ai sensi dell’art. 54, comma 2, del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla legge n. 134 del 2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012, e quindi applicabile anche al giudizio in esame, posto che l’atto di citazione in appello risale al 30.05.2016), il ricorrente per cassazione, al fine di evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, n. 5 ), cod. proc. civ. per difetto di specificità, deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse ( ex plurimis : Cass. Sez. 6-2, n. 8320 del 2022, Rv. 664432 – 01; Cass., Sez. 3, 14.07.2022, n. 22244; Cass., Sez. L, 20.07.2022, n. 22782; Cass., Sez. 6-2, 15.03.2022, n. 8320; Cass., Sez. L, 06.08.2019, n. 20994). Nella specie, la ricorrente non ha indicato le ragioni di diversità fra le due pronunce.
6. In definitiva, il Collegio rigetta il ricorso, liquida le spese secondo soccombenza come da dispositivo, da distrarsi -per quanto di sua competenza – in favore dell’avvocato NOME COGNOME, difensore della controricorrente NOME COGNOME.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis , del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso, condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore di ciascun controricorrente, che liquida in € 2.000,00 per compensi, oltre ad €200,00 per esborsi e agli accessori di legge nella misura del 15%, con distrazione in favore del procuratore antistatario NOME COGNOME che ne ha fatto richiesta.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis , del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda