Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 7492 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 7492 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso 29732-2022 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
Oggetto
Altre ipotesi pubblico impiego
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 22/02/2024
CC
2024 853
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, che lo rappresentano e difendono;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 180/2022 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 14/07/2022 R.G.N. 43/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/02/2024 dal AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE:
1. NOME COGNOME, ingegnere dipendente a tempo indeterminato dell’RAGIONE_SOCIALE con profilo tecnologo, III livello, ha partecipato al concorso interno del 18.01.2010 ex art. 15 CCNL 2002-2005 Enti di ricerca per la copertura di 11 posti di primo tecnologo, II livello, collocandosi quale idoneo non vincitore, al 25° posto della graduatoria approvata nell’anno 2013. L’RAGIONE_SOCIALE non ha dato corso allo scorrimento della graduatoria per coprire i posti rimasti vacanti né ha indetto nuove procedure assunzionali ex art. 15 CCNL per diniego di autorizzazione degli organi vigilanti, (quest’ultimo) motivato dall’erroneo
convincimento che il decreto Brunetta (art. 62 d.lgs. n. 150/2009) imponesse, per la progressione in parola, il concorso pubblico.
Il lavoratore ha adito il Tribunale di Bergamo per ottenere l’accertamento del proprio diritto all’inquadramento superiore sussistendo, a suo dire, un dovere dell’RAGIONE_SOCIALE allo scorrimento della graduatoria, anche in forza degli impegni sottoscritti da quest’ultimo con le organizzazioni sindacali a procedere allo scorrimento delle graduatorie dei concorsi pubblici già indetti, con conseguente condanna del datore di RAGIONE_SOCIALE alla ricostruzione di carriera e alla liquidazione delle differenze retributive spettanti. In via subordinata, il lavoratore ha chiesto la condanna dell’I RAGIONE_SOCIALE al risarcimento del danno da perdita di chance per mancato scorrimento della graduatoria, con conseguente diritto alla ricostruzione di carriera.
Il Tribunale ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione perché la controversia aveva ad oggetto il sindacato sulla decisione dell’RAGIONE_SOCIALE di non procedere allo scorrimento della graduatoria, talché la posizione soggettiva del dipendente aveva in realtà consistenza di interesse legittimo dinanzi al potere discrezionale di decidere di dare, o meno, corso allo scorrimento medesimo.
Il lavoratore ha proposto appello avverso la suddetta pronuncia e la Corte d’appello di Brescia ha confermato la decisione di primo grado, negando la giurisdizione del giudice ordinario.
La Corte territoriale ha rilevato che la pretesa del ricorrente si condensava nella contestazione della legittimità della scelta discrezionale dell’amministrazione di non procedere allo scorrimento della graduatoria per la copertura del posto; pur dando atto che il passaggio dal livello terzo al secondo di tecnologo dava luogo a una progressione all’interno della medesima area professionale, nell’ambito della quale l’RAGIONE_SOCIALE
agisce con poteri del datore di RAGIONE_SOCIALE privato, nondimeno la giurisdizione sulla controversia era da attribuire al GA, atteso che la contestazione investiva nella specie, come chiarito da Cass., Sez. U, n. 26272/2016, «l’esercizio del potere dell’Amministr azione, cui corrisponde una situazione di interesse legittimo, tutelabile dinanzi al GA ai sensi dell’art. 63 comma 4 d.lgs. n. 165/2001»;
avverso tale decisione il dipendente ha proposto ricorso per Cassazione sulla base di un unico motivo, resistito con controricorso -assistito da memoria -dall’I RAGIONE_SOCIALE.
CONSIDERATO CHE:
1. nell’unico motivo di ricorso si denuncia, in relazione al vizio ex art. 360 n. 1 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione delle norme incidenti sulla giurisdizione del GO, con particolare riferimento agli artt. 5, 35 e 63 d.lgs. n. 165 del 2001. In realtà, le selezioni ex art. 15 CCNL 2002-2005 non costituiscono progressioni verticali ma orizzontali, essendo i profili di tecnologo strutturati in area omogenea, sicché le relative controversie, concernendo mere ‘riqualificazioni’, restano devolute alla giurisdizione del GO perché riguardano procedure poste in essere dall’RAGIONE_SOCIALE con le capacità e i poteri del datore di RAGIONE_SOCIALE privato; il ricorrente aveva lamentato l’inadempimento in cui è incorso I RAGIONE_SOCIALE per non aver dato seguito allo scorrimento della succitata graduatoria: tale scorrimento costituiva per l’Ente attività obbligatoria successiva al non aver bandito per mancata autorizzazione degli organi vigilanti -la procedura interna di assunzione interna ex art. 15 per primo tecnologo, con effetti dal 2010, programmata nel piano triennale di fabbisogno 2014-2016.
Il ricorso è ammissibile in quanto soddisfa i requisiti previsti dall’art. 366, comma 1, cod. proc. civ., in conformità ai principi
enunciati dalle Sezioni Unite (Cass., Sez. U, 11 aprile 2012, n. 5698), più volte ribaditi dalle sezioni semplici (ex multis, Cass., sez. lav., 9 dicembre 2022, n. 36114).
Preliminarmente occorre sottolineare, in relazione al motivo del ricorso, che il Collegio è delegato a trattare la questione di giurisdizione in virtù del Decreto del Primo Presidente in data 10 settembre 2018, in quanto la questione stessa rientra, nell’ambito delle materie di competenza della Sezione RAGIONE_SOCIALE, tra quelle indicate nel richiamato Decreto sulle quali si è consolidata la giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte.
Il ricorso deve essere esaminato solo con riferimento alla censura del diniego di giurisdizione, non avendo i giudici di merito pronunciato su altri aspetti, ed entro il perimetro del ‘petitum sostanziale’ puntualmente indicato nella sentenza impugnata (pag. 9), laddove si precisa che la causa petendi della pretesa del ricorrente «è costituita dalla contestazione della legittimità della scelta dell’amministrazione di non procedere allo scorrimento della graduatoria per la copertura del posto»;
tanto precisato in ordine al thema decidendum , deve ribadirsi il principio, reiteratamente affermato da queste Sezioni Unite, secondo cui la giurisdizione si determina sulla base del petitum sostanziale, che va identificato non tanto in funzione della pronuncia che in concreto si chiede al giudice, quanto, piuttosto, della causa petendi , cioè «della intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio ed individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati» (tra le molte, Cass. Sez. Un. 20 novembre 2020 n. 26500, Cass. Sez. Un. 28 febbraio 2019 n. 6040, Cass. Sez. Un. 21 dicembre 2018 n. n. 33212, Cass. Sez. Un. 13 novembre 2018 n. 29081, Cass. Sez. Un. 8 giugno 2016 n. 11711, Cass. Sez. Un. 23 settembre 2013 n. 21677, Cass. Sez. Un. 25 giugno 2010 n. 15323).
5. Ciò posto, il ricorso è infondato nei termini di seguito precisati.
Non è in discussione che la presente vicenda è regolata, ratione temporis , dal CCNL del personale del comparto delle Istituzioni e degli Enti di Ricerca e Sperimentazione per il quadriennio normativo 20022005, stipulato il 7.4.2006.
È inoltre ius receptum che ai fini del riparto della giurisdizione -basato sul discrimine tra passaggio di qualifica nell’ambito della medesima area professionale e passaggio in aree funzionali più elevate -assume valore determinante proprio il contenuto della contrattazione collettiva (Cass. S.U. n. 220/2007), a questa dovendosi fare riferimento per stabilire, caso per caso, se si sia di fronte a un semplice spostamento di livello (che non muta il rapporto di RAGIONE_SOCIALE, sicché le relative controversie rimangono alla giurisdizione del giudice ordinario) oppure a un mutamento d’area professionale (con novazione oggettiva del rapporto di RAGIONE_SOCIALE e giurisdizione del giudice amministrativo sulle controversie relative).
A riguardo, va subito evidenziato che la Corte d’appello di Brescia ha correttamente interpretato il citato art. 15 del CCNL 7.4.2006 non in termini di progressioni verticali ma come passaggi all’interno della medesima area, ed è altresì ius receptum che, in presenza di progressioni all’interno di ciascuna area professionale o categoria, secondo disposizioni di legge o di contratto collettivo, necessariamente ci si trova al di fuori dell’ambito delle attività amministrative autoritative e la procedura è retta dal diritto privato (L. n. 241 del 1990, art. 1, comma 1 bis, nel testo attuale), con conseguente giurisdizione del giudice ordinario;
siamo fuori, cioè, dall’ambito applicativo del comma 4 dell’art. 63 d.lgs. n. 165/2001 a tenore del quale «restano devolute alla
giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni»; per “procedure concorsuali di assunzione” -attribuite alla giurisdizione del giudice amministrativo, perché ascritte al diritto pubblico ed all’attività autoritativa dell’amministrazione -si intendono, infatti, i procedimenti concorsuali interni (e non è questo il caso), destinati a consentire l’inquadramento dei dipendenti in “aree” funzionali o categorie più elevate, con “novazione oggettiva” dei rapporti di RAGIONE_SOCIALE (Cass. SU 26 marzo 2014, n. 7171; Cass. SU 20 dicembre 2016, n. 26270; Cass. SU 9 aprile 2010, n. 8424 e n. 8425);
6. senonché, la stessa Corte territoriale ha fatto riferimento -e dichiarato ossequio -a una decisione delle Sezioni Unite (Cass. S.U. n. 26272/2016) dove si è affermato che qualora la pretesa al riconoscimento del diritto allo scorrimento della graduatoria sia «consequenziale alla negazione degli effetti del provvedimento che, per coprire i posti resisi vacanti, indice una diversa procedura (nella specie, quella del concorso interno) anziché avvalersi dello scorrimento della graduatoria di altro preceden te concorso, la contestazione investe l’esercizio del potere dell’amministrazione, cui corrisponde una situazione di interesse legittimo, tutelabile dinanzi al giudice amministrativo ex art. 63 d.lgs. n. 165/2001»;
ebbene, la ragione di tale limite deve ravvisarsi nel rilievo che, in questo caso, la controversia ha ad oggetto il controllo giudiziale sulla legittimità della scelta discrezionale operata dell’amministrazione, ossia sulla legittimità di un atto autoritativo con cui l’amministrazione definisce l’alta organizzazione e che l’art. 2, comma 1, d.lgs. n. 165/2001 mantiene in regime di diritto pubblico; simmetricamente, la situazione giuridica dedotta in giudizio appartiene alla categoria degli interessi legittimi, la cui
tutela è demandata al giudice cui spetta il controllo sulle modalità di esercizio del potere amministrativo ai sensi dell’art. 103 Cost. (Cass. Sez. U, n. 29081/2018).
In tale ipotesi, la controversia non riguarda il diritto all’assunzione (v. d.lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 2, in relazione al comma 1 dello stesso articolo), bensì i poteri autoritativi dell’amministrazione che ha deciso di coprire il posto attraverso l’indizione di una diversa procedura o di non coprirlo affatto, poteri a fronte dei quali è configurabile unicamente una situazione di interesse legittimo, la cui tutela spetta al giudice amministrativo (Cass., Sez. Un., 1/6/2017, n. 13851; Cass., Sez. Un., 20/12/2016, n. 26272; Cass., Sez. Un., 1/7/2016, n. 13534; Cass. 06/03/2009, n. 5588).
La fattispecie in esame è (in effetti) ascrivibile in tale ipotesi.
Nella specie, la decisione dell’RAGIONE_SOCIALE di non procedere allo scorrimento della graduatoria e di non rendere disponibili posti nell’ambito dello stesso profilo (tecnologo) ma di diverso livello, non può non involgere, infatti, considerazioni d’ordine generale in ordine alle «linee fondamentali di organizzazione degli uffici» e alle «dotazioni organiche complessive», richiedendosi un apprezzamento in ordine all’effettivo effettivo fabbisogno del personale di uno specifico profilo e livello economico, nonché in ordine a ll’i mpatto, anche d’ordine finanziario, delle decisioni assunte. Il “petitum” sostanziale dedotto riguarda quindi atti di macro-organizzazione i quali, differenziandosi da quelli di organizzazione “esecutiva”, sono sottratti alla cognizione del giudice ordinario.
Con specifico riguardo ai criteri di riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo in relazione agli atti di organizzazione adottati dalla P.A. questa Corte ha già rilevato, a
Sezioni Unite, che la disciplina dettata dalla legge per le amministrazioni pubbliche è contenuta nell’art. 2 comma 1 del d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165 il quale dispone che «Le amministrazioni pubbliche definiscono, secondo principi generali fissati da disposizioni di legge e, sulla base dei medesimi, mediante atti organizzativi secondo i rispettivi ordinamenti, le linee fondamentali di organizzazione degli uffici; individuano gli uffici di maggiore rilevanza e i modi di conferimento della titolarità dei medesimi; determinano le dotazioni organiche complessive»; ed è stato altresì affermato che la cognizione di tali atti appartiene al giudice amministrativo.
Tanto, in considerazione sia di ragioni di carattere ordinamentale, posto che nell’emanazione di tali atti organizzativi di carattere generale la Pubblica RAGIONE_SOCIALE esercita un potere autoritativo e che tali atti non riguardano la gestione del rapporto di impiego del singolo dipendente, devoluta al giudice ordinario ai sensi dell’art. 63 del d.lgs. n. 165 del 2001, sia di ragioni di carattere testuale, desunte dal fatto che l’art. 5 comma 2 del medesimo decreto legislativo dispone che le determinazioni per l’organizzazione degli uffici e le misure inerenti alla gestione dei rapporti di RAGIONE_SOCIALE sono assunte dagli organi preposti alla gestione con la capacità e i poteri del privato datore di RAGIONE_SOCIALE, nell’ambito delle leggi e degli atti organizzativi di cui all’art. 2.
Per tal via, è stata opportunamente sottolineata la differenziazione tra gli atti cd. di “macro organizzazione” di cui all’art. 2 d.lgs. cit., devoluti alla cognizione del giudice amministrativo, e gli atti di ‘organizzazione esecutiva’ assunti con la capa cità e poteri del privato datore di RAGIONE_SOCIALE (Cass., Sez. U, n. 26500/2020, Cass. Sez. U, n. 13873/2021).
L’ art. 5 comma 2 del d.lgs. n. 165 del 2001 dispone, infatti, che le determinazioni per l’organizzazione degli uffici e le misure inerenti alla
gestione dei rapporti di RAGIONE_SOCIALE sono assunte dagli organi preposti alla gestione con la capacità e i poteri del datore di RAGIONE_SOCIALE privato, nell’ambito delle leggi e degli atti organizzativi di cui all’art. 2 comma 1, stesso decreto, che sono, invece, mantenuti nel regime di diritto pubblico in quanto riguardano il merito delle scelte organizzative generali e di amministrazione “alta” ” (Cass. Sez. Un. 28 febbraio 2019 n. 6040).
In altri termini, la contestazione in giudizio della legittimità degli atti di macroorganizzazione adottati dall’RAGIONE_SOCIALE, che sono espressione del potere pubblicistico previsto dall’art. 2 comma 1 del d.lgs. n. 165 del 2001, implica necessariamente la deduzione di una posizione di interesse legittimo, nella quale il rapporto di RAGIONE_SOCIALE e la sua gestione (l’attribuzione della progressione di qualifica mediante scorrimento della graduatoria nel posto di terzo livello del profilo tecnologo) non costituiscono l’effettivo oggetto del giudizio ma, in un certo senso, lo sfondo rilevante ai fini di qualificare la posizione soggettiva del ricorrente, perché gli effetti pregiudizievoli discendono direttamente dall’atto presupposto (Cass. Sez. U. n. 616/2021) e/o comunque dalla scelta discrezionale ed autoritativa della amministrazione di coprire, o meno, i posti vacanti.
Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato con addebito delle spese di legittimità al ricorrente, liquidate nel dispositivo che segue.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in €. 200,00 per esborsi ed €. 3.500,00 per compensi, oltre rimborso spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte
del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 22.2.2024.