Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16001 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 16001 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 15/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10991/2023 R.G. proposto da :
Ministero della cultura, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici, siti in Roma, INDIRIZZO domicilia
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME con domicilio digitale legale
-controricorrente-
avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 4345/2022 depositata il 18/11/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La C orte d’appello di Napoli ha riformato la sentenza del Tribunale di Torre Annunziata che aveva dichiarato il difetto di giurisdizione sulla domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti del Ministero della cultura volta ad ottenere la revoca del provvedimento di decadenza adottato ex art. 127 del d.P.R. n. 3 del 1957 per non avere il ricorrente assunto servizio e
sottoscritto il contratto di impiego nel termine indicato dall’amministrazione senza giustificato motivo.
La C orte d’appello, senza pronunciare sul merito della domanda, ha rilevato, in sintesi, che le uniche eccezioni al principio generale secondo cui la giurisdizione in materia di pubblico impiego appartiene al giudice ordinario, sono quelle indicate dall’art. 63 del d.lgs. n. 165 del 2001 e, pertanto, affinché la cognizione della controversia possa essere attribuita al giudice amministrativo è necessario che la stessa riguardi il personale indicato dall’art. 3 del citato decreto ovvero abbia ad oggetto la procedura concorsuale per l’assunzione dei dipendenti. In relazione alla seconda ipotesi ha precisato che, una volta ultimata la procedura medesima e approvata la graduatoria, tutte le controversie riguardanti il diritto all’assunzione non possono che essere attribuite al giudice ordinario.
Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione affidato ad unico motivo il Ministero della cultura, cui oppone difese NOME COGNOME con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso si denuncia l’ erronea individuazione della giurisdizione del giudice ordinario, con violazione e falsa applicazione degli artt. 63 del d.lgs. n. 165 del 2001 e 127, lett. c) del d.P.R. n. 3 del 1957 , ai sensi dell’ art. 360, primo comma, nn. 1 e 3 c.p.c.
Il Ministero sostiene che ha errato la C orte territoriale nell’ affermare la giurisdizione del giudice ordinario facendo unicamente leva sulla circostanza della avvenuta approvazione della graduatoria e ciò perché, a suo avviso, la decadenza disciplinata dall’art. 127 del d.P.R. n. 3 del 1957 è espressione di un potere autoritativo, con la conseguenza che la controversia deve essere attribuita al giudice amministrativo.
In via preliminare, occorre precisare che il Collegio è delegato a trattare la questione di giurisdizione posta con il ricorso in virtù del decreto del Primo Presidente della Corte in data 10 settembre 2018, in quanto essa rientra, nell’ambito delle materie di competenza della Sezione lavoro, tra le
questioni indicate nel richiamato decreto sulle quali si è consolidata la giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte.
Tanto premesso, il ricorso non può trovare accoglimento.
Infatti, per costante indirizzo delle Sezioni Unite di questa Corte (di recente, Cass., Sez. U., 26/06/2024, n. 17626, che richiama, fra le tante, Cass., Sez. U., 13/05/2020 n. 7218; Cass., Sez. U., 13/11/2019 n. 29463, e la giurisprudenza ivi richiamata in motivazione), la regola fondante del riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo nelle controversie di impiego pubblico contrattualizzato è dettata dall’art. 63 del d.lgs. n. 165 del 2001 che, nel ripetere l’art. 68 del d.lgs. n. 29/1993 (come modificato dall’art. 33 del d.lgs . n. 546 del 1993, dall’art. 29 del d.lgs. n. 80 del 1998 ed infine dall’art. 18 del d.lgs. n. 387 del 1998), devolve al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1 dello stesso decreto, incluse quelle concernenti l’assunzione al lavoro, il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali, le indennità di fine rapporto, ancorché vengano in rilievo atti amministrativi presupposti, che il giudice ordinario può disapplicare, se rilevanti ai fini della decisione; alla giurisdizione del giudice ordinario sono sottratte le controversie in materia di procedure concorsuali nonché quelle inerenti ai rapporti di impiego esclusi dalla contrattualizzazione, controversie che restano attribuite al giudice amministrativo, nel secondo caso in sede di giurisdizione esclusiva.
Si tratta, quindi, di un sistema incentrato sul rapporto regola/eccezione, che le Sezioni Unite di questa Corte hanno valorizzato per affermare che, all’esito della contrattualizzazione, la giurisdizione amministrativa costituisce un’ipotesi eccezionale, con la conseguenza che la normativa che la suddetta eccezione prevede deve essere interpretata in chiave restrittiva. La procedura concorsuale, infatti, termina con l’approvazione della graduatoria finale, che, indipendentemente dalla nomina, consolida nel patrimonio dell ‘ interessato una situazione giuridica individuale di diritto soggettivo, alla quale vanno riferiti tutti gli atti
successivi, sicché la controversia rimane devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario in quanto, all’esito del procedimento amministrativo, subentra una fase in cui i comportamenti della Pubblica Amministrazione vanno ricondotti nell ‘ alveo privatistico, espressione del potere negoziale, e devono essere valutati alla stregua dei principi civilistici in ordine all ‘ inadempimento delle obbligazioni ed anche secondo i parametri della correttezza e buona fede.
3.1. Pertanto, anche a ritenere ancora applicabile alla specifica fattispecie in esame l’art. 127 d. P.R. n. 3 del 1957 (disposizione invero ripresa dall’art. 17 del d.P.R. n. 487 del 1994, richiamato dal d.lgs. n. 165 del 2021: Cass. Sez. L, 01/03/2022, n. 6743), nella parte non incompatibile con l ‘avvenuta contrattualizzazione del rapporto di impiego pubblico (con particolare riferimento alla materia disciplinare: v. in proposito, Cass. Sez. L., 10/06/2021, n. 16393), quale regola fissata per assicurare trasparenza ed efficienza all ‘ agire delle Pubbliche Amministrazioni (così, Cass. Sez. L, n. 6743 del 2022, cit.), l’agire dell ‘ amministrazione viene sempre ad essere esercitato mediante atti di natura negoziale (così Cass. Sez. U, 19/06/2017, n. 15053, sia pure a proposito della diversa ipotesi della riammissione in servizio, dopo le dimissioni), che restano tali a prescindere dall ‘ esistenza o meno di margini di discrezionalità nel decidere se accogliere o respingere la domanda di differimento della presa di servizio per giustificato motivo.
Va, dunque, riconosciuta la cognizione del giudice ordinario poiché il potere esercitato in tal modo non può comunque essere ritenuto di natura autoritativa.
Il ricorso va, pertanto, respinto.
Le spese di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza, con distrazione in favore degli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME, antistatari.
Occorre dare atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315, della insu ssistenza delle condizioni richieste dall’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, perché l ‘ obbligo di versare, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato non può aver luogo nei
confronti di quelle parti della fase o del giudizio di impugnazione, come le Amministrazioni dello Stato, che siano istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo stesso, mediante il meccanismo della prenotazione a debito (Cass. Sez. 3, 14/03/2014, n. 5955).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il Ministero ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in euro 4.000,00 per compensi, oltre agli esborsi liquidati in euro 200,00, al rimborso delle spese generali al 15%, ed accessori di legge, con distrazione in favore degli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME, antistatari.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 08/05/2025.