Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 30603 Anno 2024
Civile Ord. Sez. U Num. 30603 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/11/2024
sul ricorso 23305/2022 proposto da:
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMAINDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Rettore pro tempore , domiciliata ope legis in ROMA, INDIRIZZO, presso l’ AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 382/2022 della CORTE D’APPELLO di RAGIONE_SOCIALE, depositata il 14/06/2022.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME, il quale chiede che la Corte di Cassazione rigetti il ricorso.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’Appello di RAGIONE_SOCIALE con sentenza n. 382 del 14 giugno 2022 ha rigettato l’appello di NOME COGNOME avverso la pronuncia del Tribunale della stessa sede che, in accoglimento dell’opposizione proposta dalla locale RAGIONE_SOCIALE, aveva revocato il decreto ingiuntivo n. 1159/2015 emesso dal Tribunale di RAGIONE_SOCIALE e dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario.
A NOME COGNOME, professore di ruolo di seconda fascia presso l’RAGIONE_SOCIALE, erano stati conferiti dall’RAGIONE_SOCIALE, negli anni accademici 2005/2006, 2006/2007 e 2007/2008, incarichi di supplenza ex art. 114 d.P.R. 11 luglio 1980 n. 382 nelle materie «economia dell’impresa e dell’innovazione» e «economia dell’ambiente».
Con il ricorso per decreto ingiuntivo il COGNOME aveva chiesto il pagamento della somma di € 16.341,26, perché, a suo dire, i compensi corrisposti dall’RAGIONE_SOCIALE nel corso dell’espletamento RAGIONE_SOCIALE incarichi erano inferiori a quelli previsti dal citato art. 114, ossia alla metà dello stipendio lordo spettante al professore associato alla classe iniziale del livello retributivo.
La Corte d’appello ha richiamato il combinato disposto RAGIONE_SOCIALE artt. 3 e 63, comma 4, del d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165 ed ha rilevato che le controversie inerenti ai rapporti di lavoro del personale di diritto pubblico, fra i quali vanno annoverati quelli che intercorrono fra le RAGIONE_SOCIALE e i professori ed i ricercatori, sono devoluti alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso NOME COGNOME sulla base di tre motivi, illustrati da memoria, ai quali ha opposto difese con tempestivo controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
L’Ufficio della Procura Generale ha depositato conclusioni scritte ex art. 380 bis 1 cod. proc. civ. ed ha chiesto il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 1 e 3 cod. proc. civ., il ricorrente denuncia la violazione RAGIONE_SOCIALE artt. 7 e 133, comma 1, lett. i) d.lgs. 2 luglio 2010 n. 104 nonché dell’art. 114 d.P.R. 11 luglio 1980 n. 382. Deduce, in sintesi, che la sola qualifica di professore universitario non giustifica la devoluzione della controversia al giudice amministrativo giacché, anche nelle materie riservate alla giurisdizione esclusiva di quest’ultimo, occorre valutare se vengano o meno in rilievo provvedimenti espressione di pubblici poteri. Richiama giurisprudenza di queste Sezioni Unite per sostenere che, quanto ai rapporti sorti sulla base dell’art. 114 del citato d.P.R. n. 382/1980, la giurisdizione esclusiva sussiste limitatament e al conferimento dell’incarico, che è espressione di un potere amministrativo, e va, invece, esclusa per le controversie inerenti al corretto adempimento dell’obbligazione di pagamento, che grava sull’RAGIONE_SOCIALE e che è determinata nell’ammontare dal legi slatore. In tal caso, infatti, non si rinviene alcun esercizio del potere amministrativo e si è in presenza di un «mero comportamento materiale dell’RAGIONE_SOCIALE (di diritto comune) di non aver pagato per intero le supplenze svolte».
2. La seconda critica, ricondotta ai vizi di cui ai nn. 1 e 4 dell’art. 360, comma 1, cod. proc. civ., denuncia, sotto altro profilo, la violazione RAGIONE_SOCIALE artt. 7 e 133 d.lgs. 2 luglio 2010 n. 104 e dell’art. 114 d.P.R. 11 luglio 1980 n. 382 e addebita alla Corte territoriale di non avere svolto alcun accertamento sulla natura RAGIONE_SOCIALE atti e dei comportamenti riferibili all’RAGIONE_SOCIALE, arrestandosi, per giustificare la ritenuta affermazione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, al solo rilievo della qualifica di professore universitario posseduta dall’originario ricorrente.
3. Il terzo motivo è testualmente rubricato « art. 360, comma 1, n. 1 e 5 c.p.c. in relazione agli articoli 7 e 133 co. 1 lett. i del C.P.A. (Codice del processo amm.vo -D.Lgs. n. 104 del 2/7/2010 aggiornato) e dell’art. 114 D.P.R. n. 382/1980 per omesso esame su un fatto decisivo della controversia». Il ricorrente addebita al giudice del merito di non avere considerato che la
supplenza annuale era stata conferita dall’RAGIONE_SOCIALE ad un «esterno», ossia a professore appartenente ad altra e diversa RAGIONE_SOCIALE, nella specie quella RAGIONE_SOCIALE. Si trattava, pertanto, di un incarico estraneo al rapporto di impiego e di natura non subordinata, con conseguente inapplicabilità RAGIONE_SOCIALE artt. 63 d.lgs. n. 165/2001 e dell’art. 133, lett. i, d.lgs. n. 104/2010.
4. Le plurime eccezioni di inammissibilità dell’intero ricorso, sollevate dall’RAGIONE_SOCIALE, sono infondate.
Da tempo queste Sezioni Unite hanno affermato che l’art. 366 n. 4 cod. proc. civ., nel richiedere la formulazione dei ” motivi per i quali si chiede la cassazione, con l’indicazione delle norme di diritto su cui si fondano”, non rende assolutamente necessa ria la formale ed esatta indicazione dell’ipotesi, tra quelle elencate dall’art. 360, comma 1, cod. proc. civ., cui il vizio deve essere ascritto, purché risulti soddisfatta l’esigenza di una chiara esposizione, nell’ambito del motivo, delle ragioni per le quali la censura sia stata formulata e del tenore della pronunzia caducatoria richiesta, che consentano al giudice di legittimità di individuare la volontà dell’impugnante e di stabilire se con il mezzo di impugnazione sia stato dedotto un vizio di legittimità sostanzialmente, ma inequivocabilmente, riconducibile ad una delle ipotesi tassative di cui al citato art. 360 ( Cass. S.U. 24 luglio 2013 n. 17931; negli stessi termini, fra le tante più recenti, Cass. S.U. 7 novembre 2023 n. 31023; Cass. S.U. 21 dicembre 2022 n. 37406; Cass. S.U. 21 febbraio 2022 n. 5669).
Nella specie i motivi di ricorso, seppure erroneamente ricondotti anche ai numeri 3, 4 e 5 dell’art. 360, comma 1, cod. proc. civ. denunciano tutti con chiarezza la violazione delle regole sul riparto di giurisdizione, e ciò rende irrilevante l’errore comm esso dal ricorrente quanto all’individuazione del mezzo.
Inoltre si è in presenza, più che di una denuncia congiunta di vizi diversi, di per sé non inammissibile se formulata nei termini indicati da Cass. S.U. 6 maggio 2015 n. 9100, di un unico motivo inerente alla giurisdizione, articolato in più punti e sviluppato facendo leva su argomenti distinti, erroneamente sussunti nei vizi di cui ai citati nn. 3, 4 e 5 dell’art. 360 cod. proc. civ.
5. Il ricorso, seppure ammissibile, è infondato.
L’art. 63, comma 4, d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165 è chiaro nel devolvere alla giurisdizione del giudice amministrativo « in sede di giurisdizione esclusiva, le controversie relative ai rapporti di lavoro di cui all’articolo 3, ivi comprese quelle attinenti ai diritti patrimoniali connessi » e con altrettanta chiarezza l’art. 3 dello stesso decreto legislativo, richiamato nella disposizione, esclude dalla contrattualizzazione il personale in regime di diritto pubblico, nel quale sono inclusi i professori ed i ricercatori universitari, a tempo indeterminato o determinato, il cui rapporto di impiego « resta disciplinato dalle disposizioni rispettivamente vigenti, in attesa della specifica disciplina che la regoli in modo organico ed in conformità ai principi della autonomia universitaria di cui all’articolo 33 della Costituzione ed agli articoli 6 e seguenti della legge 9 maggio 1989, n. 168, e successive modificazioni ed integrazioni, tenuto conto dei principi di cui all’articolo 2, comma 1, della legge 23 ottobre 1992, n. 421 ».
Analogamente l’art. 133 lett. i) d.lgs. 2 luglio 2010 n. 104 riserva alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative ai rapporti di lavoro del personale in regime di diritto pubblico, ossia del personale di cui al citato art. 3 d.lgs. n. 165/2001.
In relazione ai rapporti di impiego non contrattualizzati, dunque, anche le controversie inerenti ai diritti patrimoniali, così come quelle nelle quali si fa valere a fini risarcitori un inadempimento delle obbligazioni che trovano titolo nel rapporto, sono sottratte alla giurisdizione del giudice ordinario e non assume alcun rilievo, ai fini del riparto di giurisdizione, la distinzione fra controversie relative ad atti autoritativi, attinenti alla costituzione, modificazione o estinzione del rapporto d’ufficio, e controversie inerenti ad atti o comportamenti paritetici, attinenti all’adempimento delle obbligazioni derivanti dal rapporto di servizio ( distinzione che rileva unicamente nell’ambito della giurisdizione esclusiva per distinguere legittimità e merito ai fini della individuazione RAGIONE_SOCIALE atti che devono essere tempestivamente impugnati per evitarne il consolidamento).
In tal senso queste Sezioni Unite da tempo si sono espresse, con specifico riferimento al personale universitario in regime di diritto pubblico, evidenziando che la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo attrae tutte le controversie fondate sul rapporto, ivi comprese quelle risarcitorie, con la sola
eccezione delle azioni di responsabilità extracontrattuale ( Cass. S.U. 15 febbraio 2022 n. 4872; Cass. S.U. 23 luglio 2019 n. 19895; Cass. S.U. 5 aprile 2005 n. 7000).
6. Nella fattispecie il ricorrente fa valere in giudizio un preteso diritto al compenso derivante dall’incarico di supplenza conferitogli dall’RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’art. 114 del d.P.R. 11 luglio 1980 n. 382 che, al comma 1, prevede « Gli affidamenti e le supplenze possono essere conferiti esclusivamente a professori di ruolo e a ricercatori confermati del medesimo settore scientifico-disciplinare o di settore affine, appartenenti alla stessa facoltà; in mancanza, con motivata deliberazione, a professori di ruolo e a ricercatori confermati di altra facoltà della stessa università ovvero di altra università.» ed al comma 3 aggiunge « Per il periodo di effettivo svolgimento della supplenza è dovuto un compenso, ragguagliato a mese, pari alla metà dello stipendio lordo spettante al professore associato alla classe iniziale del livello retributivo. ».
L’incarico del quale si discute, quindi, seppure eccezionalmente conferito da RAGIONE_SOCIALE diversa da quella di appartenenza (la norma è chiara nel prevedere l’affidamento prioritario a docenti della stessa facoltà e nel consentire l’utilizzazione di altri d ocenti solo in via residuale), si ricollega al rapporto di impiego di diritto pubblico e partecipa della medesima natura dello stesso, distinguendosi dagli incarichi, definiti espressamente di diritto privato, conferiti ai sensi dell’art. 25 dello stesso d.P.R. n. 382/1980.
Correttamente, pertanto, la Corte territoriale ha escluso la giurisdizione del giudice ordinario perché, venendo in rilievo un rapporto che può essere instaurato solo con professori di ruolo della stessa o di altra RAGIONE_SOCIALE e che è finalizzato al momentaneo affidamento RAGIONE_SOCIALE insegnamenti curriculari, lo stesso rientra nella riserva al regime pubblico di cui al più volte citato art. 3 d.lgs. n. 165/2001, alla quale si ricollega la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
6.1. E’ ius receptum il principio secondo cui la giurisdizione si determina sulla base della domanda ed occorre avere riguardo al petitum sostanziale, da identificare, non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si
chiede al giudice, quanto, soprattutto, in funzione della causa petendi , ossia dell’intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio, da individuare con riguardo ai fatti allegati e al rapporto giuridico di cui essi sono espressione (cfr. fra le tante Cass. S.U. 12 luglio 2023 n. 19966; Cass. S.U. 12 novembre 2020, n. 25578; Cass. S.U. 18 maggio 2021, n. 13492).
Nella specie il ricorrente, nel domandare il pagamento delle prestazioni rese e nell’invocare, ai fini della quantificazione del compenso, l’applicazione dell’art. 114, comma 3, del d.P.R. n. 382/1980, fa valere un diritto patrimoniale connesso al rapporto di impiego non contrattualizzato, e, quindi, una situazione giuridica soggettiva espressamente ricompresa fra quelle riservate alla cognizione esclusiva del giudice amministrativo dall’art. 63, comma 4, d.lgs. n. 165/2001 (che, lo si ripete, fa esplicito riferimento ai diritti patrimoniali connessi al rapporto) sicché non vale a far escludere la giurisdizione di quest’ultimo il mero improprio richiamo al principio del neminen laedere che si legge a pag. 11 del ricorso.
I precedenti giurisprudenziali sui quali il ricorrente fa leva non sono pertinenti, perché relativi ad azioni di responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 cod. civ., mentre nella fattispecie il diritto che si fa valere è direttamente fondato sull’incar ico ricevuto, titolo della obbligazione di pagamento della quale si allega l’inadempimento parziale.
In via conclusiva il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, come modificato dalla L. 24.12.12 n. 228, si deve dare atto, ai fini e per gli effetti precisati da Cass. S.U. n. 4315/2020, della ricorrenza delle condizioni processuali previste dalla legge per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto dal ricorrente.
La Corte, a Sezioni Unite, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in € 3.000,00 per compensi professionali, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto .
Roma, così deciso nella camera di consiglio in data 8 ottobre 2024