Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 24343 Anno 2025
Civile Ord. Sez. U Num. 24343 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/09/2025
O R D I N A N Z A
sul ricorso n. 25785/22 proposto da:
-) RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , domiciliato ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore , difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
-) RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , domiciliato ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore , difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Catania 16 luglio 2022 n. 1521; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27 maggio 2025 dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
viste le conclusioni scritte della Procura Generale, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. NOME COGNOME che ha chiesto rigettarsi il ricorso e dichiararsi la giurisdizione del giudice ordinario;
Oggetto: somministrazione di acqua -controversia sulla misura della tariffa applicabile giurisdizione del GO.
FATTI DI CAUSA
La società ‘RAGIONE_SOCIALE‘ (che in seguito muterà forma e ragione sociale in ‘RAGIONE_SOCIALE‘; d’ora innanzi, per brevità, ‘la VC’) gestisce una struttura per la cura delle malattie mentali a Mascalucia. E’ accreditata col Servizio Sanitario Nazionale.
Nel 2009 la VC stipulò un contratto di somministrazione di acqua potabile con la RAGIONE_SOCIALE
La RAGIONE_SOCIALE è una società per azioni i cui soci sono vari Comuni siciliani, avente per oggetto sociale (tra gli altri e per quanto qui interessa) la gestione, su affidamento delle Amministrazioni comunali che ne sono socie, del servizio di captazione, trasporto e distribuzione dell’acqua.
Nel 2015 la VC convenne dinanzi al Tribunale di Catania la RAGIONE_SOCIALE, esponendo che:
-) il contratto di somministrazione stipulato con la società convenuta determinava la misura delle tariffe rinviando al ‘Regolamento di Servizi’ , le cui clausole dovevano perciò ritenersi patti contrattuali a tutti gli effetti;
-) il Regolamento di servizi, agli artt. 36 e 37, prevedeva due diversi tipi di tariffe;
-) l’art. 36 stabiliva il criterio generale (ovvero una tariffa variabile in funzione di quattro differenti fasce di consumo);
-) il successivo art. 37 stabiliva una tariffa di favore per alcune categorie di utenti, stabilendo che le tariffe ordinarie non si applicassero ‘ per le comunità (collegi, conventi, caserme, forze armate ecc.) e per gli enti (case comunali, edifici scolastici ecc.) per i quali invece, verrà consentito un consumo proporzionato al numero e ai bisogni dei conviventi. Si provvederà a fissare di volta in volta la tariffa dell’unica fascia applicata uniformandosi, per quanto possibile, ai criteri stabiliti nel precedente articolo ‘;
-) la struttura gestita dalla RAGIONE_SOCIALE doveva farsi rientrare tra le ‘comunità’ di cui all’art. 37 del Regolamento di Servizi;
-) la RAGIONE_SOCIALE aveva dunque l’obbligo contrattuale di applicare alla VC una tariffa differenziata ed agevolata rispetto a quella ordinaria, obbligo rimasto inadempiuto.
Sulla base di questi argomenti la VC formulò due domande.
Con una prima domanda chiese la condanna della COGNOME al risarcimento del danno derivato dall’inadempimento del suddetto obbligo di applicare una tariffa differenziata. L’attrice chiese che tale danno fosse quantificato in misura pari alla differenza tra il corrispettivo versato e quello che presumibilmente avrebbe versato, se la COGNOME le avesse applicato una tariffa agevolata (il cui importo l’attrice chiese fosse determinato, se del caso, anche in via equitativa).
Con una seconda domanda la VC chiese al tribunale di dichiarare l’obbligo della società RAGIONE_SOCIALE di adempiere al combinato disposto di cui ai punti 36 e 37 del “Regolamento servizi” fissando una retta unica rapportata ai bisogni ed al numero di utenti presenti all’interno della RAGIONE_SOCIALE Villa Chiara, coerentemente ad altre strutture aventi un numero analogo di soggetti conviventi ‘.
Con sentenza 22.3.2021 n. 1284 il Tribunale di Catania dichiarò il proprio difetto di giurisdizione.
Il Tribunale osservò che:
-l’art. 37 del Regolamento di servizi non stabiliva quale dovesse essere la ‘tariffa agevolata per le comunità’ , ma ne rimetteva invece la determinazione ad un atto discrezionale della Acoset;
la VC tuttavia non vantava alcun diritto soggettivo a che la RAGIONE_SOCIALE adottasse la suddetta tariffa, né poteva esigerne la fissazione in una certa misura piuttosto che un’altra.
La sentenza fu appellata dalla VC.
Con sentenza 16.7.2022 n. 1521 la Corte d’appello di Catania accolse il gravame, dichiarò la giurisdizione del giudice ordinario e rimise gli atti al
Tribunale, ai sensi dell’art. 353 c.p.c. (nel testo applicabile ratione temporis ).
6. La sentenza d’appello è stata impugnata per Cassazione dalla RAGIONE_SOCIALE con ricorso fondato su tre motivi.
La VC ha resistito con controricorso.
Il ricorso, già avviato alla trattazione nella camera di consiglio del 21 ottobre 2024, con ordinanza interlocutoria della Terza Sezione civile 28 dicembre 2024 n. 34777 è stato rimesso a queste Sezione Unite ex art. 374 c.p.c., siccome involgente una questione di giurisdizione.
Ambo le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Questioni preliminari.
La società ricorrente ha formulato istanza di riunione del presente ricorso a quello n. 1062/24.
L’istanza va rigettata, dal momento che la trattazione del ricorso n. 1062/24 non è stata ancora fissata, sicché la trattazione congiunta ritarderebbe inutilmente la definizione del presente ricorso.
2. Il primo motivo di ricorso.
Col primo motivo è – formalmente denunciata ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. la violazione di ben tredici diverse norme di legge.
Al di là di tali indicazioni (non tutte pertinenti) nell’illustrazione del motivo è prospettata una censura così riassumibile:
-) ha errato la Corte d’appello nel ritenere che l’utente avesse dedotto in giudizio un diritto soggettivo;
-) nelle controversie tra l’utente ed il gestore di pubblici servizi, infatti, il primo vanta un diritto soggettivo al puntuale adempimento dell’obbligo di fornitura ed alla esazione della tariffa contrattualmente stabilita; l’utente non ha, invece, alcun diritto soggettivo a che il gestore fissi la tariffa in un certa misura;
-) nel caso di specie l’art. 37 del Regolamento dei servizi, invocato dalla VC e valorizzato dal Tribunale, non stabiliva quale dovesse essere la ‘ tariffa agevolata per le comunità ‘, ma semplicemente accordava al gestore la facoltà di determinarla, lasciandogli ampia discrezionalità;
-) qualsiasi tariffa agevolata, inoltre, non potrebbe essere decisa unilateralmente dalla Acoset, in quanto avrebbe dovuto essere approvata dall’Autorità di settore ;
-) di conseguenza, la pretesa della VC di pagare una tariffa agevolata non poteva ritenersi una controversia inerente all’esistenza giuridica delle obbligazioni contrattuali e delle modalità di esecuzione delle stesse.
1.1. Il motivo è infondato.
Secondo la prospettazione della VC, il contratto di somministrazione obbligava il somministrante ad applicare alle tipologie di clienti quali la VC una tariffa diversa ed inferiore rispetto a quella ordinaria .
Dunque la VC ha lamentato l’inadempimento di un obbligo contrattuale (applicare una tariffa ridotta, quale che ne dovesse essere la misura).
La domanda da essa proposta è una domanda di condanna all’ adempimento e di risarcimento del danno ai sensi dell’ art. 1218 c.c., e per tali domande la giurisdizione spetta al giudice ordinario.
Questa Corte infatti ha già stabilito che la domanda con la quale l’utente del servizio pubblico di erogazione dell’acqua contesti l’importo preteso per la fornitura dal gestore del servizio introduce una controversia relativa al rapporto individuale di utenza e appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario (Sez. U, Ordinanza n. 29593 del 11/10/2022; Sez. U, Sentenza n. 4584 del 02/03/2006).
1.2. Né rileva stabilire se l’art. 37 del Regolamento di servizio prevedesse una facoltà od un obbligo per la RAGIONE_SOCIALE, perché ciò attiene al merito ed in particola r modo all’interpretazione del contratto.
1.3. Nemmeno è rilevante che la misura della ‘tariffa agevolata’ pretesa dalla VC non fosse stabilita nel contratto, per due ragioni:
-) sia perché al giudice di merito si chiedeva di stabilire se il contratto fosse stato adempiuto o meno , e l’eventuale indeterminatezza della clausola che prevedeva la tariffa agevolata potrebbe rilevare in teoria ai fini della nullità dell’oggetto per indeterminatezza, ma non sul piano del petitum sostanziale ai fini della giurisdizione;
-) si a perché all’eventuale indeterminatezza della tariffa dovuta al somministrante sopperisc ono le previsioni dell’art. 1561 c.c..
2. Il secondo motivo.
Col secondo motivo è denunciata la violazione di quattro diverse norme del codice di rito, nonché dell’art. 2909 c.c..
Nell’ esposizione del motivo, non lineare né chiara, questa Corte ravvisa ben tre diverse censure, così riassumibili:
l’appello proposto dalla VC si sarebbe dovuto ritenere inammissibile per genericità, ex art. 342 c.p.c.;
l’appello non censurò tutte le rationes decidendi con le quali il Tribunale aveva negato la propria giurisdizione;
la sentenza d’appello non ha pronunciato sull’eccezione sollevata dalla COGNOME, intesa a far valere la genericità dell’appello.
2.1. Il motivo è infondato in tutte le censure in cui si articola. Infatti:
-) la censura sub (a) è manifestamente infondata, in quanto l’appello della VC era di cristallina evidenza : l’appellante chiedeva che la sua causa fosse decisa dal giudice ordinario e non da quello amministrativo;
-) la censura sub (b) è infondata: sia perché la sentenza impugnata si fonda su una sola ratio decidendi (‘la VC vanta un interesse e non un diritto soggettivo’); sia perché quelle che la Acoset chiama ‘ rationes decidendi ‘ erano in realtà solo argomentazioni giuridiche; sia perché in ogni caso l’appello sulla questione di giurisdizione, comunque motivato, ha impedito il formarsi del giudicato su essa;
-) la censura sub (c) è infondata perché il vizio di omessa pronuncia non è concepibile rispetto alle eccezioni processuali. (cfr Cass. 26913 del 16/10/2024; 25154/2018)
2.2. Se, infatti, il giudice d’appello trascura di prendere espressamente in esame una questione pregiudiziale di rito sollevata dall’appellato, tale omissione potrà eventualmente comportare la nullità della sentenza per un error in procedendo, ma non è censurabile in sede di legittimità per violazione dell’art. 112 c.p.c.. (come ripetutamente affermato da questa Corte: da ultimo, n. 15/11/29491 del 2024; Sez. 1, n. 3900 del 12/02/2024; Sez. 1, n. 3831 del 12/02/2024; Sez. 5, n. 2119 del 22/01/2024; Sez. L, n. 1222 del 11/01/2024; nello stesso senso, con più diffusa motivazione, Sez. 3, n. 1701 del 23/01/2009, Rv. 606407 – 01; Sez. 3, n. 3667 del 21/02/2006, Rv. 588964 – 01; Sez. 1, n. 10073 del 25/06/2003; Rv. 564543 – 01; Sez. L, n. 14670 del 21/11/2001, Rv. 550444 – 01; Sez. 3, n. 5482 del 19/06/1997, Rv. 505295 – 01).
3. Il terzo motivo.
Col terzo motivo la sentenza d’appello è impugnata nella parte in cui -secondo la Acoset – avrebbe ritenuto la VC rientrante nella nozione di ‘comunità’, ovvero tra gli utenti cui l’art. 37 del Regolamento dei servizi accorda una tariffa agevolata.
3.1. Il motivo è inammissibile.
La sentenza impugnata ha statuito solo sulla giurisdizione, sicché tutte le altre questioni (misura della tariffa, determinatezza del contratto, validità delle clausole, interpretazione dell’art. 37 del regolamento, nozione di ‘comunità’) sono rimaste assorbite.
4 Il rigetto del ricorso implica la conferma della statuizione sulla giurisdizione.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza, ai sensi dell’art. 385, comma 1, c.p.c., e sono liquidate nel dispositivo.
P.q.m.
(-) rigetta il ricorso;
(-) condanna RAGIONE_SOCIALE alla rifusione in favore di RAGIONE_SOCIALE delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di
euro 6.585, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex art. 2, comma 2, d.m. 10.3.2014 n. 55;
(-) ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni Unite civili della