Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 32413 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 32413 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3135/2020 R.G. proposto da:
DI NOME , elettivamente domiciliato in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avv . NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME
-ricorrente – controricorrente incidentale –
contro
COMUNE DI COGNOME , in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliato in Roma al INDIRIZZO presso lo studio dell’avv . NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME
-controricorrente – ricorrente incidentale –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 4633/2019 depositata il 28/10/2019;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/11/2024 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
la Corte d’Appello di Napoli, adita con separati ricorsi da NOME COGNOME nonché dal Comune di Casaluce nei procedimenti riuniti iscritti ai
nn. di R.G. 2325 e 3614 del 2015, ha accolto parzialmente l’appello del Di Grazia e, dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario in relazione a tutte le domande azionate in primo grado ivi compresa quella volta ad ottenere l’assegnazione della dirigenza del settore Area Tecnica Urbanistica ed Edilizia, ha rimesso le parti dinanzi al Tribunale di Napoli ex art. 353, comma 2, cod. proc. civ.;
la Corte distrettuale ha premesso che NOME COGNOME aveva stipulato il 14 ottobre 2008 con il Comune di Casaluce contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, con inquadramento nella categoria D, ed aveva avuto assegnato il settore tecnico Servizi Urbanistica, Lavori Pubblici e Manutenzione, Ambiente e Commercio;
2.1. successivamente, peraltro, con delibera del 1° dicembre 2009 n. 49, il settore in parola era stato suddiviso in due distinte aree, ossia il Settore Tecnico Urbanistico e il Settore Lavori Pubblici e Manutenzione, e al ricorrente era stato assegnato solo quest’ultimo sino a quando, con delibera del 4 dicembre 2012 n. 31, l’incarico era stato revocato per mancato raggiungimento degli obiettivi;
2.2. il Di Grazia aveva quindi agito in giudizio chiedendo, secondo quanto si legge nella sentenza impugnata: a) l’accertamento dell’illegittimità dell’atto amministrativo di suddivisione dei settori nonché della revoca dell’incarico ; b) il ripristino della posizione originariamente ricoperta; c) l’accertamento del demansionamento subito a seguito della revoca dell’incarico ; d) l’assegnazione a mansioni corrispondenti alla qualifica di inquadramento; e) la condanna dell’amministrazione al risarcimento dei danni;
2.3. il Tribunale aveva accolto solo parzialmente il ricorso, dichiarando l’illegittimità della revoca anticipata per mancato raggiungimento degli obiettivi e accertando il diritto del ricorrente alla riassegnazione dell’incarico per il tempo di residua durata ed a percepire il relativo trattamento economico, mentre aveva dichiarato «il difetto di giurisdizione in relazione alla domanda di assegnazione della dirigenza del settore area tecnica urbanistica ed edilizia»;
il giudice d’appello, dopo avere precisato che entrambe le parti avevano impugnato la decisione, ciascuna in relazione ai capi rispetto ai quali era risultata soccombente, ha ritenuto fondato il motivo di appello proposto dal COGNOME con riferimento al dichiarato difetto di giurisdizione
del giudice ordinario su una delle domande proposte ed ha rilevato che nell’impiego pubblico contrattualizzato, qualora il dipendente faccia valere un diritto soggettivo leso da un atto amministrativo di organizzazione del quale si contesta la legittimità, la giurisdizione appartiene comunque al giudice ordinario, poiché il provvedimento costituisce solo un mero atto presupposto;
per la cassazione della sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso, con atto notificato il 14 gennaio 2020, sulla base di tre motivi;
la pronuncia è stata impugnata autonomamente anche dal Comune di Casaluce, che ha notificato il proprio ricorso, articolato in tre motivi, in data 10 febbraio 2020;
entrambe le parti hanno opposto difese al ricorso avversario con tempestivo controricorso ed il Di Grazia ha anche depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
preliminarmente occorre richiamare l’orientamento consolidato di questa Corte secondo cui «il principio dell’unicità del processo di impugnazione contro una stessa sentenza comporta che, una volta avvenuta la notificazione della prima impugnazione, tutte le altre debbono essere proposte in via incidentale nello stesso processo e perciò, nel caso di ricorso per cassazione, con l’atto contenente il controricorso; tuttavia quest’ultima modalità non può considerarsi essenziale, per cui ogni ricorso successivo al primo si converte, indipendentemente dalla forma assunta e ancorché proposto con atto a sé stante, in ricorso incidentale, la cui ammissibilità è condizionata al rispetto del termine di quaranta giorni (venti più venti) risultante dal combinato disposto degli artt. 370 e 371 c.p.c., indipendentemente dai termini (l’abbreviato e l’ordinario) di impugnazione in astratto operativi» ( Cass. n. 36057/2021 e negli stessi termini, fra le tante, Cass. n. 448/2020; Cass. n. 30775/2019; Cass. S.U. n. 24876/2017);
1.1. nella specie, pertanto, deve essere qualificato principale il ricorso di NOME COGNOME e convertito in incidentale quello del Comune di Casaluce, avviato alla notifica il 7 febbraio 2020, nel rispetto del termine di 40 giorni decorrente dal 14 gennaio 2020;
2.1 il ricorso principale, con il primo motivo, denuncia, ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ., «violazione e falsa applicazione dell’art. 132, comma 2, n. 4 cod. proc. civ., violazione dell’art. 111 Cost. comma 6, nullità per errore in procedendo, per omissione della motivazione»;
il ricorrente addebita alla Corte territoriale di avere del tutto omesso di esplicitare le ragioni della decisione, sia con riferimento al mancato scrutinio degli altri motivi d’appello con i quali la sentenza del Tribunale era stata censurata quanto alle pronunce di rigetto delle domande appartenenti alla giurisdizione del giudice ordinario, sia in relazione alla disposta rimessione al primo giudice dell’intero giudizio;
2.2. la seconda critica del ricorso principale è così testualmente rubricata: «violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 cpc e dell’art. 353 cpc, in relazione all’art. 360 nn. 3 e 4 cpc -nullità della sentenza per motivazione inesistente, incomprensibile in relazione all’art. 360 co.1 n. 5 cpc – violazione del minimum costituzionale ex art. 111 Cost. comma 6; violazione dell’art. 111 Cost., comma 2, in relazione alla ragionevole durata del processo»;
il motivo, oltre a denunciare nuovamente il vizio motivazionale nonché l’omessa pronuncia sui motivi d’appello diversi ed ulteriori rispetto a quello accolto, deduce la violazione dell’art. 353 cod. proc. civ., rilevando che, qualora, come nella fattispecie, il procedimento abbia ad oggetto una pluralità di domande, la rimessione al primo giudice, stante il carattere tassativo delle ipotesi nelle quali la stessa è consentita, deve restare limitata alla sola domanda in relazione alla quale venga affermata la giurisdizione negata in primo grado e non può essere estesa alle domande sulle quali il Tribunale ha già pronunciato;
la Corte d’appello, pertanto, avrebbe dovuto pronunciare: a) sulla domanda volta ad ottenere l’accertamento della illegittimità del provvedimento di decurtazione dell’indennità di posizione in ragione del 50%, domanda, riproposta in appello, sulla quale il primo giudice era incorso in omissione di pronuncia; b) sulla domanda di demansionamento che il Tribunale aveva ritenuto inammissibile per carenza di allegazione quanto alle mansioni affidate; c) sul motivo di appello con il quale era stato dedotto il vizio di ultra petizione perché il Tribunale, nell’accogliere la domanda di reintegrazione nelle funzioni di responsabile dell’ Area Tecnica Lavori Pubblici, aveva apposto un termine alla durata
dell’incarico; d) sulla quantificazione del risarcimento del danno che doveva essere commisurato «al trattamento economico spettante per contratto e sommarsi al pagamento della retribuzione contrattualmente convenuta»; e) sul motivo di appello con il quale era stato censurato il capo della sentenza impugnata inerente al regolamento delle spese di lite;
deduce ancora il ricorrente principale che anche in relazione al motivo d’appello accolto, la causa non doveva essere rimessa al Tribunale perché quest’ultimo, sotto l’apparente e impropria formula del difetto di giurisdizione, in realtà aveva rigettato nel merito la domanda escludendo il difetto di una posizione soggettiva giuridicamente tutelabile;
2.3. il terzo motivo del ricorso principale denuncia, ex art. 360 n. 4 cod. proc. civ., la «violazione di regole processuali; violazione dei principi regolatori del giusto processo, lesione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio; violazione dell’art. 24 e 111 Cost: violazione dell’art. 123 bis disp. att. cpc e dell’art. 437 cpc comma 2» e censura l’ordinanza del 15 febbraio 2018 con la quale era stata disposta l’acquisizione del fascicolo di parte depositato dal Comune di Casaluce nel giudizio di primo grado ma non in quello d’appello, nel quale erano stati inammissibilmente effettuate nuove produzioni;
3.1. il ricorso incidentale, con il primo motivo, denuncia «violazione dell’art. 132 cpc, dell’art. 112 cpc, dell’art. 118 d.a. cpc, dell’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360 cpc n. 4; ovvero per nullità della sentenza per la totale omissione della ‘concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione»;
deduce il Comune di Casaluce che con l’atto di appello erano stati specificamente censurati i capi della decisione inerenti alle domande accolte ed era stata dedotta anche l’omessa pronuncia sull’eccezione di violazione del divieto di bis in idem ;
addebita alla Corte territoriale di avere omesso l’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione e di non avere in alcun modo indicato le ragioni per le quali sono state disattese le doglianze dell’appellante;
3.2. la seconda critica del ricorso incidentale, ricondotta al vizio di cui all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., lamenta la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e, riportate integralmente nel ricorso le opposte deduzioni delle parti, sostiene che la Corte d’appello «ha omesso ogni valutazione sui
fatti contenuti nei motivi di appello del Comune di Casaluce, oggetto di discussione tra le parti, il cui accoglimento o rigetto sarebbe stato decisivo ai fini della definizione del giudizio»;
aggiunge il ricorrente incidentale che risulta «oscuro il percorso motivazionale seguito dalla stessa Corte in riferimento alla rimessione della causa al primo giudice per ‘tutte le domande azionate in primo grado’, traducendosi in un assiomatico verdetto»;
3.3. il terzo motivo del ricorso incidentale denuncia ex art. 360 n. 4 cod. proc. civ. la violazione degli artt. 112, 113, 132 cod. proc. civ. e dell’art. 111 Cost. ed insiste sulla sussistenza del vizio motivazionale già dedotto nella seconda censura, ribadendo che il giudice d’appello non ha indicato le ragioni per le quali la causa doveva essere interamente rimessa al Tribunale, sebbene il motivo inerente la giurisdizione riguardasse solo la domanda di condanna al conferimento dell’incarico di responsabile della nuova area urbanistica ed edilizia privata;
3.4. infine, con il quarto motivo del ricorso incidentale è denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 63 del d.lgs. n. 165/2001 e si sostiene che la domanda del Di Grazia di reintegrazione nella posizione organizzativa di responsabile dell’intera area tecnica in sostanza metteva in discussione il provvedimento organizzativo con il quale il settore era stato «sdoppiato» e, pertanto, la giurisdizione non poteva che essere riservata al giudice amministrativo;
occorre esaminare con priorità, in ragione del necessario rispetto dell’ordine logico e giuridico delle questioni, il quarto motivo del ricorso incidentale, che ripropone l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario, accolta dal Tribunale e disattesa dalla Corte di appello;
al riguardo va evidenziato che con decreto del 10 settembre 2018, emesso ai sensi dell’art. 374, comma 1, cod. proc. civ., il Primo Presidente di questa Corte ha assegnato alla Sezione Lavoro i ricorsi per cassazione avverso le sentenze di giudici ordinari che pongono questioni di giurisdizione nella materia del pubblico impiego contrattualizzato, sulle quali le Sezioni Unite hanno già pronunciato enunciando, con orientamento ormai consolidato, i principi ai quali occorre attenersi nell’applicazione della regola di riparto della giurisdizione fissata dall’art. 63 del d.lgs. n. 165/2001;
4.1. sulla base dei principi in parola il motivo deve essere rigettato;
infatti è stato affermato che il citato art. 63 del d.lgs. n. 165/2001, nel ripetere l’art. 68 del d.lgs. n. 29/1993 ( come modificato dall’art. 33 del d.lgs. n. 546/1993, dall’art. 29 del d.lgs. n. 80/1998 ed infine dall’art. 18 del d.lgs. n. 387/1998), devolve al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1 dello stesso decreto, incluse quelle concernenti l’assunzione al lavoro, il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali, le indennità di fine rapporto, ancorché vengano in rilievo atti amministrativi presupposti, che il giudice ordinario può disapplicare, se rilevanti ai fini della decisione;
alla giurisdizione del giudice ordinario sono sottratte solo le controversie in materia di procedure concorsuali nonché quelle inerenti ai rapporti di impiego esclusi dalla contrattualizzazione, controversie che restano attribuite al giudice amministrativo, nel secondo caso in sede di giurisdizione esclusiva;
si tratta, quindi, di un sistema incentrato sul rapporto regola/eccezione, che le Sezioni Unite hanno valorizzato per affermare che, all’esito della contrattualizzazione, la giurisdizione amministrativa costituisce un’ipotesi eccezionale, con la conseguenza che la normativa che la suddetta eccezione prevede deve essere interpretata in chiave restrittiva (cfr. in tal senso fra le tante Cass. S.U. n. 17626/2024 e la giurisprudenza ivi richiamata in motivazione);
4.2. parimenti è ius receptum il principio secondo cui la giurisdizione si determina sulla base della domanda ed occorre avere riguardo al petitum sostanziale, da identificare, non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, quanto, soprattutto, in funzione della causa petendi , ossia dell’intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio, da individuare con riguardo ai fatti allegati e al rapporto giuridico di cui essi sono espressione;
pertanto, ai fini della soluzione della questione di giurisdizione, si devono prendere in esame i fatti allegati dalle parti, al fine di verificare la natura giuridica della situazione giuridica azionata, prescindendo dall’effettiva sussistenza dei fatti dedotti, trattandosi di un profilo afferente al merito della controversia, da scrutinare a cura del giudice effettivamente munito di giurisdizione;
4.3. nella specie risulta dagli atti che il Di Grazia ha agito in giudizio contestando gli atti di gestione del rapporto di lavoro ‘privatizzato’ ed ha fatto valere il suo preteso diritto soggettivo, fondato sul contratto e sull’art. 52 del d.lgs. n. 165/2001, a ricoprire l’incarico in origine assegnatogli , sicché rispetto a tale pretesa l’atto di macro -organizzazione rileva solo quale atto presupposto, disapplicabile dal giudice ordinario se illegittimo;
va, quindi, richiamato il principio di diritto, più volte enunciato dalla Corte regolatrice e recentemente ribadito da Cass. S.U. n. 20053/2024, secondo cui, ove venga impugnata la revoca di un incarico conseguente alla soppressione dell’ufficio al quale il dipendente era preposto, la controversia, in quanto relativa ad una pretesa attinente al rapporto di lavoro ed ai diritti soggettivi che nello stesso trovano titolo, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, poiché l’oggetto del giudizio non riguarda direttamente l’atto amministrativo di organizzazione, bensì la sua incidenza sulla posizione giuridica soggettiva del dipendente che di quell’atto può domandare la disapplicazione, se illegittimo;
4.4. dai richiamati principi non si è discostata la Corte distrettuale la quale correttamente ha rilevato che la giurisdizione del giudice ordinario non poteva essere esclusa neppure limitatamente alla domanda di «assegnazione della dirigenza del settore area tecnica urbanistica ed edilizia», in ordine alla quale, erroneamente, il Tribunale si era ritenuto privo del potere di ius dicere;
5. sono, invece, fondati il secondo motivo del ricorso principale ed il terzo motivo del ricorso incidentale, nella parte in cui entrambi censurano la pronuncia gravata rilevando che la Corte ha errato nel rimettere la causa al giudice di primo grado, anche in relazione alle domande sulle quali quest’ultimo aveva già pronunciato;
l’art. 353 cod. proc. civ., applicabile alla fattispecie ratione temporis in quanto abrogato dal d.lgs. n. 149/2022 solo con decorrenza dal 28 febbraio 2023 ( art. 35, commi 1 e 4, d.lgs. cit., come sostituito dall’art. 1, comma 380, lett. a), l. n. 197 del 2022 -cfr. Cass. S.U. n. 23712/2024), nell’imporre la rimessione della causa al giudice di primo grado che in relazione alla stessa aveva declinato la giurisdizione, era finalizzato a garantire il doppio grado di giudizio e, pertanto, la disposizione medesima da tempo è stata ritenuta, in caso di proposizione
di più domande autonome contestualmente proposte nel medesimo giudizio, non applicabile a quelle domande non interessate dalla pronuncia declinatoria e già valutate nel merito quanto alla loro fondatezza o infondatezza;
è stato di conseguenza enunciato il principio, mai smentito, secondo cui «dal carattere tassativo delle ipotesi di rimessione della causa al primo giudice, previste dagli artt. 353 e 354 cod. proc. civ., consegue che, in un procedimento con pluralità di domande, la rimessione può operare solo limitatamente a quella od a quelle domande rispetto alle quali sussista una di dette ipotesi » ( Cass. S.U. n. 828/1977; Cass. n. 6547/1998; Cass. n. 5020/2009);
ha, quindi, errato la Corte distrettuale nel ritenere che dalla ritenuta fondatezza del motivo di appello proposto dal COGNOME avverso il capo della decisione che aveva declinato la giurisdizione sulla domanda di reintegrazione n ell’incarico originario, dovesse derivare l’applicazione dell’art. 353 cod. proc. civ. all’intero giudizio, perché sulle ulteriori domande il Tribunale aveva pronunciato, accogliendole o rigettandole nei limiti indicati nello storico di lite nonché nella sintesi dei motivi di ricorso, con la conseguenza che sui motivi di appello concernenti le pronunce di rigetto o di accoglimento la Corte distrettuale avrebbe dovuto pronunciare;
6. per il resto entrambi i ricorsi, principale ed incidentale, sono inammissibili perché non colgono il decisum della sentenza impugnata e denunciano il vizio motivazionale e la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., al di fuori delle ipotesi nelle quali detti vizi sono deducibili nel giudizio di legittimità;
ribadito che la Corte territoriale è incorsa in un error in procedendo , nel ritenere applicabile a tutte le domande l’art. 353 cod. proc. civ., va detto che così ragionando il giudice d’appello non è incorso nel vizio di omessa pronuncia, che si configura solo qualora sulla domanda o sulla eccezione manchi del tutto il provvedimento giudiziale, poiché quelle domande sono state vagliate, sia pure per ritenere, erroneamente, che le stesse dovessero essere nuovamente devolute alla cognizione del Tribunale;
il vizio motivazionale, poi, come ripetutamente affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, rileva solo in relazione alle questioni di fatto, non in ordine a quelle di diritto (cfr. fra le tante Cass. S.U. n. 28054/2008,
Cass. S.U. n. 2731/2017, Cass. S.U. n. 17620/2024) e neppure nelle ipotesi in cui venga dedotto un error in procedendo che investe la Corte di Cassazione del potere di esaminare direttamente gli atti processuali, senza arrestarsi alla motivazione data dal giudice del merito ( Cass. S.U. n. 8077/2012);
7. parimenti inammissibile è il terzo motivo del ricorso principale che, oltre a non essere formulato nel rispetto dell’onere di specificità imposto dall’art. 366 n. 6 cod. proc. civ., non fornisce indicazione alcuna sull’incidenza rispetto all’unica ratio decidendi della sentenza impugnata (giurisdizione del giudice ordinario su tutte le domande e necessità di rimessione al Tribunale dell’intero giudizio) della disposta acquisizione del fascicolo di primo grado e della produzione documentale asseritamente effettuata solo in appello;
7. in via conclusiva, dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario su tutte le domande, con conseguente rigetto del quarto motivo del ricorso incidentale, vanno accolti, nei limiti sopra indicati, il secondo motivo del ricorso principale ed il terzo motivo dell’impugnazione incidentale e la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte d’Appello di Napoli, che procederà all’esame dei motivi di appello riguardanti le domande già decise dal Tribunale, alla quale è demandato anche il regolamento delle spese del giudizio di cassazione; 8. non sussistono le condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, come modificato dalla L. 24.12.12 n. 228, per il raddoppio del contributo unificato dovuto dal ricorrente principale e dal ricorrente incidentale.
P.Q.M.
La Corte dichiara la giurisdizione del giudice ordinario su tutte le domande e rigetta il quarto motivo del ricorso incidentale. Accoglie il secondo motivo del ricorso principale ed il terzo motivo del ricorso incidentale, nei limiti indicati in motivazione, e dichiara inammissibili i restanti motivi di entrambi i ricorsi. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’Appello di Napoli alla quale demanda di provvedere anche al regolamento delle spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio della Sezione Lavoro della