Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 9941 Anno 2024
Civile Ord. Sez. U Num. 9941 Anno 2024
Presidente: COGNOME PASQUALE
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso 33322-2019 proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME;
– ricorrenti –
contro
COMUNE DI L’AQUILA;
– intimato – avverso la sentenza n. 1330/2019 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 25/07/2019.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/01/2024 dal AVV_NOTAIO;
lette le conclusioni scritte del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, il quale conclude affinché la Corte rigetti il secondo motivo del ricorso e rimetta la causa alla Terza Sezione per la prosecuzione del giudizio di legittimità.
Oggetto
OCCUPAZIONE
SENZA TITOLO
R.G.N. 33322/2019
COGNOME.
Rep.
Ud. 16/01/2024
CC
FATTI DI CAUSA
1.1. La III Sezione Civile di questa Corte, con ordinanza interlocutoria 26887/2023, adottata all’esito della camera di consiglio tenutasi il 10.2.2023, ha chiesto a queste Sezioni Unite di pronunciarsi sul secondo motivo di ricorso declinato dai litisconsorti COGNOME nell’impugnare per cassazione la sentenza 1330/2019, depositata il 25.7.2019 e notificata il 29.7.2019, con la quale la Corte di Appello di L’Aquila -pronunciandosi sul gravame proposto dagli COGNOME nei confronti del Comune RAGIONE_SOCIALE L’Aquila per la riforma dell’impugnata decisione di primo grado che aveva ordinato agli appellanti il rilascio di un predio denominato INDIRIZZO facente parte del demanio civico cittadino, nonché il pagamento dei canoni di occupazione rimasti inevasi -ha tra l’altro rigettato, per quel che qui interessa, l’analogo motivo di appello inteso a vedere riconosciuta ed affermata sulla vicenda in disamina la giurisdizione del giudice amministrativo.
1.2. Gli appellanti avevano sostenuto, censurando le contrarie determinazioni del giudice di prime cure, di essere stati officiati della detenzione del predio inizialmente per effetto di un provvedimento adottato dal AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO gli usi civici della Regione Abruzzo, che li aveva autorizzati ad occupare temporaneamente i beni facenti parte di esso dietro il pagamento di un canone mensile di lire 2.400.000; quindi, cessata l’efficacia di detto provvedimento, avevano continuato ad occupare i beni in forza delle delibere di assegnazione assunte dal Comune, nelle quali era, ad avviso dei deducenti, riconoscibile la natura di atti «di sicura valenza autoritativa, tramite i quali il Comune, nell’esercizio della sua podestà pubblicistica di tutela e gestione del demanio civico, ha posto in essere una concessione che legittima i convenuti al possesso del terreno». Di conseguenza, argomentavano ancora gli COGNOME, ancorché non fosse dubitabile che la giurisdizione, allorché si faccia questione, in relazione a beni pubblici dati in concessione, di indennità, canoni ed altri, spetti al giudice ordinario, essendone evidente la connotazione patrimoniale, altrettanto non era a dirsi quando la controversia esuli da tali limiti,
«coinvolgendo la verifica del quomodo dei poteri autoritativi dell’amministrazione all’interno del rapporto concessorio», giacché in tal caso il conflitto tra pubblici poteri e concessionario si configura secondo il binomio potere-interesse e viene perciò attratto nella sfera di competenza giurisdizionale del giudice amministrativo.
1.3. Il giudice distrettuale ha fatto ragione della questione «essendo ben chiaro che il Comune (aveva agito) per porre fine all’illegittima condotta degli appellanti, che dopo aver ottenuto un’autorizzazione provvisoria del AVV_NOTAIO di occupare il demanio di INDIRIZZO, già riconosciuto demaniale di uso civico, previo pagamento di un canone determinato dall’UTE in lire 2.400.000 mensili . una volta occupato il predio, non avevano più corrisposto alcunché»; e negando di conseguenza che fosse riconoscibile la giurisdizione del giudice amministrativo, avendo infatti agito il Comune «in via petitoria per il rilascio di beni appartenenti alla comunità dei naturali ” uti cives ” che deduce essere stati abusivamente occupati».
1.4. I soccombenti COGNOME si ergono avverso questa determinazione con il richiamato secondo motivo di ricorso -qui illustrato pure con memoria -deducendo la violazione dell’art. 5 l. 6 dicembre 1971, n. 1034, a cui il decidente avrebbe dato adito ritenendo erroneamente che ai fini in parola dovesse farsi unicamente appello al criterio del petitum sostanziale, quando, al contrario, tenuto conto che il predio era stato fatto oggetto di assegnazione con delibera municipale, la giurisdizione avrebbe dovuto essere determinata anche alla stregua dell’eccezione in tal modo sollevata; sicché, dovendosi «statuire sulla validità e sulla operatività delle concessioni e, quindi, indagare sul loro contenuto e sulla loro disciplina», non vi era dubbio -conformemente del resto, ai precedenti di questa Corte in punto alla rilevanza che nel giudizio de quo va ascritto ai profili che implichino l’accertamento di situazioni soggettive esulanti dalla cognizione del giudice adito e all’assorbenza che riveste in materia il principio della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo -dovesse riconoscersi appunto la giurisdizione esclusiva di quest’ultimo.
1.5. Sulla questione il Pubblico Ministero ha fatto pervenire le proprie requisitorie pronunciandosi per il rigetto del motivo e per la remissione del ricorso, quanto agli altri motivi, alla sezione remittente.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il motivo è infondato e va perciò disatteso, con gli effetti indicati dal Pubblico Ministero nelle sue requisitorie.
Come ha esattamente ricordato il requirente, richiamando i conformi precedenti di queste SS.UU. -a cui hanno fatto seguito, da ultimo Cass., Sez. U, 30/06/2022, n. 20852; Cass., Sez. U, 19/01/2021, n. 784; Cass., Sez. U, 31/07/2018, n. 20350 -, è stabile insegnamento di questa Corte che la giurisdizione vada determinata in base all’oggetto della domanda e che, ai fini del suo riparto tra giudice ordinario e giudice amministrativo, rileva non già la prospettazione delle parti, bensì il cosiddetto ” petitum sostanziale”, il quale va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta statuizione che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto sulla base della ” causa petendi “, ossia dei soli fatti dedotti a fondamento della pretesa fatta valere con l’ atto introduttivo della lite, di cui essi sono manifestazione e da cui la domanda viene identificata, indagando sull’effettiva natura della controversia, in relazione alle caratteristiche del particolare rapporto fatto valere in giudizio ed alla consistenza delle situazioni giuridiche soggettive su cui esso si articola e si svolge. Da questo enunciato si è tratta altresì la convinzione che la giurisdizione, quantunque, ai fini della sua determinazione, il criterio del petitum sostanziale implichi l’apprezzamento di elementi che attengono anche al merito, così come dedotti e rappresentati dall’attore nell’introdurre la domanda, sia, tuttavia, indifferente all’andamento del processo e non possa perciò determinarsi secundum eventum litis (Cass., Sez. U, 14/02/2007, n. 3195; Cass., Sez. U, 1/08/2006, n. 17461; Cass., Sez. U, 15/02/1994, n. 1470); irrilevanti ai fini in parola, almeno in linea di principio, si rivelano perciò le difese del convenuto, delle quali dovrà tenersi conto nel momento logicamente successivo della valutazione delle risultanze istruttorie per la decisione del merito della controversia
(Cass., Sez. U, 2/04/2007, n. 8095). Il che è ragione per escludere che si possa dare una contraddizione logico-giuridica in una sentenza che, sulla base della qualificazione del rapporto dedotto in causa, affermi la giurisdizione del giudice che l’ha emessa e, in un momento logicamente successivo, valutando le risultanze dell’istruttoria svolta, neghi la sussistenza in concreto del rapporto stesso (Cass., Sez. U, 15/02/1994, n. 1470).
Alla luce di questi principi è dunque agevole avere ragione della doglianza ricorrente.
Avendo, per vero, impetrato il Comune di L’Aquila il rilascio del predio in detenzione agli COGNOME e la condanna dei medesimi al pagamento dei canoni convenuti, asserendo che i convenuti sono, da un lato, degli occupanti abusivi e, dall’altro, che sono insolventi, la duplice domanda così esercitata, debitamente apprezzata in ragione della causa petendi sottesa a ciascuna di esse, porta a ritenere che l’istante non abbia fatto esercizio di poteri autoritativi, in vista dei quali, posta la riserva decretata in via esclusiva in suo favore dall’art. 133, comma 1, lett. b), cod. proc. amm., possa affermarsi la giurisdizione del giudice amministrativo, ma abbia più semplicemente fatto ricorso all’esercizio delle ordinarie facoltà che si danno, nella cornice di una relazione di tipo privatistico, al proprietario di un bene e al creditore di una somma di denaro, con l’ovvio corollario che andrà perciò riconosciuta ed affermata la giurisdizione del giudice ordinario.
Né, peraltro, questo chiaro quadro di principio si presta a smentite alla stregua dei precedenti di questa Corte, a cui hanno inteso richiamarsi i ricorrenti sostenendo, a conforto della prospettata riconduzione della specie nell’alveo della giurisdizione amministrativa, che ai fini della determinazione qui richiesta non si potrebbe prescindere dalla considerazione che il predio, a loro dire, avrebbe formato oggetto di concessione da parte dell’ente preposto, sicché ciò comporterebbe di «statuire sulla validità e sulla operatività delle concessioni e, quindi, indagare sul loro contenuto e sulla loro
disciplina».
L’argomento non aiuta, infatti, a mutare la prospettiva. Si è già per l’innanzi fatto cenno al principio che non è infirmata logicamente la sentenza che delibi la domanda ai fini di determinare la giurisdizione e la medesima sentenza che, dopo aver riconosciuto la giurisdizione del giudice adito, pronunciando nel merito rigetti la domanda; si tratta, infatti, di valutazioni che, per quanto ruotino attorno al medesimo fulcro (la domanda), guardano ad esso, tuttavia, da lati diversi, il lato degli accertamenti pregiudiziali quando della domanda si debba conoscere per determinare la giurisdizione, il lato della pronuncia di merito, quando se ne debba giudicare il fondamento.
Qui, come ha esattamente fatto notare il Pubblico Ministero, il profilo concessorio, su cui insistono anche in memoria i ricorrenti, può incidere solo a valle della decisione sulla giurisdizione, quando, cioè, si tratterà di stabilire se la domanda meriti o meno di essere accolta. Per vero, quanto dedotto inizialmente in via di eccezione dai convenuti, ora ricorrenti, non legittima alcuna translatio iudicii in favore del diverso plesso giurisdizionale, giacché, nell’indifferenza che ai fini in discorso va di regola ascritta a siffatte replicationes , l’art. 34 cod. proc. civ. concepisce la possibilità di un accertamento incidentale del rapporto pregiudicante come possibile solo se esse si sostanzino in una richiesta di accertamento con efficacia di giudicato dell’illegittimità del provvedimento posto a fondamento della domanda (Cass., Sez. U, 2/11/2018, n. 28053), in difetto del che il primato in materia del criterio che si fonda su petitum sostanziale non può essere messo in discussione con conseguente affermazione, dunque, della giurisdizione del giudice ordinario.
Il motivo in disamina va dunque rigettato con conseguente declaratoria della giurisdizione ordinaria e restituzione degli atti alla Sezione rimettente per la decisione in ordine agli altri motivi di ricorso.
P.Q.M.
Rigetta il secondo motivo di ricorso, dichiara la giurisdizione del
giudice ordinario e rimette gli atti per la decisione in ordine agli altri motivi di ricorso alla III Sezione civile di questa Corte che pronuncerà anche in ordine alle spese.
Cosi deciso in Roma nella camera di consiglio della Sezioni Unite civili il giorno 16.1.2024.
Il Presidente AVV_NOTAIO NOME COGNOME