Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 2368 Anno 2024
Civile Ord. Sez. U Num. 2368 Anno 2024
Presidente: COGNOME PASQUALE
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso 6862-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMAINDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che la rappresenta e difende unitamente all’AVV_NOTAIO NOME COGNOME COGNOME;
– ricorrente –
Oggetto
*RICORSI CON MOTIVI ATTINENTI ALLA GIURISDIZIONE
R.NUMERO_DOCUMENTO.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 21/11/2023
CC
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5506/2022 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 09/09/2022.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/11/2023 dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME, il quale chiede che la Corte, a sezioni unite, respinga il ricorso.
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Cassino il Comune di Gaeta chiedendo il risarcimento del danno nella misura di Euro 15.000.000,00 o della diversa somma di giustizia. L ‘RAGIONE_SOCIALE espose quanto segue.
La società aveva acquistato un suolo sito nel Comune di Gaeta con sovrastanti quattro fabbricati completati al rustico, in relazione ai quali vi erano quattro licenze edilizie, il nulla osta paesaggistico rilasciato dal Ministero dei Beni Culturali con d.m. 27 aprile 1976, a sanatoria di alcune difformità con il pagamento della relativa sanzione pecuniaria, e l’istanza di condono edilizio ai
sensi della l. n. 47 del 1985. Dopo l’acquisto l’RAGIONE_SOCIALE aveva conseguito dal Ministero la rinnovazione della autorizzazione paesaggistica in sanatoria con determinazione del 20 giugno 1990, poi annullata dal medesimo Ministero a seguito di esposto proposto dal Comune. Il ricorso proposto innanzi al giudice amministrativo avverso il detto annullamento era stato accolto, ma fu poi accolto con sentenza n. 1370 del 1994 l’appello proposto innanzi al Consiglio di Stato dal Comune, il quale aveva falsamente prospettato che il manufatto era diverso da quello per il quale era stata rilasciata l’autorizzazione nel 1976. Sulla base del medesimo presupposto era stata emessa dal Comune l’ordinanza di demolizione di data 28 giugno 2000, previa acquisizione dell’area, ordinanza eseguita nel 2001, nonostante la presentazione di nuova istanza di condono in base alla l. n. 724 del 1994 e la proposizione di una domanda di revocazione della sentenza del Consiglio di Stato, disattesa per ragioni processuali.
Nel luglio 2006 COGNOME era venuta in possesso dei seguenti documenti, attestanti che successivamente alla sanatoria paesaggistica del 1976 nessuna opera era stata eseguita e che il Comune era consapevole di ciò, avendo quindi dichiarato scientemente il falso nel giudizio amministrativo: 1) lettera interna del Comune di data 6 agosto 1990, a firma del dirigente dell’UTC, con cui si affermava che ‘per completezza di informazione si segnala che al 1970 … è databile la sospensione dei lavori … e l’invio da parte dell’interessato alla Soprintendenza, e per conoscenza al Comune di Gaeta, del rilievo della situazione al 31.10.1970’; 2) lettera interna del Comune di data 25 settembre 1992, a firma del tecnico comunale, con cui si affermava ‘si è riscontrato che le s trutture esistenti corrispondono a quanto indicato nei grafici allegati al NUMERO_DOCUMENTO espresso dalla Regione Lazio in data 20.06.1990′, parere facente riferimento allo stato di fatto degli anni settanta; 3) la relazione complessiva redatta dall’U.T.C. del Comune, databile tra la fine del 1998 e l’inizio del 1999, dalla quale emergeva che tra il 1970
(data dell’acclarata sospensione dei lavori) ed il 1997 erano stati effettuati dalla Soprintendenza, dalla Regione e dal Comune numerosi sopralluoghi che, monitorando lo stato dei volumi, avevano confermato che, dalla intervenuta sospensione dei lavori nel 1970, non era stato più nulla realizzato sui manufatti. Tutto ciò premesso, l’RAGIONE_SOCIALE allegò sia il dolo processuale, che la frode procedimentale, o comunque una condotta di dolo istruttorio/provvedimentale, in relazione alla demolizione.
Il Tribunale adito rigettò la domanda. Avverso detta sentenza propose appello la società RAGIONE_SOCIALE. Con sentenza di data 9 settembre 2022 la Corte d’appello di Roma rigettò l’appello con riferimento alla statuizione che aveva rigettato la domanda risarcitoria per dolo processuale e dichiarò il difetto di giurisdizione del giudice ordinario con riferimento alla domanda risarcitoria del danno da provvedimento illegittimo.
Osservò la corte territoriale, per quanto qui rileva, premesso che fondata era la censura di omessa pronuncia in ordine alla domanda risarcitoria per dolo procedimentale/provvedimentale, che tuttavia ricorreva la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, e nella specie il T.A.R. Lazio. Precisò al riguardo che il risultato asseritamente illecito, e -secondo la prospettazione di parte appellante -consapevolmente perseguito dal Comune di Gaeta, era stato conseguito con l’adozione da parte del Comune stesso dell’ordine di demolizione, la cui impugnazione innanzi al giudice amministrativo era stata rigettata e che nel caso di azione risarcitoria per cattivo esercizio del potere amministrativo trovava applicazione l’art. 30 d. lgs. n. 104 del 2010.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un motivo e resiste con controricorso la parte intimata. E’ stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis.1 cod. proc. civ.. Il pubblico ministero ha depositato le conclusioni
scritte, chiedendo dichiararsi la giurisdizione del giudice amministrativo . E’ stata presentata memoria.
Considerato che:
con il motivo di ricorso si afferma la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 1, cod. proc. civ.. La parte ricorrente osserva che con la domanda non è stata contestata l’attività provvedimentale costituente esercizio di potestà amministrativa posta in essere dal Comune di Gaeta, con cui era stata ingiunta, e poi eseguita, la demolizione del complesso edilizio formato da n. 4 fabbricati di proprietà dell’appellante (atti tutti ritenuti legittimi dall’A.G.A. ), bensì è stato contestato il dolo comportamentale dell’Amministrazione per violazione dei principi di correttezza (art. 1175 c.c.), diligenza (art. 1176 c.c.), buona fede (art. 1337 c.c.), e protezione. Aggiunge che dai documenti, conosciuti dalla ricorr ente solo nell’anno 2006, si evince che fin dal 1990, l’Amministrazione aveva piena contezza che, a seguito della sospensione dei lavori nel 1970, nessun ulteriore abuso era mai stato realizzato, per cui ciò che si contesta non è la legittimità dei provvedimenti costituenti esercizio di potestà amministrativa con i quali è stato denegato il condono edilizio, ed è stata disposta ed eseguita la demolizione, ma il dolo comportamentale del Comune, il quale, ben conoscendo la realtà dei fatti, ha agito in aperta violazione dei principi di correttezza, protezione, diligenza, e buona fede, violando il diritto soggettivo dell’appellante all’integrità del proprio patrimonio. Osserva infine che l’utilizzo delle espressioni ‘dolo procedimentale/provvedimentale’ non toglie che il petitum sostanziale non concerna un vizio del procedimento, bensì la responsabilità dell’Amministrazione per aver agito in violazione dei principi di cui sopra (così Cass. n. 8236 del 2020 ed altre conformi).
Il motivo è infondato. Il Collegio condivide le conclusioni del Procuratore generale nel senso della ricorrenza della giurisdizione del giudice amministrativo.
Costituisce ius receptum che la regola di riparto della giurisdizione sia informata al criterio del petitum sostanziale, in luogo di quello formale, il quale ha riguardo non alla causa petendi ma all’oggetto del dispositivo giurisdizionale che si invoca, mentre il petitum sostanziale concerne il rapporto dedotto in giudizio ed oggetto di accertamento giurisdizionale. La ricorrente invoca sul piano formale una comportamento caratterizzato da dolo ed in violazione della normativa di correttezza, ma il rapporto dedotto in giudizio è relativo ad un danno cagionato dal provvedimento amministrativo (ordine di demolizione), in relazione al quale risulta denunciato un contrasto fra provvedimento e procedimento, sulla base del rapporto di contraddittorietà fra l’istruttoria procedimentale, segnatamente la relazione complessiva redatta dall’U.T.C. del Comune , ed il provvedimento amministrativo.
Rispetto a questo quadro, per un verso quello che si allega è la sopravvenienza di documenti asseritamente decisivi, non potuti produrre con l’impugnazione del provvedimento, che è circostanza astrattamente costituente motivo di revocazione della sentenza, per l’altro si allega il dolo dell’Amministrazione, che, in presenza di un provvedimento lesivo di interesse legittimo, integra il requisito soggettivo rilevante ai fini della configurazione del danno ingiusto per l’illegittimo esercizio dell’attività amm inistrativa. Trattasi pertanto di fattispecie chiaramente sussumibile nella previsione di cui all’art. 30, commi 2 e 6, CPA, per la quale, quindi, è prevista la giurisdizione generale di legittimità.
Le peculiarità della vicenda costituiscono ragione di compensazione delle spese.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare
atto, ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 – quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P. Q. M.
rigetta il ricorso e dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo;
dispone la compensazione delle spese processuali.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il giorno 21 novembre 2023