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Giurisdizione elettorato passivo: decide il G.O.

La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, ha stabilito che la giurisdizione sulle controversie relative all’incompatibilità e alla decadenza da cariche elettive, come quella di un rappresentante del personale in un Senato Accademico, spetta al giudice ordinario e non a quello amministrativo. Il caso riguardava un dipendente universitario, e al contempo dirigente sindacale, la cui nomina era stata sospesa dall’Ateneo per un presunto conflitto di interessi. La Corte ha chiarito che il nucleo della controversia non è l’esercizio di un potere discrezionale della Pubblica Amministrazione, ma la tutela del diritto soggettivo perfetto all’elettorato passivo. Pertanto, la competenza a decidere spetta al tribunale ordinario.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Giurisdizione Elettorato Passivo: La Cassazione Sceglie il Giudice Ordinario

Quando un’università sospende la nomina di un rappresentante del personale eletto nel Senato Accademico per un presunto conflitto di interessi, chi ha il diritto di giudicare sulla legittimità di tale atto? Il giudice amministrativo, custode degli atti della Pubblica Amministrazione, o il giudice ordinario, protettore dei diritti soggettivi? Con una recente ordinanza, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno chiarito un punto cruciale in materia di giurisdizione elettorato passivo, affermando la competenza del giudice ordinario.

I Fatti: Un Dipendente Eletto e il Sospetto di Incompatibilità

La vicenda trae origine dalle elezioni per il rinnovo del Senato Accademico di un importante ateneo italiano. Un dipendente, risultato primo tra gli eletti come rappresentante del personale tecnico-amministrativo, si vedeva sospendere il procedimento di nomina. Il motivo? L’amministrazione universitaria aveva rilevato una potenziale situazione di conflitto di interessi, dato che il dipendente ricopriva anche importanti cariche a livello provinciale e nazionale in una nota organizzazione sindacale.

Secondo l’ateneo, questo doppio ruolo creava un’incompatibilità, poiché il dipendente si sarebbe trovato a rappresentare contemporaneamente un’organizzazione sindacale in sede di contrattazione e a partecipare alle decisioni dell’organo di governo dell’università. Il dipendente, ritenendo leso il proprio diritto a ricoprire la carica, impugnava il provvedimento di sospensione dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR), che in via cautelare sospendeva l’atto dell’università.

La Questione sulla Giurisdizione Elettorato Passivo

L’università, non convinta della competenza del TAR, proponeva un regolamento preventivo di giurisdizione dinanzi alla Corte di Cassazione. La questione fondamentale era stabilire se la controversia riguardasse un atto di esercizio del potere pubblico dell’amministrazione (e quindi di competenza del giudice amministrativo) oppure la lesione di un diritto soggettivo del singolo (e quindi di competenza del giudice ordinario).

L’ateneo sosteneva la natura pubblicistica dell’atto, mentre il dipendente insisteva sulla violazione del suo diritto fondamentale all’elettorato passivo, un diritto soggettivo perfetto tutelato dalla Costituzione.

La Decisione della Corte di Cassazione

Le Sezioni Unite della Cassazione hanno accolto il ricorso dell’università, dichiarando la giurisdizione del giudice ordinario. La Corte ha stabilito che la causa, pur avendo origine da un atto amministrativo, verte in realtà sulla tutela di un diritto soggettivo e non su un interesse legittimo.

Le Motivazioni: La Tutela del Diritto Soggettivo Perfetto

La Corte ha fondato la sua decisione sul principio del petitum sostanziale. Secondo questo criterio, per determinare la giurisdizione non bisogna guardare solo alla forma dell’atto impugnato (il provvedimento di sospensione), ma alla vera natura della posizione giuridica fatta valere in giudizio. Nel caso di specie, il dipendente lamentava la compressione del suo diritto all’elettorato passivo, cioè il diritto di essere eletto e di ricoprire la carica.

La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: le controversie in materia di ineleggibilità, incompatibilità e decadenza da cariche elettive sono devolute al giudice ordinario. Questo perché non mettono in discussione la discrezionalità dell’amministrazione, ma la sussistenza dei requisiti soggettivi per l’accesso e il mantenimento della carica. L’atto dell’amministrazione che rileva l’incompatibilità non è un provvedimento autoritativo che crea, modifica o estingue una posizione giuridica, ma un atto meramente ricognitivo di presupposti stabiliti dalla legge.

In altre parole, l’università non stava esercitando un potere discrezionale, ma si stava limitando a verificare la presenza di una causa di incompatibilità. La controversia, quindi, non verte sull’annullamento di un atto amministrativo in sé, ma sull’accertamento del diritto del singolo a mantenere la carica elettiva. Questo diritto è un diritto soggettivo perfetto, la cui tutela spetta per natura al giudice ordinario.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza consolida l’orientamento secondo cui la tutela del diritto all’elettorato attivo e passivo è una prerogativa del giudice ordinario, anche quando la controversia è innescata da un atto di una Pubblica Amministrazione. La decisione chiarisce che la natura della posizione giuridica dedotta in giudizio prevale sulla forma dell’atto impugnato. Per cittadini e dipendenti pubblici, ciò significa che le questioni relative al diritto di essere eletti e di mantenere una carica rappresentativa devono essere portate davanti al tribunale civile, che è il giudice naturale dei diritti soggettivi. Per le amministrazioni, conferma che gli atti di accertamento di incompatibilità sono soggetti al sindacato del giudice ordinario, che valuterà la loro legittimità alla luce della normativa che regola il diritto elettorale.

A quale giudice spetta decidere sulle controversie relative all’incompatibilità di un rappresentante eletto in un organo universitario?
Spetta al giudice ordinario. La Corte di Cassazione ha stabilito che tali controversie riguardano la tutela del diritto soggettivo perfetto all’elettorato passivo, e non l’esercizio di un potere discrezionale della pubblica amministrazione.

Perché la controversia non rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo, anche se l’atto impugnato è un provvedimento di una P.A.?
Perché, secondo la Corte, non si deve guardare alla forma dell’atto (il provvedimento di sospensione), ma alla sostanza della pretesa (petitum sostanziale). La domanda del ricorrente era diretta ad accertare il proprio diritto soggettivo a ricoprire la carica, non a contestare una scelta discrezionale dell’amministrazione. L’atto dell’università è considerato meramente ricognitivo di una presunta causa di incompatibilità, non un atto autoritativo.

In questo contesto, che differenza c’è tra un diritto soggettivo e un interesse legittimo?
Un diritto soggettivo, come l’elettorato passivo, è una posizione giuridica pienamente tutelata dalla legge che conferisce al titolare un potere diretto per la realizzazione di un proprio interesse. Un interesse legittimo, invece, è l’interesse di un privato a che la Pubblica Amministrazione eserciti i propri poteri in modo corretto e legittimo. La sentenza affida la causa al giudice ordinario proprio perché ritiene che sia in gioco un diritto soggettivo e non un mero interesse legittimo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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