Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 30770 Anno 2025
Civile Ord. Sez. U Num. 30770 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2154/2025 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, rappresentate e difese dall’avvocato COGNOME NOME e dall’avvocato COGNOME NOME
-ricorrenti- contro
COMUNE RAGIONE_SOCIALE CASTEL MAGGIORE, rappresentato e difeso dall’avvocata COGNOME NOME e dall’avvocato COGNOME NOME -controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE “LA RAGIONE_SOCIALE” INDIRIZZO, PRETI FAUSTO, RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME -intimati-
avverso la SENTENZA del CONSIGLIO DI STATO n. 8327/2024 depositata il 17/10/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/10/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso contro la sentenza n. 8327/2024 del Consiglio di Stato, pubblicata il 17 ottobre 2024.
Resiste con controricorso il Comune di Castel Maggiore.
Non hanno svolto attività difensive gli altri intimati RAGIONE_SOCIALE ‘La RAGIONE_SOCIALE‘ di INDIRIZZO in Castel Maggiore, NOME COGNOME, NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE
Il ricorso è stato fissato per la decisione in camera di consiglio a norma degli artt. 380bis .1 e 375, comma 2, c.p.c.
2. –NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME adirono il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia -Romagna, esponendo di essere comproprietarie dal 1985 di un’unità immobiliare ricompresa nel RAGIONE_SOCIALE ‘RAGIONE_SOCIALE‘, nel Comune di Castel Maggiore, complesso oggetto di una convenzione di lottizzazione intercorsa il 9 maggio 1962 tra il medesimo e NOME COGNOME. All’acquisto di tale porzione di proprietà esclusiva le ricorrenti riconducevano altresì il subentro nella titolarità pro quota delle parti comuni condominiali, e quindi anche, in particolare, l’acquisto della comproprietà dell’area di cortile, individuata nel nuovo catasto edilizio al foglio 22, particelle 91, 159 e 160. Questi mappali, in forza della convenzione di lottizzazione del 1962, avrebbero dovuto essere ceduti gratuitamente al Comune, senza che però tale cessione fosse stata mai perfezionata.
In seguito alla modifica dello strumento urbanistico, l’Amministrazione comunale, con delibera della Giunta n. 112 del 22
agosto 2003, approvò il progetto esecutivo per la realizzazione di una rotatoria all’incrocio tra le vie INDIRIZZO, occupando di fatto e trasformando anche le predette aree condominiali, in assenza di un formale provvedimento di esproprio.
In data 22 novembre 2021, il Comune di Castel Maggiore comunicò ai condomini l’avvio del procedimento per l’acquisizione coattiva, ai sensi dell’art 42 -bis , d.P.R. 327/2001, ma con riguardo al solo mappale 91, e non anche ai mappali 159 e 160. Con deliberazione del Consiglio comunale n. 69 del 29 dicembre 2021, veniva quindi disposta l’acquisizione dell’area di cui al mappale 91, di complessivi mq. 32,18, evidenziando la necessità di realizzare un collegamento ciclo pedonale tra il centro abitato ed un centro commerciale, ritenuta prevalente sull’interesse dei condomini alla conservazione della porzione di cortile.
Le domande di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME erano, dunque, volte a far dichiarare l’illegittimità dell’atto di acquisizione sanante relativo alla area della particella n. 91 e a condannare il Comune alla restituzione, previa riduzione in pristino, delle aree di cui alle particelle nn. 159 e 160, occupate ‘ sine titulo ‘.
Il Comune, nel costituirsi in giudizio, replicò l’esistenza di una motivazione adeguata a sostegno dell’atto di acquisizione coattiva dell’area di cui al mappale n. 91 e dedusse di essere divenuto proprietario dei mappali nn. 159 e 160 in virtù di un atto di compravendita stipulato il 28 luglio 2021 con il proprietario NOME COGNOME. Le ricorrenti contestarono allora la validità di tale atto, in quanto contratto ‘ a non domino ‘, vantando un precedente acquisto in loro favore dei mappali 159 e 160 avvenuto il 13 gennaio 1986, concluso con NOME COGNOME.
3. – Il T.a.r. per l’Emilia Romagna, con la decisione 6 febbraio 2023, n.73, respinse la domanda di annullamento del provvedimento di
acquisizione sanante, accertò ‘ incidenter tantum’ l’inefficacia nei confronti delle ricorrenti dell’atto di compravendita del 28 luglio 2021 avente ad oggetto le aree indicate al NCEU, al foglio 22, mappali nn. 159 e 160, accolse la domanda di accertamento dell’illegittima occupazione di tali aree e ne ordinò la relativa restituzione previa riduzione in pristino, respinse, infine, la domanda di condanna del Comune al risarcimento dei danni.
4. Il Consiglio di Stato ha poi accolto il primo motivo dell’appello principale del Comune di Castel Maggiore e ha annullato la sentenza di primo grado per difetto di giurisdizione con riferimento alla domanda attinente alle particelle 159 e 160, chiedendosi di accertare civilisticamente la validità di un contratto di acquisto della proprietà in contrasto con altro titolo e dunque trattandosi di controversia spettante alla giurisdizione del giudice ordinario.
È stato inoltre dichiarato in parte improcedibile e in parte infondato l’appello incidentale proposto da NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
-Il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, ha depositato conclusioni scritte, chiedendo l’accoglimento dei primi tre motivi di ricorso, con assorbimento del quarto e del quinto motivo e la inammissibilità del sesto motivo. Il Pubblico Ministero ha osservato che la domanda di condanna del Comune alla restituzione, previa riduzione in pristino, delle particelle nn. 159 e 160 rientra comunque nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in applicazione dell’art. 133, comma 1, lett. g ) cod. proc. amm.
Hanno depositato memorie le ricorrenti NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME e il controricorrente Comune di Castel Maggiore.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.-Il primo motivo del ricorso di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME denuncia la violazione dell’art. 8 e dell’art. 133, primo comma, lett. g), cod. proc. amm., sussistendo la giurisdizione del giudice amministrativo sulla domanda di accertamento dell’illegittimità dell’occupazione e sulla conseguente domanda restitutoria di aree illegittimamente occupate.
Le ricorrenti evidenziano che la domanda da loro spiegata verteva sull’accertamento dell’illegittimità dell’occupazione per assenza del necessario provvedimento ablativo e invocava la restituzione delle aree illegittimamente occupate, vantandone un titolo di comproprietà in forza di valido titolo debitamente trascritto. Né l’eccezione del Comune di essere divenuto medio tempore proprietario di dette aree, in forza di rogito stipulato nel 2021, poteva influire sul radicamento della giurisdizione.
Rispetto alla domanda formulata, relativa alla occupazione di aree private riconducibile alla volontà della RAGIONE_SOCIALE di acquisire e destinare le stesse all’uso pubblico, e perciò rientrante nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ad avviso delle ricorrenti l’accertamento della proprietà di tali beni darebbe luogo ad una pregiudizialità tecnica, non giustificante la declinatoria della medesima giurisdizione, ciò agli effetti dell’art. 8 cod. proc. amm.
Il secondo motivo di ricorso deduce la violazione dell’art. 8 e dell’art. 133, primo comma, lett. g), cod. proc. amm., ovvero il potere-dovere del giudice amministrativo di pronunciarsi sulla proprietà del bene oggetto di occupazione illegittima.
Il terzo motivo di ricorso lamenta l’errore sulla qualificazione della domanda, con conseguente errore sulla giurisdizione, e dunque la violazione dell’art. 8 e dell’art. 133, primo comma, lett. g), cod. proc. amm., ribadendosi quando affermato nel primo motivo.
Il quarto motivo allega la violazione degli artt. 39 cod. proc. amm. e 295 c.p.c., per la mancata sospensione del giudizio con conseguente errato diniego di giurisdizione. Si fa cenno alla sentenza del Tribunale di Bologna del 29 febbraio 2024, menzionata anche nella pronuncia del Consiglio di Stato, con la quale si è riconosciuto in favore di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME la contitolarità delle particelle nn. 159 e 160, rispetto alla quale i giudici amministrativi di appello hanno osservato che si trattasse di ‘ una sentenza non definitiva e, quindi, come tale, passibile di essere ancora riformata ‘. Nella parte espositiva del ricorso, si spiega che questa sentenza del Tribunale di Bologna, ‘ passata in giudicato per mancata impugnazione nei termini di legge’ , ha definito un parallelo giudizio civile instaurato dalle medesime ricorrenti a seguito dell’allegazione nel processo amministrativo della vicenda della compravendita del 2021, ed ha avuto ad oggetto, tra l’altro, proprio l’accertamento del ‘difetto della titolarità del diritto di proprietà in capo al signor COGNOME NOME‘ e la dichiarazione di ‘nullità del contratto di compravendita del 28 luglio 2021 (…) tra il signor COGNOME NOME e il Comune di Castel Maggiore, con ogni provvedimento conseguente’ . Il quinto motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 8 e dell’art. 133, primo comma, lett. g), cod. proc. amm., sussistendo in ogni caso la giurisdizione del giudice amministrativo sulla domanda di domanda accertamento dell’illegittimità dell’occupazione e sulla risarcitoria, ulteriori rispetto a quella di restituzione delle aree.
Il sesto motivo di ricorso, infine, lamenta la violazione dell’art. 8 e dell’art. 133, primo comma, lett. g), cod. proc. amm., per il mancato accoglimento del quarto motivo dell’appello incidentale, in conseguenza dell’errata prospettazione circa la giurisdizione sulle domande principali. Tale motivo dell’appello incidentale aveva contestato l’illegittimità del provvedimento ex art.42bis d.P.R. n.
327/2001 del Comune di Castel Maggiore, per aver disposto l’acquisizione del ‘solo’ mappale 91 e non anche dei mappali 159 e 160. Le ricorrenti evidenziavano l’irragionevolezza del provvedimento acquisitivo per aver interessato solo una porzione dell’opera, così determinando l’inutilità dell’acquisizione stessa.
– I sei motivi di ricorso possono esaminarsi congiuntamente, per la loro connessione, risultando non fondati.
2.1. -Il Consiglio di Stato ha premesso che la fattispecie di causa non potesse risolversi alla stregua della giurisprudenza, proprio in materia espropriativa, secondo cui occorre distinguere fra le ipotesi in cui l’amministrazione, convenuta nel giudizio amministrativo proposto da chi alleghi di essere proprietario dell’immobile, deduca di avere usucapito la proprietà in via di eccezione riconvenzionale, risolvibile mediante cognizione incidentale da parte del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 8, comma 1, cod. proc. amm., e le ipotesi in cui l’usucapione sia oggetto di una domanda riconvenzionale di accertamento, la quale ricade, invece, nella giurisdizione ordinaria (ad esempio, Cass. Sez. Unite, 26 febbraio 2021, n. 5513).
2.2. – Ad avviso dei giudici amministrativi di appello, nel caso in esame occorreva, piuttosto, sindacare preliminarmente la validità ed efficacia del contratto del 28 luglio 2021 (antecedente, dunque, alla deliberazione del Consiglio comunale del 29 dicembre 2021, volta all’acquisizione del mappale 91), con cui il Comune di Castel Maggiore aveva comprato i mappali nn. 159 e 160 da NOME COGNOME, contestandosi dalle ricorrenti che si trattasse di acquisto a non domino , in quanto gli stessi beni erano stati loro alienati il 13 gennaio 1986. I mappali nn. 159 e 160 (al pari del mappale n. 91) erano stati oggetto della convenzione di lottizzazione del 9 maggio 1962, che ne prevedeva la cessione al Comune, e poi erano stati occupati e trasformati nell’ambito della realizzazione della rotatoria all’incrocio
tra le vie Galliera, Gramsci e Repubblica, di cui al progetto approvato con la delibera della Giunta n. 112 del 22 agosto 2003.
Una delle domande di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, sul presupposto della proprietà loro spettante delle particelle nn. 159 e 160, ne chiedeva la restituzione da parte del Comune, previa riduzione in pristino, con conseguente risarcimento dei danni.
A fronte delle difese di carattere petitorio opposte in via di eccezione del medesimo Comune, che aveva replicato di aver acquistato i beni richiesti in restituzione col contratto del 28 luglio 2021, si imponeva, pertanto, per decidere sulla domanda delle ricorrenti, di dirimere il conflitto tra più acquirenti successivi da diversi danti causa, e ciò, ad avviso del Consiglio di Stato, esula dall’ambito dell’accertamento incidentale consentita alla giurisdizione del giudice amministrativo.
Da ciò anche il rigetto del quarto motivo dell’appello incidentale, secondo il quale il Comune avrebbe fatto un uso improprio del potere di acquisizione sanante, non estendendolo alle aree di cui ai mappali 159 e 160, giacché, al momento dell’adozione della deliberazione del Consiglio comunale del 29 dicembre 2021, l’Amministrazione intendeva che di tali particelle fosse già proprietaria per l’acquisto fatto col contratto del 28 luglio 2021.
In base ad identico ragionamento il Consiglio di Stato ha respinto il secondo motivo dell’appello incidentale, ‘ considerato il fatto che sulla domanda risarcitoria il giudice fornito di giurisdizione potrà pronunciarsi all’esito dell’accertamento del titolo proprietario ‘.
3. -La questione posta dalle ricorrenti e decisa dal Consiglio di Stato nella sentenza impugnata attiene, dunque, ai limiti del sindacato incidentale del giudice amministrativo su questioni relative a diritti soggettivi, ovvero se esso, ai sensi dell’art. 8 cod. proc. amm., possa coinvolgere il giudizio sulla validità ed efficacia di un contratto privatistico di compravendita, quando tale verifica costituisca
l’antecedente logico necessario ed unico della pronuncia sulla domanda di restituzione di un’area occupata e destinata ad uso pubblico, con le correlate statuizioni risarcitorie. Si tratterebbe di stabilire se il sindacato incidentale richiesto nella specie al giudice amministrativo sconfinasse, o meno, nella risoluzione di controversie devolute al giudice civile e se l’accertamento sulla validità e sull’efficacia del contratto di compravendita avrebbe condotto alla formazione di un giudicato implicito, contro il disposto dell’art. 8 cod. proc. amm. Le ricorrenti lamentano altrimenti la mancata sospensione del processo amministrativo in attesa che fosse risolta la controversia civile pendente, già decisa in primo grado, dalla cui definizione dipendeva la questione sul regime dominicale delle particelle nn. 159 e 160.
4. -In ordine alle questioni di giurisdizione, le Sezioni Unite della Corte di cassazione sono anche giudice del fatto, e devono decidere tenendo conto, peraltro, che le risultanze fattuali vanno apprezzate, ai sensi dell’art. 386 c.p.c., per come emergenti dalla domanda giudiziale e dalla sua eventuale precisazione, avuto riguardo alla ” causa petendi ” e al ” petitum ” sostanziale della stessa (Cass. Sez. Unite 9 gennaio 2020, n. 156).
La ragione giuridica della domanda di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, diretta a conseguire la restituzione delle aree di cui ai mappali nn. 159 e 160, occupate senza titolo dal Comune di Castel Maggiore, nonché la condanna di quest’ultimo al risarcimento dei danni per l’occupazione illegittima, poggia sulla situazione di comproprietà spettante alle ricorrenti, situazione che, ai fini della decisione sulla giurisdizione, deve pertanto essere esaminata integralmente sulla base degli elementi acquisiti agli atti. La condanna al rilascio delle aree in contesa viene, dunque, chiesta nei confronti dell’amministrazione municipale, che ne avrebbe disposto
nell’assenza di ogni titolo, e trova fondamento nel diritto di proprietà delle attrici, del quale occorre dare dimostrazione.
5. -Le censure ricollegano la loro pretesa di restituzione delle aree occupate dal Comune alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. g), cod. proc. amm., ritenendo, quindi, che il comportamento della P.A., cui si ascrive la lesione oggetto della domanda, sia la conseguenza di un assetto di interessi conformato dall’esercizio di un potere amministrativo in concreto esistente e preordinato all’esecuzione di un intervento realizzativo di un’opera pubblica.
5.1. – Nelle materie di giurisdizione esclusiva, indicate dalla legge e dall’articolo 133 cod. proc. amm., il giudice amministrativo conosce anche delle controversie nelle quali si faccia questione di diritti soggettivi, e ciò in forza dell’art. 7, comma 5, dello stesso codice, il quale attribuisce alla cognizione dello stesso giudice speciale anche le pregiudiziali su diritti, recando il primo comma dell’art. 8, su cui si incentrano le censure, la disciplina, piuttosto, della cognizione incidentale del giudice amministrativo su diritti solo con riguardo alle materie in cui quegli ha giurisdizione non esclusiva.
5.2. L’errore che le ricorrenti attribuiscono al Consiglio di Stato consiste, pertanto, nell’avere la sentenza impugnata ritenuto di non poter pronunciare in ordine alla domanda principale di restituzione conoscendo e decidendo incidentalmente, nell’ambito della sua giurisdizione esclusiva ex art. 133, comma 1, lett. g), cod. proc. amm., altresì la questione in materia di proprietà dei mappali nn. 159 e 160, senza che si formasse un giudicato in ordine alla validità e all’efficacia del contratto di compravendita del 28 luglio 2021 intercorso tra il Comune di Castel Maggiore e NOME COGNOME.
L’azione ripristinatoria di restituzione proposta in giudizio atterrebbe alla giurisdizione esclusiva attribuita al giudice amministrativo dall’art.
133, comma 1, lettera g), c.p.a., essendo riferibile alla tutela del diritto di proprietà rispetto ad atti, provvedimenti o comportamenti riconducibili, anche mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere espropriativo da parte dell’amministrazione e diretta al risultato pratico di recuperare la disponibilità materiale del bene. Rispetto a tale azione, a dire delle ricorrenti, il giudice amministrativo avrebbe potuto conoscere in via incidentale altresì dell’azione reale di rivendicazione con cui le ricorrenti chiedono di accertare la situazione dominicale del medesimo bene per recuperarne il possesso, in forza di un titolo incompatibile col diritto di proprietà acquisito per contratto dall’amministrazione.
L’erroneità della ricostruzione operata dal Consiglio di Stato starebbe, pertanto, nella individuazione dei limiti oggettivi del giudicato che sarebbe dipeso dalla pronuncia, giacché tali limiti andrebbero determinati unicamente alla luce dalla questione dedotta in via principale.
5.3. -Altrimenti, si prospetta nel ricorso l’obbligatorietà della sospensione ai sensi dell’art. 295 c.p.c., ove i giudici amministrativi avessero ritenuto pendente una causa pregiudiziale civile sottratta alla loro potestas iudicandi , sia pure con effetto limitato e, quindi, incidenter tantum , in quanto volta ad accertare diritti civili sui beni.
5.4. – Non può al riguardo non rilevarsi che le tesi delle ricorrenti aspirano ad ottenere la cassazione della sentenza del Consiglio di Stato, perché esso avrebbe dovuto conoscere e decidere incidentalmente la questione in materia di diritto di proprietà delle particelle nn. 159 e 160, e quindi della validità e della efficacia del contratto del 28 luglio 2021, sebbene, a loro stesso dire, si sia già formato inter partes su tali questioni il giudicato per opera della sentenza del Tribunale ordinario di Bologna 29 febbraio 2024. Al riguardo, nella memoria ex art. 380bis .1. c.p.c. depositata il 9
ottobre 2025, le medesime ricorrenti allegano che ‘ il Comune non ha contestato (e la circostanza deve intendersi dunque pacifica; ed è peraltro documentata dal verbale relativo) che in occasione dell’udienza dinanzi al Consiglio di Stato del 13 giugno 2024 ha dichiarato di non voler impugnare la sentenza del Tribunale di Bologna nei capi che hanno dichiarato la nullità del rogito ‘.
5.5. -Deve comunque affermarsi conclusivamente che esulano dal sindacato affidato alle Sezioni Unite dall’art. 111, ottavo comma, Cost. e dall’art. 362 c.p.c. le censure rivolte avverso una sentenza del Consiglio di Stato che abbia dichiarato il difetto di giurisdizione su una domanda di restituzione di aree private occupate dalla RAGIONE_SOCIALE. sul presupposto di non poter conoscere incidentalmente della questione attinente alla validità ed all’efficacia di un contratto di compravendita avente ad oggetto la proprietà di tali beni, perché essa non dà luogo ad un rifiuto di esercizio della giurisdizione, ma, al più, ad un error in procedendo nell’esercizio del potere giurisdizionale del giudice amministrativo. Il vizio denunciato cade sulla individuazione del nesso di pregiudizialità esistente tra la causa principale e la questione asseritamente da decidere incidenter tantum , e dunque configura un errore di giudizio sull’oggetto della domanda, del processo e del giudicato (arg. da Cass. Sez. Un. 10 settembre 2024, n. 24242; Cass. Sez. Un. 6 luglio 2023, n. 19103; Cass. sez. Un. 13 aprile 2016, n. 7292).
5.6. – Proprio richiamando altresì i principi affermati da Cass. Sez. Un. 14 dicembre 2021, n. 39782, cui si riferisce la memoria del Pubblico Ministero, essendo il sindacato della Corte di cassazione sull’eccesso di potere giurisdizionale del giudice amministrativo collegato all’oggetto della causa conosciuto in via principale, non è dunque configurabile un eccesso di potere giurisdizionale “per arretramento”, denunziabile con il ricorso ex art. 111, comma 8,
Cost., allorquando si deduca che il giudice speciale abbia denegato la propria giurisdizione per un’erronea individuazione dell’ambito di cognizione di una questione incidentale relativa al diritto di proprietà degli immobili in contesa.
5.7. – Più in AVV_NOTAIO, peraltro, sussiste la giurisdizione del giudice ordinario ove gli aventi causa delle parti di una convenzione di lottizzazione agiscano in rivendica per dirimere un conflitto di titoli determinato dalla convenuta P.A., la quale, come nella specie, neghi la proprietà degli attori, contrapponendo al titolo da costoro vantato un proprio incompatibile titolo privatistico di acquisto derivativo, giacché i diritti azionati non sono condizionati dall’esercizio, neppure mediato, di poteri amministrativi di conformazione del territorio (arg. da Cass. Sez. Un. n. 4235 del 2018; n. 9284 del 2017; n. 7578 del 2009).
-Parimenti estraneo al controllo del limite esterno della giurisdizione affidato alla Corte di cassazione è il sindacato sulle scelte del giudice amministrativo di sospendere, o meno, il giudizio per pregiudizialità di una causa civile.
Così come vale quale error in iudicando la doglianza sulla illegittimità del provvedimento reso ai sensi dell’art. 42-bis del d.P.R. n. 327 del 2001.
– Il ricorso va perciò rigettato.
L ‘ estrema complessità delle vicende processuali, connotate altresì dalla sopravvenienza del dedotto giudicato civile, che ha determinato un mutamento dell’iniziale quadro di riferimento della causa, giustificano la compensazione per intero fra le parti delle spese del giudizio di cassazione.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento -ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da
parte delle ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa per intero tra le parti le spese sostenute nel giudizio di cassazione.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte Suprema di cassazione, il 21 ottobre 2025.
La Presidente NOME COGNOME