Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 2577 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 2577 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CONDELLO NOME COGNOME
Data pubblicazione: 26/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10014/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE LIQUIDAZIONE, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta proRAGIONE_SOCIALE in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta proRAGIONE_SOCIALE in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, in Roma, INDIRIZZO (Studio ACDLEX)
-controricorrente –
nonché
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta proRAGIONE_SOCIALE in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, in Roma, INDIRIZZO
–
contro
ricorrente –
nonché nei confronti di
REGIONE ABRUZZO, in persona del Presidente pro tempore
-intimata – avverso la sentenza della Corte d’ appello di L’Aquila n. 1578/2019, pubblicata in data 3 ottobre 2019 udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19
ottobre 2022 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME
Fatti di causa
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, pronunciando sull’opposizione proposta dalla RAGIONE_SOCIALE avverso il decreto ingiuntivo emesso su istanza di RAGIONE_SOCIALE, con cui si chiedeva il pagamento della somma di euro 97.166,28, oltre interessi moratori ex d.lgs. n. 231/2002, quale corrispettivo per prestazioni assistenziali ospedaliere e prestazioni specialistiche, per il periodo di riferimento 2005 -2007, osservava che, ai sensi dell’art. 8 del contratto, risultava superato il budget stabilito, che per il 2005 era pari ad euro 566.276,53, a fronte di una pretesa creditoria di euro 578.478,16, e che il pagamento parziale, da parte di RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE, era avvenuto, contrariamente a quanto previsto dall’art. 10 del medesimo
contratto, prima che la RAGIONE_SOCIALE comunicasse l’esito del controllo effettuato sulle prestazioni rese dalla casa di RAGIONE_SOCIALE.
Non avendo la RAGIONE_SOCIALE ispettiva, con verbale del 23 novembre 2006, riconosciuto l’intero credito di RAGIONE_SOCIALE, il giudice di primo grado revocava il decreto ingiuntivo e accoglieva la domanda riconvenzionale spiegata dalla RAGIONE_SOCIALE, che aveva dedotto di avere pagato somme superiori a quelle effettivamente dovute, condannando la struttura sanitaria a restituire la somma di euro 207.952,38, oltre interessi.
La sentenza è stata impugnata da RAGIONE_SOCIALE, che ha dedotto l’errata quantificazione delle prestazioni e la irregolarità delle verifiche effettuate dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per l’esercizio 2005, assumendo che l’organo ispettivo aveva operato senza osservare le regole indicate dall’art. 6 del contratto , quanto a procedura seguita e a composizione, e che l’attività svolta non era stata recepita da alcun provvedimento conclusivo adottato da un organo competente ad impegnare l’Amministrazione verso l’esterno; l’appellante ha, altresì, fatto rilevare che i verbali della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE erano stati redatti in data successiva a quella del 30 aprile dell’anno successivo a quello di riferimento e che l’art. 6 del contratto prevedeva che la RAGIONE_SOCIALE doveva procedere ad una verifica a campione delle prestazioni rese in termini di appropriatezza e legittimità e che, in caso di esito negativo delle verifiche, le prestazioni non erano interamente esigibili.
La Corte d’appello di L’Aquila ha respinto il gravame.
Ha rilevato, preliminarmente, che le doglianze relative alla formazione, alla procedura seguita ed alla valutazione della RAGIONE_SOCIALE si risolvevano in censure avverso l’atto amministrativo, come tali rientranti nella giurisdizione del
giudice amministrativo, e che, in ogni caso, esse erano state fatte valere dinanzi al Tribunale amministrativo, che aveva deciso con pronuncia di rigetto della domanda di annullamento dei provvedimenti amministrativi di controllo.
Richiamando l’art. 10 del contratto, che prevedeva che le fatture dovessero essere emesse dopo la verifica della RAGIONE_SOCIALE e che la liquidazione dovesse avvenire per un importo decurtato della quota inesigibile, purché rientrante nel limite massimo di spesa, la Corte ha poi evidenziato che l ‘RAGIONE_SOCIALE , trattandosi di prestazioni rese nell’anno 2005, avrebbe dovuto pagarle entro il 30 aprile 2006, data che non costituiva, tuttavia, un termine decorso il quale i controlli non potevano essere utilmente perseguiti, ma solo il momento in cui, in difetto di controlli negativi, il credito della struttura sanitaria per il residuo corrispettivo diveniva esigibile, restando fermo il diritto della RAGIONE_SOCIALE di ripetere quanto, in esito ai controlli e in qualsiasi momento, fosse risultato non dovuto.
La Corte territoriale ha, inoltre, disatteso tutti i profili di doglianza fatti valere dalla RAGIONE_SOCIALE in merito ai conteggi operati dalla RAGIONE_SOCIALE.
RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione della suddetta decisione, sulla base di quattro motivi.
RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE resistono con autonomi controricorsi.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis . 1. cod. proc. civ.
In prossimità dell’adunanza camerale la ricorrente e le controricorrenti hanno depositato memorie ex art. 380bis .1. cod. proc. civ.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo, la ricorrente denunzia la ‹ violazione delle disposizioni e dei principi in materia di riparto della giurisdizione ossia dell’art. 37 c.p.c., dell’art. 133, comma 1, lett. c) del codice del processo amministrativo in relazione all’art. 360, primo comma, n. 1, cod. proc. civ. ››.
Segnatamente, la società ricorrente contesta alla Corte di merito di avere ritenuto che le censure concernenti la formazione, la procedura seguita e la valutazione della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE fossero riservate alla giurisdizione del giudice amministrativo. Assume che la decisione gravata non si pone in linea con la pronuncia delle Sezioni Unite di queta Corte n. 22233 del 2016, in quanto, nel caso de quo , sono contestati ‹‹ gli atti che dispongono il conguaglio o le trattenute delle somme dovute per le prestazioni rese dalla struttura ›› e il verbale della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE si inserisce nella fase esecutiva del rapporto contrattuale, ‹‹che prende l’avvio, dopo l’autorizzazione e l’accreditame nto (momenti procedimentali di contenuto e natura pubblicistici), con la sottoscrizione, appunto, del contratto con l’A zienda RAGIONE_SOCIALE che definisce il volume delle prestazioni acquistabili per conto del RAGIONE_SOCIALE ›› ; in tale attività -prosegue la ricorrente -non ‹‹ viene in emersione alcun tratto di esercizio di potere pubblico, trattandosi come detto di attività espletata nella fase meramente contrattuale, da ritenersi attribuita alla giurisdizione del giudice ordinario (SSUU n. 22233/2016, cit.) ›› .
Rimarca, quindi, invocando pronunce del giudice amministrativo, che nel procedimento di accertamento del quantum oggetto di contestazione non sono ravvisabili elementi di discrezionalità amministrativa implicanti una valutazione comparativa RAGIONE_SOCIALE interessi pubblici e di quelli privati, ma esclusivamente parametri normativi
predeterminati di cui si contesta la corretta applicazione.
2. Con il secondo motivo, rubricato ‹‹Sull’omesso esame della censura relativa all’illegittima composizione della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e sul valore probatorio del verbale ispettivo redatto dalla RAGIONE_SOCIALE stessa, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.››, la ricorrente lamenta che la corte territoriale avrebbe trasRAGIONE_SOCIALEto di valutare la censura da essa sollevata in ordine alla composizione della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ed alla rilevanza esterna RAGIONE_SOCIALE atti dalla stessa assunti. Sostiene che l’attività di verifica della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE avrebbe potuto acquisire rilevanza solo se fosse stata dimostrata dall’RAGIONE_SOCIALE la conformità di detta attività a quanto previsto dall’art. 6 del contratto 2005 -2007, che dispone che ‹‹ le specifiche funzioni della predetta RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, la composizione (al massimo un terzo dei componenti delle commissioni sarà nominato dai rappresentanti delle strutture) e le modalità operative con cui dovranno essere effettuate le predette verifiche saranno disciplinate con delibera di Giunta RAGIONE_SOCIALE, previa concertazione con le Associazioni di categoria delle strutture erogatrici e/o con le strutture, maggiormente rappresentative, non aderenti a tali associazioni ›› .
Soggiunge che con la deliberazione di Giunta RAGIONE_SOCIALE d’Abruzzo adottata in data 8 marzo 2005, n. 269 era stato approvato il Protocollo d’intesa per le verifiche ispettive, valido per il 2005; nella deliberazione si prevedeva che le verifiche dovessero essere effettuate da tre professionisti, coordinati dal Dirigente del RAGIONE_SOCIALE competente della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, e che ‹‹ gli importi da decurtare saranno oggetto di apposito provvedimento che verrà adottato dal servizio competente della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ›› . Nel caso di specie, l ‘attività della RAGIONE_SOCIALE si era, invece, arrestata ad uno stadio meramente istruttorio, non seguito da un
provvedimento conclusivo adottato da organo competente ad impegnare l ‘ Amministrazione verso l’esterno .
Si duole, pertanto, che il giudice del merito non abbia in alcun modo valutato la conformità dell’attività di verifica svolta dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE al regolamento contrattuale ed ai provvedimenti della Giunta RAGIONE_SOCIALE.
I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto strettamente connessi, sono infondati.
3.1. Costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità che le controversie concernenti ‹‹ indennità, canoni ed altri corrispettivi ›› nei rapporti, qualificabili come concessione di pubblico servizio, tra le RAGIONE_SOCIALE e le case RAGIONE_SOCIALE, riservate alla giurisdizione del giudice ordinario dall’art. 133, co. 1, lett. c) , codice del processo amministrativo, sono sostanzialmente quelle contrassegnate da un contenuto meramente patrimoniale, attinente al rapporto interno tra la P.A. concedente e il concessionario del servizio pubblico, in ordine al quale la contrapposizione tra le parti si presta ad essere schematizzata secondo il binomio ‹‹ obbligopretesa ›› , senza che assuma rilievo un potere d’intervento riservato alla P.A. per la tutela d’interessi generali; mentre, se la controversia esula da tali limiti e coinvolge la verifica dell’azione autoritativa della P.A. sull’intera economia del rapporto concessorio, il conflitto tra la P.A. e il concessionario si configura secondo il binomio ‹‹ potereinteresse ›› e viene attratto nella sfera della competenza giurisdizionale del giudice amministrativo (Cass., sez. U, n. 2294/2014; Cass., sez. U, n. 22094/2015; Cass., sez. U, n. 22646/2016; Cass., sez. U, n. 26200/2019).
Si è, in particolare, chiarito, in punto di giurisdizione, che quando la struttura sanitaria chiede il pagamento o resiste alla pretesa di pagamento di somme da parte dell’amministrazione sanitaria, nella
fase esecutiva del rapporto, la giurisdizione ordinaria in tema di «indennità, canoni ed altri corrispettivi» si estende alle questioni inerenti l’adempimento e l’inadempimento della concessione di servizio pubblico (oltre che di costruzione e gestione di opera pubblica), nonché alle conseguenze indennitarie, vertendosi nell’ambito di un rapporto paritetico tra le parti, ferma restando la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nei casi in cui siano impugnati atti di esercizio di poteri autoritativi tipizzati dalla legge (Cass., sez. U, n. 18267 del 2019), quali sono quelli immediatamente costitutivi, modificativi ed estintivi del rapporto concessorio. L’accertamento dell’adempimento o inadempimento delle obbligazioni assunte e, quindi, dell’effettiva debenza dei corrispettivi in favore del concessionario è, per definizione, vicenda estranea al controllo delle modalità di esercizio del potere amministrativo discrezionale, venendo in rilievo il profilo paritario e meramente patrimoniale del rapporto concessorio, nella contrapposizione delle situazioni giuridiche soggettive obbligo/pretesa ( ex plurimis , Cass., sez. U, 11/06/2001, n. 7861; Cass., sez. U, 04/07/2006, n. 15217 e n. 22661; Cass., sez. U, 12/01/2007, n. 411; Cass., sez. U, 20/06/2012, n. 10149; Cass., sez. U, 27/11/2019, n. 31029).
Detta conclusione è coerente con il decisivo rilievo assunto (a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 204 del 2004) dal riferimento al controllo sul modo di esercizio del potere pubblico in concreto, quale condizione sufficiente ma anche necessaria per radicare la giurisdizione (anche esclusiva) del giudice amministrativo.
Di conseguenza, appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario le controversie che abbiano ad oggetto soltanto l’effettiva debenza dei corrispettivi in favore del concessionario, senza coinvolgere la verifica dell’azione autoritativa della P.A., posto che, nell’attuale sistema sanitario, il versamento del corrispettivo delle
prestazioni rese dai soggetti privati accreditati (e prima, dai soggetti convenzionati) viene effettuato nell’ambito di appositi accordi contrattuali, ben potendo il giudice ordinario direttamente accertare e sindacare le singole voci costitutive del credito fatto valere dal privato (Cass., sez. U, 26/01/2011, n. 1771; Cass., sez. U, 20/06/2012, n. 10149).
Alla stregua di tali premesse, di recente le Sezioni Unite con la sentenza n. 1602 del 19 gennaio 2022, riprendendo principi già espressi con la precedente sentenza n. 31029/19, hanno affermato che appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario, secondo il criterio di riparto fissato dalla sentenza della Corte Cost. n. 204 del 2004 e dall’art. 133, comma 1, lett. c) , c.p.a., le controversie aventi ad oggetto l’esito dei controlli di appropriatezza eseguiti dalle ASL sulle strutture private che erogano prestazioni sanitarie operando in regime concessorio di accreditamento, qualora oggetto della contestazione sia esclusivamente l’esito del controllo, il conseguente accertamento dell’inadempimento della concessionaria rispetto alle obbligazioni derivanti dal rapporto concessorio, le relative richieste pecuniarie ovvero le sanzioni amministrative irrogate; a diversa conclusione deve, invece, pervenirsi quando siano oggetto di contestazione le modalità di esercizio del controllo o la titolarità del potere di controllo da parte dell’amministrazione, poiché in quest’ultimo caso la domanda investe anche l’esercizio di un potere autoritativo.
3.2. Ebbene, nel caso di specie, emerge evidente non solo dalla sentenza impugnata ma dallo stesso ricorso che la struttura sanitaria ha sollevato contestazioni non riguardanti soltanto l’esito delle verifiche espletate dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ma afferenti sia alla composizione della stessa ( che, a suo dire, di fatto contemplava solamente funzionari regionali e della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, senza
prevedere la partecipazione e la concertazione con le case di RAGIONE_SOCIALE ) sia all’ iter procedurale dell’attività ispettiva, con riguardo agli atti posti in essere ( che non possono asseritamente assumere rilevanza esterna in quanto non recepiti da un provvedimento conclusivo adottato da un organo competente ad impegnare l’Amministrazione ).
Trattasi, a ben vedere, di doglianze che fuoriescono dalla giurisdizione del giudice ordinario, perché incentrate sul non corretto esercizio della funzione pubblica ispettiva e, quindi, sulla violazione, da parte della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, nominata dall’RAGIONE_SOCIALE sanitaria, delle regole procedimentali che disciplinano, nell’ambito della Regione Lazio, il controllo sulla congruità delle remunerazioni richieste dalle strutture sanitarie accreditate.
A ciò deve aggiungersi che la Corte territoriale, nel respingere l’eccezione sollevata da RAGIONE_SOCIALE, ha dato atto che quest’ultima ha in effetti già proposto ricorso avverso i provvedimenti adottati in sede di controllo dinanzi al Tribunale amministrativo, che lo ha respinto con sentenza n. 529/2008; detta sentenza è stata poi appellata da RAGIONE_SOCIALE dinanzi al Consiglio di Stato ed il relativo ricorso è stato dichiarato perento con decreto n. 1065 del 2014, cosicché la sentenza di primo grado è ormai divenuta definitiva.
3.3. L’infondatezza del primo motivo non può che comportare il rigetto anche del secondo motivo, considerato che le doglianze relative alla composizione della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ed alla rilevanza esterna RAGIONE_SOCIALE atti assunti da detta RAGIONE_SOCIALE, per le ragioni sopra esposte, sono riservate alla giurisdizione amministrativa e non potevano costituire oggetto di esame da parte del giudice d’appello ; tanto è sufficiente ad escludere il vizio ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.
Con il terzo motivo, deducendo la ‹‹Violazione e falsa e/o
errata applicazione e/o interpretazione del contratto sottoscritto dalla RAGIONE_SOCIALE e la Parte RAGIONE_SOCIALE in data 19 aprile 2005, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.››, la ricorrente sostiene che la Corte d’appello ha respinto il gravame sul presupposto, errato, che ‹‹il 30 aprile dell’anno successivo a quello di esecuzione delle prestazioni non costituisce un termine decorso il quale i controlli non possano essere utilmente proseguiti, ma solo il momento in cui, in difetto di controlli negativi, il credito della struttura sanitaria per il residuo corrispettivo diviene esigibile, fermo restante il diritto della RAGIONE_SOCIALE di ripetere quanto, a seguito di controlli ‘in qualsiasi momento’ eseguiti, si riveli essere un pagamento indebito›› .
A sostegno della censura deduce che:
l’art. 6 del contratto stipulato il 19 aprile 2005 prevedeva espressamente che la RAGIONE_SOCIALE e, per essa, la RAGIONE_SOCIALE, doveva procedere ‹‹ ad una verifica su base campionaria delle prestazioni in termini di appropriatezza e di legittimità ›› ; in caso di esito negativo delle verifiche effettuate, le prestazioni non erano ‹‹ interamente esigibili ››, come meglio specificato al successivo articolo 10;
tale ultimo articolo prevedeva che i pagamenti delle fatture emesse dalla struttura dovevano avvenire in due tranches , l’ultima delle quali entro il 30 aprile dell’anno successivo a quello di competenza;
d alla lettura congiunta dell’art. 6 del contratto con il successivo art. 10 il controllo della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, per essere utilmente opposto alla struttura, doveva avvenire entro e non oltre il 10 aprile dell’anno successivo a quello di competenza, termine entro il quale la RAGIONE_SOCIALE, organo deputato alla liquidazione delle somme dovute, doveva aver provveduto al pagamento delle prestazioni al netto delle
decurtazioni operate dall’organo ispettivo.
Afferma, quindi, che dalla corretta esegesi delle previsioni contrattuali richiamate consegue che, con l’espressione ‹‹ prestazioni non interamente esigibili ›› , le parti avevano inteso definire le prestazioni non interamente ‹‹ remunerabili ›› e che le risultanze delle verifiche eseguite dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non potevano avere alcuna valenza ai fini del disconoscimento del credito da essa preteso, perché tardive, essendo state rese oltre il termine previsto in contratto, stabilito per la remunerazione del saldo, ossia il 30 aprile 2006.
4.1. La censura è inammissibile.
4.2. La ricorrente, con tale mezzo, contesta, in sostanza, l’interpretazione data dal giudice di merito agli artt. 6 e 10 del contratto del 19 aprile 2005.
Deve anzitutto darsi atto che il motivo di ricorso presenta un chiaro difetto di autosufficienza. Ai fini della censura di violazione dei canoni ermeneutici si impone la trascrizione del testo integrale della regolamentazione pattizia del rapporto, o della parte in contestazione, e ciò ancorché la sentenza abbia fatto ad essa riferimento, riproducendone solo in parte il contenuto, qualora ciò non consenta una siRAGIONE_SOCIALE ricostruzione del diverso significato che ad essa il ricorrente pretenda di attribuire (Cass., 03/09/2010, n. 19044; Cass., 12/07/2007, n. 15604; Cass., 07/03/2007, n. 5273; Cass., 22/02/2007, n. 4178; nel senso, sostanzialmente conforme, che ove venga fatta valere la inesatta interpretazione di una norma contrattuale, il ricorrente per cassazione è tenuto, in ossequio al principio dell’autosufficienza del ricorso, a riportare nello stesso il testo della fonte pattizia invocata, al fine di consentirne il controllo al giudice di legittimità, che non può sopperire alle lacune dell’atto di impugnazione con indagini integrative: Cass., sez. 3, 08/03/2019, n.
6735; Cass., sez. L, 11/07/2007, n. 15489).
In secondo luogo, il motivo di impugnazione sollecita un sindacato non consentito in questa sede.
L’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto del negozio si traduce, difatti, in una indagine di fatto, affidata al giudice di merito e censurabile avanti al giudice di legittimità nella sola ipotesi di motivazione inadeguata ovvero di violazione di canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 ss. cod. civ. Pertanto, al fine di far valere una violazione sotto i due richiamati profili, il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamene violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti, non essendo consentito il riesame del merito in sede di legittimità (Cass., sez. 5, 16/01/2019, n. 873; Cass., sez. 1, 15/11/2017, n. 27136; Cass., sez. L, 09/10/2012, n. 17168; Cass., sez. 2, 31/05/2010, n. 13242; Cass., sez. L, 09/08/2004, n. 15381). Ciò in quanto il sindacato di legittimità non può investire il risultato interpretativo in sé, che appartiene all ‘ ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito (Cass., sez. 3, 26/05/2016, n. 10891; Cass., sez. 3, 10/02/2015, n. 2465), né le censure vertenti sull ‘ interpretazione del negozio possono risolversi nella mera contrapposizione tra l ‘ interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, poiché quest ‘ ultima non deve essere l ‘ unica astrattamente possibile ma solo una delle plausibili interpretazioni: sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l ‘ interpretazione poi disattesa dal
giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l ‘ altra (Cass., sez. 1, 27/06/2018, n. 16987; Cass., sez. 3, 28/11/2017, n. 28319).
L a Corte d’appello, partendo dalla premessa che ‹‹ la clausola n. 10 del contratto prevede che le fatture siano messe in pagamento dopo la verifica della RAGIONE_SOCIALE e che la liquidazione delle fatture debba avvenire per un importo decurtato della quota inesigibile, calcolata a seguito di accertata inappropriatezza e/o illegittimità, purché rientrante nel limite massimo di spesa di cui all’allegato 3 del contratto….›› , ha posto in rilievo che ‹‹il controllo dell’appropriatezza e della legittimità delle prestazioni sanitarie rese dalla struttura sanitaria privata è demandato, ai sensi delle clausole 6 e 10 del contratto, alla Struttura controlli e verifiche ispettive della Regione ed alla RAGIONE_SOCIALE ispettiva RAGIONE_SOCIALE, istituita in seno all’RAGIONE_SOCIALE unico acquisti, ‘ in qualsiasi momento’, come testualmente prevede il 3° comma della clausola n. 6 ›› . Da tanto ha poi desunto che il 30 aprile dell’anno successivo a quello di esecuzione delle prestazioni non costituisse un termine oltre il quale non potessero essere utilmente proseguiti i controlli, ma solo il momento in cui, in difetto di esito negativo delle verifiche, la RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto pagare per essere divenuto esigibile il credito della struttura sanitaria.
A fronte di tale interpretazione, non vale proporre soluzioni ermeneutiche alternative, che non si misurano con il dato testuale della clausola n. 6 del contratto, valorizzato dalla Corte d’appello.
Con il quarto motivo si prospetta ‹‹Violazione e falsa applicazione del contratto sottoscritto dalla RAGIONE_SOCIALE e la Parte RAGIONE_SOCIALE in data 19 aprile 2005 (art. 12) in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.››.
La ricorrente sostiene che il giudice d’appello , con riferimento al tariffario applicabile alle prestazioni rese dalla casa RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, avrebbe
erroneamente disatteso la censura da essa fatta valere con cui aveva contestato che la cRAGIONE_SOCIALE ispettiva , in violazione dell’art. 12 del contratto, aveva applicato il tariffario di cui alla delibera di G.R.A. n. 658 del 9 luglio 2007, la quale non si era limitata a recepire il d.m. 12 settembre 2006, ma aveva approvato un documento recante la ‹‹ rimodulazione per le prestazioni ospedaliere ›› , contenente valori tariffari differenti da quelli indicati nel decreto ministeriale del 12 settembre 2006. Soggiunge che il percorso argomentativo del giudice di merito non tiene conto del fatto che la delibera n. 658/2007 non poteva operare retroattivamente con riguardo a prestazioni rese nel 2005.
La censura è inammissibile.
Al di là di quanto evocato in rubrica, essa infatti è sostanzialmente volta a contestare l’interpretazione della clausola contrattuale n. 12 resa dal giudice d’appello , e a sollecitare pertanto un sindacato invero non consentito in sede di legittimità, per le ragioni già esposte al terzo motivo.
Non può d’altro canto sottacersi come l ‘art. 12 del contratto del 19 aprile 2005 disponesse che ‹‹ Il tariffario applicato alle prestazioni di cui al presente contratto è pari al tariffario nazionale vigente, riportato in appendice al presente contratto e costituente sua parte integrante e sostanziale. Nel caso in cui dovesse essere aggiornato il tariffario nazionale -con Decreto del Ministero della Salute -lo stesso si intenderà automaticamente applicato nell’ambito del presente contratto, fatta salva l’invariabilità del budget prefissato di cui all’art. 7 del presente contratto›› .
La Corte territoriale, stante il tenore della clausola, ha osservato che l’aggiornamento delle tariffe era stato disposto con delibera di Giunta RAGIONE_SOCIALE n. 658/2007, successivamente rettificata con delibera n. 833/2007, con la quale la Regione aveva recepito il d.m.
12 settembre 2006, e che tali delibere erano state oggetto di ricorso amministrativo, definitivamente respinto dal Consiglio di Stato con sentenza n. 4141/2011.
Ha, conseguentemente, ritenuto che il tariffario applicabile, in conformità a quanto previsto nell’accordo contrattuale, aveva subito RAGIONE_SOCIALE aggiornamenti, medio tempore intervenuti, esattamente corrispondenti a quelli richiamati in sede di verifica dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE , così escludendo una modifica non concordata dell’accordo contrattuale.
6. All’inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo (anche in considerazione della circostanza che la memoria depositata dall’RAGIONE_SOCIALE non risponde ai requisiti di legge, non contenendo l’ illustrazione delle deduzioni e argomentazioni difensive esposte nel controricorso ma un mero richiamo alle medesime ), seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 5.200,00, di cui euro 5.000,00 per onorari, oltre a spese generali e agli accessori di legge, in favore della controricorrente RAGIONE_SOCIALE; in complessivi euro 6.200,00, di cui euro 6.000,00 per onorari, oltre a spese generali e agli accessori di legge, in favore della controricorrente RAGIONE_SOCIALE
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo
unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione