Sentenza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4639 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 1 Num. 4639 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/02/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 20079/2018 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura RAGIONE_SOCIALE, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO;
-controricorrente – avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte d’appello di Catania n. 581/18, depositata il 12 marzo 2018.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 26 gennaio 2023 dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME convenne in giudizio l’RAGIONE_SOCIALE, per sentir dichiarare illegittimo il decreto n. 687/S4/TUR del 29 aprile 2011, con cui era stata disposta la revoca del contributo di Euro 55.782,00, concesso ai sensi dell’art. 88 RAGIONE_SOCIALE legge regionale 23 dicembre 2000, n. 32 per la realizzazione del RAGIONE_SOCIALE, e per sentir accertare il suo diritto a non restituire la somma percepita.
A sostegno RAGIONE_SOCIALE domanda, l’attore osservò che il requisito RAGIONE_SOCIALE proprietà dell’immobile adibito all’esercizio dell’attività, del quale gli era stata contestata la sopravvenuta carenza, per effetto RAGIONE_SOCIALE donazione da lui effettuata in favore dei genitori, era prescritto soltanto al momento RAGIONE_SOCIALE presentazione RAGIONE_SOCIALE domanda di contributo; aggiunse che l’attività poteva essere esercitata anche in locali non di proprietà, precisando comunque di aver stipulato un contratto di comodato d’uso gratuito.
Si costituì l’RAGIONE_SOCIALE, ed eccepì il difetto di giurisdizione del Giudice ordinario, insistendo sulla legittimità del provvedimento.
1.1. Con sentenza del 28 gennaio 2013, il Tribunale di Catania dichiarò il difetto di giurisdizione del Giudice ordinario.
L’impugnazione proposta dal COGNOME è stata accolta dalla Corte d’appello di Catania, che con sentenza del 12 marzo 2018 ha dichiarato la spettanza RAGIONE_SOCIALE controversia alla giurisdizione del Giudice ordinario, rimettendo le parti dinanzi al Tribunale di Catania.
Premesso che, ai fini del riparto di giurisdizione nelle controversie riguardanti la concessione dei contributi, riveste carattere decisivo l’individuazione RAGIONE_SOCIALE fase in cui si colloca la controversia, spettando al Giudice amministrativo la giurisdizione in ordine alle controversie che si collocano nella fase anteriore
al momento discrezionale di attribuzione del beneficio, ed al Giudice ordinario quella in ordine alle controversie che si collocano nella fase esecutiva del rapporto di sovvenzione, la Corte ha affermato che rientrano in particolare nella cognizione ordinaria le controversie riguardanti il mancato pagamento degli importi dovuti ed i provvedimenti di decadenza o risoluzione per inadempimento degli obblighi posti a carico del concessionario, mentre sono devolute al Giudice amministrativo quelle riguardanti la mancata erogazione o la revoca o il ritiro del beneficio disposti nell’esercizio di poteri di autotutela RAGIONE_SOCIALE Pubblica Amministrazione.
Ciò posto, ha rilevato che nella specie la proprietà dell’immobile era richiesta soltanto al momento RAGIONE_SOCIALE presentazione RAGIONE_SOCIALE domanda di attribuzione del beneficio, non essendo prescritto che il beneficiario dovesse conservarla per tutto il periodo di gestione dell’attività, ed essendo anzi previsto che quest’ultima potesse essere esercitata anche in locali non di proprietà; ha aggiunto che gli obblighi posti a carico del concessionario consistevano esclusivamente nello svolgimento dell’attività per almeno cinque anni dalla data di erogazione del contributo e nella documentazione di almeno cinquanta presenze annue, nonché nella prestazione di una fideiussione bancaria valida per cinque anni; ha rilevato inoltre che l’attore era stato assolto in sede penale dall’imputazione di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, mentre la domanda di condanna proposta nei suoi confronti dal AVV_NOTAIO regionale RAGIONE_SOCIALE Corte dei conti era stata rigettata, proprio a causa RAGIONE_SOCIALE mancata previsione del predetto requisito. Ritenuto pertanto che il provvedimento impugnato non trovasse giustificazione nella perdita di uno dei requisiti previsti dal bando, ma nell’inadempimento di un obbligo di condotta posto a carico del beneficiario, ha concluso che, in assenza di una nuova valutazione comparativa degl’interessi apprezzati in sede di concessione del contributo, la controversia spettava alla giurisdizione ordinaria.
Avverso la predetta sentenza l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo, illustrato anche con memoria. Il COGNOME ha resistito con controricorso, anch’esso illustrato con memoria.
Il ricorso, avviato alla trattazione in camera di consiglio, è stato rimesso alla pubblica udienza con ordinanza interlocutoria del 29 maggio 2023, al fine
di consentire alle parti di fornire chiarimenti in ordine alla questione concernente la mancata riassunzione del giudizio di merito, sollevata dall’RAGIONE_SOCIALE nella memoria depositata ai sensi dell’art. 380bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI RAGIONE_SOCIALE DECISIONE
Preliminarmente, va disattesa l’eccezione di estinzione del processo, sollevata dall’RAGIONE_SOCIALE in relazione alla mancata riassunzione del giudizio di merito dinanzi al Giudice di primo grado, nel termine di cui all’art. 353, secondo comma, cod. proc. civ., a seguito RAGIONE_SOCIALE dichiarazione RAGIONE_SOCIALE spettanza RAGIONE_SOCIALE controversia alla giurisdizione dell’Autorità giudiziaria ordinaria.
Non può infatti condividersi la tesi sostenuta dalla difesa erariale nella memoria di cui all’art. 380bis .1 cod. proc. civ., secondo cui l’inosservanza del predetto termine avrebbe comportato l’estinzione dell’intero giudizio di merito, ai fini RAGIONE_SOCIALE quale non assumerebbe alcun rilievo la circostanza che la Corte territoriale abbia indicato, quale data di decorrenza, quella del passaggio in giudicato RAGIONE_SOCIALE sentenza di appello, anziché quella RAGIONE_SOCIALE notificazione RAGIONE_SOCIALE stessa, effettuata il 27 aprile 2018. E’ pur vero che l’indicazione contenuta nella sentenza impugnata, contrastante con il disposto dell’art. 353, secondo comma, cod. proc. civ., risulta inidonea a determinare un differimento RAGIONE_SOCIALE decorrenza del termine, giacché, come costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, la notificazione costituisce un atto formale che non ammette equipollenti, e il giudice non può abbreviare né prorogare i termini perentori fissati dalla legge, ai sensi dell’art. 153 cod. proc. civ. (cfr. Cass., Sez. VI, 6/04/2016, n. 6622; Cass., Sez. II, 7/06/2011, n. 12298; 5/ 06/2007, n. 13160). Peraltro, qualora sia proposto, come nella specie, ricorso per cassazione avverso la sentenza d’appello che abbia riformato la sentenza di primo grado, dichiarando che il giudice ordinario ha sulla causa la giurisdizione negata dal primo giudice, il termine previsto dal secondo comma per la riassunzione del giudizio dinanzi al giudice di primo grado resta interrotto, ai sensi del terzo comma dell’art. 353 cod. proc. civ., e ricomincia a decorrere soltanto a seguito RAGIONE_SOCIALE definizione del giudizio di legittimità (cfr. Cass., Sez. III, 21/06/1991, n. 7016).
Con l’unico motivo d’impugnazione, l’RAGIONE_SOCIALE denuncia la viola-
zione o la falsa applicazione dell’art. 88 RAGIONE_SOCIALE legge regionale n. 32 del 2000 e dell’art. 77 RAGIONE_SOCIALE legge regionale 16 aprile 2003, n. 4, censurando la sentenza impugnata per aver ritenuto che la proprietà dell’immobile adibito all’esercizio dell’attività fosse richiesta soltanto nella fase genetica del rapporto concessorio, e non anche per tutta la durata del periodo minimo di attività garantito dalla fideiussione. Premesso che la disciplina in esame dev’essere interpretata restrittivamente, introducendo una deroga al divieto di aiuti di RAGIONE_SOCIALE, osserva che la ratio delle predette disposizioni consiste nell’incentivare la ricettività turistica a conduzione familiare, consentendo ai proprietari di immobili sovradimensionati rispetto alle proprie esigenze di trarne un utile economico attraverso la concessione di provvidenze per l’esecuzione d’interventi di adeguamento all’attività di bed & breakfast ; precisato quindi che non possono beneficiare di tali provvidenze le iniziative imprenditoriali che non coinvolgano direttamente i proprietari, ma vengano realizzate attraverso la gestione di un’azienda costituita da beni altrui, rileva che tale opinione trova conferma nel bando per l’attribuzione dei contributi, che agli artt. 3 e 6, comma secondo, richiede espressamente la titolarità dell’immobile da parte del richiedente, ed all’art. 3, comma ottavo, prevede la revoca del contributo, in caso di perdita di uno dei requisiti prescritti per la fase genetica del rapporto di concessione.
2.1. Il motivo è infondato.
In tema di contributi e sovvenzioni pubbliche, questa Corte ha costantemente affermato che, ai fini del riparto di giurisdizione nelle relative controversie, occorre distinguere, in linea di principio, tra la fase procedimentale anteriore alla concessione del beneficio, nella quale si provvede alla valutazione dell’ an , del quid e del quomodo dell’erogazione, e quella successiva, riguardante l’esecuzione del rapporto di sovvenzione: mentre nella prima fase la Pubblica Amministrazione è chiamata ad esercitare un potere discrezionale, procedendo alla ponderazione degl’interessi pubblici e privati coinvolti nella vicenda in relazione all’interesse primario avuto di mira dalla legge, con la conseguenza che il richiedente è titolare di una posizione di interesse legittimo, tutelabile dinanzi al Giudice amministrativo, nella seconda fase occorre procedere alla verifica dell’adempimento degli obblighi imposti con il provve-
dimento di attribuzione, rispetto alla quale il richiedente è titolare di un diritto soggettivo, azionabile dinanzi al Giudice ordinario (cfr. Cass., Sez. Un., 12/ 04/2019, n. 10377; 21/01/2014, n. 1132; 20/07/2011, n. 15867). E’ stato tuttavia precisato che a tale criterio fa eccezione l’ipotesi in cui il finanziamento sia riconosciuto direttamente dalla legge, ed alla Pubblica Amministrazione sia demandato soltanto il compito di verificare la sussistenza dei relativi presupposti, senza procedere ad alcun apprezzamento discrezionale, dovendosi in tal caso riconoscere, anche con riguardo alla prima fase, la sussistenza di un diritto soggettivo perfetto, che consente al richiedente di agire dinanzi al Giudice ordinario, per ottenere il riconoscimento del beneficio illegittimamente negatogli dall’Amministrazione (cfr. Cass., Sez. Un., 17/07/2018, n. 19042; 29/03/2017, n. 8115; 7/01/2013, n. 150; 13/10/2011, n. 21062). I medesimi principi sono stati ritenuti applicabili anche in riferimento all’impugnazione del provvedimento di revoca del contributo, essendo stato affermato che la controversia concerne una posizione di diritto soggettivo, e spetta pertanto alla giurisdizione del Giudice ordinario, tutte le volte in cui l’Amministrazione abbia inteso far valere la decadenza del beneficiario dal contributo in ragione dell’inosservanza da parte RAGIONE_SOCIALE stesso di obblighi al cui adempimento la legge o il provvedimento condizionano l’erogazione, mentre riguarda una posizione d’interesse legittimo, ed è pertanto devoluta alla giurisdizione del Giudice amministrativo, allorché la mancata erogazione del beneficio, pur oggetto di uno specifico provvedimento di attribuzione, sia dipesa dall’esercizio di poteri di autotutela dell’Amministrazione, che abbia inteso annullare il provvedimento per vizi di legittimità o revocarlo per contrasto originario con l’interesse pubblico (cfr. Cass., Sez. Un., 30/07/2020, n. 16457; 1/02/2019, n. 3166). Nella medesima ottica, è stato chiarito che spetta alla giurisdizione del Giudice ordinario la controversia in cui, sul fondamento RAGIONE_SOCIALE normativa che disciplina la specifica sovvenzione, il privato richieda il riconoscimento di un contributo pubblico, prima concesso e successivamente revocato, qualora l’intervento dell’Amministrazione abbia avuto ad oggetto, in sede di revoca, soltanto la verifica RAGIONE_SOCIALE mancata ricorrenza di condizioni predeterminate dalla legge, nell’assenza di valutazioni discrezionali in ordine alla sussistenza di un interesse pubblico alla concessione del contributo, dovendo in tal caso essere
riconosciuta al privato, avverso gli atti adottati dall’Amministrazione, una posizione di diritto soggettivo (cfr. Cass., Sez. Un., 18/07/2008, n. 19806; Cass., Sez. I, 23/10/2018, n. 26877).
A tali principi, che il Collegio condivide ed intende ribadire anche in questa sede, si è correttamente attenuta la sentenza impugnata, la quale, rilevato che sia il bando di concorso che le leggi regionali n. 32 del 2000 e n. 4 del 2003 non prevedevano, tra i requisiti per l’assegnazione del contributo, la conservazione RAGIONE_SOCIALE proprietà dell’immobile per tutto il periodo di gestione dell’attività, consentendone espressamente l’esercizio anche in locali di proprietà di terzi, ha ritenuto che la revoca del beneficio trovasse giustificazione non già nella perdita di uno dei requisiti prescritti dal bando, ma nell’inadempimento di un obbligo di condotta posto a carico del concessionario, cioè in un evento attinente alla fase esecutiva del rapporto, il cui riscontro non richiedeva una rinnovata valutazione degl’interessi già apprezzati in sede di concessione del contributo, ed ha pertanto concluso per la spettanza RAGIONE_SOCIALE controversia alla giurisdizione del Giudice ordinario.
A conclusioni non diverse, in punto di riparto RAGIONE_SOCIALE giurisdizione, la Corte territoriale sarebbe d’altronde dovuta pervenire, sulla base dei principi dianzi richiamati, anche laddove, conformemente all’interpretazione del bando e RAGIONE_SOCIALE disciplina di legge prospettata dalla difesa erariale, avesse ritenuto che la conservazione RAGIONE_SOCIALE proprietà dell’immobile per tutto il periodo di gestione dell’attività ricettiva costituisse non già un obbligo imposto al beneficiario del contributo, ma un requisito prescritto per la concessione di quest’ultimo: in quanto obbiettivamente riscontrabile sulla base di elementi non richiedenti una nuova ponderazione degl’interessi pubblici e privati sottesi alla vicenda amministrativa, il venir meno di tale requisito non poteva essere considerato oggetto di una valutazione discrezionale dell’RAGIONE_SOCIALE, a fronte RAGIONE_SOCIALE quale fosse configurabile una posizione d’interesse legittimo del beneficiario, configurandosi piuttosto come un evento suscettibile di immediata verifica attraverso il confronto con le disposizioni di legge e del bando, con la conseguenza che, rispetto al relativo accertamento, la posizione del beneficiario sarebbe stata ugualmente qualificabile come diritto soggettivo, e la relativa controversia sarebbe stata comunque devoluta alla giurisdizione del Giudice ordina-
NOME.
Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo.
Trattandosi d’impugnazione proposta da un organo RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEna, che ai sensi dell’art. 1 RAGIONE_SOCIALE legge regionale 22 marzo 1952, n. 6 fruisce RAGIONE_SOCIALE stesso trattamento tributario previsto per le Amministrazioni RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, ivi compresa la prenotazione a debito del contributo unificato, prevista dallo art. 158 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, non trova applicazione nella specie l’art. 13, comma 1quater , del medesimo d.P.R., inserito dall’art. 1, comma diciassettesimo, RAGIONE_SOCIALE legge 24 dicembre 2012, n. 228.
P.Q.M.
rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma il 9/11/2023