Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 31843 Anno 2024
Civile Ord. Sez. U Num. 31843 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3670/2024 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in Roma GINDIRIZZO Palestrina INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CONSIGLIO DI STATO ROMA n. 9196/2023 depositata il 24/10/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa
1. – RAGIONE_SOCIALE, concessionaria dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli per il servizio di attivazione e conduzione operativa della rete per la gestione telematica del gioco lecito con vincite in denaro mediante apparecchi, ai sensi dell’articolo 110, comma 6, TULPS, ricorre per motivi di giurisdizione, nei confronti dell’Agenzia della Dogane e dei Monopoli, contro la sentenza del 21 ottobre 2023 con cui il Consiglio di Stato, provvedendo in riforma di sentenza resa tra le parti dal Tar, ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sulla domanda spiegata dall’odierna ricorrente e volta all’annullamento della nota 5 agosto 2013 dell’Agenzia della Dogane e dei Monopoli, nota che, disattendendo le osservazioni presentate dalla stessa concessionaria, aveva confermato una ingiunzione di pagamento di un importo correlato all’eccedenza nel numero di apparecchi complessivamente installati presso gli esercizi di gioco rispetto al contingente massimo fissato con precedenti provvedimenti, in tal modo facendo però illegittima applicazione, secondo la stessa originaria ricorrente, dell’articolo 1, comma 81, lettera f), della legge n. 220 del 2010, che, per gli apparecchi risultati in soprannumero e non attribuibili ad alcun concessionario, contempla un meccanismo di ripartizione degli oneri economici fondato sulla responsabilità collettiva ed oggettiva di tutti gli operatori presenti in ciascun esercizio.
-L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli resiste con controricorso. La ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
– Il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 133, comma 1, lettera c), del codice del processo amministrativo.
A dire della parte ricorrente, il Consiglio di Stato, nel negare la giurisdizione del giudice amministrativo, sul rilievo che la controversia non involgesse la legittimità di atti amministrativi espressione di pubblici poteri, ma concernesse meri diritti patrimoniali collocati nella fase paritetica del rapporto, sarebbe incorso in un errore palese, trattandosi per contro di vicenda caratterizzata proprio dall’esercizio di un atto autoritativo esplicativo di una potestà pubblicistica valutativo-discrezionale: la parte ricorrente, difatti, aveva contestato all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli l’attivazione del meccanismo di ripartizione degli oneri di cui alla lettera f) dell’articolo 1, comma 81, della legge n. 220 del 2010, senza aver previamente verificato, doverosamente, quali concessionari, dopo il raggiungimento della soglia numerica di nulla-osta consentiti, avessero installato ulteriori apparecchi in ciascun esercizio.
L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli avrebbe cioè dato attuazione al dettato normativo esercitando in modo scorretto il potere demandato dalla legge alla amministrazione concedente, applicando la citata disposizione di cui alla lettera f), senza avere effettuato la ricognizione prescritta dalla lettera a) del medesimo articolo 1, comma 81, ricognizione che avrebbe consentito di individuare i reali responsabili della collocazione, in ciascun singolo esercizio, di apparecchi in sovrannumero. La domanda spiegata dinanzi al giudice amministrativo, dunque, si fondava sulla deduzione di vizi tipici dell’esercizio di poteri autoritativi, quali violazione e falsa applicazione di legge, nonché difetto di istruttoria. In sintesi, secondo la parte ricorrente, il Consiglio di
Stato, che pure aveva correttamente illustrato, in premessa, i criteri di riparto in astratto utilizzabili, li avrebbe poi malamente applicati.
Si sostiene dunque, con riguardo alle concessioni di pubblici servizi, che, quando la domanda azionata sollecita la verifica della legittimità dell’azione autoritativa della pubblica amministrazione sul rapporto concessorio sottostante, ovvero quando investe l’esercizio di poteri discrezionali valutativi e non semplicemente l’accertamento tecnico di presupposti fattuali, la relativa cognizione sia attratta nella sfera della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Non potrebbe perciò dirsi sussistente la giurisdizione del giudice ordinario in materia di concessioni di pubblici servizi laddove la controversia presupponga la verifica della conformità a diritto dell’attività autoritativa posta in essere dalla pubblica amministrazione produttiva di effetti sull’equilibrio economico del rapporto concessorio.
Nel caso di specie, secondo la parte ricorrente, la scelta dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di addebitare l’onere economico derivante dalla presenza di apparecchi adespoti in sovrannumero, pro quota , a tutti i concessionari titolari di apparecchi attivi presso un certo esercizio di gioco, avrebbe costituito il risultato di una azione autoritativa arbitraria, la quale non trovava fondamento in alcuna previsione normativa, avendo l’ente pretermesso l’espletamento dell’attività diretta ad accertare la riconducibilità ai singoli concessionari della responsabilità per la installazione degli apparecchi eccedentari.
Nel finale del ricorso la parte ricorrente evidenzia altresì che il Consiglio di Stato ha respinto altri appelli proposti dall’amministrazione in casi sovrapponibili, nei quali l’eccezione di difetto di giurisdizione non era stata però formulata, ponendo in risalto, in tali decisioni, la pluralità di opzioni interpretative possibili del precetto dettato dalla lettera f) del citato comma 81: il che
confermerebbe ulteriormente il carattere discrezionale dell’operato della pubblica amministrazione sulla base di quanto ivi previsto.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4. – Il ricorso va respinto.
4.1. – Premesso che, ai fini del riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, occorre aver riguardo al petitum sostanziale, che va identificato soprattutto in funzione della causa petendi , ossia dell’intrinseca natura giuridica della posizione dedotta in giudizio (tra le tante a mero titolo di esempio Cass., sez. un., 25 giugno 2010, n. 15323; Cass., sez. un., 11 ottobre 2011, n. 20902; Cass., sez. un., 15 settembre 2017, n. 21522, Cass, sez. un, 26 ottobre 2017, n. 25456; Cass., sez. un., 31 luglio 2018, n. 20350; Cass, sez. un, 19 novembre 2019, n. 30009), occorre ancora rammentare, in generale, che, ai sensi dell’articolo 133, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, la giurisdizione del giudice ordinario, riguardante le indennità, i canoni e altri corrispettivi, nella fase esecutiva del contratto di concessione, ha ampia latitudine, giacché si estende a tutte le questioni connesse all’adempimento e all’inadempimento delle obbligazioni derivanti dalla concessione, ivi comprese le conseguenze risarcitorie, vertendosi nell’ambito di un rapporto paritetico tra le parti, ferma restando la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nei casi in cui la pubblica amministrazione eserciti poteri autoritativi tipizzati dalla legge (p. es., riguardo a diverse fattispecie, Cass., sez. un, 9 febbraio 2023, n. 4012; Cass. sez. un., 12 gennaio 2021, n. 254; Cass., sez. un., 17 dicembre 2020, n. 28973; Cass., sez. un., 19 novembre 2020, n. 26390; Cass., sez. un., 26 ottobre 2020, n. 23418; Cass., sez. un., 18 giugno 2020, n. 11867; Cass., sez. un., 8 luglio 2019, n. 18267;
Cass., sez. un., 18 dicembre 2018, n. 32728; Cass, sez. un., 29 marzo 2023, n. 8947).
Quanto all’esercizio dei menzionati poteri autoritativi collocati nella fase esecutiva del rapporto, queste Sezioni Unite hanno in particolare già avuto modo di chiarire che «le controversie relative alla fase esecutiva delle concessioni di servizi, successivamente all’aggiudicazione … sono devolute al giudice ordinario, al quale spetta di giudicare sugli adempimenti (e sui relativi effetti) con indagine diretta alla determinazione dei diritti e degli obblighi dell’amministrazione e del concessionario e di valutare, in via incidentale, la legittimità degli atti amministrativi incidenti sulla determinazione del corrispettivo; resta ferma la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nei casi in cui l’amministrazione, seppure successivamente all’aggiudicazione definitiva, intervenga con atti autoritativi incidenti direttamente sulla procedura di affidamento, mediante esercizio del potere di annullamento d’ufficio o di eventuali altri poteri riconosciuti dalla legge, o comunque adotti atti autoritativi in un procedimento amministrativo disciplinato dalla legge n. 241 del 1990, oltre che nei casi tassativamente previsti» (Cass., sez. un., 18 dicembre 2018, n. 32728).
4.2. – L’articolo 1, comma 81, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato», stabilisce – limitando la trascrizione della lunga disposizione all’indispensabile per i fini di questa decisione quanto segue:
«Al fine di un più efficace contrasto del gioco illecito e dell’evasione fiscale nel settore del gioco, l’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato … realizza nell’anno 2011 un programma straordinario di almeno trentamila controlli in materia di giochi
pubblici, con particolare riferimento ai settori del gioco on line , delle scommesse nonché del gioco praticato attraverso apparecchi da intrattenimento e divertimento; in relazione a quest’ultimo, in particolare, il programma dei controlli ha l’obiettivo:
di realizzare … l’accurata ricognizione della distribuzione sul territorio degli apparecchi … al fine di identificare: 1) il numero e la tipologia dei singoli apparecchi presenti in ciascun esercizio …; 2) la titolarità di ciascun esercizio …; 3) la titolarità, il possesso ovvero la detenzione a qualsiasi titolo di ciascun apparecchio …; 4) la riferibilità di ciascun apparecchio alla rete del corrispondente concessionario per la raccolta del gioco;
conseguentemente, di identificare quali e quanti apparecchi risultino installati in ciascun esercizio commerciale … in eccedenza rispetto ai parametri numericoquantitativi già stabiliti …;
di prevedere che ciascun concessionario fornisca all’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, anche senza previa richiesta da parte della stessa, tutti i dati, i documenti e le informazioni utili ai fini della ricognizione;
di consentire a ciascun concessionario … di mantenere installati negli esercizi commerciali … gli apparecchi che risultano in eccedenza … previo pagamento … di una somma mensile pari a euro 300 …;
e) …;
di ripartire fra tutti i concessionari per la raccolta del gioco attraverso apparecchi … in proporzione percentuale al numero di apparecchi che agli stessi risultano formalmente riferibili in relazione al numero dei nulla osta rilasciati, il pagamento delle somme di cui alla lettera d) per gli apparecchi che, all’esito della ricognizione, risultano in eccedenza ma non riferibili a un singolo concessionario …;
g) …;
h) …;
i) …;
l) …».
4.3. – In breve, dunque, la norma, in un quadro certamente diretto, nel suo complesso, alla realizzazione di un interesse pubblicistico, quale il «più efficace contrasto del gioco illecito e dell’evasione fiscale nel settore del gioco», impone all’amministrazione di censire gli apparecchi destinati al gioco, così da identificare quelli in eccedenza, riferibili a ciascun concessionario, al quale è però riconosciuta la facoltà di conservarli, dietro pagamento di un importo predeterminato nella misura di 300 euro mensili per ciascuna macchina. Detto importo – è decisivo sottolineare – rientra senz’altro entro la nozione di indennità, canoni e altri corrispettivi, cui si riferisce l’articolo 133, comma 1, lettera c), del codice del processo amministrativo: il che è reso manifesto dalla inequivoca formulazione del dato normativo, che ricollega l’obbligazione di pagamento dell’importo di 300 euro mensili non già, su un piano sanzionatorio, all’impiego, in sé considerato, di apparecchi esorbitanti dal consentito, bensì all’esercizio della facoltà di proseguire nella loro utilizzazione dietro, per l’appunto, il pagamento di un corrispettivo. Quantunque la norma sia nel suo complesso diretta al perseguimento di una finalità di interesse pubblicistico, è dunque la libera determinazione del concessionario di non rimuovere gli apparecchi in esubero a determinare il sorgere dell’obbligazione di pagamento della somma detta.
Solo nell’ipotesi in cui non sia possibile ricondurre gli apparecchi in eccedenza al singolo concessionario scatta per legge, ex articolo 1173 c.c., ultima parte, in via residuale e suppletiva, il congegno previsto dalla lettera f), con conseguente addebito dell’importo
menzionato, indistintamente, a tutti i concessionari interessati, secondo il criterio normativamente stabilito.
4.4. – Va per completezza ricordato, tenuto conto degli argomenti svolti in ricorso, infine, che il comma 81, nella parte non trascritta, in particolare alla lettera g), prevede l’adozione, all’esito del censimento di cui si è detto, di un nuovo provvedimento, che qui come si diceva non viene direttamente in questione, volto alla determinazione, a regime, dei parametri numerico-quantitativi per l’installazione, in ciascun esercizio commerciale, degli apparecchi da gioco in quantità congrua. E cioè, la previsione della facoltà del concessionario di continuare ad utilizzare gli apparecchi in eccedenza è limitata ad una fase transitoria, fino al completamento del censimento degli apparecchi, ed alla conseguente adozione dell’apposito nuovo provvedimento diretto alla determinazione della quantità di apparecchi da installare. Dopo di che, alle lettere h), i) ed l), il comma 81 stabilisce che, dopo l’adozione del nuovo provvedimento, gli apparecchi in eccedenza vanno eliminati, senza ulteriori alternative, pena la rimozione forzata e l’addebito di sanzioni pecuniarie.
Riassumendo:
-) nella fase transitoria, una volta che l’amministrazione abbia censito gli apparecchi, l’individuato concessionario che ne utilizzi in eccedenza può, a propria scelta, mantenerne l’impiego dietro il pagamento di 300 euro mensili per macchina;
-) viceversa nel caso in cui non sia stato possibile attribuire ciascun apparecchio in eccedenza a ciascun concessionario, tutti sono tenuti al pagamento con la modalità di calcolo previste alla lettera f) del comma 81;
-) nella fase a regime, successiva all’adozione del nuovo provvedimento la facoltà in discorso viene meno e gli apparecchi in esubero devono essere ineluttabilmente rimossi sotto comminatoria di sanzioni.
4.5. – Orbene, è palese la netta cesura che, nell’ambito della previsione dettata dal comma 81, separa la fase transitoria da quella a regime successiva al censimento delle macchine ed alla adozione del nuovo provvedimento concernente il numero delle macchine da installare per ciascun esercizio:
-) nella prima fase il mantenimento degli apparecchi in sovrannumero dietro pagamento del corrispettivo di 300 euro mensili non possiede, come si diceva, alcuna caratura sanzionatoria, e non avrebbe senso che la possedesse, per l’ovvia considerazione che l’esigenza del censimento finalizzato al riassetto del numero degli apparecchi da gioco collocabili in ciascun esercizio testimonia l’inadeguatezza, se non altro sopravvenuta, dei pregressi parametri numerico-quantitativi già stabiliti coi decreti dirigenziali dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, destinati ad essere aggiornati, e cioè sostituiti dal nuovo provvedimento previsto alla lettera g) del comma 81;
-) in questa fase, transitoria, l’intervento sanzionatorio, nell’ottica del perseguimento dell’interesse pubblicistico avuto di mira dalla norma, non è rivolto contro il mantenimento degli apparecchi in sovrannumero, sovrannumero suscettibile di venir a cadere, di rivelarsi non più attuale, superato, con il nuovo decreto, ma, alla luce di una logica ben chiara, contro il diniego di collaborazione allo svolgimento dell’attività di censimento nei riguardi dei concessionari che non forniscano i dati, i documenti e le informazioni previste, secondo quanto stabilito dalla lettera e) della norma in esame;
-) viceversa, nella fase a regime, una volta stabiliti i limiti entro i quali installare gli apparecchi, l’osservanza di detti limiti diviene cogente ed è garantita da un coerente apparato sanzionatorio.
Sarebbe perciò un errore voler desumere una qualche connotazione sanzionatoria del pagamento dei 300 euro di cui si è detto per il mantenimento delle macchine in sovrannumero dal carattere
certamente sanzionatorio connesso alla violazione del numero delle apparecchiature collocabili per ciascun esercizio successivamente all’adozione del nuovo decreto.
È allora da tenere per fermo, come esattamente osservato dal Consiglio di Stato, che l’esborso dell’importo di 300 euro mensili per macchina in eccedenza sul consentito, a carico del concessionario che non intenda privarsene, possiede una natura chiaramente corrispettiva.
4.6. – Richiamati i principi da applicare e la normativa posta a presidio della materia, va da sé che, in ossequio al parametro del petitum sostanziale, debba essere rigettato il ricorso e confermata la giurisdizione del giudice ordinario, già ritenuta dal Consiglio di Stato.
4.6.1. – Nel caso di specie, non v’è alcun dubbio – è in altri termini pacifico – che la controversia si collochi a valle del contratto di concessione.
E si è già visto che il pagamento dell’importo di 300 euro mensili per apparecchio, a mo’ di corrispettivo, è in via di principio ricollegato alla scelta del concessionario, collocata nella fase paritetica del rapporto, di continuare ad utilizzare gli apparecchi eccedentari: e rgo , il concessionario ha in questa fase un vero e proprio diritto soggettivo a continuare ad utilizzare gli apparecchi in eccedenza dietro pagamento della somma prevista, senza che competa all’amministrazione alcuno spazio per l’esercizio di potestà pubblicistiche discrezionali: essendo essa per converso semplicemente tenuta ad effettuare gli accertamenti elencati dalla disposizione, prendendo atto dell’eventuale esercizio del diritto del concessionario di conservare l’utilizzazione degli apparecchi in eccedenza, senza che sia prevista in proposito alcuna ponderazione di interessi sulla base di valutazioni discrezionali rimesse all’amministrazione.
4.6.2. -Né il radicamento della giurisdizione del giudice amministrativo potrebbe discendere, come vorrebbe la parte ricorrente, dalla circostanza che l’amministrazione abbia fatto valere la succedanea obbligazione di fonte legale siccome prevista alla lettera f) del comma 81 senza previamente procedere agli accertamenti di cui alla lettera a). Come si è detto poc’anzi, infatti, permane la giurisdizione del giudice amministrativo, anche a valle della stipulazione del contratto di concessione, ove la pubblica amministrazione eserciti poteri autoritativi tipizzati dalla legge: ma, nel caso di specie, è la stessa parte ricorrente ad aver fondato la propria domanda sull’assunto che l’amministrazione abbia posto in essere una azione autoritativa arbitraria, priva di fondamento in alcuna previsione normativa.
Anche sotto tale profilo, allora, non vi è alcun dubbio che il petitum sostanziale dedotto in giudizio consista nell’accertamento negativo del diritto dell’amministrazione di esigere il pagamento della somma richiesta: i.e. la controversia verte su canoni, indennità ed altri corrispettivi.
4.6.3. – Infine, resta da dire che, ovviamente, non rileva che, in altri casi in cui il difetto di giurisdizione non risultava eccepito in appello, il Consiglio di Stato non lo abbia dichiarato, giacché in mancanza di specifica censura non poteva farlo.
Né rileva che nelle sentenze rese in tali casi il giudice amministrativo abbia scrutinato diverse possibili letture, sul piano dell’individuazione dei criteri tecnici del riparto del dovuto, del dettato della lettera f) del comma 81, dovendosi senz’altro condividere l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui la pluralità di letture pone comunque una questione interpretativa concernente l’applicazione di un criterio predeterminato dalla legge per la ripartizione e quantificazione di un’obbligazione pecuniaria da adempiere a titolo di corrispettivo maturato nello svolgimento e, quindi, nella fase esecutiva di una
concessione di pubblici servizi e, come tale, rientrante nell’ambito dei profili riservati dall’articolo 133, comma 1, lettera c), al sindacato del giudice ordinario.
5. – La domanda ha in definitiva ad oggetto l’insussistenza dell’obbligazione di pagamento reclamato dall’amministrazione, senza che venga in questione l’esercizio di poteri autoritativi discrezionali, normativamente previsti. Il ricorso è rigettato ed è confermata la giurisdizione del giudice ordinario.
PER QUESTI MOTIVI
rigetta il ricorso, conferma giurisdizione del giudice ordinario e condanna la parte ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio, liquidate in complessivi € 6000, oltre spese prenotate a debito. Ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater , dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, se dovuto, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis .
Così deciso in Roma, il 17 settembre 2024.