Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 26269 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 26269 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28258/2020 R.G. proposto da :
AZIENDA RAGIONE_SOCIALE BARI, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME COGNOME rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE e COGNOME NOME (MSC CODICE_FISCALE);
-controricorrente e ricorrente incidentale- avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO DI BARI n. 1630/2020 depositata il 25/09/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/07/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione del 30 marzo 2009, la società RAGIONE_SOCIALE ha chiamato in giudizio l’ASL della Provincia di Bari, dinanzi al Tribunale di Bari, deducendo: di essere stata autorizzata dall’ASL a installare e mantenere sin dal 2003 nei suoi presidi sanitari distributori automatici di bevande e alimenti; che con due telegrammi, rispettivamente del 10 dicembre 2008 e del 29 dicembre 2008, era stato intimato il distacco elettrico e l’asportazione dei distributori, che veniva poi eseguito. Chiedeva accertarsi la illegittimità della revoca dell’autorizzazione e dell’interruzione del rapporto, dichiarandosi il diritto della società di mantenere l’installazione dei distributori di bevande e condannandosi l’Azienda alla reinstallazione e al risarcimento dei danni.
Il Tribunale di Bari ha dichiarato il difetto di giurisdizione del Giudice ordinario in favore del Giudice amministrativo.
La società ha proposto appello, chiedendo accertarsi la giurisdizione del Giudice ordinario.
La Corte d’appello di Bari, in accoglimento dell’appello, ha rilevato che la ditta era stata autorizzata -a seguito di una transazione tra le parti -alla installazione dei distributori in via provvisoria, fino all’espletamento di regolare procedura di gara, e che la gara era stata successivamente indetta ma sospesa, e ha ritenuto che non poteva ritenersi verificata la condizione per la caducazione della autorizzazione provvisoria; ha quindi ritenuto sussistente la giurisdizione del Giudice ordinario, sul rilievo che era prevalente la domanda risarcitoria rispetto a quella di condanna al ripristino dei distributori automatici, trattandosi di una controversia in materia di
servizi pubblici, ove il privato lamentava un mero inadempimento contrattuale.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la ASL di Bari, affidandosi a due motivi; la società ha presentato controricorso, con un motivo di ricorso incidentale, e ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Preliminarmente, si osserva che la società ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per cassazione ove tale atto possa intendersi nel senso che, mediante esso, sia stato eccepito un difetto di titolarità attiva (in capo alla RAGIONE_SOCIALE) e/o un difetto di titolarità passiva (della ASL). Rileva che in sede di conclusioni, la parte sembra adombrare una sorta di difetto di titolarità attiva del rapporto in capo alla RAGIONE_SOCIALE, laddove chiede di « accogliere il primo motivo del presente ricorso e per l’effetto cassare la sentenza della Corte d’Appello di Bari n. 1630/2020 dell’8/25 settembre 2020, dichiarando l’insussistenza della giurisdizione del Giudice ordinario sulle domande proposte in primo grado dalla impresa individuale RAGIONE_SOCIALE ove mai ritualmente riproposte in appello da RAGIONE_SOCIALE (p. i.v.a. NUMERO_DOCUMENTO) oggi RAGIONE_SOCIALE » (pag. 23).
2. -L’eccezione è infondata, posto che parte ricorrente non ha sollevato una specifica eccezione di difetto di titolarità attiva e non vi è alcuna specifica deduzione sul fatto che tale questione sia mai stata portata alla attenzione del Giudice di appello; piuttosto, è stata esplicitata una vicenda successoria, e la società precisa in che termini essa è avvenuta e deduce di avere depositato nel giudizio di appello l’atto da cui risulta detta successione. Analogamente, il pre-
teso difetto di legittimazione passiva non è stato esplicitamente eccepito in questa sede, né risulta che sia stato dedotto in sede d’appello.
3. -Con il primo motivo del ricorso si lamenta, ai sensi dell’art. 360 n, 3 c.p.c. la violazione dell’art. 2909 c.c. e degli artt. 99, 112, 324 e 329 c.p.c., degli artt. 3, comma 12, e 30, comma 2, del D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, nonché la violazione degli artt. 5 e 7 della L. 6 dicembre 1971 n. 1034, dell’art. 33 del D.lgs. 31 marzo 1998 n. 80, come sostituito dall’art. 7 della L. 21 luglio 2000 n. 205, nonché dell’art. 244 del D.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, nel testo vigente ratione temporis ; la violazione degli artt. 16 e 17 del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, nonché dell’art. 11, comma 13, del D.lgs. 12 aprile 2006 n. 163. Parte ricorrente deduce che in primo luogo si era formato il giudicato sulla natura del rapporto dedotto in giudizio. Il Giudice di primo grado era giunto alla conclusione che tale rapporto costituiva una concessione di servizio pubblico dopo aver accertato che esso non aveva un oggetto limitato al conferimento degli spazi pubblici dove collocare i distributori automatici, ma comprendeva specificamente anche la gestione di esclusiva del servizio di distribuzione automatica degli alimenti, bevande e altri generi di conforto, dietro il riconoscimento in capo al concessionario del diritto di sfruttamento economico; tale accertamento non era stato contestato nell’appello proposto dalla società, la quale al contrario aveva riconosciuto che si era di fronte a una concessione di pubblici servizi, e quindi sulla natura del rapporto come concessione di pubblici servizi si era formato il giudicato; pertanto, la Corte d’appello di Bari era vincolata da tale qualificazione e non poteva modificarne la ricostruzione. Rileva che nel momento in cui l’impresa aveva proposto le sue domande vi erano tre norme diverse che attribuivano al Giudice amministrativo la giurisdizione esclusiva sulle controversie in materia di concessione di beni e servizi
pubblici, e segnatamente l’art. 5 della legge n. 1034 del 1971, l’art. 7 della stessa legge, l’art. 33 del D.lgs. n. 80 del 1998 e infine l’art. 244 del D.lgs. n.163 del 2006.
Non poteva quindi la Corte d’appello entrare nel merito, perché si trattava di domande che richiedevano tutte una preventiva verifica della validità del contenuto e della durata del rapporto concessorio percorso tra le parti; deduce che la giurisdizione si appartiene al Giudice amministrativo in via esclusiva anche sul risarcimento conseguenziale.
-Con il secondo motivo del ricorso principale si lamenta, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., la violazione di norme di diritto in ordine alle spese, ai sensi degli artt. 91, 92 e 93 c.p.c., osservandosi che in conseguenza dell’accoglimento del motivo di ricorso andrebbe riformulata tutta la disciplina delle spese; che in ogni caso essa ricorrente è stata vittoriosa nel primo grado di giudizio, e che comunque non si poteva disporre la distrazione delle spese per tutti i gradi di giudizio, poiché richiesta solo in appello.
– Con il motivo di ricorso incidentale la società impugna la sentenza di secondo grado laddove ha dichiarato l’inammissibilità della produzione documentale (nota del 3 luglio 2018 del Direttore di area del patrimonio e del Commissario straordinario Asl), perché si tratta di una documentazione sopravvenuta rispetto all’instaurazione del giudizio, e quindi non soggiace al divieto di nova in appello; deduce che il documento è stato formato nel 2018, e dunque successivamente alla proposizione dell’appello, incardinato nel 2016.
-Il primo motivo del ricorso è parzialmente fondato, nei termini di cui appresso.
La Corte d’appello non ha esplicitamente riformato la qualificazione del rapporto come concessione di pubblico servizio: ha piuttosto distinto tra una prima fase, in cui il servizio veniva esple-
tato sulla base di una autorizzazione provvisoria -dopo un accordo transattivo -e quella successiva, che avrebbe dovuto rappresentare la procedura ordinaria, con la indizione di una gara pubblica. Nella sentenza di primo grado (riportata a pag. 4 del ricorso) si legge: « la gestione, in via esclusiva, del servizio di distribuzione automatica di alimenti e bevande e di altri generi di conforto presso il Presidio Ospedaliero di Corato, successivamente esteso anche ai Presidi di Andria, Minervino e della Direzione Generale di INDIRIZZO, è ritenuta « in concreto, di una concessione di un servizio (segnatamente, del servizio contemplato dall’allegato II B al D.Lgs. n. 163/ 2006, cat. n. 17, servizi alberghieri e di ristorazione), la quale presenta le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di servizi, ad eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura del servizio consiste unicamente nel diritto di gestirlo (cfr. l’art. 3 comma 12 del D.lgs. n. 163/2006)». Ed invero, anche questa Corte ha affermato che è ravvisabile un appalto di pubblico servizio laddove il corrispettivo sia pagato direttamente dall’Amministrazione al prestatore del servizio stesso, il quale non ne sopporta il rischio, a differenza del concessionario di servizi, che trae la propria remunerazione dai proventi ricavati dagli utenti ( Cass., Sez. Un., n. 9965/ 2017; Cass., Sez. Un., n. 23155 del 27/08/2024 ).
A fronte di ciò, il Giudice d’appello si concentra non sulla qualificazione del rapporto, ma sul come il rapporto sia sorto e se fosse legittimo revocare l’autorizzazione: « Non possono pertanto condividersi le conclusioni cui è pervenuto il Giudice di prime cure, atteso che, nella fattispecie, vanno distinti i due rapporti: quello iniziale tra la Matarrese e l’ASL BA, basato su di una autorizzazione successiva ad un accordo transattivo, con la quale veniva autorizzata la società appellante a mantenere l’installazione dei distributori automatici, dovendosi ritenere prevalente, in tal caso, l’aspetto autorizzativo alla occupazione dello spazio interno all’ASL ed all’utilizzo
dell’energia elettrica; e quella che dovrebbe rappresentare la procedura ordinaria, che parte con l’indizione della gara pubblica, prosegue con l’espletamento e si conclude con l’affidamento del servizio ristoro in concessione» ; ciò permesso, conclude nel senso che «La semplice indizione, con delibera n. 1958 del 9 dicembre 2008, le cui vicende sono state innanzi ripercorse, non autorizzava la ASL a far venir meno l’autorizzazione comunicando la immediata sospensione dell’erogazione di energia elettrica e la successiva rimozione dei dispositivi di distribuzione». In tal modo, la Corte d’appello non ha in realtà distinto i due rapporti (ammesso che di due rapporti si possa parlare, dato che il secondo, e cioè quello che avrebbe dovuto sorgere in esito a regolare gara, è rimasto puramente ipotetico) sotto il profilo della loro qualificazione, bensì sotto il profilo delle modalità di affidamento del servizio, dal momento che la ritenuta «prevalenza» dell’« aspetto autorizzativo alla occupazione dello spazio interno all’ASL ed all’utilizzo dell’energia elettrica» , non ha però portato alla esplicita affermazione che non si trattasse di pubblico servizio, quanto piuttosto alla affermazione della illegittimità della rimozione. Così facendo, però, la Corte d’appello è entrata nel merito e nell’ambito della giurisdizione del Giudice amministrativo, poiché la concessione di pubblico servizio rientra nella giurisdizione amministrativa esclusiva, e non si discute qui della fase esecutiva del rapporto, ma di quella che ha determinato la concessione (e revoca) del servizio (si veda sul punto Cass., Sez. Un., n. 23155 del 27/08/2024) ed è ad una – asserita -illegittimità di questa revoca che si collega la domanda di risarcimento del danno.
7. -L’accoglimento del primo motivo del ricorso comporta la cassazione della sentenza impugnata e la dichiarazione del difetto di giurisdizione in favore del Giudice amministrativo, innanzi al quale dovrà essere riassunta la causa, e che provvederà anche sulle spese. Di conseguenza il secondo motivo del ricorso è assorbito.
Inammissibile è invece il ricorso incidentale, dal momento che si tratta semplicemente di una sentenza sulla giurisdizione, peraltro favorevole alla parte che ha depositato il documento ritenuto inammissibile. In ogni caso, il motivo non coglie la ragione decisoria, perché la Corte d’appello è ben consapevole che questo documento si è formato nel 2018 e ha ritenuto la tardività non perché sia stato depositato in appello, ma perché è stato depositato in uno alla comparsa conclusionale.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo del ricorso principale, dichiara assorbito il secondo ed inammissibile il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e dichiara il difetto di giurisdizione del Giudice ordinario in favore del Giudice amministrativo innanzi al quale dovrà essere riassunta la causa nei termini di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P .R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 09/07/2025. Il Presidente NOME COGNOME