Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 5093 Anno 2025
Civile Ord. Sez. U Num. 5093 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso scritto al NRG 9897 del 2024 per regolamento di giurisdizione d’ufficio proposto da:
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA SICILIA, SEZ. DISTACCATA DI CATANIA, con ordinanza n. 1597/2024 depositata il 02/05/2024, nel procedimento iscritto al NRG 1741 del 2019 fra RAGIONE_SOCIALE
-ricorrente non costituita in questa fase-
contro
COMUNE DI NOTO
-resistente non costituito i in questa fase-
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME il quale ha chiesto dichiararsi la giurisdizione del giudice ordinario.
FATTI DI CAUSA
1. -La controversia origina dal contratto d’appalto del 19 luglio 2001, concluso, a seguito di aggiudicazione, fra il Comune di Noto e la RAGIONE_SOCIALE per lo svolgimento del servizio di nettezza urbana nel territorio di quel Comune.
Non essendo il Comune di Noto provvisto di una propria discarica, in tale contratto di appalto era stato previsto il conferimento senza compenso dei rifiuti presso centri di raccolta di altri Comuni situati entro il raggio di 25 km dal centro abitato, salva per maggiori distanze la corresponsione di € 1,421 per km in più percorso.
In corso di esecuzione, in seguito a disposizione dell’Agenzia regionale per i rifiuti, il Comune di Noto ordinò all’impresa appaltatrice di smaltire i rifiuti in una discarica posta a una maggiore distanza. Ricevuto tale ordine, l’appaltatrice fece presente al Comune che i maggior tempi imposti per il trasporto non consentivano di esaurire le fasi precedenti di raccolta e smaltimento nei tempi contrattualmente stabiliti. A tale nota, il Comune rispose invitando l’appaltatore ad espletare il servizio secondo le modalità originarie, assicurando che sarebbero stati corrisposti i maggiori oneri derivanti dalla maggiore distanza, ed «eventuali altri oneri che potranno scaturire da una più attenta lettura del citato contratto d’appalto e che la ditta appaltatrice vorrà analiticamente segnalare» (nota del Comune n. 24733 del 20 agosto 2007). L’appaltatrice, con successiva nota, fece presente al Comune di avere potenziato il servizio, il che aveva comportato l’esecuzione di prestazioni ulteriori rispetto a quell e contrattuali, per la cui remunerazione si poteva far riferimento alle tabelle del costo del lavoro emanate dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale. A ciò fece quindi seguito la nota del Comune 40483 del 22 novembre 2007, con la quale si precisò che non
sarebbe stato riconosciuto nessun onere aggiuntivo all’infuori di quelli giustificati dalla maggiore distanza della discarica, in assenza di variazione contrattuale concordata.
L’impresa propose allora ricorso ex art. 700 c.p.c. dinanzi al Tribunale di Siracusa al fine di ottenere in via d’urgenza un provvedimento che imponesse al Comune la modifica delle previsioni contrattuali anche tramite il riconoscimento dei maggiori compensi.
Definita la fase cautelare con il provvedimento di accoglimento, l’appaltatrice inizi ò il giudizio di merito, giustificando la propria pretesa, al riconoscimento dei maggiori compensi per le prestazioni ulteriori, in forza degli artt. 22 e 10 del Capitolato d’appalto, le quali, in presenza di sopravvenienze giustificate da esigenze di carattere pubblico, consentivano la modifica delle condizioni contrattuali, consentendo di conseguenza anche la nuova determinazione del corrispettivo.
Accolta la domanda da parte del giudice di primo grado con sentenza n. 19/2015, il Comune di Noto, condannato a corrispondere i maggiori compensi richiesti, propose appello principale dinanzi alla Corte d’appello di Catania, la quale, con sentenza n. 854 del 15/4/2019, ha dichiarato, però, il difetto di giurisdizione del giudice ordinario inquadrando la controversia nella materia della revisione dei prezzi contrattuali affidata alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
Il giudizio è stato quindi riassunto dalla RAGIONE_SOCIALE dinanzi al Tar Sicilia. Il giudice amministrativo, nel contraddittorio con il Comune di Noto, ha sollevato d’ufficio conflitto negativo di giurisdizione, non condividendo l’impostazione seguita dal giudice ordinario. Secondo il Tar non si ricadeva nell’ambito della revisione, ma si trattava di
pretese giustificate dall’esecuzion e di prestazioni supplementari, su cui doveva provvedere il giudice ordinario.
Il conflitto negativo è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio.
Nelle conclusioni scritte ai sensi dell’art. 380 -ter c.p.c., il Pubblico Ministero ha chiesto dichiararsi la giurisdizione del giudice ordinario.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Sussiste la giurisdizione del Giudice Ordinario. Occorre richiamare a tal fine la sentenza n. 24411/2018, con la quale le Sezioni unite hanno operato una generale ricognizione dei criteri di riparto di giurisdizione nella materia degli appalti pubblici: «Più nel dettaglio ‘in materia di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture, nella vigenza del codice del processo amministrativo, ed in relazione a vicende riconducibili alla disciplina dell’art. 11 del d.lgs. n. 163 del 2006, il riparto di giurisdizione deve ritenersi articolato nel modo seguente: a) sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. e), n. 1 del cod. proc. amm., sulle controversie relative alla sola fase procedimentale, cioè dall’inizio della procedura sino all’aggiudicazione definitiva estendendosi detta giurisdizione a qualsiasi provvedimento, atto, accordo e comportamento tenuto entro quel lasso temporale, nonché in ogni caso ad eventuali provvedimenti dell’amministrazione di annullamento d’ufficio della stessa aggiudicazione definitiva ai sensi dell’art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990 o comunque previsti da norme di legge, in quanto direttamente incidenti sulla stessa genesi dell’aggiudicazione all’atto della sua effettuazione e, dunque, riconducibili alla relativa procedura; b) quanto, invece, alla situazione successiva all’efficacia dell’aggiudicazione definitiva, e
prima del sopravvenire dell’efficacia della conclusione del contratto (ivi compresa la sua anticipata esecuzione), vige il normale criterio di riparto imperniato sulla distinzione fra interesse legittimo e diritto soggettivo, di modo che si configurava la giurisdizione del giudice amministrativo solo in presenza di una controversia inerente all’esercizio da parte dell’amministrazione di un potere astratto previsto dalla legge, mentre, al di fuori di tal caso (e, dunque, in assenza di riconducibilità dell’agire dell’Amministrazione ad un potere di quel genere), la situazione è di diritto comune e, dunque, si configura la giurisdizione del giudice ordinario».
In altre parole, in presenza delle posizioni paritarie che caratterizzano il momento esecutivo del contratto non si ravvisano i presupposti della giurisdizione esclusiva e si applica quindi la generale regola di riparto della giurisdizione, fatte salve le previsioni di giurisdizione esclusiva che possono interessarla, quale la giurisdizione esclusiva sulla revisione prezzi.
2. Tali principi impongono di riconoscere la natura oggettivamente privatistica delle vicende negoziali oggetto di contestazione nel presente giudizio. L’impresa, come esattamente rileva il TAR con il provvedimento che ha sollevato il conflitto, «non ha invocato l’applicazione delle clausole di revisione prezzi di cui agli artt. 20 -22 del contratto d’appalto, alla quale ha fatto richiamo la Corte d’Appello nella sua pronuncia declinatoria della giurisdizione, ma ha richiesto il pagamento di prestazioni supplementari la cui erogazione -a prescindere dall’accertamento dell’effettivo espletamento di tali maggiori servizi e dal fatto che questi siano dipesi o meno dall’individuazione di una nuova e più lontana discarica -richiede, tutt’al più, pagamenti supplementari, ma non già la revisione degli originari compensi In sostanza, quanto al petitum e alla causa petendi , la domanda riguarda una pretesa
avente ad oggetto la richiesta di condanna dell’Amministrazione resistente al pagamento di una somma di denaro, relativa a prestazioni erogate (e non alla revisione dei precedenti compensi), profilo che attiene ad un diritto soggettivo di credito, sicché essa esula dalla giurisdizione esclusiva del G.A., come ridisegnata per effetto della sentenza della Corte Cost. 6 luglio 2004 n. 204 , trattandosi, nella specie, di questioni relative a nient’altro che alla spettanza di corrispettivi per asserite prestazioni supplementari effettuate».
3. Occorre ancora chiarire che l’articolo 133, primo comma, lettera e), n. 2, c.p.a. non è stato inteso, nella giurisprudenza del riparto, come conferente al giudice amministrativo qualunque controversia relativa alla revisione dei prezzi degli appalti pubblici per servizi ad esecuzione continuata o periodica, sviluppandosi un’applicazione del criterio fondato sulla sussistenza o meno di esistenza ed esercizio di potere, per tutela dei correlati pubblici interessi. Mentre, infatti, qualora per la revisione dei prezzi le parti del contratto pubblico non abbiano pattuito alcuna clausola la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo si dispiega sine dubio , fronteggiandosi solo l’esercizio del potere autoritativo della pubblica amministrazione la problematica è più complessa, laddove nel regolamento negoziale una specifica clausola sia stata inserita, dovendosi allora vagliarne il contenuto per apprenderne gli effetti sul rapporto tra le parti, prospettandosi l’alternativa tra la permanenza di una posizione di potere della committente e il raggiungimento di una piena pariteticità dei contraenti (cfr. Cass., S.U., n. 21990/2020; n. 35952/2021). Laddove la clausola di revisione del prezzo individui puntualmente e compiutamente un obbligo della parte pubblica del contratto, deve riconoscersi la corrispondenza di tale obbligo ad un diritto soggettivo
dell’appaltatore, il quale fa valere una mera pretesa di adempimento contrattuale, che non implica di per sé la permanenza di una posizione di potere in capo all’Amministrazione. In questo caso non si ravvisa la presenza dell’interesse pubblico che l’istituto della revisione di natura pubblicistica è preordinato a tutelare. Come chiarito dalla giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato n. 4513/2024), la revisione di natura pubblicistica trova una specifica ratio nell’esigenza di “salvaguardare l’interesse pubblico a che le prestazioni di beni e servizi alle pubbliche amministrazioni non siano esposte col tempo al rischio di una diminuzione qualitativa, a causa dell’eccessiva onerosità sopravvenuta delle prestazioni stesse (incidente sulla percentuale di utile considerata in sede di formulazione dell’offerta), e della conseguente incapacità del fornitore di farvi compiutamente fronte” (Ad. plen. 2021 n. 14) e di “evitare che il corrispettivo del contratto di durata subisca aumenti incontrollati nel corso del tempo tali da sconvolgere il quadro finanziario sulla cui base è avvenuta la stipulazione del contratto”. Al contempo la “disciplina è posta a tutela dell’interesse dell’impresa a non subire l’alterazione dell’equilibrio contrattuale conseguente alle modifiche dei costi sopraggiunte durante l’arco del rapporto e che potrebbero indurla ad una surrettizia riduzione degli standards qualitativi delle prestazioni”.
Nulla di tutto questo nel caso in esame, nel quale, secondo la condivisibile ricostruzione proposta dal Procuratore Generale nelle proprie conclusioni scritte, « la domanda dell’appaltatore si fondava sulla lettera di incarico n. 27433 del 20.8.2007 del Comune, con la quale gli veniva chiesto di mettere in atto tutti i mezzi e tutte le risorse di cui dispone per garantire il servizio (…), fermo restando che saranno riconosciuti i maggiori oneri previsti
dal contratto e già comunicati con la nota dirigenziale prot. n° 2740B del 17.08.2007 e, comunque, eventuali altri oneri che potranno scaturire da una più attenta lettura del predetto citato contratto di appalto e che la Ditta appaltatrice vorrà analiticamente segnalare. L’art. 10 del Capitolato, d’altronde, prevedeva la possibilità che il Comune esigesse dall’appaltatore l’effettuazione di servizi aggiuntivi da remunerarsi secondo i prezzi previsti nell’allegato. Invece, non era stata richiesta alcuna variazione del canone, come previsto dagli artt. 22 e 23 del Capitolato, in relazione a sopravvenute esigenze di interesse pubblico. Di conseguenza, non era stato esercitato alcun potere discrezionale da parte della P.A., che ha ricalcolato l’entità delle somme dovute, in applicazione di criteri pattiziamente previsti, entrando, però, in contrasto con l’appaltatore, che reclama ulteriori oneri rispetto a quelli riconosciutigli . Pertanto, in base al petitum ed alla causa petendi della domanda giudiziale originaria, emerge che l’appaltatore esercitò un diritto soggettivo di credito; non già un interesse legittimo. In assenza di esercizio del potere da parte della P.A., anche nelle materie attribuite alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo (vedi Corte cost. 204/2004), la controversia deve essere devoluta al Giudice ordinario, in quanto vertente unicamente sulla fase esecutiva del contratto di appalto del servizio di conferimento rifiuti ».
È dichiarata la giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria. Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, trattandosi di conflitto negativo di giurisdizione.
P.Q.M.
La Corte dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, dinanzi al quale rimette le parti, con termine di legge per la riassunzione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 10 dicembre