Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 16288 Anno 2024
Civile Ord. Sez. U Num. 16288 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso 18136-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
AUTOSTRADA BRESCIA VERONA VICENZA PADOVA RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE;
– intimati –
per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n. 735/2023 del TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE di VENEZIA.
Oggetto
REGOLAMENTI DI GIURISDIZIONE
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 12/03/2024
CC
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del AVV_NOTAIO Generale NOME AVV_NOTAIO, il quale chiede che la Corte di Cassazione, in camera di consiglio, rigetti il ricorso ed affermi la giurisdizione del giudice amministrativo.
FATTI DI CAUSA
Le RAGIONE_SOCIALE, in proprio e in qualità di mandataria del costituendo RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, nonché queste due società, con ricorso notificato il 22/6/2023, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, e RAGIONE_SOCIALE, hanno chiesto al TAR Veneto l’annullamento dell’atto n. 23372/2023 del 24.5.2023, con cui la società RAGIONE_SOCIALE annullava l’aggiudicazione all’RAGIONE_SOCIALE – RAGIONE_SOCIALE – RAGIONE_SOCIALE dei « lavori di manutenzione straordinaria mediante riqualificazione profonda della struttura portante del manto RAGIONE_SOCIALE autostrada A/4 – carreggiata Ovest, dal km 52+300 al km 346+800 -W18 lotto 2 -gara (CIG: NUMERO_DOCUMENTO) », nonché della successiva determina dell’RAGIONE_SOCIALE prot. n. 23820/2023 del 26.5.2023, di aggiudicazione dell’anzidetta procedura di gara in favore dell’RTI costituendo tra RAGIONE_SOCIALE (mandataria), RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE; si deduceva, in ricorso, l’illegittimità dell’annullamento dell’aggiudicazione disposta nei confronti delle ricorrenti e un preteso difetto dei requisiti generali di partecipazione, in capo all’aggiudicatario, o l’erroneità parziale dei punteggi attribuiti alle offerte tecniche.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, notificato il 19/9/2023, affidato a unico motivo, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, (che non svolgono difese).
La RAGIONE_SOCIALE ha dedotto che il TAR adito non è il Giudice munito di giurisdizione per decidere la controversia, perché RAGIONE_SOCIALE non è una pubblica amministrazione, ex art. 7 c.p.a. e non ricorrono neppure i presupposti per la giurisdizione esclusiva ex art. 133 co. 1 lett. e) del codice del processo amministrativo, in quanto, alla stregua delle norme vigenti alla data di pubblicazione del Bando, vale a dire all’8.11.2022 (ma anche a quelle del 26 maggio e 22 giugno 2023, date di aggiudicazione e di notifica del ricorso al TAR), RAGIONE_SOCIALE non rientra tra « i soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all’applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica ». RAGIONE_SOCIALE, infatti, non è « un’Amministrazione Aggiudicatrice », nemmeno sub specie di organismo di diritto pubblico, ma è un Concessionario RAGIONE_SOCIALEle privato, avendo quale socio unico RAGIONE_SOCIALE, il cui socio di maggioranza è la società RAGIONE_SOCIALE, che detiene il 90% del capitale sociale. Ad avviso della ricorrente, rispetto al riparto di giurisdizione, non ha rilievo che il contratto di concessione obblighi il concessionario lavori all’applicazione delle procedure contrattuali pubbliche, in quanto i meri obblighi contrattuali (privati) all’adozione di una procedura di evidenza pubblica non incidono, infatti, sul riparto di Giurisdizione (cfr. Cass. SSUU ordinanza n. 19019/19; Cass. SS.UU., n. 6771 del 2009, n. 7800 del 2005, n. 17635 del 2003; Cons. Stato, VI, 15
novembre 2005, n. 6368 e Cons. Stato, A.P., 23 luglio 2004, n. 9).
Il PG ha depositato memoria, chiedendo affermarsi la giurisdizione del giudice amministrativo.
Nella sua requisitoria, rispetto alla necessità di verificare la sussumibilità del caso in esame nell’ipotesi prevista dall’art. 133, comma 1, lett. e), n. 1, c.p.a., il AVV_NOTAIO Generale dà atto che si « impone di considerare in primis che, dopo la dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 177, comma 1, del codice dei contratti pubblici (Corte Cost. n. 28/2021), nessuna norma del codice stesso obbliga espressamente i concessionari autostradali privati, nell’affidare i contratti di prestazione di servizi, beni o lavori, a seguire procedure di evidenza pubblica o a rispettare la normativa comunitaria (Cons. di Stato, 30 maggio 2023, n. 5330) » e che « Analoga conclusione si impone con riferimento alla normativa diversa da quella del codice dei contratti pubblici, dal momento che il d.l. 3 ottobre 2006, n. 262, convertito dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, che, all’art. 2, comma 85, lett. c), modificativo dell’art. 1, comma 5, della legge n. 498/92, assoggettava le concessionarie autostradali all’obbligo di … rispetto del codice dei contratti pubblici… , risulta essere stato sostituito (e quindi abrogato) dal d.l. 30 dicembre 2008, n. 207, convertito dalla legge 27 febbraio 2009 n. 14, che ha riscritto la predetta lett. c) come segue: ‘provvedere, nel caso di concessionari che non sono amministrazioni aggiudicatrici, agli affidamenti a terzi di lavori nel rispetto delle disposizioni di cui agli artt. 142 comma 4 e 253, comma 25, del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163’, codice peraltro abrogato dal d. lgs. n. 50/2016, che non prevede per i concessionari privati, ivi compresi quelli autostradali, obblighi di rispetto di procedure di evidenza
pubblica o di applicazione della normativa comunitari (sull’esclusione della perdurante efficacia dell’art. 11, comma 5, della legge n. 498/92 limitatamente all’affidamento dei lavori e non per i servizi e le forniture, vedi Cass. Sez. un., 11 luglio 2019, n. 18674) ». Afferma il PG che, nella riferita carenza di un dato normativo significativo e dirimente, la questione si riduce nella qualificazione della rilevanza, nella fattispecie concreta in esame, ai fini del riparto di giurisdizione, della circostanza, non contestata, che la RAGIONE_SOCIALE si fosse obbligata contrattualmente nei confronti di RAGIONE_SOCIALE a seguire il procedimento di evidenza pubblica, pur essendo noto che le Sezioni unite della Corte di Cassazione hanno chiarito che, qualora il concessionario privato, pur non tenuto per previsione normativa all’applicazione del procedimento di evidenza pubblica, si sia obbligato contrattualmente nei confronti dell’ente concedente alla procedimentalizzazione della individuazione in concreto dell’appaltatore, ciò non determina l’attrazione nella giurisdizione amministrativa esclusiva delle controversie relative all’affidamento degli appalti (Cass., Sez. un., 16 luglio 2019, n. 19019; Cass. Sez. un., n. 6771/09; Sez. un., n. 7800/05; Sez. un., n. 17635/03), concludendo nel senso che della ineludibilità del dato normativo di cui all’art. 133, comma 1, lett. e), n. 1 del codice del processo amministrativo, « a mente del quale rientrano nella giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo le controversie ‘relative procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all’applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale ».
La ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.La ricorrente assume che si debba procedere ad una lettura dell’art.133 133, comma 1, lett. e), n. 1 del c.p.a., in combinato disposto con la regola generale di riparto stabilita all’art. 7 del medesimo Codice: la giurisdizione del GA presuppone in tutti i casi, vale a dire anche nelle ipotesi di giurisdizione esclusiva di cui all’art. 133, comma 1, lett. e, sub 1, c.p.a., che si controverta dell’esercizio di poteri pubblicistici (in questo caso connessi con l’« applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza previsti dalla normativa statale o regionale »), mentre, dal mero accordo contrattuale delle parti, non può conseguire, in assenza di una previsione normativa a monte, l’assegnazione dell’esercizio di un potere pubblico e l’accordo delle parti può unicamente riguardare l’impegno a seguire determinati procedimenti o a procedimentalizzare l’attività di negoziazione ma non consente di affermare, su base meramente contrattuale, l’assegnazione dell’esercizio di un potere pubblico o dell’agire come autorità.
La ricorrente, di conseguenza, chiede darsi conferma all’orientamento giurisprudenziale secondo cui « qualora il concessionario privato, pur non tenuto all’applicazione del procedimento di evidenza pubblica, si sia obbligato contrattualmente nei confronti dell’ente concedente alla procedimentalizzazione della individuazione in concreto dell’appaltatore, ciò non determini l’attrazione nella giurisdizione amministrativa esclusiva delle controversie relative all’affidamento degli appalti (Cass., Sez. un., 16 luglio 2019, n. 19019; Cass. Sez. un., n. 6771/09; Sez. un., n. 7800/05; Sez. un., n. 17635/03) ». Orientamento giurisprudenziale, del resto, applicato concordemente sia da
questa Corte di cassazione (con le sentenze richiamate), sia dal Consiglio di Stato ( ex multis Cons St, Ad. plen., 1 agosto 2011, n. 16, Cons St., Sez. V, 3 febbraio 2015, n. 497, Cons. St., Sez. VII, 13 giugno 2022, n. 4773, secondo cui se « è vero che l’art. 244, d.lgs. n. 163/2006 (ora art. 133, co. 1, lett. e), n. 1), c.p.a.), fa riferimento, al fine di stabilire l’ambito della giurisdizione amministrativa, al soggetto «comunque tenuto» al rispetto di procedure di evidenza pubblica, tuttavia siffatta ampia espressione non può che riferirsi pur sempre ad un vincolo eteronomo , e non autonomo, di rispetto delle dette procedure . Il c.d. autovincolo, se è idoneo a rendere applicabili le regole richiamate, è inidoneo a determinare spostamenti della giurisdizione ».
2.Occorre rammentare che nella specie si verte in tema di concessione di costruzione e gestione di opera pubblica o di lavori pubblici, materia devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo secondo il criterio generale di riparto, di cui all’art. 7, comma 1, c.p.a., avuto riguardo al criterio del petitum sostanziale.
Secondo le Sezioni unite, tuttavia, la controversia relativa alla fase di « esecuzione » di una convenzione avente ad oggetto la costruzione e la gestione di un’opera pubblica appartiene certamente alla giurisdizione ordinaria, poiché è sussumibile nella unitaria categoria, regolata ratione temporis dal D.Lgs. n. 163 del 2006, della « concessione di lavori pubblic i», nella quale la gestione funzionale ed economica dell’opera non
costituisce un accessorio eventuale della concessione di costruzione, ma la controprestazione principale e tipica a favore del concessionario (Sez. U., n. 5594 del 28.2.2020).
Nella specie, si deve applicare il d.lgs. n. 50/2016, dato questo pacifico.
Si discute della fase di « affidamento » dei lavori da parte del concessionario, in quanto una R.T.I. contesta la decisione di RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, di appaltare ad altro soggetto i lavori di rifacimento del manto stradale, previo annullamento della precedente aggiudicazione.
Vengono quindi in rilievo gli articoli 7, comma 1, (« sono devolute alla giurisdizione amministrativa le controversie nelle quali si faccia questione di interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalle legge, di diritti soggettivi, concernenti l’esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo …») e 133, comma 1, lett. e), n. 1, c.p.a (secondo cui sono devolute alla giurisdizione esclusiva del G.A. « e) le controversie: 1) relative a procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all’applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale, ivi incluse quelle risarcitorie e con estensione della giurisdizione esclusiva alla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di annullamento dell’aggiudicazione ed alle sanzioni alternative »).
3. E’ pacifico che RAGIONE_SOCIALE è un operatore economico privato, concessionario RAGIONE_SOCIALE, non inquadrabile come organismo di diritto pubblico ex art. 3, co. 1, lett. d) D.vo 50/2016; non si tratta,
infatti, di soggetto « la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo d’amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico ».
Difetta quindi il requisito di cui all’art. 7 co. 4 c.p.a. per fondare la giurisdizione del G.A., non essendo RAGIONE_SOCIALE qualificabile come pubblica amministrazione.
Occorre quindi verificare se le pretese azionate dinanzi al Tar siano qualificabili come interessi legittimi perché si controverte sull’ esercizio di poteri pubblicistici, in quanto connessi all’applicazione di normativa comunitaria ovvero al rispetto di procedure di evidenza previsti dalla normativa statale o regionale, e sull’agire del concessionario RAGIONE_SOCIALE come autorità. E se la lite rientri nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, secondo quanto previsto dall’art. 133, comma 1, lett. e), n. 1 del codice del processo amministrativo per essere il concessionario privato tenuto, nella scelta del contraente, all’applicazione della normativa dell’Unione europea o al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica.
Orbene, il codice di Contratti Pubblici, approvato con d.lgs. 50/2016 (vigente al momento della pubblicazione del bando, dell’aggiudicazione e dell’instaurazione del giudizio al TAR) non conteneva alcuna disposizione che obbligasse i concessionari autostradali privati a seguire, per affidare i contratti di lavori, procedure di evidenza pubblica o la normativa comunitaria in materia di appalti (direttiva EU 2014/23/UE).
L’art.164, comma 5, stabiliva che:« I concessionari di lavori pubblici che non sono amministrazioni aggiudicatrici, per gli appalti di lavori affidati a terzi sono tenuti all’osservanza della presente Parte nonché le disposizioni di cui alle parti I e II in materia di subappalto, progettazione, collaudo e piani di sicurezza, non derogate espressamente dalla presente parte ».
L’art. 177, nel testo vigente ratione temporis , nella parte relativa alla disciplina dell’esecuzione delle concessioni di lavori pubblici e riguardo agli affidamenti a terzi dei singoli lavori da parte del concessionario, recitava:« 1. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 7, i soggetti pubblici o privati, titolari di concessioni di lavori, di servizi pubblici o di forniture già in essere alla data di entrata in vigore del presente codice, non affidate con la formula della finanza di progetto, ovvero con procedure di gara ad evidenza pubblica secondo il diritto dell’Unione europea, sono obbligati ad affidare, una quota pari all’ottanta per cento dei contratti di lavori, servizi e forniture relativi alle concessioni di importo di importo pari o superiore a 150.000 euro e relativi alle concessioni mediante procedura ad evidenza pubblica, introducendo clausole sociali e per la stabilità del personale impiegato e per la salvaguardia delle professionalità. La restante parte può essere realizzata da società in house di cui all’articolo 5 per i soggetti pubblici, ovvero da società direttamente o indirettamente controllate o collegate per i soggetti privati, ovvero tramite operatori individuati mediante procedura ad evidenza pubblica, anche di tipo semplificato. Per i titolari di concessioni autostradali, ferme restando le altre disposizioni del presente comma, la quota di cui al primo periodo è pari al sessanta per cento.2. Le concessioni di cui al comma 1 già in essere si adeguano alle predette disposizioni entro il 31 dicembre 2022. Le concessioni di cui al comma 1, terzo periodo, già in essere si adeguano alle
predette disposizioni entro il 31 dicembre 2020.3. La verifica del rispetto dei limiti di cui al comma 1 da parte dei soggetti preposti e dell’ANAC viene effettuata annualmente, secondo le modalità indicate dall’ANAC stessa in apposite linee guida, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Eventuali situazioni di squilibrio rispetto ai limiti indicati devono essere riequilibrate entro l’anno successivo. Nel caso di situazioni di squilibrio reiterate per due anni consecutivi, il concedente applica una penale in misura pari al 10 per cento dell’importo complessivo dei lavori, servizi o forniture che avrebbero dovuto essere affidati con procedura ad evidenza pubblica ».
L’art.174, Subappalto, comma 1, faceva rinvio all’art.30 del Codice, che imponeva, nell’affidamento di tutti i contratti pubblici, il rispetto dei principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché di pubblicità.
Quindi, secondo la suddetta disposizione, i concessionari di lavori pubblici che non sono amministrazioni aggiudicatrici, sia al di sopra che al di sotto della soglia comunitaria, erano tenuti a seguire una specifica disciplina dettata dall’art.177 del Codice, non differenziata in ragione degli importi contrattuali, negli appalti affidati a terzi, essendo tenuti ad applicare negli affidamenti le procedura ad evidenza pubblica per una quota pari all’ottanta per cento dei contratti di lavori, servizi e forniture relativi alle concessioni di importo di importo pari o superiore a 150.000 euro, oltre a rispettare le disposizioni contenute in apposite Linee guida emanate dall’Anac.
Anche nell’ordinanza n. 19019/19, si ricorda che la disposizione che fissava un obbligo per il concessionario di lavori di applicare procedure di evidenza pubblica nell’affidamento a terzi dei
lavori era l’art. 177, comma 1, del Codice dei Contratti, norma non applicabile però ratione temporis nella fattispecie allora all’ esame della Corte; si legge nella motivazione della sentenza: « il D.Lgs. n. 50 del 2016, art. 177, comma 1, impone di affidare mediante procedura di evidenza pubblica una quota (pari all’ottanta per cento) dei contratti di lavori, servizi e forniture ai soli titolari di concessioni “non affidate con la formula della finanza di progetto », norma ritenuta di applicazione generale ai titolari delle concessioni ivi considerate (cfr. Cass. Sez, Un. n. 18675/2019).
Va ricordato anche che nella pronuncia n. 18675/2019 di questa Corte a Sezioni Unite si era ritenuto proprio che, in forza dell’art.177 del d.lgs. n. 50/2016, la società ricorrente RAGIONE_SOCIALE fosse tenuta al rispetto della procedura di evidenza pubblica e tanto valeva a radicare la giurisdizione esclusiva amministrativa, ai sensi dell’art.133, comma 1, lett. e) del c.p.a., sulla controversia relativa alla procedura di affidamento di servizi.
Tuttavia, l’art. 177 del Codice dei Contratti è stato dichiarato incostituzionale, con la sentenza n. 218 del 23 novembre 2021 s.s. – Corte Costituzionale n. 47 del 24 novembre 2021 (« La Corte Costituzionale dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, lettera iii), della legge 28 gennaio 2016, n. 11 (Deleghe al Governo per l’attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture) e dell’art.
177, comma 1, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici); 2) dichiara, in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), l’illegittimità costituzionale dell’art. 177, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 50 del 2016 »). In motivazione, si è osservato che la previsione dell’obbligo a carico dei titolari di concessioni già in essere, non assegnate con la formula della finanza di progetto o con procedure a evidenza pubblica, di affidare completamente all’esterno l’attività oggetto di concessione mediante appalto a terzi dell’80 per cento dei contratti inerenti alla concessione stessa e mediante assegnazione a società in house o comunque controllate o collegate del restante 20 per cento – costituisca una misura irragionevole e sproporzionata rispetto al pur legittimo fine perseguito, in quanto tale lesiva della libertà di iniziativa economica, con la conseguenza dell’illegittimità costituzionale dell’art. 177, comma 1, del D.Lgs. n. 50 del 2016 e dell’art. 1, comma 1, lettera iii), della L. n. 11 del 2016, per violazione degli artt. 3, primo comma, e 41, primo comma, Cost.
La Corte Costituzionale, nel dichiarare l’incostituzionalità di queste norme, ha evidenziato che, sebbene fossero astrattamente idonee per ripristinare condizioni di piena concorrenza (nel rispetto del dettato europeo), il legislatore del 2016 non aveva optato per il « mezzo più mite » tra quelli idonei a raggiungere lo scopo, ossia ricondurre al mercato settori di attività ad esso sottratti e, secondo la Corte, l’introduzione di un obbligo radicale e generalizzato di « esternalizzazione » non superava nemmeno – nello scrutinio del bilanciamento operato fra diritti di pari rilievo – la doverosa verifica di proporzionalità.
Ne consegue che l’art. 177, quindi, non poteva e non può radicare l’obbligo dei Concessionari o dei « titolari di concessioni » autostradali di negoziare sottoponendosi alla « applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale ».
Il Consiglio di Stato, nella sentenza n. 5330/2023, richiamata anche dal PG, in controversia in cui si discuteva per l’appunto del « vuoto normativ o» conseguente alla sentenza della Corte Costituzionale n. 218/2021, ha affermato che: a) la sentenza della Corte Costituzionale n. 218/2021, senza alcuna specificazione o limitazione soggettiva, riguarda anche i concessionari autostradali; b) la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 177 del D.Lgs. n. 50 del 2016 non ha comportato alcun effetto ripristinatorio della disciplina di cui al D.Lgs. n. 163 del 2006 e, quindi, delle norme di legge previgenti che vi facevano rinvio, stante la disposta abrogazione dell’intero D.Lgs. n. 163 del 2006 per effetto dell’art. 217, comma 1, lett. e) del D.Lgs. n. 50 del 2016. Si è chiarito che « venuta meno la deroga dell’art. 177, per effetto della sentenza della Corte Costituzionale, non si è determinato il “vuoto normativo” di cui si dice nella sentenza gravata, ma si è venuta ad uniformare la disciplina degli affidamenti di lavori da parte dei concessionari che non sono amministrazioni aggiudicatrici, senza distinguere fra titolari di concessioni affidate a seguito di procedura di gara ad evidenza pubblica e titolari di concessioni non affidate con tale modalità » e che « dopo la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 177, gli affidamenti di lavori a terzi da parte di concessionari che non sono amministrazioni aggiudicatrici, compresi i concessionari autostradali, anche se titolari di concessioni affidate senza gara, rientrano nell’ambito applicativo dell’art.
164, comma 5, secondo cui « I concessionari di lavori pubblici che non sono amministrazioni aggiudicatrici, per gli appalti di lavori affidati a terzi sono tenuti all’osservanza della presente Parte nonché le disposizioni di cui alle parti I e II in materia di subappalto, progettazione, collaudo e piani di sicurezza, non derogate espressamente dalla presente parte» – nonché delle altre norme della stessa parte III del codice e delle parti I e II ivi richiamate » e « sebbene sia da escludere l’obbligo del ricorso alle procedure di scelta del contraente disciplinate nella parte II, s’impone il rispetto dei principi di trasparenza di cui all’art. 29 ».
Si deve poi rilevare che l’art.186 del d.lgs. n. 36/2023, nuovo codice dei contratti pubblici, tenuto conto della pronuncia della Consulta del 2021, ha previsto, dopo avere eliminato l’obbligo generalizzato di esternalizzazione, che i titolari di concessioni di lavori e servizi pubblici debbano affidare mediante procedura ad evidenza pubblica una quota tra il 50% e il 60% dei contratti di lavori, servizi e forniture, quota che, precisa la norma, viene stabilita convenzionalmente tra concedente e concessionario. Al comma 6, si prevede una disciplina specifica per le concessioni autostradali le cui quote e criteri di determinazione, ai fini dell’esternalizzazione, sono calcolati sulla base di importi derivanti dai piani economici-finanziari, nonché sulla base del piano complessivo dei lavori, servizi e forniture presentato dai concessionari al concedente, e verificati da quest’ultimo ogni cinque anni. In attuazione agli obiettivi di flessibilità e semplificazione, imposti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, per l’affidamento dei contratti di concessione inferiori alla soglia comunitaria, l’art.187 d.lgs. 36/2023 prevede che l’Ente concedente può procedere mediante procedura negoziata, senza la previa pubblicazione di un bando di gara e previa consultazione, ove esistenti, di almeno dieci
operatori economici, sempre nel rispetto del criterio di rotazione degli inviti. La norma precisa che rimane ferma la facoltà (trattasi, dunque, di una scelta discrezionale per l’Ente) di affidare i contratti di concessione, inferiori alla soglia europea, mediante le procedure di gara disciplinate dal Titolo dedicato alle concessioni.
Né un obbligo in tal senso può ricavarsi con riferimento a normativa diversa dal codice dei contratti pubblici.
Invero, l’art. 11 della l. 23 novembre 1992, n. 489, per i concessionari autostradali, a far tempo della sostituzione introdotta dal DL 207/2008, recita: « 5. Le società concessionarie autostradali sono soggette ai seguenti obblighi: a) certificare il bilancio…; b) mantenere adeguati requisiti di solidità patrimoniale, come individuati nelle convenzioni (2) ; c) provvedere, nel caso di concessionari che non sono amministrazioni aggiudicatrici, agli affidamenti a terzi di lavori nel rispetto delle disposizioni di cui agli articoli 142, comma 4, e 253, comma 25, del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 ».
Ma il d.lgs. 163/2006, all’epoca del bando di gara per cui è causa, non era più in vigore, attesa la sua abrogazione ad opera del D.lgs. n. 50/2016, non essendo previsto dal codice dei contratti approvato con il suddetto testo normativo in capo ai concessionari (anche autostradali) obblighi, nell’affidare contratti a terzi, di rispetto delle procedure di evidenza pubblica o di applicazione della direttiva appalti.
Anche il PG afferma che « dal momento che il d.l. 3 ottobre 2006, n. 262, convertito dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, che all’art. 2, comma 85, lett. c), modificativo dell’art. 1, comma 5, della legge n. 498/92, assoggettava le
concessionarie autostradali all’obbligo di ‘agire a tutti gli effetti come amministrazione aggiudicatrice negli affidamenti di forniture e servizi di importo superiore alla soglia di rilevanza comunitaria nonché di lavori, ancorchè misti con forniture e servizi e in tale veste attuare gli affidamenti nel rispetto del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e successive modificazioni’, risulta essere stato sostituito (e quindi abrogato) dal d.l. 30 dicembre 2008, n. 207, convertito dalla legge 27 febbraio 2009 n. 14, che ha riscritto la predetta lett. c) come segue: ‘provvedere, nel caso di concessionari che non sono amministrazioni aggiudicatrici, agli affidamenti a terzi di lavori nel rispetto delle disposizioni di cui agli artt. 142 comma 4 e 253, comma 25, del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163’, codice peraltro abrogato dal d. lgs. n. 50/2016, che non prevede per i concessionari privati, ivi compresi quelli autostradali, obblighi di rispetto di procedure di evidenza pubblica o di applicazione della normativa comunitaria (sull’esclusione della perdurante efficacia dell’art. 11, comma 5, della legge n. 498/92 limitatamente all’affidamento dei lavori e non per i servizi e le forniture, vedi Cass. Sez. un., 11 luglio 2019, n. 18674) ».
Occorre verificare se possa rilevare, nella fattispecie concreta in esame, ai fini del riparto di giurisdizione, la circostanza che la RAGIONE_SOCIALE si fosse obbligata contrattualmente nei confronti di RAGIONE_SOCIALE a osservare le regole di evidenza pubblica.
Si tratta quindi di stabilire se i contenuti della convenzione unica stipulata tra RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE in data 9.7.2007 possano supportare la tesi secondo cui
la fattispecie in esame rientrerebbe nell’alveo della giurisdizione del giudice amministrativo.
Il P .G. espone, al riguardo: « L’art. 3 della convenzione unica, la cui rubrica è ‘obblighi del concessionario’, prevede: -al comma 3, lett. r), che il Concessionario provveda ad agire a tutti gli effetti come amministrazione aggiudicatrice negli affidamenti di lavori, servizi e forniture; -al comma 3, lett. s), che il Concessionario provveda a sottoporre gli schemi dei bandi di gara per gli affidamenti di cui alla precedente lettera r all’approvazione del Concedente come previsto dalla vigente normativa; -al comma 3, lett. t), che provveda a richieder al Ministro delle Infrastrutture, per le procedure di affidamento di cui alle precedenti lettere r e s, di nominare le commissioni di gara, come previsto al successivo art. 30, fermi i poteri di vigilanza dell’Autorità di cui all’art. 6 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e successive modifiche. L’art. 30 della stessa convenzione, al primo comma prevede ulteriormente che il Concessionario sia tenuto, ‘per l’affidamento dei lavori, forniture e servizi…all’osservanza della normativa nazionale e comunitaria vigente ‘».
6. Tuttavia, bisogna richiamare quanto affermato sempre nella ordinanza n. 19019/19 di questa Corte, già sopra citata, ove si legge che non rileva se la RAGIONE_SOCIALE « fosse contrattualmente obbligata a seguire l’evidenza pubblica per l’affidamento dei servizi a terzi, non essendo attratte nella giurisdizione amministrativa esclusiva anche le controversie relative all’affidamento di appalti da parte di soggetti che, pur non tenuti all’applicazione del procedimento di evidenza pubblica, abbiano scelto comunque di adottarlo, in tal guisa procedimentalizzando l’individuazione in concreto
dell’appaltatore (Cass. SU n. 6771 del 2009, n. 7800 del 2005, n. 17635 del 2003) ».
Orbene, si ritiene che anche nella fattispecie in esame debba essere applicato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui « qualora il concessionario privato, pur non tenuto all’applicazione del procedimento di evidenza pubblica, si sia obbligato contrattualmente nei confronti dell’ente concedente alla procedimentalizzazione della individuazione in concreto dell’appaltatore, ciò non determini l’attrazione nella giurisdizione amministrativa esclusiva delle controversie relative all’affidamento degli appalti (Cass., Sez. un., 16 luglio 2019, n. 19019; Cass. Sez. un., n. 6771/09; Sez. un., n. 7800/05; Sez. un., n. 17635/03) ».
Già in Cass. Sez. Un. n. 6771/2009 si era chiarito che « In tema di riparto di giurisdizione sugli appalti pubblici, gli artt. 6 e 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205 non attraggono nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo anche le controversie relative all’affidamento di appalti da parte di soggetti che, pur non tenuti all’applicazione del procedimento di evidenza pubblica, abbiano scelto comunque di adottarlo, in tal guisa procedimentalizzando l’individuazione in concreto dell’appaltatore » (fattispecie relativa all’affidamento della progettazione e della fornitura di arredamento scenotecnico di un teatro da parte di una parrocchia, quale ente ecclesiastico riconosciuto ai sensi dell’art. 4 della legge 20 maggio 1985, n. 222).
Il principio veniva confermato in Cass. Sez.Un. n. 23541/2019: « La devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delle controversie in materia di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture, ai sensi dell’art. 133, lett. e), del d.lgs. n. 104 del 2010, postula che si tratti di appalto
sottoposto all’applicazione del procedimento ad evidenza pubblica, in ragione della riconducibilità del suo oggetto all’ambito di attività indicate negli artt. 115-121 del d.lgs. n. 50 del 2016 (cd. Codice dei contratti pubblici) nonché dell’inquadramento del committente nelle categorie di soggetti indicate dall’art.3 stesso decreto legislativo, sicché essa non è configurabile allorché la stazione appaltante, pur non essendovi tenuta, si sia volontariamente vincolata all’osservanza del predetto regime pubblicistico, in tal modo procedimentalizzando l’individuazione in concreto dell’appaltatore » (fattispecie relativa all’affidamento del servizio di sorveglianza e custodia delle sedi destinate allo svolgimento dell’attività postale). Il principio si trova ripreso in Cass. Sez.Un. 7562/2020, Cass. Sez.Un. n. 310/2023.
L’orientamento giurisprudenziale è applicato concordemente sia da questa Corte di cassazione (con le sentenze richiamate), sia dal Consiglio di Stato ( ex multis Cons St, Ad. plen., 1 agosto 2011, n. 16, Cons St., Sez. V, 3 febbraio 2015, n. 497, Cons. St., Sez. VII, 13 giugno 2022, n. 4773, secondo cui se « è vero che l’art. 244, d.lgs. n. 163/2006 (ora art. 133, co. 1, lett. e), n. 1), c.p.a.), fa riferimento, al fine di stabilire l’ambito della giurisdizione amministrativa, al soggetto «comunque tenuto» al rispetto di procedure di evidenza pubblica, tuttavia siffatta ampia espressione non può che riferirsi pur sempre ad un vincolo eteronomo , e non autonomo, di rispetto delle dette procedure . Il c.d. autovincolo, se è idoneo a rendere applicabili le regole
richiamate, è inidoneo a determinare spostamenti della giurisdizione ».
Diversamente da quanto conclude la requisitoria del AVV_NOTAIO Generale, pertanto, in assenza di una previsione di legge, il mero accordo delle parti, nel senso di impegnare la RAGIONE_SOCIALE al rispetto delle procedure di evidenza pubblica, non rappresenta un sufficiente presupposto per incardinare la giurisdizione del GA, ai sensi del combinato disposto degli articoli 7, comma 1, (« sono devolute alla giurisdizione amministrativa le controversie nelle quali si faccia questione di interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalle legge, di diritti soggettivi, concernenti l’esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo …») e 133, comma 1, lett. e), n. 1, c.p.a (secondo cui sono devolute alla giurisdizione esclusiva del G.A. «e ) le controversie: 1) relative a procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all’applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale, ivi incluse quelle risarcitorie e con estensione della giurisdizione esclusiva alla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di annullamento dell’aggiudicazione ed alle sanzioni alternative ») e dell’art. 103 della Costituzione (il tutto come chiarito dalla Corte Costituzionale a partire dalla sentenza 204/2004).
Per quanto sopra esposto, il proposto regolamento preventivo va risolto con l’affermazione della sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario, avanti alla quale le parti vanno rimesse e che provvederà anche a disciplinare le spese di questo giudizio.
P.Q.M.
La Corte, a Sezioni Unite, dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, dinanzi al quale rimette le parti, e che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 12 marzo