Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 26743 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 26743 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso R.G. n. 11534/2020
promosso da
COGNOME NOME e COGNOME NOME , rappresentate e difese dall’AVV_NOTAIO, in virtù di procura speciale in atti;
ricorrenti
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore Generale pro tempore (subentrata ex lege all’RAGIONE_SOCIALE), rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, in virtù di procura speciale in atti;
contro
ricorrente
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE , in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, in virtù di procura speciale in atti;
contro
ricorrente
avverso la sentenza della Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE n. 686/ 2019, pubblicata il 05/11/2019.
Udita la relazione della causa svolta all’esito dell’udienza in camera di consiglio del 10/07/2025 dal Cons. NOME COGNOME;
letti gli atti del procedimento in epigrafe.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione del 27/07/2006, COGNOME NOME, proprietario dei terreni siti nel RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, censiti al foglio 146, particelle 58 e 660 (poi divenute 1591 e 1592), conveniva in giudizio davanti al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE l’RAGIONE_SOCIALE, cui è subentrata l’RAGIONE_SOCIALE (di seguito, RAGIONE_SOCIALE), in relazione ai quali era stato adottato il provvedimento di occupazione provvisoria da parte del RAGIONE_SOCIALE, che erano stati, poi, occupati provvisoriamente e d’urgenza per l’esecuzione di opere pubbliche, realizzate nel 2003 (in particolare, sul mappale 58, gli uffici della Polizia RAGIONE_SOCIALE da parte del RAGIONE_SOCIALE e, sul mappale 660, il centro di assistenza per disabili e l’ambulatorio diurno da parte della RAGIONE_SOCIALE), con irreversibile trasformazione dei fondi, senza che venisse adottato il decreto di esproprio. Chiedeva, in particolare, il pagamento delle indennità spettanti per l’occupazione legittima e illegittima, risarcimento del danno per il non uso dei fondi a scopo edificatorio e per la definitiva perdita della proprietà, oltre alla restituzione della parte di terreno rimasta non utilizzata.
Il RAGIONE_SOCIALE restava contumace, mentre si costituiva l’RAGIONE_SOCIALE convenuta, eccependo in via pregiudiziale la propria carenza di legittimazione passiva e la nullità dell’atto di citazione e, successivamente, anche il difetto di giurisdizione del giudice ordinario.
Nel corso del giudizio, a seguito del decesso dell’attore, si costituivano le figlie, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Espletata CTU, il Tribunale respingeva l’eccezione di difetto di giurisdizione, ritenendo integrata una fattispecie di occupazione usurpativa e, respinte le altre eccezioni pregiudiziali, ha liquidato il danno conseguente alla trasformazione irreversibile dei terreni e alla
illegittima occupazione del bene, condannando gli enti convenuti alla restituzione della porzione di terreno rimasta inutilizzata.
In particolare, il giudice di primo grado: «condannava il RAGIONE_SOCIALE a pagare in favore di COGNOME NOME e COGNOME NOME in solido la somma di euro 57.500 oltre accessori per come esposto in parte motiva oltre agli interessi del cinque per cento su tale somma dal 21.7.1999 alla data del trasferimento di proprietà; condannava il RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE, in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore in solido a pagare in favore di COGNOME NOME e COGNOME NOME in solido la somma di euro 238.125, oltre accessori per come esposto in parte motiva ed oltre agli interessi del cinque per cento su tale somma dal 21.7.1999 alla data del trasferimento di proprietà; ordinava al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e all’RAGIONE_SOCIALE in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore in solido a restituire l’area di mq.685 della particella 1152 contrassegnata in rosso nello stralcio del p.p. di recupero perimetro l e nello stralcio catastale allegati alla consulenza tecnica d’ufficio agli atti …» (p. 4 e 5 della sentenza impugnata).
Avverso tale sentenza proponeva appello l’RAGIONE_SOCIALE, censurando in primo luogo la decisione del Tribunale nella parte in cui aveva ritenuto sussistente la giurisdizione del Giudice ordinario. Formulava, poi, altri motivi di gravame.
Le appellate, nel costituirsi, formulavano appello incidentale limitatamente alla statuizione sulle spese. Il RAGIONE_SOCIALE restava contumace anche in secondo grado.
La Corte territoriale accoglieva il primo motivo di appello, con il quale era stata riproposta l’eccezione di difetto di giurisdizione del Giudice ordinario, per essere sussistente la giurisdizione del Giudice amministrativo, con assorbimento di ogni ulteriore doglianza.
La menzionata Corte, operata una ricognizione normativa e interpretativa delle norme sulla giurisdizione applicabili alla fattispecie, dava rilievo al fatto che, nella specie, era stato esercitato un potere da parte dell’Amministrazione, espresso attraverso atti amministrativi che avevano dato avvio al procedimento espropriativo, anche se, poi, il decreto di esproprio non era stato adottato.
In particolare, la Corte di merito rilevava che, con riferimento alla particella 660 (successivamente suddivisa nelle particelle n. 1591 e 1592) erano state prodotte sin dal primo grado di giudizio, sia dallo COGNOME che dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, due ordinanze sindacali n. 106 del 7 febbraio 2001 e n. 107 dell’8 febbraio 2001 che facevano riferimento ai rispettivamente a Decreti assessoriali n. 32544 del 20 luglio 2000 e n. 32570 del 24 luglio 2000, con i quali veniva disposto in favore dell’allora RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE il finanziamento necessario per la realizzazione della strutture RAGIONE_SOCIALEe e fissati i termini per le procedure espropriative. Inoltre, era stato prodotto dall’attore l’ ‘ Avviso di deposito atti per l’espropriazione relativa a lavori di costruzione di un ambulatorio centro diurno –RAGIONE_SOCIALE ‘ del 6 novembre 2000, riferito alla predetta particella 660, con il quale lo COGNOME era stato informato che presso la Segreteria Comunale, servizio espropriazioni, si trovava depositata per quindici giorni consecutivi decorrenti dalla data di inserzione dell’avviso nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana la relazione esplicativa dell’opera in oggetto, corredata da mappe catastali sulle quali erano indicate le aree da espropriare e l’elenco delle ditte risultanti in catasto. Anche l’ASP convenuta aveva depositato ulteriore documentazione e, in particolare, il verbale di consistenza ed occupazione degli immobili da espropriare, relativi alle ordinanze n. 106 e n. 107 sopra richiamate.
Così ricostruita la documentazione in atti, la Corte d’appello riteneva di non poter condividere l’assunto del primo Giudice, secondo il quale, con riferimento al mappale 660, non era stato assolto l’ onus probandi in ordine alla esistenza della dichiarazione di pubblica utilità
o di altro atto che manifestasse la formazione della volontà espropriante della P.A. La fonte del potere espropriativo era da rinvenirsi nei citati decreti assessoriali con i quali era iniziata legittimamente la procedura espropriativa, come peraltro ricavabile dalla comunicazione dell’avviso di deposito del novembre 2000, con cui lo COGNOME era stato portato a conoscenza degli atti della predetta procedura pubblicati nella GURS, con concessione di termine per osservazioni scritte.
Allo stesso modo, secondo la menzionata Corte, non poteva dubitarsi della esistenza di un atto iniziale della P.A. quanto all’esproprio della particella 58, in merito alla quale era stato prodotto dallo stesso COGNOME il verbale di immissione in possesso del 2 settembre 1999, che richiamava espressamente la delibera n. 1555 del 31 dicembre 1997, con la quale era stato approvato il progetto dei lavori indicati.
Così ricostruita la vicenda oggetto di causa, la Corte d’appello concludeva che l’intera domanda risarcitoria delle odierne appellate, vertendosi in una situazione di cattivo esercizio del potere della P.A. e stante la natura appropriativa delle occupazioni ritenute fonte di danno, fosse di competenza del Giudice amministrativo.
Avverso tale statuizione hanno proposto ricorso per cassazione COGNOME NOME e COGNOME NOME, affidato a quattro motivi di doglianza.
Gli intimati si sono entrambi difesi con controricorso. Le ricorrenti e la RAGIONE_SOCIALE hanno depositato anche memoria difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 42 e 103 Cost., dell’art. 16 l. n. 1150 del 1942; degli artt. 12 e 13 d.P.R. n. 327 del 2001; dell’art. 131 l. n. 2359 del 1865, dell’art. 23 l. n. 241 del 1990 e dell’art. 1 l. n. 1 del 1978, con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per avere
la Corte d’appello ritenuto esistente la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, pur ammettendo la mancata adozione del decreto di esproprio, mentre la mancata adozione di tale decreto nel termine che deve essere necessariamente previsto determina la sopravvenuta inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità, a prescindere dai termini di occupazione, sicché la menzionata Corte, per ritenere sussistente la giurisdizione del Giudice amministrativo, avrebbe dovuto motivare sul rispetto dei termini per l’inizio e il completamento della procedura espropriativa e dei lavori, come previsto dall’art. 13 d.P.R. n. 327 del 2001.
L’eccezione di inammissibilità del ricorso per violazione del principio di autosufficienza, solo genericamente formulata in modo cumulativo con riferimento a tutti i motivi di doglianza, è infondata, tenuto conto che dalla lettura dell’atto di impugnazione si comprende chiaramente la parte della decisione censurata e le ragioni poste a fondamento delle doglianze.
Il primo motivo di ricorso è infondato.
3.1. Occorre preliminarmente rilevare che in ordine alla questione posta dalle ricorrenti sono già intervenute pronunce delle Sezioni Unite di questa Corte, che hanno espresso un orientamento oramai consolidato, sicché, in applicazione dell’art. 374, comma 1, c.p.c., sulle censure riferite alla questione di giurisdizione può pronunciarsi la Sezione semplice.
3.2. Com’è noto, in ordine alle questioni di giurisdizione la Corte di cassazione è anche giudice del fatto (Cass., Sez. U, Ordinanza n. 567 del 08/01/2024; Cass., Sez. U, Sentenza n. 8074 del 21/04/ 2015).
In effetti, la questione di giurisdizione non si esaurisce nell’interpretazione della norma giuridica astrattamente destinata a regolare la fattispecie: i profili di diritto risultano inscindibilmente connessi a quelli di fatto, giacché l’individuazione del giudice cui spetta di conoscere la controversia presuppone necessariamente la valutazione
della vicenda da cui trae origine la posizione giuridica fatta valere con la domanda giudiziale.
La menzionata inscindibilità contraddistingue, in linea di principio, tutte le questioni di carattere processuale, per la cui risoluzione questa Corte è chiamata ad operare come giudice anche del fatto, provvedendo al riscontro del vizio lamentato attraverso l’esame diretto degli atti di causa, indipendentemente dalla correttezza giuridica e dalla coerenza e logicità della motivazione adottata dal giudice di merito (Cass., Sez. U, Ordinanza n. 567 del 08/01/2024).
In tale quadro, occorre tenere conto che, comunque, la giurisdizione si determina in base alla domanda, sicché, ai fini del riparto tra giudice ordinario e giudice amministrativo, rileva non tanto la prospettazione delle parti ma il petitum sostanziale, il quale va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che è chiesta al giudice, ma anche e soprattutto in funzione della causa petendi , ossia della intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio, e individuata dal giudice, con riguardo ai fatti allegati ed al rapporto giuridico del quale detti fatti costituiscono manifestazione (Cass., Sez. U, Ordinanza n. 20350 del 31/07/2018; Cass., Sez. U, Ordinanza n. 2368 del 24/01/2024; v. già Cass., Sez. U, Ordinanza n. 12378 del 16/05/2008 e Cass., Sez. U, Sentenza n. 10243 del 27/06/2003).
L’applicazione, ai fini del riparto della giurisdizione, del suddetto criterio implica senza dubbio l’apprezzamento di elementi che attengono al merito, ma non comporta che la statuizione sulla giurisdizione possa confondersi con la decisione sul merito né, in particolare, che la decisione possa essere determinata secundum eventum litis (Cass., Sez. U, Sentenza n. 17461 del 01/08/2006), sicché, in linea di principio, non esiste contraddizione logico-giuridica in una sentenza che, sulla base della qualificazione del rapporto dedotto in causa, affermi la giurisdizione del giudice che l’ha emessa e, in un momento logicamente successivo, valutando le risultanze dell’istrut-
toria svolta, neghi la sussistenza in concreto del rapporto stesso (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 8057 del 14/06/2001).
3.3. Nel caso di specie, COGNOME NOME ha agito in giudizio deducendo di essere proprietario di due mappali che sono stati oggetto di occupazione temporanea, in esecuzione del corrispondente provvedimento sindacale, finalizzata all’esecuzione di opere pubbliche cui, però, non è seguita l’adozione del decreto di esproprio, pur essendo state le opere realizzate. Il privato ha, quindi, agito in giudizio per ottenere la corresponsione di tutte le indennità spettanti per il periodo di occupazione legittima e illegittima, oltre al risarcimento dei danni conseguenti al non uso del fondo a scopi edilizi e alla perdita definitiva della disponibilità del fondo (v. originario atto di citazione davanti al Tribunale).
È pertanto evidente che, tenendo conto dei criteri sopra evidenziati, la materia del contendere risulta riguardare il fatto che i fondi siano stati occupati e siano state realizzate opere pubbliche in virtù di un procedimento espropriativo, che però non si è concluso con l’adozione del decreto di esproprio.
Lo COGNOME e, poi, le sue eredi hanno dato per presupposto l’esistenza di un procedimento espropriativo in corso, tant’è che hanno chiesto anche il pagamento dell’indennità di occupazione spettante, lamentando la mancata adozione del decreto di esproprio a chiusura del procedimento, così chiedendo anche somme a titolo di risarcimento del danno e la restituzione della porzione di fondo rimasta inutilizzata.
3.4. Il presente giudizio è stato avviato in primo grado nel mese di luglio 2006 (v. p. 1 del ricorso per cassazione), in relazione ad un’attività iniziata prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 327 del 2001 (giugno 2003).
È pertanto ad esso applicabile il disposto dell’art. 34, commi 1 e 2, d.lgs. n. 80 del 1998, vigente ratione temporis , che devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie
aventi per oggetto gli atti, i provvedimenti ed i comportamenti delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti ad esse equiparati in materia urbanistica e edilizia, con la precisazione che, agli effetti del d.lgs. cit., la materia urbanistica comprende tutti gli aspetti dell’uso del territorio, aggiungendo, al comma 3, che «Nulla è innovato in ordine: …omissis… b) alla giurisdizione del giudice ordinario per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa» .
Com’è noto, tali disposizioni sonno state oggetto di un vaglio di legittimità costituzionale.
In particolare, con sentenza n. 204 del 2004 (Corte cost., Sentenza n. 204 del 06/07/2004), la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 34, comma 1, d.lgs. n. 80 del 1998 nella parte in cui prevede che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto «gli atti, i provvedimenti e i comportamenti» anziché «gli atti e i provvedimenti» delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti alle stesse equiparati, in materia urbanistica e edilizia.
Con sentenza n. 281 del 2004 (Corte cost., Sentenza n. 281 del 28/07/2004), la stessa Corte ha, poi, dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 34, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 80 del 1998, nella parte in cui istituisce una giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di edilizia e urbanistica, anziché limitarsi ad estendere in tale materia la giurisdizione del giudice amministrativo alle controversie aventi ad oggetto diritti patrimoniali consequenziali, ivi comprese quelle relative al risarcimento del danno.
3.5. Il disposto dell’art. 53 d.P.R. n. 327 del 2001, nel testo vigente ratione temporis , ha stabilito quanto segue: «1. Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto gli atti, i provvedimenti, gli accordi e i comportamenti delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti ad esse equipa-
rati, conseguenti all’applicazione delle disposizioni del testo unico. 2. Si applicano le disposizioni dell’articolo 23-bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, come introdotto dall’articolo 4 della legge 21 luglio 2000, n. 205, per i giudizi aventi per oggetto i provvedimenti relativi alle procedure di occupazione e di espropriazione delle aree destinate all’esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità. 3. Resta ferma la giurisdizione del giudice ordinario per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa».
Anche in relazione a tale disposizione è intervenuta la Corte Costituzionale che, con sentenza n. 191 dell’11/05/2006 (Corte cost., Sentenza n. 191 del 11/05/2006), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 53, comma 1, d.lgs. n. 325 del 2001, trasfuso nell’art. 53, comma 1, d.P.R. n. 327 del 2001, nella parte in cui, devolvendo alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative a «i comportamenti delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti ad esse equiparati» , non esclude i comportamenti non riconducibili, nemmeno mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere.
3.6. Per completezza, occorre precisare che il vigente art. 53 d.P.R. n. 327 del 2001 statuisce come segue: «1. La tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo è disciplinata dal codice del processo amministrativo. 2. Resta ferma la giurisdizione del giudice ordinario per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa. »
All’art. 133, comma 1, lett. g), del codice del processo amministrativo (adottato con il d.lgs. n. 104 del 2010), è poi stabilito quanto segue: «1. Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, salvo ulteriori previsioni di legge: … g) le controversie aventi ad oggetto gli atti, i provvedimenti, gli accordi e i comportamenti, riconducibili, anche mediatamente, all’esercizio di un pubblico
potere, delle pubbliche amministrazioni in materia di espropriazione per pubblica utilità, ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario per quelle riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa.»
3.7. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito la portata dell’art. 34 d.lgs. n. 80 del 1998, come sostituito dall’art. 7, lett. b), l. n. 205 del 2000, in senso conforme a quanto stabilito dalla Corte costituzionale con le sentenze n. 204 del 2004 e n. 191 del 2006, contenenti declaratorie di parziale incostituzionalità, rispettivamente, dell’art. 34, cit., e dell’analoga disposizione di cui all’art. 53 d.P.R. n. 327 del 2001 nel testo vigente ratione temporis .
In particolare, le Sezioni Unite hanno evidenziato che la seconda sentenza della Corte costituzionale ha puntualizzato il senso della declaratoria d’incostituzionalità delle disposizioni di cui trattasi, nella parte in cui devolvono alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo anche le controversie relative ai ‘ comportamenti ‘ delle pubbliche amministrazioni, osservando che «nelle ipotesi in cui i ‘ comportamenti ‘ causativi di danno ingiusto -e cioè, nella specie, la realizzazione dell’opera -costituiscono esecuzione di atti o provvedimenti amministrativi (dichiarazione di pubblica utilità e/o di indifferibilità e urgenza) e sono quindi riconducibili all’esercizio del pubblico potere dell’amministrazione, la norma si sottrae alla censura di illegittimità costituzionale, costituendo anche tali ‘ comportamenti ‘ esercizio, ancorché viziato da illegittimità, della funzione pubblica della pubblica amministrazione» (Cass., Cass., Sez. U, Sentenza n. 15284 del 25/07/2016).
Ai fini, dunque, della devoluzione al giudice amministrativo delle controversie relative ai comportamenti in questione è sufficiente il collegamento della realizzazione dell’opera fonte di danno con una dichiarazione di pubblica utilità, ancorché illegittima, senza che rilevi la qualità del vizio da cui sia affetta tale dichiarazione, viceversa va-
lorizzata dalla giurisprudenza anteriore alla richiamata pronuncia della Corte costituzionale (cfr., per tutte, Cass., Sez. 1, Sentenza n. 7643 del 16/05/2003, Cass., Sez. U, Ordinanza n. 9532 del 19/05/ 2004; quanto al nuovo corso della giurisprudenza di legittimità cfr., fra le altre, oltre a Cass., Sez. U, Sentenza n. 15284 del 25/07/2016; Cass., Sez. U, Sentenza n. 3660 del 17/02/2014; Cass., Sez. U, Ordinanza n. 7938 del 29/03/2013; v. anche Cass., Sez. U, Ordinanza n. 4424 del 13/02/2023).
In tale ottica, con riferimento ad una controversia avente ad oggetto la restituzione di un suolo, ovvero il risarcimento del danno per la perdita della proprietà del medesimo, occupato d’urgenza per l’esecuzione di un intervento di edilizia residenziale pubblica, in forza di una dichiarazione di pubblica utilità, ancorché illegittima (nella specie perché priva dei termini iniziale e finale dei lavori e delle procedure di esproprio), questa Corte ha espressamente affermato la sussistenza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, stante il collegamento della realizzazione dell’opera fonte di danno con la dichiarazione suddetta, senza che rilevi la qualità del vizio da cui sia affetta quest’ultima (Cass., Sez. U, Sentenza n. 15284 del 25/07/2016).
In altre parole, le controversie risarcitorie per il danno da occupazione appropriativa iniziate in periodo antecedente al 01/07/1998 rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario, secondo l’antico criterio di riparto tra diritti soggettivi e interessi legittimi, al pari delle medesime controversie iniziate nel periodo dal 01/07/1998 al 10/08/ 2000, data di entrata in vigore della legge n. 205 del 2000, per effetto della sentenza n. 281 del 2004, della Corte costituzionale, che, ravvisando nell’art. 34 del d.lgs. n. 80 del 1998, anteriormente alla riscrittura operata con l’art. 7 della legge n. 205 del 2000, un eccesso di delega, ha dichiarato l’incostituzionalità delle nuove ipotesi di giurisdizione esclusiva. Sono, invece, attribuite alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie risarcitorie per l’occupazione
appropriativa instaurate -come quella oggetto del presente giudizio -a partire dal 10/08/2000, data di entrata in vigore dell’art. 34 del d.lgs. n. 80 del 1998, come riformulato dall’art. 7 della legge n. 205 del 2000, non già perché la dichiarazione di pubblica utilità sia di per sé idonea ad affievolire il diritto di proprietà, ma perché ricomprese nella giurisdizione esclusiva in materia urbanistico-edilizia, mentre la stessa giurisdizione è attribuita dall’art. 53 del d.P.R. n. 327 del 2001, se la dichiarazione di pubblica utilità sia intervenuta a partire dal 01/07/2003, data di entrata in vigore del d.P.R. cit. (Cass., Sez. U, Sentenza n. 3660 del 17/02/2014).
Anche laddove hanno esaminato l’ambito applicativo dell’art. 53 comma 1, d.lgs. n. 327 del 2001, le stesse Sezioni Unite hanno precisato che l’intervento operato dalla sentenza n. 191 del 2006 della Corte costituzionale comporta soltanto la devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delle controversie relative ai comportamenti delle pubbliche amministrazioni, conseguenti alla applicazione delle disposizioni del testo unico, non riconducibili, nemmeno mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere e, dunque, tenuti in carenza di potere od in via di mero fatto, mentre appartengono alla giurisdizione del giudice amministrativo quelle controversie in tema di risarcimento del danno derivante da provvedimenti che, benché impugnati per illegittimità od illiceità, sono comunque riconducibili ai poteri ablatori riconosciuti alla P.A. (Cass., Sez. U, Ordinanza n. 28343 del 22/12/2011; Cass., Sez. U, Ordinanza n. 26793 del 07/11/2008).
Alle stesse conclusioni le Sezioni Unite sono pervenute nell’applicare l’analoga disciplina introdotta dall’art. 133, comma 1, lett. g, del codice del processo amministrativo (Cass., Sez. U, Ordinanza n. 6099 del 01/03/2023; Cass., Sez. U, Ordinanza n. 31028 del 27/11/ 2019; Cass., Sez. U, Ordinanza n. 14434 del 05/06/2018; Cass., Sez. U, Sentenza n. 9334 del 16/04/2018; Sez. U, Ordinanza n. 17110 del 11/07/2017; Cass., Sez. U, Sentenza n. 8062 del 21/04/
2016; Cass., Sez. U, Ordinanza n. 12179 del 12/06/2015; Cass., Sez. U, Ordinanza n. 10879 del 27/05/2015).
Tale principio è stato espressamente affermato anche quando sia esperita l’azione avente ad oggetto la restituzione dell’immobile occupato in caso di sopravvenuta scadenza del termine di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità, trattandosi pur sempre di una domanda collegata all’esercizio di un pubblico potere in materia di espropriazione (Cass., Sez. U, Sentenza n. 32688 del 09/11/2021; Cass., Sez. U, Sentenza n. 15284 del 25/07/2016; Cass., Sez. U, Ordinanza n. 12179 del 12/06/2015).
Come pure di recente affermato, infatti, sono devolute alla giurisdizione amministrativa le domande risarcitorie riferite alle attività di occupazione e trasformazione di un bene conseguenti a una dichiarazione di pubblica utilità, ancorché il procedimento nel cui ambito esse sono state espletate non sia sfociato in un tempestivo atto traslativo o sia caratterizzato da illegittimità degli atti, mentre sono devolute alla giurisdizione ordinaria le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità di occupazione legittima dovute in conseguenza di atti ablativi, senza che rilevi la proposizione congiunta delle stesse, applicandosi il principio generale di inderogabilità della giurisdizione per motivi di connessione (Cass., Sez. U, Ordinanza n. 6099 del 01/03/2023).
In effetti, le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità di occupazione legittima dovute in conseguenza di atti ablativi, ai sensi dell’art. 53, comma 2, d.P.R. n. 327 del 2001 (nel testo vigente ratione temporis , la disposizione era al comma 3 dello stesso articolo), appartengono sempre e comunque alla giurisdizione del giudice ordinario, a nulla rilevando che la relativa domanda sia stata proposta dall’attore unitamente a quella devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo, avente ad oggetto il risarcimento del danno da perdita del bene, stante la vigenza, nell’ordinamento processuale, del principio generale di inderogabilità
della giurisdizione per motivi di connessione (Cass., Sez. U, Ordinanza n. 19877 del 20/06/2022; Cass., Sez. U, Ordinanza n. 7303 del 22/03/2017).
3.8. In applicazione dei principi sopra enunciati, tenuto conto dell’interpretazione della domanda come sopra effettuata, in base alle norme applicabili ratione temporis , deve ritenersi sussistente la giurisdizione del giudice ordinario per la parte della domanda relativa alla corresponsione dell’indennità di occupazione legittima, mentre sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo con riferimento a tutte le ulteriori domande risarcitorie e restitutorie.
3.9. Nel caso di specie, il giudice di merito ha escluso la spettanza di un diritto all’indennità derivante dall’occupazione legittima, liquidando solo il risarcimento del danno da occupazione illegittima e da perdita della disponibilità del bene, oltre a condannare alla restituzione del fondo rimasto inutilizzato, senza che le sorelle COGNOME risultino avere riproposto le domande riferite all’occupazione legittima (v. le conclusioni a p. 3 della sentenza impugnata e la descrizione dei fatti di causa delle stesse ricorrenti a p. 10 del ricorso per cassazione), sicché la materia del contendere risulta essere limitata alle domande restitutorie e risarcitorie di queste ultime, la cui cognizione deve ritenersi spettante al giudice amministrativo.
Il secondo, il terzo e il quarto motivo di ricorso devono ritenersi assorbiti dalla statuizione adottata con riferimento al primo motivo di ricorso, trattandosi di censure che attengono al merito della controversia che il giudice munito di giurisdizione è chiamato ad accertare.
In conclusione, il ricorso per cassazione deve essere respinto, con dichiarazione della giurisdizione del giudice amministrativo.
La statuizione sulle spese segue la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento,
da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso e dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo; condanna le ricorrenti al pagamento delle spese di lite sostenute dalla RAGIONE_SOCIALE, che liquida in € 3.500, 00 per compenso ed € 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge; condanna le ricorrenti al pagamento delle spese di lite sostenute dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, che liquida in € 3.000 , 00 per compenso ed € 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge; , d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 10 luglio 2025.
Il Presidente NOME COGNOME