Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4322 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4322 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: AMATORE NOME
Data pubblicazione: 19/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 18438-2016 r.g. proposto da:
AVV_NOTAIO‘AVV_NOTAIO NOME COGNOME , nato a Messina il DATA_NASCITA, residente in INDIRIZZO, CF: CODICE_FISCALE, n .q. di erede dell’AVV_NOTAIO COGNOME, nato a Messina il DATA_NASCITA, CF: CODICE_FISCALE, deceduto il 17.11.2020, rappresentato e difeso da se stesso e dall’AVV_NOTAIO.
RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione coatta amministrativa, (cod. fisc. p.i. P_IVA), in persona del legale rappresentante pro tempore Commissario liquidatore AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta in calce al controricorso, da ll’ AVV_NOTAIO, con la quale elettivamente domicilia in Roma, alla INDIRIZZO , presso lo studio dell’AVV_NOTAIO.
-controricorrente – avverso il decreto del Tribunale di Palermo, depositato in data 8 giugno 2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/1/2024 dal AVV_NOTAIO;
FATTI DI CAUSA
1.Con ricorso ritualmente depositato NOME COGNOME NOME ha proposto opposizione avvero lo stato passivo della RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione coatta amministrativa, nel cui ambito il Commissario liquidatore aveva ammesso al passivo il credito vantato dall’odierno ricorrente per euro 2.548,28, a fronte del credito richiesto per euro 94.401,28, sostenendo di essere creditore della predetta società per aver prestato in favore di quest’ultima attività di difesa e di assistenza legale. 2. Il Tribunale, in parziale accoglimento del ricorso in opposizione, ha ammesso al passivo il maggior credito di euro 22.837, in via privilegiata ex art. 2751 bis n. 2 cod. civ.
Il Tribunale ha ritenuto, per quanto ancora di interesse: (i) che le istanze istruttorie formalizzate nel corso dell ‘ udienza del 21 marzo 2016 dovevano essere dichiarate inammissibili in quanto tardive; (ii) che, con riferimento alla richiesta di produzione della documentazione allegata alla domanda di insinuazione al passivo, la stessa, ove non prodotta in allegato al ricorso in opposizione, può essere acquisita dal giudice ma solo se il ricorrente ne abbia fatto specifica richiesta in seno al ricorso, circostanza non ricorrente nel caso in esame posto che la richiesta di produzione di detta documentazione era stata formulata per la prima volta (e tardivamente) dall’opponente nella citata udienza del 21 marzo 2016; (iii) che era fondata l’eccezione di prescrizione sollevata ai sensi dell’art. 2956 cod. civ. da parte della RAGIONE_SOCIALE, in l.c.a., con riferimento alle cause contrassegnate con i numeri 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 9, 11, 12, 13, 34, 35, 36, 37 e 43, essendo trascorsi più di tre anni fra la data di definizione delle stesse e la data di presentazione della domanda di insinuazione al passivo; (iv) che non poteva valere, come atto interruttivo della prescrizione, alla luce del suo contenuto,
la nota datata 8 giugno 2010 inviata dall’opponente alla RAGIONE_SOCIALE , in quanto priva di qualsiasi richiesta di pagamento; (v) che la richiesta di deferimento di giuramento decisorio ex art. 2960 cod. civ. formulata dall’opponente non poteva essere accolta in quanto tardiva; (vi) che neanche poteva ritenersi, al fine di rigettare l’eccezione in questione, che le difese avversarie avessero confermato la mancata estinzione dell’obbligazione ai sensi dell’art. 2959 cod. civ., essendo in realtà il commissario terzo e non potendo disporre dei diritti della massa dei creditori e non potendosi perciò attribuire alle sue dichiarazioni natura confessoria; (vii) che, inoltre, era impossibile per il commissario liquidatore riferire in ordine al fatto in sé dell ‘ estinzione del debito, questione propria della società in bonis e come tale estranea all’esperienza diretta del commissario; (viii) che dovevano anche ritenersi prive di efficacia probatoria nei confronti del commissario -in quanto terzo rispetto alla società in bonis -le scritture contabili della società, stante l’inapplicabilità degli artt. 2709 e 2710 cod. civ. in sede di verifica dei crediti; (ix) che la formula indicata per il giuramento era in ogni caso inammissibile in quanto il giuramento può essere deferito al commissario non nella formula del giuramento de veritate (che presuppone la conoscenza diretta del fatto da provare), ma soltanto nella formula del giuramento de scientia (riferito, cioè, alla notizia che egli abbia di un fatto altrui), come previsto dal secondo comma del citato art. 2960 cod. civ.; (x) che, pertanto, la domanda di ammissione al passivo doveva essere respinta per i crediti professionali relativi alle cause contrassegnate con la numerazione 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 9, 11, 12, 13, 34, 35, 36, 37 e 43; (xi) che, invece, risultava sufficientemente documentata l’attività svolta dal professionista per le altre pratiche di cui ai nn. 10,14,16,17,19,21,22,23, 24, 25, 26,27,28, 29,30, 31, 32, 33, 38, 40, 41, 45, 46 e 48; (xii) che, per la determinazione del quantum , occorreva richiamare la convenzione del 4 luglio 2008, tenuto conto dell’esito della causa e del valore di quest’ultima des unto dagli atti prodotti e, in mancanza di questi atti, del valore minimo previsto dalla convenzione sopra indicata; (xiii) che occorreva invece escludere dall’ammissione al passivo i crediti professionali con riferimento alle pratiche nn. 8, 49, 50 e 51, in relazione alle
quali non risultava prodotto alcun documento; (xiv) che, in relazione alla pratica n. 47, la domanda di riconoscimento del relativo credito professionale doveva essere respinta in quanto dal verbale dell ‘ udienza del 16.4.2009 e dall ‘ ordinanza della Corte di appello di Messina del 28.5.2009 era emerso che il ricorrente non era stato il difensore della società, ma della controparte processuale RAGIONE_SOCIALE; (xv) che il credito vantato dall’opponente doveva pertanto essere ammesso per la più limitata somma di euro 22.837,50, in via privilegiata ex art. 2751 bis n. 2, oltre Iva e Cap.
Il decreto, pubblicato l’8.06.2016 , è stato impugnato da NOME COGNOME NOME con ricorso per cassazione, affidato a otto motivi, cui la RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione coatta amministrativa ha resistito con controricorso.
La controricorrente depositava memoria prima dell’adunanza camerale del 10.10.2022.
Con ordinanza interlocutoria datata il 10.10.2022, questa stessa Prima Sezione ri nviava a nuovo ruolo, stante l’ intervenuta rimessione, nella medesima camera di consiglio, al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite della questione (R.G. 25305/2015 –AVV_NOTAIO c/ RAGIONE_SOCIALE) analoga a quelle trattate nel terzo, sesto e settimo motivo dell’odierno ricorso.
Il ricorrente ha da ultimo depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 99 l. fall., nonché dell’art. 210 cod. proc. civ., sul rilievo che il Tribunale sarebbe incorso nella denunciata violazione di legge nel ritenerlo decaduto dalla produzione della documentazione allegata alla domanda di insinuazione al passivo, stante l ‘ espressa e tempestiva domanda di acquisizione formulata nel ricorso (e poi reiterata nelle note difensive del 3 febbraio 2016 e all ‘ udienza del 21.3.2016). Osserva il ricorrente che, nell’atto di opposizione allo stato passivo – dopo aver allegato l’istanza di ammissione al passivo – aveva descritto e richiamato
la documentazione ad essa allegata, così rendendola parte della stessa opposizione.
1.1 Il motivo è fondato.
1.1.1 Sul punto occorre ricordare che, secondo la consolidata giurisprudenza espressa da questa Corte, nel giudizio di opposizione allo stato passivo, l’opponente, a pena di decadenza ex art. 99, comma 2, n. 4), l.fall., deve soltanto indicare specificatamente i documenti, di cui intende avvalersi, già prodotti nel corso della verifica dello stato passivo innanzi al giudice delegato, sicchè, in difetto della produzione di uno di essi, il tribunale deve disporne l’acquisizione dal fascicolo d’ufficio della p rocedura fallimentare ove esso è custodito (Sez. 1, Sentenza n. 12549 del 18/05/2017; Sez. 1, Sentenza n. 12548 del 18/05/2017; Sez. 6-1, Ordinanza n. 26639 del 21/12/2016; Sez. 6-1, Ordinanza n. 16101 del 14/07/2014; Cass. n. 25663/2020; v. in motivazione anche Cass. n. 29282/2023).
1.1.2 Secondo gli ultimi approdi giurisprudenziali sopra ricordati -cui anche questo Collegio aderisce -deve ritenersi sufficiente che il ricorrente opponente ex art. 99 l. fall. si limiti anche solo a valorizzare, nel quadro del ricorso introduttivo, quelli che, tra i documenti già prodotti, appaiono maggiormente idonei a sostenere la propria prospettazione (perché trascurati o non adeguatamente apprezzati dal giudice delegato): una volta soddisfatta dall’opponente la condizione prescritta dalla norma circa dunque la specifica indicazione dei documenti prodotti, il Tribunale in sede di opposizione è tenuto ad acquisire i documenti in questione, seppur non prodotti nuovamente in fase di opposizione, in quanto tali documenti, una volta allegati all’originaria istanza di ammissione al passivo, ‘ rimangono nella sfera di cognizione dell’ufficio giudiziario, inteso nel suo complesso, anche in tale fase ‘ (così verbatim, Cass. ord. n. 29282/2023, cit. supra ).
1.1.3 Deve dunque concludersi nel senso che –
1.1.4 Orbene, nel caso di specie il ricorrente aveva compiutamente descritto nel ricorso in opposizione (cfr. fol. 8 del ricorso per cassazione) i documenti -già prodotti nella fase di ‘verifica amministrativa’ innanzi al Commissario liquidatore dei quali aveva preteso l’acquisizione officiosa nel corso de l giudizio di opposizione, così dovendosi ritenere, secondo i principi giurisprudenziali sopra richiamati, integrata la condizione necessaria e sufficiente affinché il Tribunale disponesse la loro acquisizione al fascicolo processuale, documenti dunque che sarebbero stati fruibili per la decisione del giudizio.
Va aggiunto che quanto poi precisato dal ricorrente opponente nel corso dell’ udienza del 21.3.2016 rappresentava solo una specificazione dell’esercizio di una prerogativa difensiva già introdotta con il ricorso ex art. 99 l. fall. e coerente, peraltro, con il requisito di tempestività preteso da ll’art.99 , comma 2, n. 4 l.f.
Del resto quanto sin qui affermato si pone in continuità con il più generale principio di non dispersione della prova documentale, affermato anche da questa Corte di legittimità, nella sua massima espressione (Cass. Sez. U., Sentenza n. 4835 del 16/02/2023).
1.1.5 Da ultimo, preme al Collegio chiarire che i principi sin qui richiamati in tema di acquisizione della prova documentale nel giudizio di opposizione allo stato passivo, espressamente affermati dalla giurisprudenza di questa Corte nel giudizio regolato dagli artt. 98 e 99 l. fall. per la procedura fallimentare, possono essere applicati anche al giudizio di opposizione allo stato passivo regolato dall’art. 209 l. fall. per la ‘formazione dello stato passivo’, in seno alla diversa procedura di liquidazione coatta amministrativa, governata dagli artt. 194 e segg. l. fall., come peraltro nella fattispecie concreta qui oggi in esame.
In tal senso, depone, in primo luogo, il dettato normativo da ultimo richiamato, ove, all’art. 209 l. fall., dispone espressamente, al secondo comma, che ‘ Le impugnazioni, le domande tardive di crediti e le domande di rivendica e di restituzione sono disciplinate dagli articoli 98, 99, 101 e 103, sostituiti al giudice delegato il giudice istruttore ed al curatore il commissario liquidatore ‘.
Deve dunque ritenersi che l’espresso richiamo alla normativa dettata dall’art. 99 l. fall., al di là della mera sostituzione lessicale del ‘curatore’ con il ‘commissario liquidatore’, valga come sicuro indice interpretativo per far ritenere applicabili all a ‘formazione dello stato passivo’ , prevista dall’art. 209 l. fall. per la l.c.a., non solo i principi normativi dettati dall’art. 99 l. fall. per la regolazione e la scansione processuale del giudizio di opposizione, ma anche quelli esegetici dettati dalla giurisprudenza di questa Corte in tema di acquisizione della prova, compresi quelli in tema di prova documentale nella ipotesi in cui quest’ultima fosse stata già versata dalle parti ovvero acquisita officiosamente, in caso di liquidazione coatta, nel corso della fase amministrativa di verifica dei crediti innanzi al commissario.
Del resto, ritiene il Collegio che non risulta di ostacolo a questa integrale equiparazione normativa neanche l’ontologica differenza strutturale tra le due procedure: l’una, quella propriamente fallimentare, ove alla prima fase di verifica – avente natura giurisdizionale di cognizione (seppur sommaria) innanzi al g.d. segue la fase di ‘impugnazione’ (latamente intesa) , innanzi al Tribunale, ai sensi degli artt. 98 e 99 l. fall.; l’altra, quella di liquidazione coatta amministrativa, ove, invece, la prima fase si svolge non già innanzi al giudice delegato, bensì innanzi al commissario liquidatore (con la conseguente natura amministrativa e non già giurisdizionale dei relativi accertamenti e la specificità della procedura caratterizzata dall’inoltro dei documenti al commissario e la formazione officiosa dello stato passivo ex art.209 l.f), che si conclude con la formazione di un ‘ elenco dei crediti ammessi e respinti …’, cui segue la fase impugnatoria giurisdizionale innanzi al Tribunale, sempre regolata dalle medesime disposizioni normative (artt. 98 e 99 l. fall.).
Va infatti osservato che, al di là di tali ontologiche differenze strutturali, il deposito, nella ‘fase amministrativa’ innanzi al commissario liquidatore , della documentazione giustificativa dei crediti ovvero l’acquisizione officiosa della stessa da parte del commissario, fa sì che tale documentazione rientri pur sempre nella ‘ nella sfera di cognizione dell’ufficio giudiziario, inteso nel suo complesso (così, Cass. n. 29282/2023, cit. supra ), ove si celebra il successivo giudizio di opposizione, per come disciplinato dall’art. 99 l. fall., posto che, ai sensi dell’art. 209 l. fall., il commissario liquidatore è pur sempre tenuto a depositare, all’esito delle verifiche officiose, ‘ l’elenco dei crediti ‘ presso la ‘ cancelleria del luogo ove l’impresa ha la sede principale ‘, con la conseguenza che il Tribunale, nel susseguente giudizio oppositivo, ben potrà acquisire officiosamente la documentazione indicata dagli opponenti nel ricorso ex art. 99, secondo comma, n. 4, l. fall., e già nella disponibilità del commissario liquidatore per la precedente fase di accertamento dei crediti. In tal senso, la cognizione di appartenenza va correlata all’organo investito del ‘procedimento’ di verifica ed esame dei crediti, ancorché non rivestente qualità giurisdizionale ma esplicante la medesima attività funzionale.
Occorre pertanto affermare il seguente principio di diritto:
‘ Ai sensi del combinato disposto degli artt. 99 e 209 l. fall., anche nella procedura di formazione dello stato passivo della liquidazione coatta amministrativa, nel susseguente giudizio di opposizione , l’opponente, a pena di decadenza ex art. 99, comma 2, n. 4), l.fall., deve soltanto menzionare nel ricorso avanti al giudice -ed in termini specifici – i documenti di cui intende avvalersi, quali già prodotti nel corso della verifica amministrativa dei crediti innanzi al commissario liquidatore, sicché, in difetto della produzione di uno di essi, il tribunale, in presenza di detto richiamo non generico, deve disporne l’acquisizione dalla documentazione già detenuta dal commissario liquidatore in relazione alla precedente fase di accertamento e al relativo procedimento ‘.
Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2956 cod. civ., ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., sul rilievo che il Tribunale avrebbe errato nell’accogliere l’ eccezione di prescrizione per una parte dei crediti insinuati che in realtà non sarebbe
applicabile al rapporto oggetto del presente giudizio. Si evidenzia che per giurisprudenza consolidata le prescrizioni presuntive, trovando applicazione unicamente ai rapporti che si svolgono senza formalità ove il pagamento suole avvenire senza dilazione, non operano se il credito trae origine da contratto stipulato per iscritto. Osserva ancora il ricorrente che, nel caso di specie, risulterebbe dagli atti di causa che il rapporto negoziale intercorso tra le parti non possa rientrare tra quelli che si svol gono ‘ senza formalità ‘ posto che ogni singola fase dell’incarico era stata preceduta, accompagnata e seguita da rigorosi iter burocratici e formali, come dimostrato per tabulas dalla convenzione del 4.7.2008, citata e data per incontestata dallo stesso Tribunale, e che prevedeva espressamente il conferimento per iscritto di ogni singolo incarico, periodiche comunicazioni sullo stato di ogni singolo procedimento, accompagnate da una prognosi attendibile circa l’esito dello stesso, l ‘ analitica e dettagliata modalità di calcolo e liquidazione dei compensi, anche con riferimento all ‘ eventualità in cui la liquidazione giudiziale fosse più vantaggiosa di quella oggetto di pattuizione tra le parti. Osserva ancora il ricorrente che la detta convenzione prevedeva anche una dilazione di pagamento dei compensi ad un termine non inferiore a t renta giorni dall’invio della fattura da parte del professionista, e dunque esattamente l’opposto di quello che la giurisprudenza individuava come oggetto esclusivo delle prescrizioni presuntive.
2.1 Il motivo -così articolato -è inammissibile per genericità di formulazione e per difetto di autosufficienza ex art. 366, 1 comma, n. 6, e 369, 2 comma, n. 4, cod. proc. civ.
2.1.1 E pur vero che secondo la giurisprudenza di legittimità le prescrizioni presuntive, trovando ragione unicamente nei rapporti che si svolgono senza formalità, dove il pagamento suole avvenire senza dilazione né rilascio di quietanza, non operano per il credito che trae origine da un contratto stipulato in forma scritta, mentre riprendono la loro ordinaria operatività per la parte del credito derivante dall’esecuzione di prestazioni che non hanno fondamento nel documento contrattuale (Sez. 2, Ordinanza n. 10379 del 30/04/2018;Cass. n. 13707 del 22/05/2019; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 34639
del 16/11/2021; Sez. 2, Ordinanza n. 789 del 12/01/2022); tuttavia il ricorrente ha omesso di depositare, ai sensi dell’art. 369, 2 comma, n. 4, cod. pro. civ., unitamente al ricorso, la convenzione del 4 luglio del 2008 ove -secondo la stessa descrizione del ricorrente -il rapporto contrattuale di mandato professionale sarebbe stato formalizzato per iscritto, anche con la previsione di dilazione di pagamenti dei crediti maturati.
Ebbene, se è vero che, per un verso, della predetta convenzione contrattuale si dà atto anche nel provvedimento impugnato, tuttavia il suo contenuto sarebbe dovuto essere riportato integralmente nel corpo del ricorso per cassazione , ai sensi dell’art. 366, primo comma, nn. 3 e 6, c.p.c., e sarebbe dovuto essere allegato al ricorso stesso, onde consentire a questa Corte di apprezzarne l’integrale contenuto, al fine di verificare la fondatezza della lamentata violazione di legge. Né il ricorrente ‘localizza’ il documento all’interno del fascicolo processuale, come produzione allegata e dedotta nella fase di merito del giudizio.
Occorre ora esaminare congiuntamente il terzo, sesto e settimo motivo che riguardano l’esame di questioni tra loro strettamente connesse.
3. Con il terzo motivo si censura, infatti, il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione degli artt. 2956, 2959 e 2960. Si osserva che l’eccezione di prescrizione presuntiva, presupponendo l’intervenuto pagamento, non consente contestazione alcuna in ordine all’esistenza del credito azionato neppure in relazione a parte degli importi richiesti, con la conseguenza che l’ammissione di non aver estinto il debito da parte del debitor e (che comporta il rigetto dell ‘ eccezione di prescrizione presuntiva) può risultare anche per implicito dalla contestazione da parte del debitore stesso dell’entità della somma richiesta, principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità e comunque applicabili anche nelle ipotesi in cui l’eccezione in esame sia stata sollevata dal curatore fallimentare ovvero -come nel caso in esame -dal commissario liquidatore. Osserva ancora il ricorrente che, nelle ipotesi qui in discussione, gli unici strumenti di cui dispone il creditore – a fronte dell’eccezione di cui all’art. 2956 cod. civ. -sono quelli previsti
rispettivamente dagli artt. 2959 cod. civ. (ammissione di controparte che l’obbligazione si sia estinta) e 2960 (deferimento giuramento decisorio), con la conseguenza che non può sostenersi che la prescrizione presuntiva sia sempre e comunque nella disponibilità del creditore e, per altro verso, non può precludersi al creditore di giovarsi di uno degli unici due strumenti accordati dal legislatore per superare l’eccezione stessa. Si osserva che la comparsa di costituzione e risposta della RAGIONE_SOCIALE in l.c.a., nel giudizio di opposizione allo stato passivo, conteneva diverse contestazioni non soltanto della quantificazione dei crediti azionati, ma anche dell’espletamento dell’attività professionale (cfr. pag. 6 della detta comparsa), con la conseguenza che, per quanto sopra osservato, una simile impostazione difensiva sarebbe risultata ontologicamente incompatibile con l’eccezione di prescrizione presuntiva e che emergerebbe chiaramente l’ illegittimità della statuizione giudiziale impugnata laddove la stessa aveva rilevato ‘ … l’impossibilità del Commissario liquidatore di riferire in ordine al fatto in sé dell’estinzione del debito, condotta prop ria della società in bonis e come tale estranea all’esperienza diretta del commissario …’.
3.2 Il sesto mezzo denuncia, inoltre, con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 233 cod. proc. civ., sul rilievo che il Tribunale di Palermo avrebbe errato nel ritenere tardiva l’ist anza istruttoria volta ad ammettere il richiesto giuramento decisorio ex art. 2960 cod. civ. Osserva infatti il ricorrente che il giuramento decisorio potrebbe essere deferito in ogni stato e grado del processo, anche per evidenti finalità deflazionistiche ed è peraltro la stessa norma processuale sopra indicata ad evidenziare la possibilità di deferimento del giuramento ‘in qualunque stato della causa’. Evidenzia il ricorrente che la predetta istanza istruttoria era stata comunque avanzata nella memoria de l 3 febbraio 2016 che, rappresentando un’appendice scritta della prima udienza, sarebbe dovuta essere considerata strumento idoneo e tempestivo per avanzare la richiesta in esame.
3.3 Con il settimo motivo si deduce, sempre ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., vizio di violazione e falsa applicazione degli artt.
2736, 2739 e 2960 cod. civ., sul rilievo che il Tribunale avrebbe comunque errato nel ritenere il giuramento decisorio inammissibile in relazione alla formula adottata perché articolato come giuramento de veritate e non de scientia . Osserva ancora il ricorrente che un eventuale difetto di formulazione del giuramento sarebbe potuto essere facilmente superato da una modifica dello stesso tramite anche l’intervento del giudice.
4. I tre motivi -che precedono -possono essere esaminati congiuntamente – e vanno accolti, per quanto di ragione, secondo i principi affermati da Cass. 20602/2022, per come, poi, confermati ed integrati dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. Sez. U, Sentenza n. 25442 del 29/08/2023).
È stato infatti espressamente affermato, nell’arresto da ultimo ricordato, che ‘ in tema di accertamento del passivo fallimentare, qualora, in sede di controversia insorta per il rigetto della ammissione di un credito, maturato in forza di un rapporto riconducibile alla previsione dell’art. 2956, comma 1, n. 2, c.c., sia eccepita dal curatore la prescrizione presuntiva del credito e il creditore deferisca giuramento decisorio, la dichiarazione del curatore di non sapere se il pagamento sia avvenuto o meno produce gli effetti del mancato giuramento ‘(cfr. in senso conforme: Cass. 20602 -2022, cit. supra ).
4.1 Va infatti ricordato – in termini ricostruttivi – che, secondo il precedente e risalente consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte, nel giudizio di opposizione allo stato passivo, il curatore, in quanto terzo rispetto al fallito e privo della capacità di disporre del diritto controverso, non poteva essere sollecitato alla confessione su interrogatorio formale con riferimento a vicende solutorie attinenti all’obbligazione dedotta in giudizio, né gli era deferibile il giuramento decisorio (cfr. Sez. 1, Sentenza n. 15570 del 24/07/2015; vedi anche: n. 3573 del 2011, n. 25286 del 2013).
4.2 Tuttavia, è stata per prima Cass. n. 20602/2022, cit. supra , a superare il precedente consolidato orientamento, affermando che, a fronte dell’insinuazione al passivo fallimentare di un credito maturato in forza di un rapporto riconducibile alla previsione dell’articolo 2956, n. 2, c.c., eccepita dal curatore fallimentare la prescrizione presuntiva e deferitogli dal preteso creditore il giuramento decisorio, la dichiarazione del curatore di non essere
a conoscenza se il pagamento sia avvenuto o meno, costituisce mancato giuramento. Secondo tale decisione se si ritiene che il curatore sia legittimato a sollevare l’eccezione di prescrizione presuntiva, deve conseguentemente ritenersi che al medesimo soggetto possa anche essere deferito il giuramento decisorio – sia pure con una formulazione adattata al ruolo ricoperto -, e ciò in quanto, diversamente argomentando, l’eccezione di prescrizione presuntiva si trasformerebbe in un mezzo di prova insuscettibile di prova contraria.
4.3 Su tali premesse la Prima Sezione di questa Corte si era pertanto espressa nel senso della possibilità di deferire al curatore fallimentare, ancorché limitando tale possibilità al solo giuramento de scientia o de notitia , e non anche al giuramento de veritate (così, sempre Cass. 20602/2022, cit. supra ). Si è, dunque, concluso nel senso che il curatore non possa essere chiamato a giurare su un fatto personale (giuramento de veritate ) ammettendosi, al contrario, che lo stesso possa essere chiamato a giurare su un fatto altrui di cui abbia conoscenza (giuramento de scientia o de notitia ).
4.4 L’opzione esegetica da ultimo illustrata è stata ora integralmente confermata nell’arresto delle Sez. Un. sopra ricordato ( Cass. Sez. U, Sentenza n. 25442 del 29/08/2023), in relazione ai cui principi -qui riaffermati anche da questo Collegio -deve essere pertanto riletta la vicenda processuale in esame, con conseguente cassazione del decreto impugnato e rinvio al giudice a quo .
4.5 L’ammissibilità del mezzo istruttorio sopra descritto (giuramento decisorio), secondo gli ultimi approdi interpretativi ora ricordati, presuppone inoltre la fondatezza delle ulteriori censure articolate dal ricorrente di carattere processuale, quanto alla tempestività della relativa richiesta istruttoria (in quanto il giuramento è deferibile, ai sensi dell’art. 233, primo comma, c.p.c., ‘in qualunque stato della causa’) e quanto alla possibilità di modifica da parte del giudice della formula di giuramento, espressamente prevista dall’art. 236 c.p.c.
L’accoglimento dei sopra esposti motivi determina l’assorbimento del quarto e quinto motivo di ricorso.
5.1 Il quarto mezzo denuncia, infatti, sempre ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2944 cod. civ., sul rilievo che il Tribunale avrebbe errato nel ritenere che la nota dell’8 giugno 2010 inviata alla società debitrice non valesse ad interrompere la prescrizione in quanto ritenuta mancante di qualsiasi richiesta di pagamento.
5.2 Il quinto motivo deduce, invece, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2957 cod. civ., sempre in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., sul rilievo che il Tribunale avrebbe ulteriormente errato in ordine al momento di decorrenza della prescrizione.
6 . L’ottavo mezzo denuncia, infine, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione degli artt. 112, 115 e 116 cod. proc. civ., e 2700 cod. civ.
6.1 Ricorda il ricorrente che, in relazione alla pratica n. 47, la domanda di riconoscimento del relativo credito professionale era stata rigettata dal Tribunale in quanto dal verbale della udienza del 16.4.2009 e dall ‘ ordinanza della Corte di appello di Messina del 28.5.2009 sarebbe emerso -secondo l’opinamento dei giudici del merito che egli ricorrente non sarebbe stato il difensore della società ma della controparte RAGIONE_SOCIALE Tale statuizione giudiziale sarebbe doppiamente errata, sia perché il Tribunale avrebbe deciso senza che sulla detta questione fosse stata sollevata eccezione da parte della società in RAGIONE_SOCIALE sia perché il materiale probatorio sarebbe stato valutato in modo difforme dalle regole vincolanti in materia.
6.2 Si evidenzia, ancora, che, in ordine alla pratica n. 47, la società RAGIONE_SOCIALE non aveva mai sollevato alcuna eccezione in ordine all ‘ esistenza di un mandato professionale in suo favore, attenendo le contestazioni ad altri profili della prova del credito, con ciò incorrendo il Tribunale nella violazione dell’art. 112 cod. proc civ. per la ragione di aver pronunciato d’ufficio su eccezi oni non sollevate dalla parte e nella violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., per non aver posto a fondamento della decisione fatti non specificatamente contestati dalle parti.
6.3 Osserva ancora il ricorrente che, nell’allegato 69, aveva prodotto nel giudizio di opposizione la copia dei verbali di udienza e di una ordinanza della Corte di appello di Messina da cui si sarebbe evinto l’errore in cui era incorso il Tribunale e che sarebbe stato determinato da un refuso di stampa del verbale ove erano state invertite le parti processuali del giudizio. Ciò determinerebbe -secondo il ricorrente -anche la violazione dell’art. 116 cod. proc. civ.
6.4 L ‘ ottavo e ultimo motivo è inammissibile perché volto ad un nuovo apprezzamento delle prove, scrutinio che non è invece sindacabile nel giudizio di legittimità.
Occorre subito sgombrare il campo dall’equivoco generato dal motivo in esame, posto che non è rintracciabile in alcun modo una ultrapetizione, come tale denunciabile ai sensi dell’art. 112 cod. proc. civ., ovvero una violazione del principio di non contestazione governato dall’art. 115 cod. proc. civ. , laddove il giudice del merito si sia in realtà limitato – come avvenuto nel caso in esame – ad esaminare le prove dedotte dalle parti (nella specie, la prova documentale) e a ricavarne il convincimento della mancata dimostrazione dei fatti costitutivi del credito di cui si chiedeva la tutela giurisdizionale.
Quello denunciato è in realtà un errore percettivo del giudice del merito, che avrebbe dovuto trovare tutela, ai sensi dell’art. 395, n. 4, cod. proc. civ., in altro ambito giudiziale.
Il motivo così articolato va dunque dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo, terzo, sesto e settimo motivo di ricorso; dichiara inammissibili il secondo e l’ ottavo; dichiara assorbiti il quarto e quinto; cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Palermo che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, il 17.01.2024