Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 21407 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 21407 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 22011-2024 proposto da:
NOME COGNOME NOME COGNOME rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
COGNOME
– intimati –
avverso la sentenza n. 2552/2024 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 10/07/2024 R.G.N. 2726/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Roma, in parziale difformità de provvedimento del giudice di
Oggetto
MEZZI DI PROVA
R.G.N. 22011/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 05/06/2025
CC
prime cure, ha accolto la domanda di NOME COGNOME e di NOME COGNOME di riconoscimento, nei confronti di NOME COGNOME e di NOME COGNOME, della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato per lo svolgimento dei servizi domestici, nel periodo 1.7-30.9.2020, con conseguente condanna al pagamento di euro 424,89 per ciascun dipendente. 2. Per la cassazione della sentenza propongono ricorso i lavoratori con due motivi, illustrati da memoria. Le controparti sono rimaste intimate.
Al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso si deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 292 e 152 c.p.c. avendo, la Corte territoriale, erroneamente dichiarato la decadenza delle parti (all’udienza del 12.6.2024) in conseguenza della mancata notifica dell’ordinanza di ammissione del giuramento decisorio nel termine fissato dai giudici di merito: invero, la mancata notifica dell’ordinanza ammissiva del giuramento decisorio non determinava la decadenza del deferente dalla facoltà di farlo assumere, dovendosi considerare i termini di cui all’art. 237 c.p.c. ( rectius 437 c.p.c.) solamente ordinatori in difetto di un’espressa disposizione che li dichiari perentori, facoltà che nel caso di specie -la Corte territoriale non poteva esercitare in quanto in tale materia non è espressamente consentito.
Con il secondo motivo di ricorso si deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 233 e 345 c.p.c. avendo, la Corte territoriale, erroneamente escluso di ammettere il giuramento decisorio nuovamente richiesto all’udienza del 26.6.2024.
Il ricorso non è fondato.
In disparte i pur decisivi profili di difetto di specificità, mancando del tutto la trascrizione dei provvedimenti adottati dalla Corte di appello, dei verbali di udienza (3 aprile, 12 e 26 giugno 2024), dei capitoli del giuramento decisorio, della reiterata richiesta di ammissione del giuramento di cui si lamenta l’erronea adozione, va sottolineato che in base al combinato disposto degli artt. 233, 437, secondo e terzo comma, e 356, primo comma, c.p.c. la parte può deferire, in ogni momento, il giuramento decisorio, anche in grado di appello.
Qualora il collegio, in sede di appello, ammetta la nuova prova (in specie, il giuramento decisorio), pronuncia ordinanza fissando (entro il termine ordinatorio di venti giorni) l’udienza nella quale la prova deve essere assunta. Il giudice, come espres samente previsto dall’art. 356, primo comma, c.p.c., provvede a norma degli artt. 191 e ss. c.p.c. (ossia in base alle disposizioni contenute nella Sezione III, dedicata all’istruzione probatoria); in particolare, in detta Sezione l’art. 208 c.p.c. prevede la decadenza dall’assunzione ove la parte su istanza della quale deve iniziare la prova non si presenti (salvo che la controparte non richieda l’assunzione) e prevede, inoltre, la possibilità di richiedere la revoca dell’ordinanza di decadenza, provvedime nto che può essere adottato dal giudice ‘quando riconosce che la mancata comparizione è stata cagionata da causa non imputabile alla stessa parte’.
Il combinato disposto di tali norme rende, dunque, chiara la volontà legislativa di attuare il principio di celerità del giudizio, obiettivo che non può essere frustato dalla inerzia delle parti, pur nel rispetto del principio del contraddittorio e del diritto di
difesa, garantiti, nel caso di specie, dalla possibilità di deferire il giuramento decisorio anche in grado di appello.
Ebbene, nel caso di specie, la Corte territoriale ha correttamente applicato le regole processuali: invero, come indicato nella sentenza impugnata, i lavoratori hanno deferito -in sede di appello -il giuramento decisorio e la Corte territoriale (all’ud ienza del 3.4.2024) ha fissato, con ordinanza letta in udienza (dunque, non suscettibile di comunicazione alle parti, le quali -se allontanatesi avevano l’onere di leggere il verbale di udienza), la data del 12.6.2024 per l’assunzione; alla suddetta udienza di giugno 2024, tuttavia, nessuno è comparso; alla successiva udienza del 26.6.2024 non risulta che la parte interessata abbia chiesto la revoca dell’ordinanza di decadenza né che abbia giustificato la mancata comparizione alla precedente udienza. Il provvedimento di decadenza è stato, pertanto, correttamente adottato dalla Corte territoriale in considerazione non solo della mancata comparizione della parte interessata all’udienza fissata per espletare la prova ma, altresì, per la mancata esplicitazione di eventuali impedimenti che avevano determinato l’assenza all’udienza fissata per l’incombente.
In conclusione, il ricorso va rigettato; nulla sulle spese in assenza della costituzione delle controparti.
Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei
ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5 giugno