Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3943 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 3943 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 13/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11874/2022 R.G. proposto da: COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) -ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BOLOGNA n. 132/2022 depositata il 21/01/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/12/2023 dal Consigliere COGNOME NOME.
FATTI DI CAUSA
Il giudizio trae origine dalla domanda con la quale l’RAGIONE_SOCIALE chiese la condanna di NOME COGNOME e NOME COGNOME, in qualità di soci della RAGIONE_SOCIALE, al pagamento di € 422.342,16, previa declaratoria della legittimità del recesso per giusta causa dal contratto di RAGIONE_SOCIALE. La domanda trovava fondamento nel riscontro di numerosi ammanchi segnalati nel corso di un’ispezione.
Si costituì NOME COGNOME ed eccepì la carenza di legittimazione attiva della RAGIONE_SOCIALE per effetto della fusione per incorporazione della RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE, avvenuta con atto per notar COGNOME del 31.12.2013, cui era seguita la cessione del 24.4.2014 alla RAGIONE_SOCIALE A riprova dell’eccezione di carenza della legittimazione passiva della RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME produsse l’elenco dei rapporti ceduti, deducendo che in essi era compreso il contratto di RAGIONE_SOCIALE con la società RAGIONE_SOCIALE.
Il Tribunale di Bologna rigettò la domanda.
La Corte d’appello di Bologna, con sentenza del 21.1.2022 confermò la decisione di primo grado.
Nel corso del giudizio d’appello, NOME COGNOME COGNOME decisorio de veritate al legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE e, in subordine COGNOME decisorio de scientia sulla circostanza che l’RAGIONE_SOCIALE, avente codice n.7245,
fosse stata ceduta all’RAGIONE_SOCIALE unitamente ad altra RAGIONE_SOCIALE con sede in Paduli avente codice identificativo n.NUMERO_DOCUMENTO.
La Corte d’appello dichiarò inammissibile il COGNOME deferito sotto entrambe le formule, sia perché la circostanza della cessione dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE unitamente ad altra RAGIONE_SOCIALE era stata dedotta per la prima volta in appello ( Cass. 21073/2015 ; Cass.2250/95), sia perché il COGNOME non era idoneo a definire la controversia, in considerazione delle prove documentali acquisite in giudizio, che dimostravano come il contratto di RAGIONE_SOCIALE con RAGIONE_SOCIALE non era stato oggetto di cessione.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso COGNOME NOME sulla base di un motivo.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.
In prossimità della camera di consiglio, il ricorrente ha depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso, si deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, con riferimento al COGNOME decisorio de veritate e de scientia deferito all’udienza del 13.4.2021 al legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, con atto del 15.3.2021. Sarebbe, inoltre, inammissibile l’implicito rigetto della richiesta di COGNOME in quanto non sorretta da adeguata motivazione.
Il motivo è inammissibile.
Ai sensi dell’art.360, comma 1, n.5 c.p.c., è deducibile in cassazione l’omesso esame di un fatto storico deducibile in giudizio e non anche l’omessa pronuncia su una richiesta di prova.
Nel caso di specie, peraltro, la Corte d’appello ha ampiamente motivato in ordine alle ragioni di inammissibilità del COGNOME decisorio de veritate e de scientia deferito al legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, spiegando che la circostanza della cessione dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE unitamente ad altra RAGIONE_SOCIALE era stata dedotta per la prima volta in appello; inoltre, il COGNOME non era idoneo a definire la controversia, in considerazione delle prove documentali acquisite in giudizio, che dimostravano come il contratto intercorso tra la RAGIONE_SOCIALE e la società RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE non era stato oggetto di cessione.
La motivazione si sottrae al vizio di apparenza o di incomprensibilità in quanto spiega in modo diffuso le ragioni dell’inammissibilità del mezzo istruttorio, ben oltre il minimo costituzionale richiesto dall’art.132 c.p.c.
Il ricorso va, pertanto, rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del DPR 115/2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art.13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di
legittimità, che liquida in €7800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 -bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione