Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 19980 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 19980 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 17/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18944/2021 R.G. proposto da :
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrente-
contro
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende; -controricorrente- avverso SENTENZA di TRIBUNALE CASTROVILLARI n. 87/2021 depositata il 21/01/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/11/2024 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’Avv. NOME COGNOME chiese al Giudice di Pace di Castrovillari di ingiungere a NOME COGNOME il pagamento della somma di € 2.896,40, a titolo di compenso per l’attività stragiudiziale svolta in suo favore. Il ricorrente dedusse di aver prestato la propria consulenza in favore del COGNOME e, all’esito dell’attività svolta, di avere consigliato, per l’eventuale fase contenziosa, di rivolgersi all’Avv. NOME COGNOME in ragione della sua età avanzata e perché l’azione giudiziaria coinvolgeva un giudice della circoscrizione del Tribunale di Castrovillari.
Emesso il decreto, NOME COGNOME propose opposizione, resistita dall’Avv. NOME COGNOME.
Innanzi al Giudice di Pace, l’Avv. COGNOME deferì giuramento decisorio al COGNOME ed articolò prova testimoniale per dimostrare di aver svolto attività in favore dell’opponente, avendo predisposto un ricorso per sequestro conservativo, formalmente sottoscritto dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME.
Il Giudice di pace ammise la prova per testi, senza provvedere sull’ammissione del giuramento decisorio e, all’esito dell’istruttoria, accolse l’opposizione, ritenendo che l’Avv. COGNOME non avesse diritto al compenso perché la prestazione professionale era stata resa a titolo gratuito nell’ambito di un rapporto di amicizia con NOME COGNOME
L’Avv. NOME COGNOME propose appello innanzi al Tribunale di Castrovillari, deferendo nuovamente giuramento decisorio a NOME COGNOME
Il Tribunale di Castrovillari rigettò l’appello.
Quanto alla richiesta di giuramento decisorio, osservò che la richiesta del mezzo istruttorio era inammissibile perché non reiterata all’udienza di precisazione delle conclusioni innanzi al Giudice di Pace.
Nel merito, il Tribunale, pur avendo accertato la disponibilità, da parte dell’Avv. COGNOME, della bozza di un ricorso per sequestro conservativo, sulla base del testamento pubblico della congiunta del cliente, NOME COGNOME e della procura generale della medesima in favore di NOME COGNOME escluse che il possesso di tale documentazione costituisse prova del conferimento dell’incarico professionale in suo favore.
L’Avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del Tribunale di Castrovillari sulla base di quattro motivi.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.
In prossimità della camera di consiglio, il controricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Deve essere, in primo luogo, rigettata la richiesta di interruzione del giudizio per morte dell’Avv. NOME COGNOME in quanto nel giudizio di cassazione, dominato dall’impulso d’ufficio, non trova applicazione l’istituto della interruzione del processo per uno degli eventi previsti dagli artt. 299 e ss. c.p.c., sicché, una volta instaurato il contraddittorio con la notifica del ricorso, la morte di una delle parti non produce l’interruzione del giudizio (Cass. 23/03/2017, n. 7477; Cassazione sez. III, 03/12/2015, n. 24635; Cass. 13/10/2010, n. 21153).
Infondata è, poi, l’eccezione di inammissibilità del ricorso per non essere i difensori abilitati al patrocinio davanti alla Corte di Cassazione per essere l’Avv. COGNOME iscritto nell’elenco degli avvocati cassazionisti.
Passando al merito, con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e 111 Cost., per
omessa pronuncia sul motivo d’appello con cui era stato dedotto il difetto di motivazione della sentenza di primo grado.
Il motivo è inammissibile perché la censura investe la sentenza di primo grado e non la sentenza d’appello che ha effetto integralmente sostitutivo. Peraltro, il giudice di appello (v. pag. 4 della decisione impugnata) nel riconoscere che il Giudice di pace non aveva motivato sulla mancata ammissione del giuramento decisorio, ha chiarito che si trattava in ogni caso di prova non specificamente richiesta in sede di precisazione delle conclusioni, per cui non poteva essere richiesta in sede di gravame. E siffatta argomentazione non ha formato oggetto di specifica critica in sede di legittimità.
Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per omessa pronuncia sull’eccezione di inammissibilità della prova testimoniale per violazione dell’art. 244 c.p.c., in relazione alla prova testimoniale formulata dall’opponente in quanto i capitoli di prova non sarebbero stati indicati separatamente.
Il motivo è inammissibile. Va anzitutto rammentato che il vizio di omessa pronuncia non è prospettabile in relazione a domande o eccezioni diverse da quelle di merito; infatti, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, «il mancato esame da parte del giudice, sollecitatone dalla parte, di una questione puramente processuale non può dar luogo al vizio di omessa pronunzia, il quale è configurabile con riferimento alle sole domande di merito, e non può assurgere quindi a causa autonoma di nullità della sentenza, potendo profilarsi al riguardo una nullità (propria o derivata) della decisione, per la violazione di norme diverse dall’art. 112 cod. proc. civ., in quanto sia errata la soluzione implicitamente data dal giudice alla questione sollevata dalla parte» (Cass. n. 21424 del 2014; Cass. n. 7406 del 2014; Cass. sez. III,
11/07/2023, n. 19661). Nella specie, il rigetto della domanda attorea implica ovviamente anche il rigetto delle prove articolate. La contestuale censura volta a contestare la correttezza di tale (implicita) valutazione è dunque inammissibile.
Con il terzo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 c.p.c. e 111 Cost, in relazione all’art.360, comma 1, n. 3 c.p.c., per omessa pronuncia sulla richiesta di deferimento del giuramento decisorio perché la richiesta, avanzata innanzi al Giudice di Pace, sarebbe stata reiterata all’udienza di precisazione delle conclusioni del 15.1.2014, nella quale si sarebbe fatto riferimento alla memoria del 23.3.2013 ed alle prove indicate all’udienza del 28.10.2013. Il ricorrente lamenta inoltre che il Giudice di pace abbia trattenuto la causa in decisione nonostante il teste COGNOME non fosse comparso a rendere la propria testimonianza per legittimo impedimento, sostenendo che il Tribunale doveva disporre il rinvio della causa ad altra udienza.
Il motivo è infondato ma la motivazione della sentenza deve essere corretta ai sensi dell’art. 384 c.p.c.
Il Tribunale ha rigettato la richiesta di giuramento decisorio perché, pur essendo stata proposta in primo grado, non era stata reiterata all’udienza di precisazione delle conclusioni innanzi al Giudice di pace.
L’affermazione è errata in quanto il giuramento decisorio può essere deferito, ai sensi dell’art.233 c.p.c., in ogni stato e grado del giudizio, sicchè l’affermazione del primo giudice che ha richiesto la reiterazione dell’istanza all’udienza di precisazione delle conclusioni non può essere condivisa.
Ferma restando l’ammissibilità del giuramento sotto il profilo dell’assenza di preclusioni processuali, rileva il Collegio come l’inammissibilità del giuramento debba essere confermata sotto il profilo della sua formulazione.
I capitoli del giuramento decisorio, riportati nella parte relativa allo svolgimento del processo dal capo 10 al capo 30 e non nel corpo del motivo, non sono formulati in modo che il destinatario possa, a sua scelta, giurare e vincere la lite o non giurare e perderla in quanto, a seguito della prestazione del giuramento, al giudice non resta che verificare l” an iuratum sit , per accogliere o respingere la domanda sul punto che ne ha formato oggetto (Cass. sez. II, 25/10/2023, n. 29614).
I capitoli articolati nella richiesta di giuramento decisorio, riguardanti circostanze relative alla causa in cui il predetto sostiene di aver prestato la propria attività professionale, non sono formulati in senso favorevole alla parte cui il giuramento è stato deferito ma, al contrario, prefigurano la sua soccombenza sia ove presti il giuramento, sia ove vi si sottragga.
In definitiva, perché sia ammissibile, il giuramento decisorio deve includere la tesi difensiva sostenuta dalla parte cui è deferito, in modo che, a seguito della prestazione del giuramento, il giudice con valutazione rimessa al suo apprezzamento, sindacabile solo in presenza di vizi logici o giuridici della motivazione – possa limitarsi a verificare l'”an iuratum sit”, onde accogliere o respingere la domanda sul punto che ne ha formato oggetto (Cass. sez. II, 28/10/2019, n. 27471).
Ne consegue il rigetto del motivo, con correzione della sentenza impugnata nella parte in cui subordina l’ammissibilità del giuramento alla reiterazione della richiesta in sede di precisazione delle conclusioni, trattandosi di mezzo istruttorio che può essere chiesto in ogni e stato del giudizio.
Riguardo all’omessa assunzione del teste non comparso, va rilevato che la censura relativa alla violazione delle norme sulla prova testimoniale è stata dedotta per la prima volta in sede di legittimità per avere in appello l’Avv. COGNOME aveva lamentato unicamente la mancata ammissione del giuramento decisorio.
In ogni caso, l’invito del Giudice di pace a precisare le conclusioni implica la chiusura dell’istruttoria, con implicita revoca dell’ammissione della prova testimoniale perché ritenuta sovrabbondante.
Con il quarto motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 c.p.c. e 11 Cost, in relazione all’art. 360, comma 1, n.3 c.p.c, per carenza di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, nonchè per omesso esame della bozza di richiesta di sequestro conservativo predisposta dal ricorrente, oltre alla circostanza relativa al possesso, da parte d i quest’ultimo , della procura generale rilasciata al cliente da parte di NOME COGNOME unitamente al testamento pubblico della medesima, ed altri elementi probatori da cui si evincerebbe il conferimento dell’incarico all’Avv. COGNOME
Il motivo è infondato, sia sotto il profilo della violazione dell’art. 112 c.p.c., sia sotto il profilo dell’omesso esame dei documenti così interpretando la doglianza, indipendentemente dalla sua formula sacramentale- perché si risolve in una valutazione del materiale istruttorio diversa da quella effettuata dal Tribunale che, ad ogni modo, ha esaminato detta documentazione, ritenendo che non fosse idonea a provare il conferimento dell’incarico da parte di NOME COGNOME all’Avv. COGNOME.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del DPR 115/2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 2.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% e agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda