Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 26545 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 26545 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 11/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso 4313-2022 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO COGNOME, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5801/2021 della CORTE APPELLO di NAPOLI, depositata il 09/12/2021 R.G.N. 2502/2021;
Oggetto
Licenziamento disciplinare
–
giudizio di rinvio
– limiti
R.G.N. 4313/2022
COGNOME.
Rep.
Ud. 10/09/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/09/2024 dal AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
la Corte d’Appello di Napoli, decidendo con sentenza n. 5801/2021 quale giudice del rinvio a seguito dell’ordinanza n. 13790/2021 di questa Corte, in riforma della sentenza n. 280/2019 del Tribunale di Napoli Nord, dichiarava risolto il rapporto di lavoro tra NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE a decorrere dal 30.7.2017 e condannava RAGIONE_SOCIALE al pagamento di un’indennità risarcitoria in misura pari a 18 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre accessori, ai sensi dell’art. 18, comma 5, legge n. 300/1970 ;
in precedenza, la Corte d’Appello di Napoli, decidendo in sede di reclamo ex lege n. 92/2012, con sentenza n. 5204/2019 aveva confermato la statuizione di primo grado, che aveva ritenuto illegittimo il licenziamento intimato da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE al dipendente, addetto in qualità di consulente finanziario all’Ufficio di Sant’Antimo, cui erano state addebitate condotte inerenti a operazioni riguardanti Buoni Fruttiferi Postali processati nella fase di stampa con modalità irregolari rispetto alle procedure aziendali, disponendo (in parziale riforma dell’ordinanza in esito alla fase sommaria, che aveva applicato la tutela indennitaria di cui all’art. 18, comma 5) la reintegrazione nel posto di lavoro ed il risarcimento del danno ai sensi dell’art. 18, comma 4, legge n. 300/1970, come modificato dalla legge n. 92/2012;
pronunciandosi sul ricorso della società contro la prima sentenza d’appello, questa Corte accoglieva il quarto motivo, con il quale era stata dedotta la violazione ed errata applicazione dell’art. 18, comma 5, legge n. 300/1970; osservava in sede
rescindente che il giudice del reclamo, avendo rilevato che la sanzione espulsiva era sperequata rispetto all’effettivo disvalore della condotta e avendo fatto riferimento alla graduazione delle sanzioni applicabili in relazione ad addebiti dei quali non escludeva il rilievo disciplinare, non aveva proceduto all’individuazione dell’eventuale sanzione conservativa applicabile al caso in esame, così da giustificare l’applicazione della misura della reintegrazione; osservava altresì che, a mente delle modifiche apportate dalla legge n. 92/2012 al regime sanzionatorio dettato dall’art. 18 legge n. 300/1970, il giudice deve procedere ad una valutazione più articolata nel caso in cui escluda la ricorrenza di una giustificazione della sanzione espulsiva e deve svolgere, al fine di individuare la tutela applicabile, un’ulteriore disamina circa la sussistenza o meno di una delle due condizioni previste dal comma 4 dell’art. 18 per accedere alla tutela reintegratoria (“insussistenza del fatto contestato” ovvero fatto rientrante “tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili”), dovendo, in assenza, applicare il regime dettato dal comma 5 (secondo l’indirizzo interpret ativo di legittimità di cui a Cass. n. 12365/2019 e pronunce conformi); cassava, quindi, la sentenza con rinvio, al fine del compimento dell’indagine, riservata al giudice del merito, riguardo all’eventuale corrispondenza della condotta contestata ad altra punibile con sanzione conservativa in base alla contrattazione collettiva di riferimento;
4. riassunto il giudizio dal lavoratore, con la seconda sentenza di appello la Corte di Napoli, delimitato l’ambito del giudizio, ha, in particolare, ritenuto che, sotto il profilo dell’elemento soggettivo, l’unica previsione che può essere appropriata è quella secondo la quale è sanzionata con la
sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino a 10 giorni qualsiasi negligenza o inosservanza di leggi e regolamenti o degli obblighi di servizio deliberatamente commesse, anche per procurare indebiti vantaggi a sé o a terzi, ancorché l’e ffetto voluto non si sia verificato e sempre che la mancanza non abbia carattere di particolare gravità, altrimenti sanzionabile; che la previsione del contratto non appare idonea a consentire di affermare che le parti collettive abbiano specificamente inteso collegare all ‘ inosservanza deliberata degli obblighi di servizio esclusivamente una sanzione conservativa; che la lettura complessiva degli artt. 53 e 54 del contratto collettivo rende evidente la comune intenzione delle parti contraenti di attribuire un valore dirimente, per la individuazione della sanzione applicabile, alla gravità della condotta e non al suo atteggiarsi fenomenico; che, nel caso di specie, non ricorre un ‘ ipotesi di abuso consapevole del potere disciplinare comportante la reintegra del lavoratore;
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Napoli quale giudice del rinvio propone ricorso per cassazione NOME COGNOME con tre motivi; resiste la società con controricorso; entrambe le parti hanno depositato memoria; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;
CONSIDERATO CHE
con il primo motivo, il ricorrente deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.) v iolazione e falsa applicazione dell’art. 18 legge n. 300/1970, anche in relazione agli artt. 1445 e 2016 c.c. e 3, 4 e 35 Cost.; sostiene che, anche quando il fatto contestato non è immediatamente riconducibile agli illeciti tipizzati con
sanzione conservativa dal contratto collettivo, la norma collettiva, formulata chiaramente con una clausola generale ed elastica, non precludeva alla Corte territoriale di effettuare un’interpretazione integrativa del precetto tesa ad accertare se una determinata condotta fosse o meno riconducibile ad una nozione di negligenza lieve codificata nella stessa fonte collettiva come sanzionabile con una misura conservativa;
con il secondo motivo, deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione e falsa applicazione dell’art. 18 legge n. 300/1970 anche in relazione agli artt. 52, 53 e 54 del CCNL 14 aprile 2011 per il personale non dirigente di RAGIONE_SOCIALE, violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 ss. c.c. e dei principi in materia di interpretazione dei contratti collettivi e del principio del gradualismo in relazione agli art. 52, 53 e 54 del CCNL 14 aprile 2011 per il personale dipendente da RAGIONE_SOCIALE, violazione del prioritario criterio di interpretazione secondo il significato letterale delle parole di cui all’art.1362, comma 1, c.c. e del criterio di interpretazione complessiva delle clausole ex art. 1363 c.c.; sostiene che la Corte di Napoli ha omesso di considerare che, per le violazioni di leggi, regolamenti o obblighi di servizio, la contrattazione collettiva ha previsto una graduazione di sanzioni che si fonda sulla sussistenza o meno del danno e sull’eventuale gravità del medesimo;
con il terzo motivo (art. 360, n. 5, c.p.c.) deduce omesso esame circa fatti e circostanze decisivi per il giudizio e oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte territoriale escluso la sussumibilità della condotta contestata in una di quelle per le quali il CCNL prevede l’applicazione di una sanzione conservativa, in assenza di forte pregiudizio o danno per la società;
i motivi del presente ricorso per cassazione, da trattare congiuntamente perché tutti connessi ai limiti e ai risultati dell’indagine demandata alla Corte d’Appello con la pronuncia rescindente, non sono meritevoli di accoglimento;
occorre qui richiamare l’insegnamento di questa Corte sul carattere cd. chiuso del giudizio di rinvio (Cass. S.U. n. 17332/2021; Cass. n. 8039/2023, n. 21692/2023, n. 5588/2024), al quale la sentenza gravata si è attenuta;
la ricostruzione ampiamente consolidata della natura del giudizio di rinvio evidenzia che quest’ultimo non costituisce la rinnovazione o la prosecuzione del giudizio di merito, bensì la fase rescissoria rispetto a quella rescindente del giudizio di cassazione; il giudizio di rinvio si presenta, quindi, come una prosecuzione del processo di Cassazione, nel corso del quale il giudice di merito ha il compito di svolgere quelle attività necessarie a conformarsi al principio di diritto enunciato dalla S.C. ai se nsi dell’art. 384 c.p.c.; pertanto il giudice del rinvio, riassunta la causa, dovrà innanzitutto individuare l’oggetto del giudizio attraverso un’attenta ricostruzione delle censure accolte dalla Cassazione, per poi adoperarsi nell’espletamento delle attività conseguenti;
in ragione della struttura ‘chiusa’ propria del giudizio di rinvio, cioè della cristallizzazione della posizione delle parti nei termini in cui era rimasta definita nelle precedenti fasi processuali fino al giudizio di cassazione (più precisamente fino all ‘ultimo momento utile nel quale detta posizione poteva subire eventuali specificazioni), il giudice di rinvio, al fine di procedere al giudizio nei termini rimessi dalla cassazione con rinvio, può prendere in considerazione fatti nuovi incidenti sulla posizione delle parti (senza violare il divieto di esame di punti non prospettati o prospettabili dalle parti fino a quel momento) soltanto a condizione che si tratti di fatti dei quali, per essere avvenuta la loro verificazione dopo quel momento, non era stata possibile
l’allegazione, a meno che la nuova attività assertiva ed istruttoria sia giustificata proprio dalle statuizioni della Corte di Cassazione in sede di rinvio (cfr. Cass. n. 11411/2018, n. 7281/2011, n. 11962/2005);
a parte queste ultime ipotesi, il giudice di rinvio è vincolato dalla sentenza di cassazione che dispone il rinvio stesso, anche nel caso in cui essa non si limiti ad accertare la violazione o falsa applicazione di norme di diritto o il vizio di motivazione che inficiano la sentenza cassata e ad adottare le pronunce consequenziali, ma anche quando essa contenga statuizioni ulteriori (vedi per tutte: Cass. n. 21006/2005);
la denuncia del mancato rispetto da parte del giudice di rinvio del decisum della sentenza di cassazione concreta denuncia di error in procedendo (art.360, n. 4, c.p.c.), per aver operato il giudice stesso in ambito eccedente i confini assegnati dalla legge ai suoi poteri di decisione, per la cui verifica la Corte di cassazione ha tutti i poteri del giudice del fatto in relazione alla ricostruzione dei contenuti della sentenza rescindente, la quale va equiparata al giudicato, partecipando della qualità dei comandi giuridici, con la conseguenza che la sua interpretazione deve essere assimilata, per l’intrinseca natura e per gli effetti che produce, all’interpretazione delle norme giuridiche (Cass. n. 6461/2005, n. 6344/2019);
tutto ciò premesso, i profili che le parti possono dedurre nell’impugnazione della sentenza rescissoria debbono necessariamente riguardare l’aderenza di quest’ultima al principio espresso dalla sentenza rescindente;
nel caso in esame, invece, mancano nel ricorso per cassazione avverso la sentenza del giudice di rinvio adeguati riferimenti fondati sulla deduzione dell’infedele esecuzione dei compiti affidati con la precedente pronuncia di annullamento, con conseguente non pertinenza all’ambito del presente giudizio delle relative doglianze;
nel caso di specie, infatti, la Corte territoriale ha correttamente inquadrato e perimetrato l’oggetto del giudizio di rinvio e ha giustificato il proprio convincimento secondo lo schema esplicitamente enunciato nella sentenza di annullamento;
in particolare, la seconda sentenza d’appello ha proceduto alla sussunzione del comportamento contestato al lavoratore nelle clausole contrattuali, e ha escluso che esso rientrasse in quelli puniti con sanzioni solo conservative;
in questo senso, l’evoluzione della giurisprudenza di legittimità successiva alla pronuncia rescindente in materia di tutela del lavoratore in caso di violazione del principio di proporzionalità del licenziamento disciplinare, richiamata da parte ricorrente (in particolare, Cass. n. 14777/2021, seguita da Cass. n. 11655/2022) si pone come fattore esterno rispetto alla struttura del giudizio di rinvio come sopra enucleata, e non come fatto (storico) nuovo non allegabile in precedenza, ovvero modifica o sopravvenuta illegittimità normativa;
non è, pertanto, rivisitabile in questa sede la valutazione operata dalla sentenza gravata in ordine alla tutela da applicarsi al lavoratore in conseguenza dell’accertamento dell’illegittima del licenziamento per cui è causa, conforme al dictum della pronuncia rescindente;
ricorrono giusti motivi ( l’effettiva evoluzione della giurisprudenza di legittimità in materia) per la compensazione integrale tra le parti delle spese di lite del presente giudizio; consegue il raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali;
La Corte rigetta il ricorso.
Compensa le spese del presente giudizio
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale del 10 settembre 2024.