Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 22232 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 22232 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 06/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso 29007-2020 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, che la rappresentano e difendono;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 951/2020 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 22/04/2020 R.G.N. 4506/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/06/2024 dal AVV_NOTAIO.
Oggetto
Contratto a tempo
determinato
–
giudizio di rinvio
–
limiti del sindacato sul
giudizio rescissorio
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 18/06/2024
CC
RILEVATO CHE
l a Corte d’Appello di Roma, p ronunciandosi con sentenza n. 951/2020 in sede di rinvio da questa Corte con ordinanza n. 23866/2017, ha rigettato la domanda spiegata da NOME COGNOME contro RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e confermato la sentenza del Tribunale di Roma del 22.4.2009, con cui era stata respinta la domanda diretta a ottenere la dichiarazione di nullità della clausola di durata apposta al contratto di lavoro intercorso dal 9 al 29.2.2000, per “esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione degli assetti occupazionali in corso e in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi e in attesa dell’attuazione del progressivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse umane” ai sensi dell’art. 8 CCNL 26.11.1994 e art. 23 legge n. 56/87, per essere stata ritenuta assorbente l’eccezione di risoluzione per mutuo consenso;
avverso tale sentenza la lavoratrice propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, illustrati con memoria; resiste con controricorso la società; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;
CONSIDERATO CHE
va premesso che in sede rescindente, per quanto ancora rileva, questa Corte aveva osservato che era fondato il motivo di ricorso della società con cui si censurava l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ( ex art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.), in relazione alla violazione dell’art. 1372, comma 1, c.c. e dell’art. 2967 c.c., per l’erroneo accoglimento
della eccezione di risoluzione per mutuo consenso (fondato sui seguenti elementi: a) durata del contratto a termine di gg. 20; b) accettazione delle competenze di fine rapporto; c) lasso temporale trascorso di circa 6 anni e 9 mesi dalla cessazione del contratto alla prima contestazione della illegittimità del termine; d) attività lavorativa subordinata e autonoma prestata dopo il rapporto a termine) perché, nell’accertamento della volontà chiara e certa delle parti di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo, la Corte di merito non aveva considerato altre circostanze, di natura decisiva, come l’inserimento della lavoratrice nelle graduatorie di assunzione della società nonché il contenuto della circolare con la quale la società aveva indirizzato agli uffici decentrati la disposizione di non stipulare in nessun caso contratti a tempo determinato con i soggetti che avevano in atto un contenzioso giudiziale o extragiudiziale nei confronti di RAGIONE_SOCIALE con riferimento ai contratti stipulati in precedenza con l’azienda; la sentenza impugnata era stata cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Roma per valutare la fattispecie anche alla luce delle circostanze omesse, al fine di accertare se all’epoca sussistesse un interesse della lavoratrice ad avere ancora rapporti di lavoro con la società;
in sede di rinvio, la Corte di Roma procedeva a diversa valutazione del caso di specie; effettuati gli accertamenti richiesti nella sentenza rescindente volti ad accertare l’effettivo comportamento delle parti a seguito della cessazione del contratto a termine, considerata
soprattutto la circostanza per cui la ricorrente non aveva dimostrato la sua iscrizione in una graduatoria per le future assunzioni a termine da parte di RAGIONE_SOCIALE, e considerati gli elementi sintomatici già descritti, seppure da soli non idonei a comprovare l’eccepita risoluzione del rapporto di lavoro per mutuo consenso, riteneva che gli stessi comprovavano, congiuntamente al mancato inserimento in apposita graduatoria, un effettivo disinteresse per il rapporto all’epoca , a prescindere dall’esistenza di circolari che ne impedissero l’assunzione temporanea in caso di contenzioso;
in questa sede, la lavoratrice società censura la seconda sentenza della Corte di Roma, con il primo motivo (art. 360, n. 3, c.p.c.) per violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 1372, comma 1, c.c.; sostiene che la Corte d’App ello, pur avendo individuato in premessa l’oggetto ed il parametro esatto del giudizio devolutole dalla pronuncia rescindente, ha tuttavia disatteso del tutto il dictum di legittimità, ritenendo essersi maturata l’ipotesi della risoluzione per mutuo consenso; con il secondo motivo (art. 360, n. 5, c.p.c.), per travisamento del documento graduatoria dei contrattisti a termine dedotto dalla ricorrente, nonché in relazione all’omesso esame del documento e per omissione integrale di motivazione in ordine alla circolare n. 67/99;il ricorso (i cui motivi possono essere trattati congiuntamente per connessione) deve essere respinto;
premette il Collegio che il giudizio di rinvio non costituisce la rinnovazione o la prosecuzione del giudizio di merito, ma costituisce la fase rescissoria rispetto a quella rescindente del giudizio di cassazione, sicché in quella fase non possono formare
oggetto di discussione tutte le questioni che costituiscono presupposti, esplicitamente o implicitamente, decisi nella pronuncia della Corte di cassazione (v. Cass. S.U. n. 28544/2008); in ragione della struttura cd. chiusa propria del giudizio di rinvio, cioè della cristallizzazione della posizione delle parti nei termini in cui era rimasta definita nelle precedenti fasi processuali fino al giudizio di cassazione, il giudice di rinvio, al fine di procedere al giudizio nei termini rimessigli dalla cassazione con rinvio, può prendere in considerazione fatti nuovi incidenti sulla posizione delle parti, senza violare il divieto di esame di punti non prospettati o prospettabili dalle parti fino a quel momento, soltanto a condizione che si tratti di fatti dei quali, per essere avvenuta la loro verificazione dopo quel momento, non era stata possibile l’allegazione, a meno che la nuova attività assertiva ed istruttoria sia giustificata proprio dalle statuizioni della Corte di cassazione in sede di rinvio (Cass. n. 11411/2018, n. 8171/2011, n. 7281/2011, n. 11962/2005, n. 16294/2003, n. 1917/2001);
5. in quest’ultima ipotesi, di regola il giudice di rinvio è vincolato dalla sentenza di cassazione che dispone il rinvio stesso, anche nel caso in cui essa non si limiti ad accertare la violazione o falsa applicazione di norme di diritto o il vizio di motivazione che inficiano la sentenza cassata e ad adottare le pronunce consequenziali, quali, nel primo caso, l’enunciazione del principio di diritto, ma anche quando essa contenga statuizioni ulteriori (vedi per tutte: Cass. n. 21006/2005);ne consegue che, in caso di cassazione con rinvio per vizio di motivazione, il giudice del rinvio non solo può valutare liberamente i fatti già accertati, ma può anche indagare su altri fatti, ai fini di un apprezzamento complessivo in relazione alla pronuncia da emettere in sostituzione di quella cassata, con il
solo limite del divieto di fondare la decisione sugli stessi elementi del provvedimento impugnato ritenuti illogici ed eliminando, a seconda dei casi, le contraddizioni e i difetti argomentativi riscontrati (Cass. n. 15962/2009), tenendo conto che il giudice di legittimità deve interpretare la propria sentenza in relazione alla questione decisa e al contenuto della domanda proposta in giudizio dalla parte, con la quale la pronuncia rescindente non può essersi posta in contrasto (cfr. Cass. n. 19212/2005);
6. pertanto, in caso di ricorso per cassazione avverso la sentenza del giudice di rinvio, che deve essere fondato sulla deduzione dell’infedele esecuzione dei compiti affidatigli con la precedente pronuncia di annullamento, il sindacato della RAGIONE_SOCIALE si risolve nel controllo dei poteri propri del suddetto giudice di rinvio, per effetto di tale affidamento e dell’osservanza dei relativi limiti, la cui estensione varia a seconda che l’annullamento stesso sia avvenuto per violazione di norme di diritto ovvero per vizi della motivazione in ordine a punti decisivi della controversia, in quanto, nella prima ipotesi, egli è tenuto soltanto ad uniformarsi al principio di diritto enunciato nella sentenza di cassazione, senza possibilità di modificare l’accertamento e la va lutazione dei fatti, già acquisiti al processo, mentre, nel secondo caso, la sentenza rescindente indicando i punti specifici di carenza o di contraddittorietà della motivazione non limita il potere del giudice di rinvio all’esame dei soli punti indicati, da considerarsi come isolati dal restante materiale probatorio, ma conserva al giudice stesso tutte le facoltà che gli competevano originariamente quale giudice di merito, relative ai poteri di indagine e di valutazione della prova, nell’ambito dello s pecifico capo della sentenza di annullamento
(Cass. n. 13719/2006; conf. n. 2606/2009, n. 2652/2018, n. 11962/2023);
nel caso di specie la Corte di merito ha operato nel perimetro circoscritto dal giudizio rescindente, riguardante esplicitamente la valutazione della fattispecie anche alla luce delle circostanze omesse, al fine di accertare se all’epoca sussistesse un interesse della lavoratrice ad avere ancora rapporti di lavoro con la società; e, considerata in fatto la circostanza (in precedenza omessa) circa la mancata iscrizione in graduatoria per future assunzioni a termine, unitamente (non da soli) agli altri elementi sintomatici già descritti, ritenuta sul piano probatorio non dirimente l’esistenza di circolari su assunzioni e contezioso, giudicava così comprovato un effettivo disinteresse per il rapporto all’epoca ;
né sussiste poi con riguardo all’accertamento demandato la denunziata violazione dell’art. 2697 c.c., censurabile in cassazione ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c. solo nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (Cass. 13395/2018, Cass. 15107/2013); nello specifico, la decisione del giudice del rinvio è frutto del concreto accertamento di merito e non dell’applicazione della regola residuale di giudizio ex art. 2697 c.c. in conseguenza della quale la mancanza, in senso alle risultanze istruttorie, di elementi idonei all’accertamento della sussistenza del diritto in contestazione determina la soccombenza della parte onerata della dimostrazione dei relativi fatti costitutivi;
quanto al secondo motivo, si osserva che la Corte di merito, con accertamento ad essa istituzionalmente demandato, ha ritenuto, sulla base di una serie di elementi sintomatici l’assenza di interesse in capo alla COGNOME alla prosecuzione del rapporto con RAGIONE_SOCIALE; tanto premesso, è inammissibile la deduzione relativa al travisamento del documento n. 4 da parte del giudice di merito, deduzione che si traduce nella prospettazione di un diverso apprezzamento probatorio di un documento già esaminato dalla Corte di rinvio e quindi nella introduzione di una quaestio facti che è estranea al giudizio di legittimità; quanto alla denunziata pretermissione dell’esame della circolare di RAGIONE_SOCIALE n. 67/99 la stessa risulta giustificata dalla accertamento relativo alla mancanza di interesse alla prosecuzione del rapporto con RAGIONE_SOCIALE definitivamente dimostrato dalla mancata presentazione della domanda finalizzata all’iscrizione nelle graduatorie sopra indicate;
all’infondatezza del r icorso segue la regolazione secondo soccombenza delle spese del grado, liquidate come da dispositivo ed il raddoppio del contributo unificato, ove dovuto nella ricorrenza dei presupposti processuali;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in € 4.000 per compensi, € 200 per esborsi, spese generali al 15%, accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma nell’Adunanza camerale del 18 giugno