Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 10117 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 10117 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6087/2023 R.G. proposto da : COGNOME difeso da ll’avvocato NOME COGNOME
-ricorrente- ll’avvocato COGNOME
COGNOME NOMECOGNOME difesi da COGNOME
-resistenti- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 5247/2022 depositata il 08/01/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 01/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME titolare di un’azienda agr icola, acquistò da NOME COGNOME parimenti titolare d i un’ azienda agricola, 24 bovini nel maggio 1991 e 40 bovini nel giugno dello stesso anno per un totale di £ 98.000.000. Gli animali vennero introdotti nella stalla dell’acquirente, ove erano già presenti 99 capi. Non vennero
sottoposti a controllo sanitario, se non successivamente, nel luglio del 1991, quando si rivelò la presenza di numerosi capi infetti da tubercolosi. Pertanto si dovette procedere all’abbattimento di tutti gli animali. La parte acquirente contestò la vicenda alla parte venditrice e avviò un’azione giudiziaria per il risarcimento dei danni subiti, inclusa la perdita di reddito legata alle quote latte assegnate dall’Aima sulla base della quantità di latte prodotto, pari a kg 240.000. La (parte) venditrice si costituì in giudizio negando ogni responsabilità, eccependo la decadenza e la prescrizione della domanda e proponendo una domanda riconvenzionale per risarcimento danni da lite temeraria ex art. 96 c.p.c. Nel 2005 il Tribunale di Rieti ritenne applicabili i termini di decadenza e prescrizione ex art. 1495 c.c. sia per la garanzia per vizi ex art. 1492 c.c. sia per il risarcimento danni ex art. 1494 c.c., e dichiarò prescritte le domande, considerando che la contestazione dei vizi non era avvenuta entro 8 giorni dalla scoperta e che l’azione era stata esperita oltre il termine annuale dalla data di accertamento della malattia, ovvero ben tre anni dopo, nel 1994. L’a cquirente impugnò la sentenza davanti alla Corte di appello di Roma, argomentando che il Tribunale avesse erroneamente qualificato il rapporto come contrattuale e applicato i termini di prescrizione ex art. 1495 c.c., senza considerare la concorrente responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c. e senza verificare che l’eccezione di prescrizione non fosse stata validamente sollevata dal convenuto. Nel 2015 l a Corte di appello di Roma accolse l’appello dell’acquirente , ritenendo erroneo l’accoglimento dell’eccezione di prescrizione da parte del Tribunale. Dichiarò quindi la parte venditrice responsabile contrattualmente e la condannò a pagare € 200.000 oltre interessi legali, compensando le spese processuali e ponendo a carico di entrambe le parti il 50% delle spese di c.t.u. La parte venditrice propose ricorso per cassazione, denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 1495 co. 3 c.c. e dell’art. 112 c.p.c., ritenendo
che la Corte distrettuale avesse errato nel disconoscere il diritto di eccepire la prescrizione annuale dell’azione dell’acquirente. Cass 24918/2018 accolse il primo motivo di ricorso, affermando che l’eccezione di prescrizione era stata validamente proposta e cassò la sentenza con rinvio alla Corte di appello di Roma. Nel giudizio di rinvio, la venditrice ha chiesto di confermare la sentenza del Tribunale di Rieti del 2005. L’acquirente ha sostenuto che la decisione rescindente della Cassazione riguardava solo la legittimità dell’eccezione di prescrizione, ma che restavano da esaminare i motivi di appello relativi alla natura della responsabilità e ai termini di prescrizione applicabili.
La Corte di appello di Roma, con la sentenza in epigrafe, ha rigettato l’appello dell’acquirente , confermando integralmente la sentenza del Tribunale di Rieti. Ha ritenuto che l’azione proposta dall’attore fosse esclusivamente di natura contrattuale e che l’eccezione di prescrizione sollevata dal la parte venditrice fosse fondata. La Corte ha giudicato inammissibili i motivi di appello volti a configurare una responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c., ritenendoli tardivi in quanto mai prospettati in primo grado e dunque preclusi ex art. 345 c.p.c. Inoltre, ha respinto le censure relative al termine di prescrizione, escludendo l’applicabilità del termine più lungo previsto per la truffa contrattuale, dato che il procedimento penale era stato archiviato per difetto dell’elemento soggettivo del reato.
Ricorre in cassazione l’acquirente con due motivi. La venditrice ha depositato atto di costituzione in giudizio e memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via preliminare è da dichiarare l’inammissibilità della memoria del resistente, che ha depositato solo un atto di costituzione in giudizio. Infatti, nel procedimento camerale, il mancato deposito del controricorso rende inammissibili anche le memorie depositate dalla parte intimata, poiché, divenuta la
trattazione camerale la regola, deve trovare comunque applicazione la preclusione dell’art. 370 c.p.c., salvo il recupero delle difese orali nel caso in cui sia fissata udienza di discussione. Questo il principio sotteso a Cass. n. 23921/2020, tra le altre in questo senso.
2. – Il primo motivo denuncia violazione degli artt. 112, 345 c.p.c., 2043 c.c. per avere la Corte di appello escluso la configurabilità della responsabilità extracontrattuale del venditore e ritenuto inammissibile la domanda sotto questo profilo. Si contesta che la Corte abbia erroneamente qualificato la pretesa dell’ attore come esclusivamente contrattuale, nonostante la domanda risarcitoria fosse stata impostata anche sulla base della responsabilità aquiliana. Si afferma che il danno derivante dall’immiss ione di animali infetti nell’allevamento dell’acquirente configura un’ipotesi di illecito ex art. 2043 c.c., indipendentemente dal rapporto contrattuale tra le parti. Si censura inoltre la decisione della Corte di appello nella parte in cui ha ritenuto tardiva la domanda risarcitoria extracontrattuale, richiamando l’art. 345 c.p.c., senza considerare che tale profilo era già implicito nella domanda originaria. Si invocano le pronunce della Corte di cassazione che ammettono il cumulo tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale.
Il secondo motivo denuncia violazione degli artt. 324 e 329 co. 2 c.p.c. per avere la Corte di appello ritenuto che sulla qualificazione della domanda come esclusivamente contrattuale si fosse formato il giudicato implicito. Si censura che la Corte abbia erroneamente escluso la possibilità di esaminare la responsabilità extracontrattuale nel giudizio di rinvio, considerando che il primo giudice di appello aveva accolto la domanda sotto il profilo contrattuale senza escludere esplicitamente la responsabilità aquiliana. Si afferma che il principio del giudicato implicito non può operare quando una questione sia rimasta assorbita nel precedente grado di giudizio e non sia stata esaminata nel merito.
– I due motivi possono essere esaminati congiuntamente per la ragione stessa che ne giustifica il rigetto.
Essi infatti sono accomunati dall’obiettivo di otte nere una riqualificazione della domanda come diretta ad ottenere il risarcimento del danno da responsabilità extracontrattuale, riqualificazione che tuttavia è preclusa dal carattere chiuso del giudizio di rinvio, preordinato a una nuova pronuncia in sostituzione di quella cassata, per cui: (a) è inibito alle parti di ampliare il thema decidendum, mediante la formulazione di domande ed eccezioni nuove; (b) operano le preclusioni derivanti dal giudicato implicito formatosi con la sentenza rescindente, non rilevando più le questioni rilevabili d’ufficio che non siano state rilevate dalla Corte di cassazione (così, tra le altre, Cass. n. 24357/2023).
Nel caso di specie, nel giudizio di cassazione definito con l’ordinanza n. 24918/2018 si discuteva espressamente della prescrizione annuale prevista dall’art. 1495 co. 3 c.c. sul presupposto del carattere contrattuale della responsabilità, che non può essere rimesso in discussione.
I due motivi sono rigettati.
– La Corte rigetta il ricorso, senza necessità di provvedere sulle spese (cfr. il paragrafo n. 1).
Inoltre, ai sensi dell’art. 13 co. 1 -quater d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 01/04/2025.