Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 465 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 465 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso 4723-2023 proposto da:
DI NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME che la rappresentano e difendono unitamente agli avvocati NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4082/2022 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 28/10/2022 R.G.N. 296/2022;
Oggetto
Giudizio rinvio ex art. 394 cpc -omessa pronuncia
R.G.N. 4723/2023 Cron. Rep. Ud. 05/12/2024 CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/12/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Fatti di causa
1.- La Corte di appello di Roma, con la sentenza in atti, decidendo in sede di rinvio a seguito della ordinanza n. 32926/2021 della Corte di cassazione, ha rigettato l’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del tribunale di Roma dell’8 ottobre 2012 confermando integralmente le statuizioni di cui alla predetta sentenza ed ha condannato la RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese degli altri gradi di giudizio.
2.- Con la sentenza pronunciata in primo grado il tribunale aveva accertato la mancanza di giustificazione della clausola appositiva del termine e pertanto ex art. 1419, comma 2 c.c. sosteneva che il contratto dovesse considerarsi ab origine a tempo indeterminato a decorrere dal 16 settembre 2002 e pertanto condannava la RAGIONE_SOCIALE al risarcimento del danno nella misura di sette mensilità di retribuzione, una volta dichiarata la nullità del contratto di apprendistato del 28/3/2007, in quanto stipulato in costanza di rapporto, condannava inoltre la RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle differenze retributive come richieste nel ricorso introduttivo. A seguito della sentenza di primo grado la RAGIONE_SOCIALE corrispondeva la somma dovuta a titolo di risarcimento del danno e di differenze retributive; in data 2/11/2012 RAGIONE_SOCIALE riammetteva in servizio il signor COGNOME così come disposto dal tribunale di Roma.
3.- A seguito dell’appello proposto da Metro Italia, con sentenza 434/2016 la Corte d’appello di Roma accoglieva il gravame. COGNOME NOME non provvedeva al pagamento in favore della società delle spese di entrambi i gradi di giudizio così come disposto dalla Corte d’appello e non rifondeva alla Metro Italia le somme
che la stessa gli aveva corrisposto in adempimento della sentenza di primo grado. In data 18/2/2016 la RAGIONE_SOCIALE, attesa la riforma della sentenza di primo grado, – in esecuzione della sentenza di riforma- risolveva il rapporto di lavoro con il signor COGNOME. Alla risoluzione del rapporto la RAGIONE_SOCIALE tratteneva pure il tfr dovuto al signor COGNOME per il periodo tra il 2/11/2012 ed il 18/2/2016 con parziale compensazione di quanto alla stessa dovuto dal lavoratore in adempimento della sentenza della Corte d’appello (nello specifico a titolo di spese legali e di ripetizione delle somme ricevute in adempimento alla sentenza di primo grado ).
4.- Avverso la sentenza della Corte d’appello, COGNOME ha proposto ricorso per cassazione e con ordinanza n. 32926/21 questa Corte di cassazione in accoglimento del ricorso ha cassato con rinvio la sentenza della Corte d’appello ritenendo fondati il primo, il secondo e il quarto motivo di impugnazione ed ha ritenuto assorbito il terzo motivo di impugnazione.
5.- A seguito di detta ordinanza veniva proposto il giudizio di rinvio che respingeva l’appello di RAGIONE_SOCIALE e confermava la sentenza di primo grado in merito alla mancanza di giustificazione della clausola appositiva del termine ed alla tutela accordata.
6.- Avverso la sentenza pronunciata in sede di rinvio ha proposto ricorso per cassazione COGNOME Marco COGNOME con due motivi ai quali ha resistito RAGIONE_SOCIALE Entrambe le parti hanno depositato memoria. Il collegio ha riservato la motiv azione, ai sensi dell’art. 380bis1, secondo comma, ult. parte c.p.c.
Ragioni della decisione
1.- Con il primo motivo ex art. 360 n. 4 c.p.c. si denuncia la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sulla richiesta di condanna della società al
pagamento delle retribuzioni maturate dal 18/2/2016 sino al ripristino del rapporto di lavoro ed alla ricostituzione degli accantonamenti di TFR, atteso che la Corte d’appello pur accogliendo la richiesta del ricorrente di vedere confermata la sentenza del tribunale di Roma, aveva omesso di pronunciarsi sulle domande articolate ai punti 2 e 3 delle conclusioni e trascritte nel presente ricorso; non contemplando alcuna statuizione sulla richiesta articolata da COGNOME di sentir condannare la Metro Italia al ripristino del rapporto di lavoro e, conseguentemente, a vedersi corrispondere dalla società tutte le retribuzioni maturate dal 18/2/2016 (data in cui la società, a seguito della riforma della sentenza di primo grado, aveva risolto il rapporto di lavoro con il ricorrente) sino al momento della riassunzione.
Parimenti COGNOME Marco aveva articolato la richiesta di condanna della RAGIONE_SOCIALE a ricostituire gli accantonamenti di TFR – pari alla somma di euro 3486,16 – che lo stesso aveva maturato a far data dalla riammissione in servizio a seguito della sentenza di primo grado dell’1/2/2012 che la Metro Italia aveva trattenuto, fino al licenziamento dello stesso del 18/2/2016, in compensazione con quanto dovuto alla società al lavoratore all’esito della sentenza di secondo grado; anche su tale richiesta la Corte d’appello aveva omesso di esprimersi.
2.- Col secondo motivo si denuncia ex articolo 360 c.p.c. n. 4 c.p.c. nullità della sentenza per violazione dell’articolo 389 c.p.c. e omessa pronuncia su domande conseguenti alla sentenza della cassazione in quanto l’omessa pronuncia sulle domande di cui si è detto costituiva violazione dell’art. 389 c.p.c. in forza del quale ‘le domande di restituzione e di riduzione in pristino ed ogni altra conseguente alla sentenza di cassazione si propongono al giudice di rinvio e in caso di cassazione senza rinvio al giudice che ha pronunciato la sentenza cassata “. Di
NOME era pienamente legittimato ai sensi dell’art. 389 c.p.c. a chiedere al giudice del rinvio la condanna della società al ripristino del rapporto di lavoro, oltre al pagamento delle retribuzioni maturate da febbraio 2016 sino alla riammissione del ricorrente; nonché la condanna alla ricostituzione degli accantonamenti di TFR trattenuti dalla Metro Italia.
3.- I due motivi possono essere esaminati congiuntamente per connessione e sono infondati.
Il lavoratore ha proposto in sede di rinvio domande di risarcimento del danno e di restituzione degli accantonamenti per TFR sostenendo di essere a ciò legittimato dagli artt.336 e 389 c.p.c. ed in forza dell’ordinanza n. 32926/2021 con cui questa Corte di cassazione ha annullato la sentenza di appello che aveva riformato quella di primo grado cassando con rinvio.
4.- La controricorrente ha contestato la fondatezza dei motivi di ricorso, sostenendo che la Corte d’appello avesse implicitamente rigettato le domande svolte di pagamento delle retribuzioni maturate a far data dalla risoluzione del rapporto del 18.2.2016 sino alla sua effettiva riammissione in servizio e di accantonamento del tfr.
5.- Va premesso il carattere chiuso del giudizio di rinvio ex art. 394 c.p.c., essendo preclusa alle parti in tale fase non solo la possibilità di proporre domande nuove, ma anche di prendere conclusioni diverse da quelle prese nel giudizio in cui è stata pronunciata la sentenza cassata (Cass. 29879/23), salvo che queste, intese nell’ampio senso di qualsiasi attività assertiva o probatoria, siano rese necessarie da statuizioni della sentenza della Corte di cassazione (Cass. 5137/19).
6.- Nel giudizio di rinvio, il quale è un procedimento chiuso, preordinato a una nuova pronuncia in sostituzione di quella cassata, non solo è inibito alle parti di ampliare il thema decidendum, mediante la formulazione di domande ed eccezioni
nuove, ma operano anche le preclusioni derivanti dal giudicato implicito formatosi con la sentenza rescindente, onde neppure le questioni rilevabili d’ufficio che non siano state considerate dalla Corte Suprema possono essere dedotte o comunque esaminate, giacché, diversamente, si finirebbe per porre nel nulla o limitare gli effetti della stessa sentenza di cassazione, in contrasto con il principio della sua intangibilità (Cass. 24357/23).
7.Tanto premesso, va rilevato che non sussista l’omessa pronuncia denunciata, per l’inammissibilità delle domande specificamente proposte dal lavoratore in atto di riassunzione per essere il giudizio di rinvio circoscritto all’impugnazione della sentenza di primo grado (per effetto dell’annullamento della prima di appello che l’aveva riformata), con la corretta formulazione di rigetto dell’appello (conclusione sub 1 a p. 21 ricorso) e la conseguente conferma delle statuizioni della sentenza del tribunale, di ripristino del rapporto e di indennità risarcitoria ex art. 32, co. 5 L. 183/10, specificamente ritenuta congrua nell’entità della sua liquidazione (p.to 15 di p. 11 sentenza).
8.- Sulla scorta di tali considerazioni il ricorso in oggetto deve essere rigettato.
9.- Le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c.
10.- Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in euro 4.500,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, 15% per spese forfettarie oltre accessori dovuti per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte il ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a n orma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
Così deciso nella Adunanza camerale del 5.12.2024