Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 30810 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 30810 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 25465-2022 proposto da:
COGNOME NOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 219/2021 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI, depositata il 11/04/2022 R.G.N. 41/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
10/10/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
Licenziamento e patto di prova
R.G.N. 25465/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 10/10/2024
CC
Fatti di causa
La Corte d’appello di Cagliari, con la sentenza n.219/2021, pronunciando in sede di rinvio a seguito della sentenza della Corte di Cassazione n. 31159 del 3 dicembre 2018 che aveva cassato la sentenza della Corte d’appello di Cagliari sezione di distaccata di Sassari n. 23/2017, ha accolto parzialmente l’appello proposto avverso la sentenza di primo grado del tribunale di Sassari ed in parziale riforma della sentenza appellata, che confermava per il resto, dichiarava l’illegittimità del licenziamento intimato all’appellante COGNOME Giovanni il 13/6/2008 per mancato superamento della prova.
La Corte di appello ha rigettato per il resto la domanda risarcitoria dell’appellante ed ha condannato lo stesso COGNOME NOME alla restituzione in favore di RAGIONE_SOCIALE della somma netta percepita risultante dal lordo di euro 266.175,01 erogata a seguito della citata sentenza della Corte d’appello di Cagliari sezione di distaccata di Sassari n. 23/2017 poi cassata dalla Corte di Cassazione. Ha compensato per due terzi tra le parti le spese del giudizio ed ha condannato l’appellante Sechi alla rifusione della parte residua delle spese in favore dell’appellata, nelle somme partitamente liquidate per i vari gradi di giudizio.
A fondamento della sentenza la Corte cagliaritana ha affermato in premessa che, considerato il carattere chiuso del procedimento di rinvio, essa fosse vincolata ad esaminare la materia controversa quale risultava dalla sentenza di annullamento della Cassazione; ha sostenuto che non si discuteva più della illegittimità del recesso definitivamente accertata anche nella sua motivazione ovvero per essere stato Sechi adibito a mansioni diverse da quelle pattiziamente stabilite
ed essere attribuibile a questo fatto il mancato superamento della prova; ed ha precisato che non potevano invece valutarsi le altre diverse questioni oggetto dell’originario appello che l’appellante riproponeva in fase di rinvio, comprese quelle ritenute assorbite nella sentenza poi cassata.
Circa l’oggetto del giudizio di appello ha precisato che a seguito della sentenza della Corte di cassazione essa era chiamata a pronunciarsi esclusivamente sulle conseguenze del recesso che si dovevano limitare a quelle risarcitorie, su cui però non c’er a alcuna prova essendo stato il periodo di prova interamente prestato. Pertanto in conseguenza del mancato assolvimento dell’onere probatorio il danno subito dell’appellante era pari a zero e la sua domanda al riguardo infondata. Andava accolta invece la domanda di restituzione delle somme erogate dalla società in esecuzione della sentenza poi cassata. E per quanto riguardava le spese esse dovevano seguire il regime della soccombenza, che ricadeva sull’appellante che si era visto rigettare sostanzialmente le domande, a parte un formale riconoscimento dell’illegittimità del recesso, privo di qualsiasi positiva conseguenza patrimoniale o lavorativa.
Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi COGNOME Giovanni a cui ha resistito RAGIONE_SOCIALE con controricorso. Le parti hanno depositato memorie prima dell’udienza.
Il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell’art. 380bis1, secondo comma, ult. parte c.p.c.
Motivi della decisione
1.- Con il primo motivo di ricorso, si deduce ex articolo 360 n. 3 c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 394, 352, 227, 383 e 324 c.p.c.; ex articolo 360 n. 4 c.p.c. violazione degli artt. 384 e 394, comma 2 c.p.c. atteso che la Corte d’appello
aveva errato ad affermare che tutte le questioni oggetto dell’originario giudizio di appello riproposte in quello di rinvio, comprese quelle ritenute assorbite nella sentenza poi cassata, non fossero ammissibili, per il carattere chiuso del procedimento di rinvio.
Tale affermazione violava l’articolo 394 c.p.c. posto che la riassunzione della causa davanti al giudice di rinvio consiste in un vero e proprio atto di impulso processuale diretto alla continuazione del giudizio d’appello, conclusosi con la sentenza cassata e le parti in sede di rinvio conservano la stessa posizione processuale che avevano nel procedimento che ha dato origine alla sentenza cassata. La Corte d’appello sezione di distaccata di Sassari nella sentenza del 2017 aveva accolto il solo terzo motivo di ricorso in appello; non si era invece pronunciata in alcun modo sugli altri quattro motivi d’appello che erano stati ritenuti assorbiti.
1.1.- Il motivo di ricorso è fondato nei termini di seguito precisati.
Ed invero si evince in modo del tutto incontestato dal contenuto dell’appello originario pure correttamente riportato nel ricorso proposto davanti a questa Corte – che COGNOME NOME avesse censurato in origine la sentenza di primo grado del tribunale di Sassari con cinque articolati motivi, che possono essere così riassunti: col primo deduceva la violazione degli articoli 244 e 116 del c.p.c. in relazione all’affermazione del tribunale secondo cui COGNOME non aveva provato com’era suo onere ex articolo 2697 c.c. il positivo superamento della prova ed anzi la società aveva offerto prova del contrario. Col secondo motivo denunciava la violazione degli articoli 2697 c.c. e 116 e 144 c.p.c. per avere il tribunale escluso la fondatezza della tesi del ricorrente di aver superato il periodo di prova e della sussistenza di un intento
discriminatorio sotteso al provvedimento di recesso datoriale impugnato. Col terzo motivo denunciava la violazione del criterio di specificità del patto di prova e l’adibizione del lavoratore a mansioni radicalmente diverse rispetto a quelle cui era stato adibito. Col quarto motivo si sosteneva l’illiceità del licenziamento del COGNOME (lavoratore invalido) perché diretto ad aggirare le norme sul collocamento obbligatorio. Col quinto motivo deduceva l’illegittimità dell’assunzione a termine avvenuta nel mese di aprile del 2004 da parte della Slia e si sosteneva la conversione in contratto a tempo indeterminato essendo stato apposto illegittimamente il termine al contratto di lavoro.
1.2 La Corte di appello di Cagliari sez dist. di Sassari con la sentenza del n. 23/2017, poi cassata, non si era tuttavia pronunciata su tutti i motivi di appello e, dopo aver accolto quello riferito alla diversità delle mansioni espletate rispetto a quelle concordate nel patto di prova, ha riconosciuto la tutela reintegratoria prevista dall’art.18 l.300/70 nel testo vigente prima della riforma della legge n. 92/2012, per il resto dichiarando testualmente assorbiti tutti gli altri motivi.
1.3. Dalla stessa sentenza di Cassazione n.31159/2018 risulta che la Corte di appello si sia pronunciata esclusivamente sulla questione della illegittimità della prova effettuata su mansioni diverse da quella pattuite. E non si sia pronunciata su nessuna altra questione; nemmeno su quella relativa alla mancanza di specificità del patto che, secondo la stessa Corte di Cassazione, avrebbe indotto invece un vizio di natura causale (e che faceva parte del terzo motivo di ricorso in appello insieme all’altra questione decisa).
1.4. Tanto si ricava appunto testualmente dalla pronuncia di Cassazione, di seguito trascritta, posto che nella stessa è
contenuta una precisa delimitazione dei confini della decisione di secondo grado, in virtù dell’annullamento della sentenza di primo grado da essa operato con riferimento al mero vizio della diversità delle mansioni e che secondo la Corte di Cassazione avrebbe dovuto però comportare soltanto una tutela risarcitoria. <>.
1.4. Tanto premesso deve ritenersi, quindi, che la Corte di appello di Cagliari abbia errato ad affermare che nella sede di rinvio non fossero proponibili le questioni assorbite in fase di appello; così come erra la difesa della controricorrente a sostenere che tali questioni avrebbero dovuto formare oggetto di ricorso incidentale condizionato per cassazione e che non fossero perciò altrimenti riproponibili in sede di rinvio perché precluse dalla formazione del giudicato.
Al contrario costituisce ius receptum all’interno della giurisprudenza di legittimità la tesi secondo cui ‘Il ricorso incidentale, anche se qualificato come condizionato, deve essere giustificato dalla soccombenza, cosicché è inammissibile il ricorso proposto dalla parte che sia rimasta completamente vittoriosa nel giudizio di appello, proposto al solo scopo di risollevare questioni che non sono state decise dal giudice di merito perché assorbite dall’accoglimento di altra tesi, avente carattere preliminare, salva la facoltà di riproporle dinanzi al giudice del rinvio in caso di annullamento della sentenza’ ( Ordinanza n. 29662 del 25/10/2023).
1.5. Per altro verso, è pure consolidato l’orientamento giurisprudenziale il quale afferma che nel giudizio di cassazione
non trova applicazione il disposto dell’art. 346 cod. proc. civ., relativo alla rinuncia alle domande ed eccezioni non accolte in primo grado; e che pertanto sulle questioni esplicitamente o implicitamente dichiarate assorbite dal giudice di merito, e non riproposte in sede di legittimità all’esito di tale declaratoria, non si forma il giudicato implicito, ben potendo le suddette questioni, in caso di accoglimento del ricorso, essere riproposte e decise nell’eventuale giudizio di rinvio (Cass. 14813 del 26/05/2023).
1.6.- In altri termini, sulle questioni già proposte in appello e dichiarate assorbite, Sechi pienamente vittorioso (con riconoscimento della massima tutela ex art.18 l.300/1970) non avrebbe potuto proporre alcun ricorso incidentale per cassazione, neppure condizionato; mentre, al contrario di quanto sostenuto dalla gravata sentenza, poteva ripresentare le medesime questioni in sede di rinvio senza alcuna preclusione, posto che le questioni assorbite -su cui non c’è stata soccombenza – possono essere riproposte in sede di rinvio senza limiti.
Come già rilevato, la riprova della fondatezza del motivo di ricorso discende dalla stessa sentenza della Cassazione n. 31159/2018, che ai fini di individuare la tutela meramente risarcitoria, senza alcuna invalidità del patto di prova, ha dovuto perimetrare la questione su cui si era pronunciata (erroneamente) la Corte di appello e da cui si individuano a contrario le questioni su cui la stessa Corte non si era invece pronunciata.
1.7. Deve pure evidenziarsi allo scopo che -fatta salva la disciplina risarcitoria relativa alla fattispecie della diversità di mansioni su cui si è già pronunciata la Corte di Cassazione – alle altre domande ritenute assorbite e formulate dal ricorrente pure si applica -nella ipotesi più favorevole- la medesima disciplina
dell’art.18 la cui violazione ante l. 92/2012 determinava sempre la medesima tutela reintegratoria già riconosciuta in sentenza dalla Corte di appello di Cagliari sez. dist. di Sassari; da ciò discende pure la sussistenza dei presupposti della piena vittoria del Sechi nel giudizio di appello e dell’assorbimento in senso tecnico delle altre domande allora svolte.
2.- Col secondo motivo si deduce violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. ed omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex articolo 360 c.p.c. n. 5, in quanto la Corte di cassazione aveva accolto il secondo motivo di ricorso e cassato la sentenza della Corte d’appello della Corte di appello sez. dist. di Sassari, sulla base di un motivo che distingueva tra mansioni radicalmente diverse che danno luogo a un rapporto di lavoro a tempo indeterminato e mansioni semplicemente non coincidenti con quelle pattuite.
Il motivo è infondato perché la Corte di cassazione nella sentenza n. 31159 del 3 dicembre 2018 non ha effettuato alcuna distinzione tra mansioni radicalmente diverse e mansioni semplicemente non coincidenti con quelle pattuite; ed aveva riferito la sta tuizione di annullamento all’accertamento di compiti differenti genericamente intesi. La Corte d’appello non doveva accertare perciò se i compiti in oggetto fossero radicalmente differenti o meramente non coincidenti rispetto a quelli pattuiti.
3.- Col terzo motivo si denuncia la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. ex articolo 360 numero3 c.p.c. perché la Corte d’appello aveva condannato Sechi che era la parte vincitrice al pagamento delle spese legali in favore della società Segesta. Ed invero il ricorrente aveva ottenuto il riconoscimento che il licenziamento fosse dichiarato illegittimo e nonostante non avesse ottenuto il riconoscimento di danni (come conseguenze patrimoniali o lavorative), questo non significava che fosse
anche soccombente, dovendo essere riconosciuto vittorioso in senso formale e sostanziale, anche se solo parzialmente.
Il motivo deve ritenersi assorbito in conseguenza dell’accoglimento del primo motivo da cui consegue per legge una nuova integrale liquidazione delle spese nel giudizio di rinvio.
Pertanto, in conclusione, del ricorso proposto deve essere accolto il primo motivo, mentre va rigettato il secondo e dichiarato assorbito il terzo.
5.- Dell’impugnata sentenza s’impone, pertanto, la cassazione in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte d’Appello di Cagliari che, in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo applicazione di quanto in motivazione specificato.
Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
PQM
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo e dichiara assorbito il terzo. Cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Cagliari, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale del 10.10.24
Il Presidente Dott. NOME COGNOME