Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21253 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 21253 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22236/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO
NOME COGNOME PRESSO LO RAGIONE_SOCIALE rappresentati
e difesi da ll’avvocato NOME COGNOME (indirizzo PEC EMAILpec.it)
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO COGNOME, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO LECCE n. 421/2020 depositata il 08/05/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Era intervenuto in data 7.5.1997 tra NOME COGNOME e NOME COGNOME -che era anche legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE– un contratto preliminare di compravendita immobiliare relativo a due appartamenti e un locale seminterrato, gravati da ipoteca volontaria a garanzia di un mutuo, in INDIRIZZOMassafra-, al prezzo di £ 300.000.000; NOME COGNOME, promissaria acquirente, aveva versato alla firma £ 50.000.000 a titolo di ‘acconto e caparra confirmatoria’ e in seguito ulteriori £ 100.000.000; il 22.10.1997 le parti avevano stipulato due contratti alternativi, l’uno definitivo di compravendita relativo l’immobile di INDIRIZZO per £ 150.000.000, con le formalità pregiudizievoli dichiarate al punto 4, e l’altro preliminare in cui promittente venditrice era RAGIONE_SOCIALE e che era relativo ad altro immobile in Massafra, INDIRIZZO/INDIRIZZO per il prezzo di £ 300.000.000; questo secondo contratto preliminare era sottoposto, con la clausola 11, alla condizione risolutiva della cancellazione delle formalità pregiudizievoli riferite all’immobile di INDIRIZZO -la ricostruzione in fatto esposta tiene conto delle sole emergenze documentali riportate nella sentenza della Corte d’Appello di Lecce sottoposta a ricorso e negli atti di parte introduttivi del presente giudizio-.
NOME COGNOME aveva agito in giudizio avanti al Tribunale di Taranto convenendo in giudizio RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME e chiedendo che, ove controparte non avesse provveduto alla cancellazione delle formalità pregiudizievoli, con conseguente non avveramento della condizione risolutiva di cui al preliminare del 22.10.1997, fosse ritenuta valida a tutti gli effetti l’obbligazione alternativa in esso prevista con sua esecuzione in forma specifica ex art.2932 c.c. e con risoluzione del contratto di compravendita in pari data. Costituitosi il contraddittorio, i convenuti avevano chiesto la risoluzione del contratto di compravendita del 22.10.1997 per fatto e colpa dell’acquirente, la declaratoria di inefficacia/nullità del contratto preliminare in pari data o, in via subordinata, la sua inefficacia/nullità/risoluzione per comportamento contrario a buona fede della promissaria acquirente in pendenza della condizione o, in ulteriore subordine, per l’avveramento di essa imputabile alla Passaro ex art.1359 c.c., con le pronunce conseguenti.
Il Tribunale di Taranto aveva respinto le domande, anche riconvenzionali, articolate dalle parti.
Contro la sentenza di primo grado avevano proposto appello principale NOME COGNOME e appello incidentale NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE: entrambe le impugnazioni erano state respinte dalla Corte d’Appello di Lecce, sez. dist. di Taranto.
Proposto ricorso per cassazione da parte di NOME COGNOME articolato su due motivi, la Corte di legittimità aveva con sentenza n.6259/2017 accolto il secondo e ritenuto assorbito il primo, cassando la sentenza d’appello con rinvio. La Corte di Cassazione aveva richiamato il principio ‘ specificamente enunciato dalle Sezioni Unite con riguardo alla dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante l’inizio dell’opera in data anteriore al 2 settembre 1967 ‘, affermandone l’applicabilità ‘ a tutta la documentazione urbanistica menzionata nell’ articolo 40 I. 47/85, ivi compresa la domanda di concessione in sanatoria munita degli estremi dell’avvenuta presentazione ‘ -si faceva espresso riferimento, al riguardo, a Cass. n. 13117/10, dove il medesimo principio è enunciato nei seguenti termini generali: ” La sanzione della nullità prevista dall’art. 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 e succ. mod., con riferimento a vicende negoziali relative ad immobili privi della necessaria concessione edificatoria, trova applicazione nei soli contratti con effetti traslativi e non anche con riguardo ai contratti con efficacia obbligatoria, quale il preliminare di vendita, ben potendo essere resa la dichiarazione o prodotta la documentazione relative alla regolarità dell’edificazione, all’eventuale concessione in sanatoria o alla domanda di oblazione e ai relativi primi due versamenti, all’atto della stipulazione del definitivo contratto traslativo, ovvero in corso di giudizio e prima della pronunzia della sentenza ex art. 2932 cod. civ., che tiene luogo di tale contratto “-; la Corte di legittimità aveva quindi rilevato che la ‘ statuizione con cui la corte leccese non ha ammesso la produzione, offerta con l’appello della sig.ra COGNOME dei documenti relativi alla presentazione della domanda di concessione in sanatoria ed al versamento dell’ oblazione, ritenendo tale produzione inibita dal disposto dell’articolo 345 c.p.c., risulta dunque giuridicamente errata per la ragione – logicamente preliminare ed assorbente rispetto alle argomentazioni svolte in ricorso sulla ammissibilità della produzione in appello di documenti la cui rilevanza emerga solo dalla sentenza “a sorpresa” di primo grado – che la preclusione alla produzione di documenti in appello fissata dall’articolo 345 c.p.c. non si applica alla produzione in giudizio – in una causa relativa all’esecuzione in forma specifica di un contratto preliminare di compravendita immobiliare – dei documenti concernenti la regolarità dell’edificazione dell’immobile dedotto in contratto, o la concessione in
sanatoria per tale immobile rilasciata o la richiesta al riguardo presentata e i relativi versamenti ‘; il primo motivo di ricorso relativo alla questione se, ai fini dell’accoglimento della domanda di trasferimento dell’immobile ex art. 2932 c.c., tale produzione fosse necessaria o fosse invece sufficiente il richiamo alla domanda di sanatoria ed al pagamento dell’oblazione contenuto nel contratto preliminare, rimane assorbita.
Riassunto il giudizio in sede di rinvio, la Corte d’Appello di Lecce aveva accolto la domanda ex art.2932 c.c. proposta da NOME COGNOME riguardante l’immobile di INDIRIZZOINDIRIZZO in Massafra, previo pagamento del residuo prezzo di £ 150.000.000/€ 77.468,53 oltre accessori di legge, e dichiarato la risoluzione del contratto di compravendita del 22.10.1997, con condanna al rilascio del bene che ne aveva formato oggetto previo suo ripristino. La Corte di merito, respinta l’eccezione di intervenuta estinzione del giudizio sul presupposto -ritenuto erronea- della sua intempestiva riassunzione, ed escluso che le domande proposte da NOME COGNOME in sede di rinvio fossero diverse da quelle già formulate nei precedenti gradi di merito, aveva così motivato la decisione: -occorre prima di tutto verificare se si sia avverata o no la condizione risolutiva disciplinata all’art.11 del contratto preliminare di compravendita intervenuto tra le parti il 22.10.1997; è documentale che la cancellazione delle formalità pregiudizievoli insistenti sull’immobile da compravendere non sia intervenuta; come già accertato dal primo Giudice con motivazione ritenuta condivisibile l’atto di vendita del 22.10.1997 si è sostituito al contratto preliminare del 7.5.1997, senza che tra le parti sia intervenuta alcuna contro scrittura da cui poter dedurre la simulazione, anche solo parziale, dei patti in esso contenuti; ‘ E’ da questo atto e da quanto in esso previsto, dunque, che bisogna prendere le mosse per verificare se, applicato il principio espresso dalla pronuncia rescindente, ricorrano tutti i presupposti per procedere all’accoglimento della domanda principale, quali siano le sue conseguenze sulle domande riconvenzionali e sull’appello incidentale dei convenuti e, da ultimo, sulla riconventio riconventionis della stessa COGNOME; -quest’ultima ha corrisposto l’intero prezzo della compravendita, pari a £ 150.000.000 e, ritenuta la ritualità della documentazione prodotta per attestare la regolarità edilizia dell’immobile in Massafra, INDIRIZZOsecondo l’indicazione emergente dalla sentenza rescindente di legittimità), nulla osta al trasferimento del bene in sua proprietà contestualmente al pagamento del residuo importo dovuto, per la cui determinazione occorre preliminarmente
procedere all’esame delle ulteriori domande delle parti; -deve essere dichiarato risolto il contratto di compravendita relativo agli immobili in INDIRIZZO in Massafra, con condanna della COGNOME alla loro restituzione previa riduzione in pristino; devono essere respinte le domande di risoluzione del contratto preliminare e di quello di compravendita per inadempimento di NOME COGNOME, formulate da NOME COGNOME e dalla società di cui egli è legale rappresentante, così come deve essere respinta la domanda di risoluzione del preliminare per avveramento della condizione risolutiva per fatto della COGNOME, ex art.1359 c.c.; -resta da determinare il residuo prezzo dovuto da quest’ultima, che si è dichiarata disponibile al relativo versamento fin dall’introduzione del giudizio in primo grado; poiché NOME COGNOME aveva versato £ 150.000.000 quale corrispettivo per la vendita risolta, e il prezzo concordato per l’immobile trasferito era di £ 300.000.000, ella deve pagare ancora £ 150.000.000; –NOME Passaro vorrebbe detrarre dal residuo dovuto gli esborsi di £ 78.930.000 per lavori di ristrutturazione dell’immobile oggetto della compravendita risolta e di £ 75.500.000 per lavori di ristrutturazione dell’immobile in INDIRIZZO che avrebbe dovuto sostenere NOME COGNOME; la richiesta di detrazione non può essere accolta, perché non adeguatamente documentata né riscontrata sulla base delle prove testimoniali assunte.
Avverso la sentenza della Corte d’Appello di Lecce propongono ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME fondandolo su sette motivi.
Ha depositato controricorso NOME COGNOME che ha pure allegato una memoria illustrativa contenente il richiamo alle difese svolte -e la correzione di un refuso sull’anno di pubblicazione di una pronuncia di questa Corte -.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME lamentano la ‘Violazione dell’art.112 c.p.c. per pronuncia resa in violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (in relazione all’art.360 co 1 n.4 c.p.c.)’ I ricorrenti avevano eccepito, fin dalla comparsa di costituzione in sede di rinvio, che controparte non avrebbe offerto il pagamento del prezzo, come sarebbe stato necessario ex art.2932 c.c., né avrebbe riproposto le conclusioni contenute nell’atto di citazione di primo grado, punto 4, e nell’atto di citazione in appello con le quali aveva chiesto la declaratoria di inefficacia o risoluzione del contratto di compravendita del 22.10.1997; senza la riproposizione di detta domanda non avrebbe potuto essere valorizzato il pagamento del prezzo di £ 150.000.000 effettuato per la
vendita, al fine di imputarlo al maggior importo dovuto per il contratto preliminare. Quindi la Corte d’Appello in sede di rinvio avrebbe accolto la domanda ex art.2932 c.c., l’unica reiterata, e pronunciato su domande non più riproposte senza la cui valutazione la domanda ex art.2932 c.c. non avrebbe potuto essere assentita, con violazione dell’art.112 c.p.c. determinante la nullità della sentenza ex art.360 n.4 c.p.c.
Con il secondo motivo i ricorrenti si dolgono per ‘Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (in relazione all’art.360 co 1 n.5 c.p.c.). Nullità della sentenza per violazione dell’art.132 co 1 n.4 c.p.c. (in relazione all’art.360 co 1 n.4 c.p.c.)’.
La violazione contestata deriverebbe dal fatto che la Corte di merito avrebbe ingiustificatamente ritenuto riproposte le conclusioni dell’appello in sede di rinvio, senza considerare l’assenza di richiami alle prime nell’atto di riassunzione.
Con il terzo motivo di ricorso si afferma l’intervenuta ‘Violazione dell’art.346 c.p.c. (in relazione all’art.360 co 1 n.3 c.p.c.)’.
Secondo la norma richiamata le domande ed eccezioni non accolte in primo grado, non riproposte in appello, si dovrebbero intendere rinunciate; ciò dovrebbe valere a maggior ragione in sede di rinvio, con la conseguenza che il mancato richiamo delle conclusioni dell’appello ne avrebbe comportato la rinuncia.
I primi tre motivi di ricorso, come sopra sintetizzati, debbono essere esaminati unitariamente, perché riguardano tutti l’identificazione del reale ambito del giudizio di rinvio tenuto conto non solo del contenuto della pronuncia rescindente ma anche delle domande ed eccezioni da considerare effettivamente riproposte in tale sede dalle parti.
Si osserva, in proposito che, per orientamento interpretativo di legittimità consolidato, ‘ La riassunzione della causa dinanzi al giudice di rinvio, ai sensi dell’art. 392 c.p.c., ha la funzione di riattivare il giudizio, configurandosi come meramente ripetitiva delle richieste avanzate negli atti processuali precedenti, a mezzo dei quali, pertanto, il suo contenuto può essere integrato, sicché non deve ritenersi imposta, per la validità dell’atto di riassunzione, l’adozione della medesima precisione espositiva richiesta per l’atto introduttivo del giudizio di primo grado o per l’atto di appello’ -così, tra le altre, Cass. n.37200/2022-; infatti, ‘ L’atto di riassunzione del procedimento dinanzi al giudice del rinvio deve soltanto esplicitare la volontà di ottenere la pronuncia di merito favorevole, atteso che
l’accertamento fattuale derivante dalla sentenza di cassazione riguarda i poteri del giudice di rinvio, non la domanda giudiziale, che si forma e si definisce esclusivamente nel giudizio di primo grado, … ‘ -così, in particolare, Cass. 3883/2017; con l’ulteriore precisazione che ‘ L’atto di riassunzione della causa innanzi al giudice di rinvio, poiché non dà luogo ad un nuovo procedimento, ma ad una prosecuzione dei precedenti gradi di merito, non deve contenere, ai fini della sua validità, la specifica riproposizione di tutte le domande, eccezioni e conclusioni originariamente formulate, essendo sufficiente che siano richiamati l’atto introduttivo del giudizio ed il contenuto del provvedimento in base a cui avviene tale riassunzione. Ne consegue che il giudice innanzi al quale sia stato riassunto il processo non incorre nel vizio di ultrapetizione qualora pronunci su tutta la domanda proposta nel giudizio ove fu emessa la sentenza annullata e non sulle sole diverse conclusioni formulate con il suddetto atto di riassunzione ‘ -così Cass. n.30529/2017; dalla necessità per il Giudice di rinvio di decidere la controversia sulla base delle conclusioni già formulate nelle precedenti fasi di merito, ponendosi le parti nella medesima posizione originaria, consegue che, fatta salva l’ipotesi di un eventuale giudicato interno, è irrilevante anche la contumacia di una delle parti, poiché dovranno essere esaminate anche le domande ed eccezioni dalla stessa ritualmente proposte e coltivare nelle precedenti fasi di merito, a prescindere dalla loro formale ed espressa riproposizione (che anzi la contumacia non rende possibile): cfr. in tal senso, tra le altre, anche Cass. n.1265/2024-.
Si aggiunge ancora che: -dalle considerazioni svolte risulta evidente che la necessità di riproposizione delle ‘ domande ed eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado ‘ in applicazione del disposto dell’art.346 c.p.c. al quale pure i ricorrenti fanno riferimento, non può riguardare direttamente il giudizio di rinvio; l’incidenza della norma mantiene significatività anche nell’identificazione del perimetro del giudizio di rinvio nel solo caso in cui la riproposizione di eccezioni e domande non accolte nella sentenza di primo grado fosse necessaria con riferimento alla precedente fase di appello, perché in tal caso esse potrebbero essere riproposte e/o comunque esaminate in sede di rinvio solo se ritualmente introdotte nella fase d’appello appunto ai sensi dell’art.346 c.p.c.; la riproposizione o meno con gli atti riassuntivi del giudizio di rinvio, ad opera delle parti, delle domande ed eccezioni già proposte nei precedenti gradi di merito non può pertanto essere vagliata ai sensi dell’art.346 c.p.c.; -è sempre possibile la rinuncia ad opera della parte interessata a domande ed eccezioni
già proposte, ma questo non può derivare semplicemente dal modo di formulazione dell’atto di citazione in riassunzione (per la cui differenziazione dall’atto di citazione per il primo grado si richiamano le considerazioni esposte da Cass. n.1265/2024, in motivazione), richiedendo invece una chiara e inequivoca manifestazione in tal senso assente nel caso di specie; ed infatti ‘ La mancata riproposizione, in sede di precisazione delle conclusioni, di una domanda in precedenza formulata non autorizza alcuna presunzione di rinuncia in capo a colui che ebbe originariamente a presentarla, essendo necessario, a tale fine, che, dalla valutazione complessiva della condotta processuale della parte, possa desumersi inequivocabilmente il venire meno del suo interesse a coltivare siffatta domanda ‘ (così, ancora, Cass. n.12756/2024, in linea con un orientamento interpretativo di legittimità più volte ribadito in relazione ai diversi giudizi di merito; con specifico riferimento al giudizio di rinvio si richiama anche Cass. n.4070/2019, che sottolinea ancora come nemmeno dalla contumacia nel giudizio riassunto in fase rescindente si possa derivare la rinuncia alle domande riproposte nel grado di appello, dovendosi anche in tal caso escludere la sussistenza di una preclusione da giudicato interno).
Ne consegue la corretta ricostruzione, ad opera della Corte di merito in sede di rinvio, dell’ampiezza dell’oggetto ancora controverso individuato alla luce della pronuncia di legittimità rescindente che ha disposto il rinvio e delle domande ed eccezioni della parte interessata, come delimitate nel giudizio di appello, da rivalutare in conseguenza della stessa.
La rimessione in sede di rinvio operata dalla Corte di Cassazione con la sentenza n.6259/2017 -per la motivazione sopra richiamata- ha riguardato la domanda ex art.2932 c.c., da rivalutare tenendo conto della documentazione prodotta in appello ritenuta legittimamente acquisibile, ex art.345 c.p.c.: correttamente, pertanto, la Corte di merito investita della fase rescissoria ha esaminato sia la domanda ex art.2932 c.c., sia le domande ad essa connesse (a fronte della disponibilità della promissaria acquirente al versamento del dovuto a titolo di corrispettivo, previa sua determinazione in considerazione dei complessivi rapporti intervenuti tra le parti) e/o consequenziali (la sorte del contratto di compravendita in data 22.10.1997, risolto a seguito dell’accoglimento della domanda di esecuzione in forma specifica del coevo contratto preliminare rispetto al quale era stato pattuito in via alternativa), tutte tempestivamente proposte in primo grado e reiterate con l’atto di appello, richiamato in sede di riassunzione.
Con il quarto motivo i ricorrenti propongono la ‘Violazione dell’art.112 c.p.c. per pronuncia resa in violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (in relazione all’art.360 co 1 n.4 c.p.c.)’
Nell’atto di citazione in riassunzione controparte non avrebbe manifestato, nemmeno implicitamente, l’intenzione di pagare il prezzo ancora dovuto; sarebbe perciò evidente l’errore della Corte di merito, che avrebbe fatto riferimento all’atto di appello e non a quello di riassunzione.
Con il quinto motivo si afferma che la Corte avrebbe ‘Omesso (l’)esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (in relazione all’art.360 co 1 n.5 c.p.c.). Nullità della sentenza per violazione dell’art.132 co 1 n.4 c.p.c. (in relazione all’art.360 co 1 n.4 c.p.c.)’.
I profili sopra evidenziati rileverebbero anche quale omissione dell’esame di un fatto decisivo, tale da rendere solo figurativa o apparente la motivazione della sentenza, perché l’offerta del pagamento del prezzo, effettuata negli altri gradi di giudizio, in sede di rinvio non sarebbe stata reiterata.
Con il sesto motivo i ricorrenti lamentano ancora ‘Violazione dell’art.346 c.p.c. (in relazione all’art.360 co 1 n.3 c.p.c.)’: l’assenza di offerta di pagamento del prezzo in sede di rinvio rileverebbe pure, infatti, come violazione della norma richiamata.
Si esaminano in unico contesto anche i tre motivi di ricorso sopra riassunti, che riguardano i profili della pronuncia di rinvio che ha deciso il merito della controversia, in relazione all’individuazione e al pagamento del prezzo per la compravendita disposta ex art.2932 c.c. e alla reale offerta di adempiere ad opera della promissaria acquirente, richiesta dalla norma richiamata tra i presupposti necessari per la sua applicazione.
Si richiamano, quanto alla disponibilità a pagare il prezzo da parte di NOME COGNOME ove fosse risultato un residuo dovuto rispetto agli esborsi che ella affermava di aver sostenuto e di aver diritto di portare in compensazione, le considerazioni svolte sopra riguardo alla necessità di fare riferimento alle conclusioni assunte dalla parte nel precedente giudizio di appello e all’inoperatività in sede di rinvio dell’art.346 c.p.c., nemmeno utile, nel caso di specie, per delineare utilmente l’ambito delle domande riproposte in appello da NOME COGNOME che era stata totalmente soccombente in primo grado rispetto alla domanda ex art.2932 c.c. e rispetto alle altre domande formulate -la riproposizione della domanda ex art.2932 c.c. con i motivi di appello, da esaminare ex art.342 c.p.c., ha coinvolto tutti i presupposti della relativa azione,
senza necessità di un richiamo specifico ulteriore dei singoli aspetti di essi rilevanti ai fini della sua valutazione-.
NOME COGNOME aveva fin dall’introduzione del giudizio in primo grado manifestato la propria disponibilità a pagare il dovuto e, secondo la Corte di merito -in sede di interpretazione della domanda rientrante nell’ambito esclusivo dei poteri del Giudice di meritoella aveva insistito, ‘ con il primo appello … nella richiesta di esecuzione in forma specifica perché non verificatasi la condizione risolutiva ‘, con declaratoria di inefficacia del contratto di compravendita ‘ alternativo ‘ e condanna delle controparti al pagamento di somme dopo aver ‘ operate le dovute compensazioni ‘. Quindi, secondo la Corte d’Appello di Lecce, l’offerta di pagamento del dovuto c’era stata in primo grado e si doveva considerare reiterata in appello, perché era stato opposto in compensazione un credito da accertare nel corso del medesimo giudizio (in concreto non riconosciuto dalla Corte di rinvio, che ha imposto il pagamento del residuo dovuto alla controricorrente). La conclusione esposta appare corretta pure se si fa riferimento all’orientamento interpretativo di legittimità (richiamato in sede di merito) secondo il quale ‘ Se le parti di un preliminare di vendita immobiliare hanno convenuto che il pagamento del prezzo debba essere effettuato alla stipulazione del definitivo ‘, e quindi non sia previsto un pagamento antecedente alla stipula dell’atto traslativo, ‘ il requisito dell’offerta di cui all’art. 2932, comma 2, c.c. è da ritenersi soddisfatto con la proposizione della domanda di esecuzione specifica dell’obbligo di contrarre, perché in essa necessariamente implicito; in tale ipotesi, deve senz’altro essere emessa la sentenza produttrice degli effetti del contratto non concluso ed il pagamento del prezzo va imposto come condizione per il verificarsi dell’effetto traslativo derivante dalla pronuncia del giudice ‘ -così Cass. n.14372/2018; cfr. anche Cass. n.25185/2008-, orientamento dalla cui applicazione consegue che l’offerta esplicitata nel giudizio di primo grado si deve considerare sostanzialmente reiterata nel prosieguo del giudizio ove si insista, negli stessi termini iniziali, nella domanda ex art.2932 c.c.
Anche i motivi di ricorso in esame debbono essere pertanto respinti.
7. Con il settimo motivo di ricorso RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME prospettano la ‘Violazione dell’art.112 c.p.c. per omessa pronuncia e violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (in relazione all’art.360 co 1 n.4 c.p.c.). Omesso motivazione ed esame di fatti controversi e decisivi per il giudizio (in relazione all’art.360 co 1 n.5 c.p.c.)’.
Secondo i ricorrenti, anche volendo ammettere che potesse essere pronunciata la risoluzione del contratto di compravendita intervenuto il 22.10.1997, il prezzo ivi previsto non sarebbe stato in concreto pagato e quindi non avrebbe potuto essere detratto dal dovuto per l’esecuzione del contratto preliminare; la compravendita intervenne infatti tra persone fisiche, mentre il contratto preliminare fu stipulato tra NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE, con la conseguenza che quanto pagato per il primo contratto non avrebbe potuto comunque essere imputato al secondo.
Non può essere ipotizzabile un’omissione di pronuncia da parte della Corte di rinvio, perché la decisione assunta risponde anche al rilievo dei ricorrenti sull’impossibilità di imputare al prezzo dell’immobile di INDIRIZZO promesso in vendita da RAGIONE_SOCIALE, il prezzo per la vendita dell’immobile in INDIRIZZO versato a NOME COGNOME personalmente, implicitamente respinta nel momento in cui è stata invece effettuata l’imputazione contestata, con condanna di NOME COGNOME a pagare la differenza di € 77.468,53 -corrispondente alle originarie £ 150.000.000-.
L’imputazione del prezzo della compravendita al prezzo dell’immobile promesso in vendita, trasferito ex art.2932 c.c. dalla Corte d’Appello di Lecce, è stata effettuata da quest’ultima, nell’ambito di una valutazione puramente meritale -se condotta, come nel caso di specie, nel rispetto dei criteri di logica ermeneutica e di corretto apprezzamento delle risultanze di fatto, quindi considerando la volontà dichiarata dalle parti alla stregua degli interessi dalle stesse perseguiti nella prospettiva dell’operazione economica complessiva: cfr. Cass. n.28324/2023-, sul presupposto che i due contratti fossero collegati, a prescindere dal fatto dell’essere intervenuti l’uno con NOME COGNOME persona fisica e l’altro con NOME COGNOME quale legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE Sono state infatti ritenute dalla Corte pronunce consequenziali a quella ex art.2932 c.c., coinvolgente come parte promittente venditrice RAGIONE_SOCIALE, l’accoglimento della domanda di risoluzione del contratto di compravendita relativo all’immobile di INDIRIZZO, intervenuto invece con NOME COGNOME l’accoglimento della domanda subordinata di quest’ultimo personalmente per la condanna della controparte alla riconsegna di quest’ultimo immobile, previa rimessione in pristino, il rigetto delle domande di NOME COGNOME fondate sul presupposto dell’inadempimento di NOME COGNOME: del resto, l’imputazione del prezzo della compravendita al contratto preliminare nell’ipotesi in cui non fosse intervenuta la condizione risolutiva ivi prevista, e quindi il collegamento tra i due contratti, emerge proprio dal tenore degli accordi del
22.10.1997, nella parte riportata letteralmente alla pag.10 del ricorso per cassazione. La Corte d’Appello ha inoltre argomentato sulle ragioni per cui non attribuiva, oltre a £ 150.000.000 riconosciute come prezzo della compravendita risolta, effettivamente versate a NOME COGNOME altri importi imputabili al corrispettivo da versare in relazione all’esecuzione in forma specifica del contratto preliminare intervenuta con RAGIONE_SOCIALE dando conto a tal fine delle emergenze dell’istruttoria orale e documentale.
Non sussistono pertanto i profili di nullità della sentenza e/o di violazione di legge lamentati, né limiti motivazionali per omissione, apparenza o intrinseca contraddittorietà delle ragioni poste a fondamento della decisione: i ricorrenti vorrebbero in concreto una rivalutazione del materiale istruttorio acquisito nelle fasi di merito per effettuarne la diversa interpretazione, preclusa in sede di legittimità, a loro favorevole proposta.
Il ricorso per cassazione deve essere, in conclusione, integralmente respinto.
Le spese del giudizio di legittimità si pongono a carico dei ricorrenti e si liquidano come in dispositivo.
Considerato il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento a carico del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione respinge il ricorso.
Condanna NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE a rimborsare a NOME COGNOME le spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi € 7.500,00, oltre € 200,00 per esborsi, oltre IVA, CPA e rimborso forfetario come per legge.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, il