Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3499 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 3499 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18062/2021 R.G. proposto da:
NOME , elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende giusta procura speciale in atti
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO VINCENZA CASALE (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE, rappresentata e difesa
dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE, giusta procura speciale in atti
-controricorrente-
nonché contro
COGNOME NOME, COGNOME NOMENOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, INDIRIZZO, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME
-intimati- avverso la SENTENZA della CORTE DI APPELLO DI CAMPOBASSO n. 102/2021 depositata il 16/03/2021; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
In data 16.09.2005, l’AVV_NOTAIO otteneva dal Tribunale di Larino il decreto ingiuntivo n. 233/2005 per il pagamento della somma di euro 42.449,66, oltre accessori, relativa a compensi per l’opera professionale svolta nei confronti degli ex soci della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE
Con sentenza n. 355/2009, il Tribunale di Larino, in composizione monocratica, in accoglimento dell’opposizione proposta dalla RAGIONE_SOCIALE, revocava il
decreto ingiuntivo opposto e rigettava la domanda proposta nei confronti degli ex soci della RAGIONE_SOCIALE
Interposto appello da parte di NOME COGNOME avverso tale ultima decisione, la Corte di Appello di Campobasso, con sentenza n. 209/2013, ha dichiarato cessata la materia del contendere rispetto ad alcuni ex soci della RAGIONE_SOCIALE e ha rigettato l’impugnazione proposta nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e di altri soci della RAGIONE_SOCIALE, pur ritenendo non corretta la valutazione compiuta dal Tribunale in merito alla indeterminabilità del valore della controversia in cui l’AVV_NOTAIO NOME aveva prestato la sua opera. In particolare, ha ritenuto il valore effettivo della controversia nella quale ha prestato la sua opera l ‘AVV_NOTAIO, tenuto conto dell’interesse connesso alla specifica posizione processuale delle cooperative nella controversia stessa, ‘ sensibilmente più contenuto ‘ rispetto a quello considerato dal legale nella redazione della parcella.
Nei confronti di tale decisione NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione del quale questa Suprema Corte, con ordinanza n. 16700/2017, ha accolto il primo e il terzo motivo, dichiarato assorbito il primo e cassato con rinvio la sentenza impugnata.
A seguito di riassunzione da parte di NOME COGNOME, il giudizio di rinvio si è concluso con la sentenza n. 102/2021, con la quale la Corte di Appello di Campobasso ha accolto l’appello proposto nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e, in parziale riforma della sentenza gravata, ferma restando la revoca del decreto ingiuntivo n. 233/2005 emesso dal Tribunale di di Larino, ha condannato tale RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore di
NOME COGNOME della somma di euro 15.212,16, oltre accessori e interessi dalla costituzione mora al saldo.
Nei confronti di tale decisione NOME COGNOME ha posto ricorso per cassazione.
RAGIONE_SOCIALE, con controricorso ritualmente depositato, ha richiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso o in subordine il suo rigetto.
Sono rimasti intimati gli ex soci della RAGIONE_SOCIALE, nonché la RAGIONE_SOCIALE a suo tempo chiamata in causa.
In prossimità dell’adunanza entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con l’unico motivo di ricorso l’AVV_NOTAIO deduce la nullità della sentenza o del procedimento per violazione degli artt. 112, 392 e 394 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma 1, n. 4 c.p.c., nonché la violazione e falsa applicazione dell’art. 6, commi 2 e 4 del DM 8 Aprile 204, n. 127, in relazione all’art. 360 comma 1, n. 3 c.p.c., per avere la Corte di Appello di Campobasso sostenuto che nel giudizio di rinvio riassunto a seguito della cassazione della sentenza di appello n. 209/2013 il NOME non abbia espressamente riproposto la questione che era stata posta alla base del primo motivo di ricorso per cassazione (dichiarato assorbito da questa Suprema Corte), con il quale il medesimo ha censurato la pronunzia del giudice di secondo grado nella parte in cui la stessa aveva ritenuto che il valore della controversia non potesse essere determinato in riferimento al complessivo importo risarcitorio liquidato con la sentenza n. 464/2004 e aveva considerato il valore della causa ‘ sensibilmente più contenuto ‘
rispetto a quello a cui si era fatto riferimento nella redazione delle parcelle.
Il motivo si appunta sostanzialmente sulla omessa pronuncia della sentenza impugnata, che si sarebbe sottratta ad una congrua motivazione circa il mancato integrale accoglimento dell’appello proposto dal ricorrente.
2.Il motivo è fondato e merita accoglimento.
Al riguardo, la motivazione della sentenza di seconde cure:
-ha ritenuto ‘ coperta da giudicato la questione oggetto del primo motivo del ricorso per cassazione, dichiarato assorbito dalla Suprema corte, che ha cassato la sentenza impugnata in relazione al secondo e al terzo motivo con cui il COGNOME aveva censurato la pronuncia di questa Corte nella parte in cui aveva ritenuto che il valore della controversia non potesse essere determinato in riferimento al complessivo importo risarcitorio liquidato con la sentenza n. 464/2004 ‘;
considerato ‘ il carattere chiuso del giudizio di rinvio ‘ , ha affermato che, ‘ sulle questioni dichiarate assorbite dalla sentenza di cassazione vi è obbligo di pronuncia da parte del giudice del rinvio solo in caso di espressa riproposizione con l’atto di riassunzione, non essendo ravvisabile un obbligo di riesame ufficioso in caso di mancata loro riproposizione ‘;
-ha rilevato che, con la riassunzione del giudizio avanti al giudice del rinvio, ‘ il COGNOME non ha espressamente riproposto la questione che era stata alla base del primo motivo del ricorso per cassazione, limitandosi a riportare lo svolgimento del processo e a indicare la volontà di riassumere il giudizio ‘;
ha osservato che l’obbligo delle parti ‘ di riproporre in sede di rinvio la controversia nello stesso stato anteriore alla sentenza cassata … presuppone che la questione dichiarata assorbita dalla
cassazione sia ritualmente proposta con l’atto di riassunzione … a nulla rilevando quindi che sulla stessa venga argomentato in sede di difese conclusionali, che hanno funzione esclusivamente illustrative e non valgono perciò da definire l’oggetto della controversia delineata dall’atto di riassunzione ‘.
ha dunque concluso con l’affermazione che ‘ resta, quindi, intangibile in questa sede perché coperta dal giudicato l’argomentazione contenuta nella sentenza di appello n. 209/2013 … ‘.
2.1. Ai fini della maggiore chiarezza espositiva, appare opportuno inquadrare correttamente nel quadro processuale il giudizio di riassunzione scaturito dall’ordinanza di questa Corte n. 16700/2017, recante la cassazione con rinvio della sentenza n. 209/2013 della Corte di Appello di Campobasso, la quale – con l’accoglimento del secondo e del terzo motivo di ricorso – ha dichiarato espressamente assorbito il primo motivo di ricorso (trattasi nella specie di c.d. ‘assorbimento in senso proprio’, configurabile quando la decisione di accoglimento d’un mezzo esclude la necessità di provvedere sugli altri motivi: Cass. n. 2334/2020; n. 12193/2020).
Con tale mezzo il ricorrente NOME COGNOME aveva censurato il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 comma 1, n. 5 c.p.c., nonché la violazione e falsa applicazione dell’art. 6 comma 2 e 4 del DM 09/04/2004, n. 127, in relazione all’art. 360 comma 1, n. 3 c.p.c., dolendosi, come si legge in ricorso, ‘che la Corte di merito aveva ritenuto che il valore della causa fosse sensibilmente più contenuto rispetto a quello richiamato nella redazione della contestata parcella senza congrua motivazione’.
Nella specie, il giudizio di rinvio instaurato a seguito della riassunzione è un giudizio rescissorio con funzione prosecutoria (rinvio “in senso proprio”), disciplinato dagli artt. 392-394 c.p.c. che, a differenza del giudizio di rinvio di tipo restitutorio (o “improprio”), per il quale non trovano applicazione le norme su citate, non ha la funzione di ripetere la fase di merito che è risultata priva di alcuni requisiti necessari per un corretto svolgimento del processo e che consegue all’annullamento di una sentenza per i motivi di cui a ll’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c.
Ciò comporta un duplice ordine di conseguenze.
Anzitutto, per consolidata giurisprudenza di legittimità, le questioni costituenti oggetto dei motivi di ricorso per cassazione espressamente dichiarati assorbiti debbono ritenersi, per definizione, non decise e possono essere, quindi, riproposte all’esame del giudice di rinvio, risultando le stesse impregiudicate: dalla cassazione con rinvio, in accoglimento di un motivo dichiarato assorbente, non consegue infatti il passaggio in giudicato della sentenza denunciata relativamente alle questioni assorbite (il principio, granitico, è ribadito, ad esempio, da Cass. n. 37270/2022; n. 9479/2013; n. 18677/2011 e, tra i precedenti più antichi, da Cass. n. 542/1978 e da Cass. n. 1364/1963 ), non trovando n el giudizio di cassazione applicazione il disposto dell’art. 346 c.p.c., relativo alla rinuncia alle domande ed eccezioni non accolte in primo grado (Cass. n. 14813/2023).
posizione processuale assunta nel procedimento in cui è stata emessa la sentenza annullata.
funzione di riattivare il giudizio, quale attività meramente ripetitiva delle richieste avanzate negli atti processuali precedenti, non deve ritenersi imposta per l’atto di riassunzione l’adozione della medesima precisione espositiva richiesta per l’atto introduttivo del giudizio di primo grado o per l’atto di appello (tra le tante: Cass. n. 37200/2022).
Più propriamente, per la sua validità, l’atto di riassunzione non deve contenere la specifica riproposizione di tutte le domande, eccezioni e conclusioni originariamente formulate, essendo sufficiente che siano richiamati l’atto introduttivo del giudizio ed il contenuto del provvedimento in base al quale avviene tale riassunzione; ogni riferimento a domande ed eccezioni pregresse, nonché, in genere, alle difese svolte, ha l’effetto di richiamare univocamente ed integralmente domande, eccezioni e difese già spiegate nel giudizio originario, sicché, per la validità dell’atto riassuntivo, non è indispensabile che in esso siano riprodotte tutte le domande della parte in modo specifico, ma è sufficiente che sia richiamato – senza necessità di integrale e testuale riproduzione l’atto introduttivo in base al quale sia determinabile “per
relationem” il contenuto dell’atto di riassunzione, nonché il provvedimento in forza del quale è avvenuta la riassunzione medesima (Cass. n. 23073/2014).
Ne consegue che il giudice innanzi al quale sia stato riassunto il processo neppure incorre nel vizio di ultrapetizione quando abbia pronunciato su tutta la domanda proposta nel giudizio in cui fu emessa la sentenza annullata, e non sulle sole diverse conclusioni formulate con l’atto di riassunzione, atteso che, a seguito della riassunzione, prosegue – come detto – il processo originario (Cass. n. 23073/2014, cit.; Cass. n. 30529/2017).
Ancora più specificamente è stato di recente statuito (Cass. n. 10993/2023) che, ‘ di fronte al fenomeno dell’assorbimento c.d. improprio, che ricorre nel caso di rigetto di una domanda in base alla soluzione di una questione di carattere esaustivo e perciò assorbente, che rende superfluo l’esame delle altre, il soccombente non ha l’onere di formulare alcun motivo di impugnazione sulle questioni assorbite, essendo invece sufficiente, per evitare il giudicato interno, che censuri la sola decisione sulla questione giudicata di carattere assorbente, fatta salva la facoltà di contestare i presupposti della stessa statuizione di assorbimento, e la sua ricaduta sull’effettiva decisione della causa (Cass. 26 maggio 2022, n. 17155, in motivazione; Cass. 4 gennaio 2022, n. 48; Cass. 12 luglio 2016, n. 14190) ‘.
In buona sostanza, l’atto di riassunzione del procedimento dinanzi al giudice del rinvio deve soltanto esplicitare la volontà di ottenere la pronuncia di merito favorevole, ‘ atteso che l’accertamento fattuale derivante dalla sentenza di cassazione riguarda i poteri del giudice di rinvio, non la domanda giudiziale, che si forma e si definisce esclusivamente nel giudizio di primo grado, e che in sede di rinvio non sono ammissibili domande nuove
(già precluse in appello), mentre sono consentite – e dunque non imposte ‘ quoad validitatem ‘ relativamente all’atto di riassunzione – le sole conclusioni diverse eventualmente necessitate dalla sentenza di cassazione (art. 394, comma 3, c.p.c.) ‘: Cass. n. 3883/2017.
2.2.La sentenza impugnata contravviene ai principi su esposti, sulla scorta della dichiarata sussistenza di un obbligo di pronuncia sulle questioni assorbite da parte del giudice del rinvio solo in caso di espressa riproposizione delle stesse.
Richiamato quanto finora precisato, e a tacere che il ricorrente ha anche indicato i ‘luoghi processuali’ di riproposizione dei motivi di ricorso per cassazione (ivi incluso quello assorbito) dinanzi al giudice del rinvio, va rilevato che il precedente di questa Corte all’uopo più volte invocato dalla sentenza impugnata, ovvero Cass. n. 24093/2013, neppure appare conferente al caso di specie. Dopo avere rilevato che, dato il carattere ‘chiuso’ del giudizio di rinvio , le parti sono obbligate a riproporre la controversia negli stessi termini e nello stesso stato di istruzione anteriore alla sentenza cassata, è stato riscontrato – nel caso di specie – che la decisione impugnata si era conformata a tale principio, rilevando come non fossero più suscettibili di diversa determinazione alcuni esiti della decisione di appello che sul punto non era stata oggetto di cassazione.
Per di più, proprio la richiesta del ricorrente di conferma del decreto ingiuntivo opposto, sul presupposto del valore non già indeterminabile della controversia dal medesimo patrocinata ma determinato in relazione all’importo dei danni liquidati a parte attrice, non avrebbe avuto senso se – come si sostiene nel ricorso e si illustra nella memoria – non si fosse riproposto proprio il primo motivo dichiarato assorbito , posto che sarebbe stato, ‘piuttosto,
logico chiedere la condanna della controparte al pagamento della parcella nella misura ‘ più contenuta ‘ di cui alla sentenza cass ata’.
2.3.In conclusione, il ricorso va accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte di Appello di Campobasso, in diversa composizione, per un nuovo esame della causa, che dovrà uniformarsi ai principi di diritto sopra posti. Al giudice del rinvio è devoluta anche la regolamentazione spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Campobasso in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda