Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 21446 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 21446 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/07/2024
Oggetto: Responsabilità civile -Risarcimento da diffamazione -Giudizio di rinvio ex art. 622 c.p.p. Domanda condanna generica e provvisionale – Qualificazione
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3122/2021 R.G. proposto da
NOME COGNOME e NOME COGNOME, rappresentati e difesi dagli AVV_NOTAIO.ti NOME COGNOME (pec EMAIL) e NOME COGNOME (pec EMAIL), come da procura speciale in calce al ricorso, elettivamente domiciliati in ROMA, presso studio dell’AVV_NOTAIO, INDIRIZZO;
-ricorrenti –
contro
NOME COGNOME , rappresentato e difeso dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME (EMAIL), NOME COGNOME (EMAIL) e NOME COGNOME (EMAIL), come da procura speciale in calce al
CC 26 gennaio 2024
Ric. n. 3122/2021
Pres. COGNOMENOME Scrima
RAGIONE_SOCIALE controricorso , elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultima, in INDIRIZZO;
-controricorrente – avverso la sentenza della Corte di appello di MILANO n. 2890/2020 depositata il 10/11/2020; Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26 gennaio 2024 dalla Consigliera NOME COGNOME.
Fatti di causa
NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono, sulla base di un unico motivo, per la cassazione della sentenza n. 2890/2020 della Corte di Appello di Milano che, in sede di rinvio ex art. 622 cod. proc. pen., ha accertato la sussistenza dell’illecito di diffamazione a mezzo stampa compiuto a mezzo televisivo da NOME COGNOME e lo ha condannato a risarcire il danno cagionato ai predetti, odierni ricorrenti, quantificato nella misura di Euro 21.000,00, in favore di ciascuno; NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
La vicenda, per quanto qui ancora rileva, trae origine da una campagna televisiva ad opera di ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e del suo Direttore, NOME COGNOME (a far data dal gennaio 2007 sino al febbraio 2008) in cui veniva stigmatizzata come ‘vergognosa’ e scandalosa’ la gestione da parte di NOME COGNOME, quale presidente della società RAGIONE_SOCIALE, e di NOME COGNOME, quale direttore generale della stessa società, a seguito della quale questi ultimi avevano sporto querela, ritenendosi gravemente diffamati.
2.1. NOME COGNOME fu dapprima condannato dal Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE con sentenza n.5/2013 per il delitto di diffamazione continuata contestatogli e condannato altresì al risarcimento dei danni nei confronti delle due parti civili.
2.2. La Corte d’appello di Milano con sentenza n. 263/2017 , pur rilevando che il reato ascritto all’COGNOME era già estinto per prescrizione,
ROMA,
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lo assolse perché non punibile ex art. 51 c.p., revocando le statuizioni civili.
2.3. Su ricorso delle parti civili ex art. 576 cod. proc. pen., questa Corte, con sentenza della Quinta Sezione penale n. 53418/2018, annullò la pronuncia assolutoria per difetto di motivazione, limitatamente agli effetti civili, rinviando ex art. 622 cod. proc. pen. al giudice civile competente per valore in grado d’appello .
3. La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell ‘ art. 380-bis 1 c.p.c.
La parte ricorrente ha depositato memoria.
Ragioni della decisione
1. Con l’unico motivo di ricorso gli odierni ricorrenti denunciano la nullità della sentenza impugnata in relazione all’art.360 comma 1 n. 4 cod. proc. civ. in relazione all’art.112 cod. proc. civ. ; nello specifico, contestano il ‘ patente scostamento ‘ che sarebbe, a loro parere , ‘ esplicitamente espresso in dispositivo della sentenza oggetto di ricorso, nonché apertamente argomentato in motivazione (pag. 12, secondo capoverso, appunto) ‘ in quanto ‘ a fronte della specifica domanda attorea di condanna generica al risarcimento di tutti i danni patiti e patiendi , da liquidarsi in separato giudizio ‘, la sentenza impugnata afferma la responsabil ità dell’COGNOME per aver pesantemente offeso la reputazione di COGNOME e COGNOME, ‘ma ne quantifica e liquida l’ammontare , seppur le parti civili/odierne ricorrenti, che avevano agito in riassunzione a seguito dell’intervenuta cassazione della sentenza n.263/2017 Corte d’Appello di Milano V Sezione Penale, avessero espressamente chiesto una pronuncia di condanna generica al risarcimento del danno da liquidarsi in separato giudizio ed avessero altresì chiesto la concessione di una somma a titolo di provvisionale’ (v. pagg. 13 e 14 in ricorso).
Sotto tale profilo, denunciano che la Corte d’appello avrebbe violato il principio del chiesto e pronunciato sia come pronuncia extra e ultra petizione in quanto, mai prima della decisione cassata, le parti civili,
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avevano chiesto e espresso, altro che non la condanna risarcitoria da quantificarsi in separata sede e che il giudizio in riassunzione dinanzi la Corte d’appello civile non era affatto e non poteva essere considerato il ‘separato giudizio’ destinato alla q uantificazione del danno lamentato dalle parti civili, bensì la ‘ prosecuzione ‘ in sede civile – su dispositivo della Corte di cassazione penale – della medesima azione quale già radicata e svolta in sede penale. Lamentano, in conclusione, non la declaratoria di responsabilità per la condotta diffamatoria posta in essere dall’COGNOME , bensì, piuttosto, la quantificazione definitiva del risarcimento effettuata dalla Corte d’appello, sebbene sul punto avessero formalizzato la sola richiesta di condanna generica e provvisionale.
L’unico motivo di ricorso, così come prospettato e sopra sintetizzato, va disatteso.
2.1. Nel giudizio penale di prime cure NOME COGNOME era stato ritenuto responsabile del delitto di diffamazione continuata e condannato oltre che penalmente, anche civilmente, a risarcire il danno nei confronti delle due parti civili.
In seconde cure, la Corte d’appello, in riforma della pronuncia del Tribunale, lo aveva assolto perché non punibile ai sensi dell’art. 51 cod. pen., revocando altresì le statuizioni civili.
Proposto ricorso per cassazione dalle parti civili, questa Corte, in sede penale, con sentenza n. 53418/2018 ha annullato la pronuncia assolutoria per difetto di motivazione, limitatamente agli effetti civili, rinviando ex art. 622 cod. proc. pen. al giudice civile competente per valore in grado d’appello.
2.2. Giova evidenziare che secondo l’orientamento più recente, che questo Collegio condivide, il giudizio di rinvio ex art. 622 cod. proc. pen. è solo formalmente una mera prosecuzione del processo penale e si configura, invece, come piena translatio iudicii del procedimento avviato in sede penale sulla pretesa civile, posto che il giudice di legittimità ha annullato ‘agli effetti civili’ la sentenza di assoluzione, per difetto di
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motivazione, rinviando al giudice civile competente per valore in grado d’appello (v. Cass. Sez. 3, 25/06/2019 n. 16916; in senso conforme, Cass. Sez. 3, 12/06/2019 n. 15859; Cass. Sez. 3, 15/01/2020, n. 517; Cass. Sez. 3, 1/04/2021, n. 9129; Cass. Sez. 3, 18/10/2022 n. 30496).
2.3. Quindi, contrariamente a quanto affermato dalla parte ricorrente, va evidenziato, anzitutto, che non può dirsi che il giudizio civile di rinvio ai sensi dell’art. 622 cod. proc. pen. sia del tutto riconducibile alla normale disciplina espressa dall’art. 3 92 e segg. del codice di rito civile e che esso possa essere inteso come fase di ‘prosecuzione’ processuale, tenuto conto che nell’ipotesi di cassazione della sentenza penale di assoluzione ai soli effetti civili, il giudizio di rinvio ex art. 622 cod. proc. pen. è deputato all’accertamento dell’illecito civile quale fattispecie autonoma da quella penale.
2.4. Tanto precisato, ciò che occorre decidere in ordine all’azione civile esercitata nell’ambito del processo penale, costituisce l’oggetto del giudizio di rinvio; difatti, la rimessione diretta al ‘giudice civile competente per valore in grado d’appello’ gli conferisce la cognizione di tutto quanto ancora non è stato deciso con pronuncia passata in giudicato in ordine alla domanda civile che la parte civile aveva inserito nel giudizio penale.
Nello specifico, la Corte d’appello con la sentenza impugnata, richiamati «i principi in materia di autonomia fra processo penale il giudizio di rinvio ex art 622 c.p.p. e libertà del giudice civile di accertare valutare i fatti secondo il criterio del ‘più probabile che non’ in luogo di quello penalistico dell’alta probabilità logica (…)» – ha affermato che «NOME COGNOME» è «responsabile dell’illecito di diffamazione col mezzo televisivo ai danni di NOME COGNOME e NOME COGNOME», passando poi a descrivere specificatamente il contenuto della condotta illecita dal predetto posta in essere lesiva dei diritti di questi ultimi (cfr. sentenza impugnata pagg. da 9 a 12) e a quantificare e liquidare il danno subito; al riguardo, la Corte territoriale ha affermato che «COGNOME deve quindi
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essere condannato al risarcimento dei danni nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME, che nella loro domanda iniziale, hanno chiesto il risarcimento “dei danni sia patrimoniali che non patrimoniali, se presenti e futuri, subìti ed a subire, nessuno escluso, da liquidare in separato giudizio’, ossia nel presente giudizio di riassunzione ». Ha poi aggiunto «È mancata tuttavia l’allegazione e la prova di qualsiasi danno di natura patrimoniale; conseguentemente deve ritenersi esistente esclusivamente il danno non patrimoniale derivante dalla lesione dell’onore e della reputazione» (cfr. sentenza impugnata pag. 12).
2.5. Con quanto appena testualmente riportato, la sentenza impugnata si è uniformata al recente indirizzo di questa Corte secondo cui quando il giudizio penale si conclude perché il giudice di legittimità “annulla solamente le disposizioni o i capi che riguardano l’azione civile” oppure “accoglie il ricorso della parte civile contro la sentenza di proscioglimento dell’imputato” – ai sensi nell’articolo 622 cod. proc. pen. – la rimessione al giudice civile, quale giudice di rinvio, significa inevitabilmente conferirgli la cognizione di tutto quanto ancora non è stato deciso con pronuncia passata in giudicato a proposito della domanda civile che la parte civile aveva inserito nel giudizio penale, tanto è vero che la rimessione è diretta ‘al giudice civile competente’, non potendo la costituzione di parte civile essere effettuata dopo il compimento degli adempimenti introduttivi nel dibattimento del giudizio penale di primo grado ai sensi dell’art. 79 cod. proc. pen., un giudizio di primo grado è già stato espletato (Cass. Sez. 3, 20/06/2017 n.15182; in senso conforme Cass. Sez. 3, 15/10/2019 n. 25918).
Si compie, pertanto, con il rinvio ex art. 622 cod. proc. pen. una piena translatio del giudizio e «non sussiste, quindi, una scissione paragonabile a quella dell’ipotesi di rimessione ex articolo 539 c.p.p.: quel che residua della regiudicanda come riguardante la domanda civile viene tutto convogliato davanti “al giudice civile competente per valore in grado
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di appello”» (Cass. Sez. 3, 20/06/2017 n.15182, punto 3.1.4. in motivazione).
È stato già precisato che qualora il giudizio sia rimesso ai sensi dell’art. 539 cod. proc. pen. al giudice remittente non è consentito né comprimere la domanda civile nell’ipotesi in cui la parte civile abbia richiesto in sede penale il pieno accertamento dei danni né ampliarla ove la parte civile abbia chiesto una condanna generica al risarcimento dei danni subiti da liquidarsi in separato giudizio, con eventuale provvisionale in quanto, si è sottolineato, il danneggiato esercitando l’azione civile nel giudizio penale persegue la completa tutela del suo diritto esattamente come l’avrebbe potuta ottenere in sede civile, con l’unica eccezione giustificata dalla insufficienza probatoria – della fattispecie di cui all’art. 539 c.p.p. (specchio che riflette l’ipotesi dell’art. 278 cod. proc. civ., con la differenza che il giudice penale deferisce ad altro giudice, quello civile, la seconda fase di accertamento già sottoposta al suo esame) (Cass. Sez. 3, n.15182/2017 cit., Cass. Sez. 3, n. 25918/2019 cit.); i n quest’ultimo caso, effettivamente, il giudice penale di merito può aver limitato ex art. 539 cod. proc. civ. il giudizio sul quantum debeatur , ad una sentenza non definitiva di condanna che riserva l’accertamento del definitivo importo di quantum debeatur ad un successivo giudizio.
2.6. In questa prospettiva, il giudice del rinvio assume il compito di apprezzare se la richiesta ricada in questa particolare ipotesi che assegna al giudice di merito penale il potere di riservare ad un successivo giudizio la decisione definitiva del quantum , già indicato nel suo preciso ammontare dalle parti, oppure in una richiesta di condanna generica tout court , con riserva ad altro giudizio la quantificazione dei danni.
2.7. Tanto rilevato, il Collegio, nell’ambito dei suoi poteri di controllo degli atti, ritiene non configurbile, così come denunciato, nella sentenza impugnata il vizio di extra o ultra petizione paventato dai ricorrenti ai sensi dell’art. 112 cod. proc. civ. che si configura quando il giudice provveda su una domanda mai formulata, senza ulteriori
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Non è questa l ‘ ipotesi che ricorre nel caso di specie, stante che al Giudice d’appello in sede di rinvio ai sensi dell’art. 622 cod. proc. pen. era stata devoluta la cognizione sulla domanda risarcitoria tenuto conto della piena translatio del giudizio sulla domanda civile superstite a quello penale operata dal giudice di legittimità penale (Sez. 3, 5 novembre 2021 n. 32212) e considerato, in particolare, che la rilevazione e l’interpretazione del contenuto della domanda è attività riservata al giudice di merito, sicché non è deducibile, con conseguenti profili anche di inammissibilità delle doglianze proposte, la violazione dell’art. 112 c.p.c., quale errore procedurale rilevante ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., quando il predetto giudice abbia svolto una motivazione sul punto -come nel caso di specie, sia pure estremamente sintetica, v. p. 12 della sentenza impugnata – , dimostrando come la questione sia stata ricompresa tra quelle oggetto di decisione, attenendo, in tal caso, il dedotto errore al momento logico relativo all’accertamento in concreto della volontà della parte (Cass., ord., n. 27181 del 22/09/2023; Cass. 29/0972021, n. 26454, non massimata sul punto, e Cass. n. 1545 del 27/01/2016).
Da ciò discende il rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di legittimità seguono il principio di soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
Per questi motivi
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La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, a rifondere il pagamento delle spese processuali in favore della parte controricorrente, che liquida in complessivi euro 4.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile il 26