Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 21090 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 21090 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18119/2021 R.G. proposto da:
Cenni NOMECOGNOME NOME e COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE,
-ricorrenti-
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE in amministrazione straordinaria, elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME Andrea (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende, controricorrente-
avverso il decreto del Tribunale di Bologna al n. 1359/2021 depositato il 03/06/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Il Tribunale di Bologna con decreto del 9/5/2019 rigettò l’opposizione allo stato passivo della procedura di amministrazione straordinaria RAGIONE_SOCIALE (di seguito denominata per brevità ‘Procedura’) proposta da COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, finalizzata ad ottenere l’accertamento in capo alle medesime del diritto di proprietà sulle opere d’arte della “Collezione COGNOME“; proprietà che, secondo la prospettazione delle ricorrenti, era loro derivata per successione mortis causa del padre COGNOME COGNOME, già Presidente e Amministratore Unico del RAGIONE_SOCIALE, il quale aveva deciso di arredare la sede del Gruppo disponendo nei vari locali delle opere del compianto nipote NOME COGNOME.
2 La Corte di cassazione, in accoglimento del ricorso proposto dagli eredi di COGNOME, con ordinanza n. 24945 del 6/11/2020, cassò con rinvio l’impugnato decreto rilevando che « …. la richiesta prova testimoniale è giustificata dal rapporto lavorativo intercorrente tra il dante causa delle ricorrenti -sig COGNOME COGNOME padre delle ricorrenti, ora scomparso e già Amministratore Delegato della società in Amministrazione Straordinaria -e il debitore (la Mercatone uno appunto), rapporto che rende verosimile in astratto (salvo verificare in concreto a seguito dello svolgimento dell’istruttoria) che l’amministratore delegato, per suo diletto personale, avesse inteso collocare quadri di sua proprietà all’interno dei locali in cui lavorava tutto il giorno ».
3 Riassunta la causa, il Tribunale di Bologna rigettava l’opposizione allo stato passivo e statuiva sulle spese dei gradi di giudizio.
3.1 I Giudici di rinvio, in via preliminare, accogliendo l’eccezione sollevata dalla procedura di carenza di legittimazione attiva dei
ricorrenti, rilevavano che questi ultimi non avevano fornito la prova della loro qualità di eredi del defunto NOME COGNOME
3.2 Con riferimento alla domanda di rivendicazione il Tribunale, pur potendo la prova testimoniale essere acquisita, in ossequio al principio impartito dal giudice rescindente, la riteneva inammissibile in quanto i capitoli vertevano su circostanze irrilevanti e pacifiche (cap. 1-2), generiche, in quanto non collocate nel tempo e nello spazio e valutative (cap. 3-4 e 5) ed erano altresì formulate in maniera negativa (cap. 6).
4 Cenni NOME COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno proposto ricorso per la cassazione del decreto sulla base di quattro motivi, depositando memoria illustrativa. La Procedura ha svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Il primo motivo denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. , in relazione all’art. 360, comma 1° n. 4, c.p.c.: si sostiene che l’impugnato decreto si sia discostato dal principio di diritto impartito dalla Corte; in particolare, a dire dei ricorrenti, avendo il giudice rescindente espresso un giudizio di ammissione della prova testimoniale, il rinvio al Tribunale di Bologna per un nuovo esame era finalizzato esclusivamente all’ammissione, senza alcun margine di discrezionalità del giudice di rinvio, della prova orale; opinando diversamente non si giustificherebbe la ragione del rinvio, cioè consentendo un ulteriore vaglio di ammissibilità della prova che ben avrebbe potuto essere fatto, per ragioni di economia processuale e di ragionevole durata e del processo, dalla Corte stessa.
1.1 Il secondo motivo deduce ancora violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1° n. 4, c.p.c. , per avere il Tribunale erroneamente statuito su una questione pregiudiziale – la carenza di legittimazione attiva dei ricorrenti – in riferimento alla
quale si era formato il giudicato interno a seguito della surrichiamata ordinanza n. 24945/2025.
1.2 Il terzo motivo prospetta violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1 ° n. 4, c.p.c. per avere l’impugnato decreto erroneamente accertato la formazione del giudicato interno per ciò che riguarda la richiesta di ordine di esibizione dell’inventario formulata sin dall’ins taurazione del giudizio di merito.
1.3 Il quarto motivo oppone omesso esame di un fatto decisivo ai fini del decidere per non avere il Tribunale statuito sulla eccezione formulata dai ricorrenti di non tener conto della memoria depositata dalla Procedura nel giudizio di rinvio, in quanto tardiva. 2 Il primo motivo è infondato.
2.1 Corretto è il principio, più volte evocato dai ricorrenti, affermato da Cassazione n. 11202/2018 (cfr. in motivazione e pure, sempre in motivazione, Cass. n. 392/2021), secondo cui il giudice di rinvio non può anche soltanto implicitamente -rimettere in discussione gli enunciati contenuti nella sentenza di cassazione o quelli che ne costituiscono il necessario presupposto (cfr., tra i tanti, Cass. n. 16171/2015). In altri termini, il giudizio di rinvio deve svolgersi entro i limiti segnati dalla sentenza di annullamento e non si può estendere a questioni che, pur non esaminate specificamente, in quanto non poste dalle parti o non rilevate d’ufficio, costituiscono il presupposto logico-giuridico della sentenza stessa, formando oggetto di giudicato implicito ed interno, poiché il loro riesame verrebbe a porre nel nulla o a limitare gli effetti della sentenza di cassazione, in contrasto col principio della loro intangibilità (cfr. Cass. n. 7656/2011, nonché, in senso sostanzialmente conforme, Cass. n. 636/ 2019). Ciò perché il giudizio di rinvio è un “processo chiuso”, in cui le parti non possono avanzare richieste diverse da quelle già prese né formulare difese, che, per la loro novità, alterino completamente il tema di decisione
o evidenzino un fatto ex lege ostativo all’accoglimento dell’avversa pretesa, la cui affermazione sia in contrasto con il giudicato implicito ed interno, così da porre nel nulla gli effetti intangibili della sentenza di cassazione ed il principio di diritto che in essa viene enunciato non in via astratta ma agli effetti della decisione finale (cfr. Cass. n. 26200/2014; 18600/2015, 5137/2019, 11202/2018 e 392/2021).
2.2 Ma nel caso di specie la Corte con la sentenza rescindente ha riconosciuto l’astratta possibilità di provare per testi il diritto di proprietà in deroga alla disciplina dei limiti della prova sanciti dall’art 621 c.p.c. rinviando al Tribunale per un nuovo esame della richiesta istruttoria; l’autonoma e diversa questione della intrinseca ammissibilità della prova per testi sulla base delle modalità e dei criteri di deduzione dei capitoli ex art 244 c.p.c. è rimasta fuori dal perimetro del giudizio di legittimità.
2.3 Sembra di tutta evidenza allora che il punto della controversia costituito dalla limitazione della prova per testi, sia l’antecedente logico e necessario rispetto dell’attività di esame dei capitoli di prova secondo i criteri che governano l’ammissione della prova testimoniale; ne consegue che, contrariamente a quanto affermato dai ricorrenti, nessun giudicato si era formato sulla ammissibilità dei capitoli di prova.
2.4 Non convince l’argomento ‘controfattuale’, speso nel motivo, secondo il quale la formazione del giudicato interno sulla questione dell’ammissibilità della prova ai sensi dell’art . 244 c.p.c. sarebbe confermata dal fatto che la Corte di cassazione si era astenuta dal rilevare d’ufficio l’inammissibilità dei capitoli di prova.
2.5 La scelta del giudice rescindente di rimettere al giudice di merito il vaglio dell’ammissibilità della prova orale per come capitolata dai ricorrenti si è resa necessaria in quanto nel precedente grado il tema della genericità, valutatività e non decisività dei capitoli di prova, pur essendo stato dedotto dalla
Procedura opposta nel giudizio di opposizione, non era stato esaminato dal Tribunale, che aveva ritenuto inammissibile il mezzo istruttorio per la diversa ed assorbente ragione delle limitazioni di cui all’art. 621 c.p.c. e, come risulta dalla lettura della sentenza della Corte, non era stato neanche sottoposto allo scrutinio del giudice di legittimità.
3.Il mancato accoglimento del motivo volto a censurare una specifica ragione, idonea da sé sola a sorreggere l’impugnata sentenza, comporta l’inammissibilità, per difetto di interesse, del secondo motivo che investe la diversa ratio decidendi della legittimazione attiva dei ricorrenti, posto che la sua eventuale fondatezza non potrebbe comunque condurre all’annullamento della pronuncia.
4 Il terzo motivo è inammissibile.
A fronte di una espressa statuizione del Tribunale di rigetto dell’ordine di esibizione in quanto la mancata redazione dell’inventario era inidonea a provare la sussistenza del diritto di proprietà, in capo al dante causa dei ricorrenti, della collezione di sculture, gli opponenti non hanno proposto una specifica censura sulle valutazioni che hanno indotto il giudice di merito a disattendere la richiesta istruttoria, invece continuandosi a lamentare anche con il ricorso per Cassazione del fatto che l’inventario non fosse stato redatto.
5 Neppure il quarto motivo supera il vaglio di ammissibilità per carenza di decisività della questione il cui esame sarebbe stato omesso.
5.1 Il giudice di rinvio, infatti, ha deciso su una questione l’ammissibilità della prova per testi -rilevabile d’ufficio e, quindi, indipendente dall’iniziativa di parte.
In conclusione, il ricorso è rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, che liquida in € 5.200, di cui € 200 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 27 maggio 2025.