Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 21098 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 21098 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 13776-2023 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME
– controricorrente –
Oggetto
R.G.N.13776/2023
COGNOME
Rep.
Ud 18/06/2025
CC
avverso la sentenza n. 280/2023 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 25/01/2023 R.G.N. 2870/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO che
Con sentenza in data 25 gennaio 2023, la Corte d’Appello di Roma, decidendo in sede di rinvio dalla Corte di cassazione, ha respinto le domande proposte da NOME COGNOME nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE aventi ad oggetto l’impugnazione del licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimatogli in data 28 marzo 2012 dalla RAGIONE_SOCIALE e, previo accertamento dell’esistenza di un unico rapporto di lavoro con RAGIONE_SOCIALE e con il gruppo RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, la declaratoria di illegittimità, con ogni conseguente pronuncia derivante d all’art. 8 L. n. 604 del 1966. In particolare, la Corte, nell’applicare il principio dettato dal giudice di legittimità in sede di rinvio, ha respinto le domande avanzate, ritenendo sfornita di prova l’esistenza di un unico centro di imputazione di interessi fra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE ed ha ritenuto assorbite le altre domande, afferenti alla legittimità del recesso intimato, essendo stato incentrato il ricorso per cassazione esclusivamente sulla codatorialità conseguente all’accertamento dell’ unicità del centro di imputazione del rapporto di lavoro considerato.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso assistito da memoria NOME COGNOME affidandolo a cinque motivi.
Resistono, con controricorso assistito da memoria, la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE
CONSIDERATO che
1.Con il primo motivo di ricorso si censura la decisione impugnata per violazione dell’art. 384 cod. proc. civ., per essersi limitata la Corte d’appello ad esaminare la sussistenza di elementi probatori a sostegno dell’unicità del centro di interessi senza procedere ad accertare la fondatezza delle pretese fatte valere dal ricorrente anche nei confronti della singola società.
Con il secondo motivo si denunzia la violazione dell’art. 2380 cod. civ., per la ritenuta insussistenza di sufficienti riscontri quanto all’unicità del centro di imputazione del rapporto invocata.
Con il terzo motivo si denunzia l’omesso esame di un fatto decisivo, nonché la violazione di legge circa la ritenuta illogicità della sussistenza fra le parti di un rapporto di agenzia.
Con il quarto motivo si denunzia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti circa la configurabilità di una interposizione fittizia di manodopera.
Con il quinto motivo si deduce ancora l’omesso esame di un fatto decisivo con riguardo alle dichiarazioni testimoniali da cui si sarebbe evinta l’unicità del centro di imputazione.
Va preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso prospettata dalle due società controricorrenti con riguardo alla previsione di cui all’art. 1 comma 62 della legge n. 92/2012 a mente del quale il ricorso per cassazione contro la sentenza deve essere proposto, a pena di decadenza, entro sessanta giorni dalla comunicazione della stessa o dalla notificazione, se anteriore.
Orbene, la stessa difesa delle parti controricorrenti deduce che, nella specie, la pubblicazione della sentenza è avvenuta il 25
gennaio 2023 mentre la successiva notifica del ricorso in data 7 giugno 2023.
In dispregio del disposto della norma, nonché, conseguentemente, del principio di specificità dei motivi, di cui all’art. 366 c.p.c., la deduzione di parte controricorrente si incentra sulla data di pubblicazione della sentenza nulla adducendo con riguardo a quella di comunicazione, ovvero di notificazione della stessa.
7. Il primo motivo è fondato.
Va preliminarmente rilevato come l’oggetto e i limiti del giudizio di rinvio impongono di escludere che il giudice, al quale la causa sia rimessa dopo la pronuncia cassatoria, possa sindacare la correttezza in iure del principio stabilito dalla sentenza pronunciata in sede di legittimità (Cass. n. 5254 del 2024).
Ed invero, il giudice del rinvio, al quale la Corte di cassazione abbia rimesso la causa a seguito di annullamento della decisione ex art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., incorre nella violazione dell’art. 384 c.p.c. laddove giudichi i rapporti sulla base di un criterio diverso da quello indicato dalla Corte stessa (Cass. n. 18734 del 2022).
I limiti dei poteri attribuiti al giudice di rinvio sono diversi a seconda che la sentenza di annullamento abbia accolto il ricorso per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ovvero per vizi di motivazione in ordine a punti decisivi della controversia, ovvero per l’una e per l’altra ragione: nella prima ipotesi, il giudice di rinvio è tenuto soltanto ad uniformarsi, ai sensi dell’art. 384, comma 1, c.p.c., al principio di diritto enunciato dalla sentenza di cassazione, senza possibilità di modificare l’accertamento e la valutazione dei fatti acquisiti al processo; nella seconda ipotesi, il giudice non solo può valutare
liberamente i fatti già accertati, ma può anche indagare su altri fatti, ai fini di un apprezzamento complessivo in relazione alla pronuncia da emettere in sostituzione di quella cassata, tenendo conto, peraltro, delle preclusioni e decadenze già verificatesi; nella terza ipotesi, la “potestas iudicandi” del giudice di rinvio, oltre ad estrinsecarsi nell’applicazione del principio di diritto, può comportare la valutazione “ex novo” dei fatti già acquisiti, nonché la valutazione di altri fatti, la cui acquisizione sia consentita in base alle direttive impartite dalla Corte di cassazione e sempre nel rispetto delle preclusioni e decadenze pregresse (Cass. n. 17240 del 2023).
7.1. Nella specie, il perimetro del giudizio di rinvio è stato disegnato in sede di ricorso per cassazione ed all’esito della decisione emessa da questa Corte, la quale ha testualmente affermato nel principio dettato al giudice di rinvio che ‘ la sussistenza del giustificato motivo oggettivo debba essere valutata, in primo luogo avendo riguardo alla asserita codatorialità e/o collegamento funzionale e, successivamente, relativamente alla eventuale posizione della singola società’ così chiarendo che sarebbe stato monco un giudizio di rinvio limitatosi ad accertare la eventuale sussistenza di un unico centro di imputazione occorrendo, appunto, procedere prima alla verifica circa la configurabilità di una ipotesi di codatorialità stricto sensu da cui potesse evincersi un unico rapporto di lavoro subordinato con tutte le conseguenze anche in ordine alla eventuale illegittimità del licenziamento e, successivamente, la verifica concernente la legittimità del licenziamento intimato rispetto alla singola società.
Tale ultimo esame, come correttamente rilevato dal ricorrente nel proprio primo motivo di ricorso, è stato del tutto omesso
dalla Corte territoriale e dovrà essere effettuato in esito al presente giudizio di cassazione, in sede di rinvio.
I restanti motivi, da esaminarsi congiuntamente per ragioni logico – sistematiche, sono inammissibili.
Va premesso che è da ritenersi inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, c.p.c., non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di legge e dell’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, in quanto una tale formulazione mira a rimettere al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’art. 360 c.p.c., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse (Cass. n. 3397 del 2024).
8.1. Nella specie, le censure, veicolate promiscuamente mediante il ricorso alla violazione di legge ed all’omesso esame di fatti decisivi mirano, nella sostanza, ad una rivalutazione in fatto delle conclusioni raggiunte dalla Corte d’appello che deve ritenersi inammissibile in sede di legittimità.
Occorre rilevare che, come noto, con riferimento alla dedotta violazione dell’art. 360, co. 1, n. 5 cod. proc. civ., si verte nell’ambito di una valutazione di fatto, totalmente sottratta al sindacato di legittimità, in quanto, in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5 del cod. proc. civ., al di fuori dell’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è
stato oggetto di discussione tra le parti, il controllo del vizio di legittimità rimane circoscritto alla sola verifica della esistenza del requisito motivazionale nel suo contenuto “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. ed individuato “in negativo” dalla consolidata giurisprudenza della Corte -formatasi in materia di ricorso straordinario- in relazione alle note ipotesi (mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale; motivazione apparente; manifesta ed irriducibile contraddittorietà; motivazione perplessa od incomprensibile) che si convertono nella violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4), c.p.c. e che determinano la nullità della sentenza per carenza assoluta del prescritto requisito di validità (fra le più recenti, Cass. n. 13428 del 2020; Cass. n. 23940 del 2017).
Non solo, nel caso di specie, la motivazione è presente e ben chiara nel suo svolgimento, ma parte ricorrente non deduce l’omessa valutazione di un fatto storico ma appunta le proprie censure su aspetti valutativi dell’ iter motivazionale, concernenti la asseritamente erronea valutazione della Corte d’appello.
Invero, l’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal d.l. n. 83 del 2012, conv. dalla l. n. 143 del 2012, prevede l’ ” omesso esame” come riferito ad “un fatto decisivo per il giudizio” ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico naturalistico, non assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni” che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate ( cfr., in questi termini, fra le più recenti, Cass.n. 2268 del 2022).
In particolare, poi, quanto alla dedotta violazione dell’art. 2380 cod. civ., occorre evidenziare come la piana lettura del motivo
di ricorso induca ad affermare che, nonostante la parte veicoli le proprie doglianze attraverso la violazione di legge, la stessa, in realtà, mira ad una rivisitazione fattuale della vicenda, da ritenersi inammissibile in sede di legittimità.
Deve concludersi che parte ricorrente, nel formulare le proprie censure mediante ricorso per cassazione, non si è conformata a quanto statuito dal Supremo Collegio in ordine alla apparente deduzione di vizi ex artt. 360 co. 1 nn.3 e 5 e, cioè, che è inammi ssibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (cfr., SU n. 34476 del 2021);
Alla luce delle suesposte argomentazioni, il primo motivo deve essere accolto e gli altri vanno dichiarati inammissibili. La sentenza deve essere cassata in relazione al motivo accolto e la causa rimessa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche in ordine alle spese relative al giudizio di
legittimità.
PQM
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara gli altri inammissibili. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche in ordine alle spese relative al giudizio di legittimità.
Così deciso nell’adunanza camerale del 18 giugno 2025.
La Presidente NOME COGNOME