Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 26413 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 26413 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/10/2024
come lo specifico rilievo sia stato già vagliato dalla ricordata pronuncia delle SS.UU., che, nel disattenderlo, richiamando il pregresso iter motivazionale, si sono date cura di precisare che «le «argomentazioni che precedono si prestano, infine, in modo ancor più evidente, ad annettere nello stesso ambito di giurisdizione quella porzione di controversia relativa, segnatamente, alle pretese risarcitorie avanzate dalle agenzie ippiche in ragione del dedotto inadempimento dei ministeri concedenti circa la mancata attivazione delle possibilità, per i concessionari, di accettare scommesse ippiche a quota fissa, nonché scommesse “per telefono o per via telematica”, in quanto integranti obbligazioni a carico delle stesse amministrazioni (contemplate dalla convenzione in base alla normativa regolamentare di riferimento), che, come tali, andavano a definire il complessivo perimetro dei reciproci diritti e obblighi del rapporto concessorio, rilevante nella fase attuativa del rapporto medesimo».
Dunque, anche per il profilo di che trattasi il richiamo ai principi affermati dalle SS.UU. è risolutivo.
3.1. Con il secondo motivo ed il terzo motivo di ricorso si rinnova la denuncia del difetto di competenza arbitrale in ragione della declinatoria al riguardo esternate a suo tempo dalle amministrazioni convenute e si censura di conseguenza il discorde orientamento espresso dal collegio arbitrale, prima, e dal giudice dell’impugnazione, poi, per non avervi dato coerente seguito, da un lato, perché esso, ignorando il comando secondo cui la giurisdizione statuale è rinunciabile solo per effetto di un’esplicita manifestazione di volontà, si porrebbe perciò in contrasto con i canoni ermeneutici di cui agli artt. 1362 e 1363 cod. civ. (secondo motivo) e, dall’altro, sarebbe lesivo del diritto di ogni soggetto di agire in giudizio a tutela dei propri interessi e violerebbe il principio di libera scelta della parte che alla base della convenzione di arbitrato (terzo motivo).
3.2. Entrambi i motivi, scrutinabili congiuntamente per unitarietà della censura, sono infondati e possono essere perciò disattesi.
Valgono al riguardo in chiave definitivamente assorbente le considerazioni già spese da Cass. 8863/24, dell’avviso, maturato sul filo della riproduzione testuale di essa e del principio ” in claris non fit interpretatio “, che «la clausola compromissoria nel suo contenuto letterale (art.15, comma 2, ultimo periodo: “Resta salva la facoltà della declinatoria della competenza arbitrale, da parte del concessionario”) è del tutto inequivocabile nell’attribuire la facoltà di declinare la procedura arbitrale solo in capo alla Agenzia concessionaria». Nei termini enunciati si è creduto di dover replicare all’argomento opposto dall’amministrazione ricorrente, che si duole tuttora che l’interpretazione contestata condurrebbe a dar vita ad un arbitrato obbligatorio, che poiché la clausola in parole nel testo risultante dal disciplinare di concessione è stata predisposta, con atto normativo generale (D.M. MIPAAF del 20.4.1999) in adempimento di una previsione regolamentare delegata dalla l. 23
dicembre 1996, n. 662, non può parlarsi di arbitrato obbligatorio, dato che la volontà di assoggettarsi al giudizio arbitrale è stata manifestata preventivamente dalle Amministrazioni che hanno predisposto e imposto alla controparte la clausola compromissoria. Si è osservato al riguardo che, sebbene sia certamente vero che la giurisprudenza costituzionale, sin dalla pronuncia 127/1997, abbia affermato che, garantendo la Costituzione il diritto ad ogni individuo di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi, il fondamento di qualsiasi arbitrato sia da rinvenirsi nella libera scelta delle parti -sicché la fonte dell’arbitrato non può ricercarsi e porsi in una legge ordinaria o, più generalmente, in una volontà autoritativa, con l’effetto di precludere alla radice ogni forma di arbitrato obbligatorio, come peraltro pure esplicitamente sancito da Corte Cost. 152/1996 dichiarando l’incostituzionalità dell’art. 16 l. 10 dicembre 1981, n. 741 -, nondimeno è decisivo, nel senso di escludere la ravvisabilità nella specie di un arbitrato obbligatorio in danno della PRAGIONE_SOCIALE., la considerazione -cui non pone rimedio la problematica gestazione della norma su cui si dilunga il motivo -che la volontà delle amministrazioni ricorrenti di assoggettarsi all’arbitrato è stata dalle stesse liberamente manifestata a monte, sia predisponendo sia imponendo la clausola in questione alla controparte contrattuale, di guisa che mancano i requisiti per ritenere l’arbitrato obbligatorio e quindi il presupposto perché le Amministrazioni potessero declinare la competenza arbitrale, posto infatti che la diversa lettura suggerita dalle ricorrenti poggia su un’artificiosa, innaturale ed illogica scissione di ruoli non potendo vedersi nel soggetto predisponente una parte vincolata da un’autorità esterna.
4.1. Con il quarto motivo di ricorso si denuncia il vizio di “omessa petizione” in cui il decidente del gravame sarebbe incorso per aver arrestato il proprio sindacato in sede di rinvio alla disamina delle sole questioni afferenti al difetto di giurisdizione e al difetto di competenza arbitrale, senza assumere alcuna determinazione riguardo agli ulteriori motivi di impugnazione del lodo, rimasti perciò impregiudicati, sebbene nel costituirsi in sede di rinvio le amministrazioni già impugnanti, pur insistendo segnatamente sui profili poi statuiti dal decidente, avessero insistito sulle domande e sulle deduzioni svolte nell’originario atto di impugnazione.
4.2. Il motivo, ad onta della sua intitolazione (petizione viene da petere che significa chiedere e non si vede come possa il giudice, che è normalmente il destinatario di una petizione, incorrere in un vizio di omessa petizione) e rettamente ricondotto nell’alveo dell’omessa pronuncia, è fondato e va pertanto accolto.
Effettivamente il giudice del rinvio ha circoscritto il proprio scrutinio alle sole questioni della giurisdizione e della competenza del collegio arbitrale senza assumere, una volta definite queste questioni con il rigetto di entrambe le eccezioni di parte impugnante, alcuna determinazione rispetto alle ulteriori domande e deduzioni, già contenute nell’atto di impugnazione del lodo, a cui le amministrazioni convenute in sede di rinvio, come pure riconosce la concessionaria, si erano sinteticamente richiamate in chiusa della comparsa di costituzione.
4.3. Fermo, in principio, che la presunzione di rinuncia stabilita dall’art. 346 cod. proc. civ. delle domande già proposte in primo grado in difetto di riproposizione in sede di impugnazione è operante anche in sede di giudizio di rinvio in cui, se è preclusa alle parti la possibilità di proporre nuove domande ed eccezioni, rimane la facoltà di scegliere se insistere o meno in tutte le conclusioni in precedenza
rassegnate (Cass., Sez. I, 26/01/2007, n. 1754), occorre, tuttavia, por mente alla distinzione tra rinvio prosecutorio e rinvio restitutorio.
Com’è noto il primo si determina allorché la sentenza impugnata venga cassata per error in iudicando ex art. 360, comma 1, n 3 e n. 5, cod. proc. civ., mentre il secondo si ha quando la cassazione intervenga per un error in procedendo . Ora, qui la cassazione della pregressa sentenza di appello è avvenuta per violazione di legge, avendo la Corte accolto il primo motivo di ricorso, a mezzo del quale si lamentava la violazione dell’art. 132 cod. proc. civ. sul presupposto che la corte territoriale, nel decretare l’accoglimento del gravame, si era limitata a far propria per relationem una precedente pronuncia da essa adottata su una vicenda analoga senza tuttavia darsi cura di rendere percepibile il fondamento delle proprie determinazioni, in particolare astenendosi dal dar conto delle ragioni della propria adesione al precedente richiamato mediante, segnatamente, l’illustrazione delle questioni controverse e dei motivi di impugnazione proposti dalla parte.
Si ha perciò ragione di credere che il rinvio in tal senso a suo tempo decretato da questa Corte debba inquadrarsi nell’ambito proprio del rinvio prosecutorio, vero, infatti, che si potrebbe parlare della diversa specie del rinvio restitutorio solo se la sentenza cassata, senza entrare nel merito, si fosse limitata ad una pronuncia meramente processuale (Cass., Sez. I, 27/09/2018, n. 23314). A tale riguardo va allora osservato che è affermazione corrente nella giurisprudenza di questa Corte che la riassunzione, anche ad opera di una sola delle parti, ponendo le stesse nella medesima posizione originaria, impone al giudice del rinvio di decidere la controversia sulla base delle conclusioni già formulate nelle precedenti fasi di merito, sicché, fatta salva l’ipotesi di un eventuale giudicato interno,
egli è chiamato, anche nella contumacia di una delle parti, a pronunciarsi su tutte le domande ed eccezioni di merito a suo tempo proposte, a prescindere dalla loro formale ed espressa riproposizione (Cass., Sez. II, 3/05/2024, n. 12065).
Ne discende di conseguenza l’erroneità dell’impugnato pronunciamento che in ragione della natura prosecutoria del rinvio disposto da questa Corte non avrebbe dovuto astenersi dal l’occuparsi anche delle domande e delle deduzioni già declinate dalle amministrazioni in allora ricorrenti nell’originario atto introduttivo del proposto giudizio di impugnazione.
Va, dunque, accolto il quarto motivo di ricorso e la causa, previa cassazione della sentenza impugnata nei limiti del motivo accolto, va rinviata al giudice a quo per la necessaria rinnovazione del giudizio in parte qua.
P.Q.M.
Rigetta il primo, il secondo ed il terzo motivo di ricorso; accoglie il quarto motivo di ricorso , cassa l’i mpugnata sentenza nei limiti del motivo accolto e rinvia la causa avanti alla Corte d’Appello di Roma,