Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 6536 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 6536 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/03/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 5011/2019 R.G. proposto da:
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente e controcorrente all’incidentale -contro
COGNOME NOME e COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrenti e ricorrenti incidentali-
avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO BRESCIA n. 1191/2018 depositata il 06/07/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Udito il P.M., nella persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso principale e per l’accoglimento del primo motivo del ricorso incidentale, l’inammissibilità o il rigetto del secondo motivo del ricorso incidentale.
Uditi gli avvocati NOME COGNOMEsu delega) per la parte ricorrente e controcorrente all’incidentale e NOME COGNOME per la parte controricorrente e ricorrente incidentale.
FATTI DI CAUSA
Nel 1991 NOME COGNOME e NOME COGNOME convenivano il proprietario del fondo confinante NOME COGNOME, dinanzi al Tribunale di Brescia. Lamentavano che il convenuto aveva realizzato un’autorimessa e un muro di sostegno a distanza inferiore a cinque metri dal confine, in violazione delle norme urbanistiche. Gli attori sostenevano altresì che una stradella confinante era gravata solo da servitù di passaggio pedonale e carraio (non anche di manovra e parcheggio) e chiedevano che il confine venisse individuato nella linea mediana di un muretto originario. Inoltre, chiedevano la rimozione di porfido dal piazzale e la riparazione di danni alla pavimentazione. Il convenuto contestava le domande degli attori e, in via riconvenzionale, domandava tra l’altro la conferma del confine secondo le mappe catastali, il ripristino di piantini e rete rimossi dagli attori e la rimozione di un albero di alto fusto. Il Tribunale di Brescia, con sentenza del 2005, accoglieva parzialmente le domande degli attori: riconosceva la servitù limitata di passaggio e ordinava il ripristino di alcuni manufatti e della pavimentazione. Il convenuto proponeva appello, lamentando tra l’altro la nullità della sentenza per mancata integrazione del contraddittorio nei confronti di litisconsorti necessari (i coniugi COGNOME). La Corte di appello di Brescia, con sentenza del 2009, accoglieva l’appello sotto questo profilo e rim etteva la causa
al Tribunale. Gli attori proponevano ricorso per cassazione, e questa Corte, con sentenza n. 19506/15, cassava parzialmente la decisione, accogliendo il motivo con cui si denunciava che solo alcune domande richiedevano l’integrazione del contraddittorio. Il giudizio veniva riassunto dagli attori dinanzi alla Corte di appello di Brescia esclusivamente per le domande ritenute estranee all’eccezione di carenza del contraddittorio, cioè per quelle diverse dall’accertamento dei confini e dalla rimozione del porfido posato sulla proprietà degli attori. In termini positivi, gli attori in riassunzione limitavano le loro conclusioni alla richiesta di riforma della sentenza del Tribunale nella parte in cui aveva rigettato la loro domanda di arretramento dell’autorimessa. Il convenuto si costituiva eccependo l’estinzione del giudizio in relazione alle domande non riassunte dagli attori in sede di rinvio e reiterava le conclusioni già formulate nel giudizio di appello originario. La Corte di appello, con la sentenza qui impugnata, ha ritenuto che oggetto di decisione nella fase di rinvio siano solo le domande riproposte dalle parti in tale fase. Di conseguenza, si è pronunciata nel merito esclusivamente sulla fondatezza della domanda di arretramento dell’autorimessa proposta dagli attori, rigettandola.
Ricorre in cassazione in cassazione il convenuto con due motivi, illustrati da memoria. Resistono gli attori con controricorso e ricorso incidentale con due motivi, illustrati da memoria, cui resiste il ricorrente con controricorso. La Procura generale ha depositato osservazioni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Il primo motivo del ricorso principale denuncia violazione degli artt. 392, 306 e 393 c.p.c., lamentando il mancato accoglimento dell’eccezione di estinzione ex art. 393 c.p.c. del giudizio con riferimento alle domande rispetto alle quali gli attori hanno provveduto a riassumere la causa direttamente dinanzi al giudice di primo grado, anziché dinanzi alla Corte di appello funzionalmente competente.
Il primo motivo del ricorso principale è fondato.
Cass. n. 19506/2015, cui è seguito il giudizio di rinvio conclusosi con la sentenza oggetto dell’attuale giudizio di cassazione, aveva accolto il quarto motivo di ricorso che riguardava la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 102, 103, 104 e 354 co. 1 c.p.c. Secondo i ricorrenti (gli originari attori), la Corte d’appello aveva erroneamente disposto la rimessione dell’intero giudizio al primo giudice, anziché limitare la rimessione alla sola domanda che implicava la necessità di integrazione del contraddittorio. Essi sostenevano che, su undici domande complessive, solo una, relativa alla rimozione del pavimento in porfido, richiedeva tale integrazione. A loro avviso, separare le cause avrebbe evitato la regressione dell’intero processo. Cass. 19506/2015 ha accolto il motivo, evidenziando che, in ipotesi di cumulo oggettivo, ogni domanda conserva autonomia e può essere decisa separatamente. Qualora l’integrazione del contraddittorio riguardi una sola delle domande, la nullità della sentenza e la regressione al primo grado devono limitarsi esclusivamente a quella domanda. Disporre la regressione per l’intero processo sarebbe incongruo e in contrasto con il principio costituzionale della ragionevole durata del processo sancito dall’art. 111 co. 2 Cost. La Corte ha quindi cassato la sentenza impugnata nei limiti del motivo accolto, con rinvio alla Corte d’appello di Brescia per un nuovo esame che tenesse conto di ciò. Le argomentazioni di questa Corte si sono fondate sull’autonomia delle domande proposte in cumulo oggettivo e sulla necessità di assicurare un equilibrio tra le esigenze processuali che la disciplina del litisconsorzio necessario richiede di soddisfare e il rispetto dei principi costituzionali di efficienza e durata ragionevole del processo.
Tuttavia, gli attori hanno omesso di riassumere il giudizio dinanzi alla Corte di appello di Brescia nella sua integrità, affinché quest’ultima provvedesse alla separazione e alla rimessione al giudice di primo delle cause per le quali era stata omessa l’integrazione del contraddittorio, nonché alla decisione nel merito delle altre
domande. Né vale replicare (come si fa nel controricorso) che gli attori hanno dato una sorta di esecuzione diretta al dictum di Cass. 19506/2015 con il provvedere a riassumere in prime cure il giudizio in relazione ad alcune domande. Una tale valutazione di efficienza acceleratoria (unilateralmente ad opera della parte) non può spingersi fino ad eludere la competenza funzionale (inderogabile) della Corte di appello, così come questa è stata chiamata ad operare dalla sentenza di questa Corte (appena menzionata). Infatti, alla base del riconoscimento di tale competenza vi è l’esigenza di certezza di trattamento delle situazioni processuali, sotto il profilo della distinzione precisa tra il thema decidendum che rimane affidato alla Corte di appello e quello che è da rimettere al giudice di primo grado. La realizzazione di tale esigenza si impone a maggior ragione in processi complessi come quello attuale che ha avuto oggetto oltre dieci domande giudiziali (e impone anche una ulteriore cassazione con rinvio, anziché una pronuncia diretta di estinzione ad opera di questa Corte, come pure richiesto nelle conclusioni del primo motivo).
Il primo motivo del ricorso principale è accolto.
– A causa della loro connessione, conviene esporre congiuntamente il secondo motivo del ricorso principale e il primo motivo del ricorso incidentale.
2.1. – Il secondo motivo del ricorso principale denuncia violazione degli artt. 392, 394, 325, 327, 329 e 371 c.p.c., lamentando il mancato esame in sede di rinvio dei motivi di merito formulati dal convenuto nel giudizio di appello che ha dato luogo alla pronuncia cassata. Si sostiene che la Corte di appello ha erroneamente imputato al convenuto l’onere di proporre ricorso incidentale condizionato nel precedente giudizio di cassazione. Si argomenta che il giudizio di rinvio avrebbe dovuto comprendere anche le domande ed eccezioni proposte originariamente, senza considerare come rinuncia o acquiescenza la mancata reiterazione espressa di alcune richieste.
2.2. – Il primo motivo del ricorso incidentale denuncia violazione degli artt. 112, 132, 325, 327, 371, 392 e 394 c.p.c., nonché motivazione apparente, per omessa pronuncia da parte della Corte di appello sulle domande proposte dagli attori, già accolte in primo grado, e ritenute erroneamente non riproposte. Si evidenzia che tali domande, elencate nell’atto di riassunzione, dovevano essere decise nel merito.
2.3. -In quanto si fondano sulla stessa base logico-giuridica, il secondo motivo del ricorso principale e il primo motivo del ricorso incidentale sono da accogliere congiuntamente. Di ciò le parti si danno atto reciprocamente in una sostanziale convergenza di posizioni.
Entrano in gioco infatti i principi di diritto enunciati da questa Corte per la disciplina del giudizio di rinvio (e richiamati dal P.M. nelle sue osservazioni). In tale giudizio le parti conservano la stessa posizione processuale che avevano nel grado in cui fu pronunciata la sentenza cassata. Pertanto, ogni riferimento a domande, eccezioni e difese svolte nel grado pregresso ha l’effetto di richiamare integralmente tali domande, eccezioni e difese assunte e spiegate nel giudizio, quand’anche tale riferimento non si sostanzi in una reiterazione specifica delle richieste precedentemente formulate (cfr. Cass. n. 14616 del 2003, tra le altre). In via di principio, la riassunzione in sede di rinvio ricolloca le parti nella posizione propria del grado di giudizio in cui è stata emanata la sentenza cassata e vale a considerare riproposte tutte le domande ed eccezioni formulate in tale grado, salvo il potere della parte di scegliere se insistere o meno in tutte le conclusioni già rassegnate.
D’altro canto (si può aggiungere per completare il quadro con un elemento non immediatamente rilevante nel caso attuale), nel giudizio di rinvio è preclusa alle parti ogni possibilità di proporre nuove domande, eccezioni, prove, nonché conclusioni diverse, salvo che
esse si rendano necessarie in forza di statuizioni della sentenza di cassazione (cfr. Cass. 1754/2007).
Ne segue l’ errore della Corte di appello che, nel caso attuale, ha limitato il thema decidendum alle domande esplicitamente poste dinanzi a lei, contrariamente alla logica processuale secondo cui la riassunzione riguarda potenzialmente tutto il thema decidendum investito della cassazione.
Il secondo motivo del ricorso principale e il primo motivo del ricorso incidentale sono accolti.
2.4. – Il secondo motivo del ricorso incidentale denuncia violazione dell’art. 873 c.c. e motivazione apparente, per aver e la Corte di appello qualificato come completamente interrata l’autorimessa costruita dal convenuto. Si contesta la decisione della Corte di appello di Brescia che, nel rigettare la domanda di riduzione in pristino alla distanza di metri cinque dal confine rispetto alla proprietà degli attori , ha qualificato l’autorimessa come completamente interrata e dunque non soggetta al rispetto delle distanze legali. Si afferma che la qualificazione del manufatto come interrato è errata poiché lo stesso si erge, almeno su due lati, al di sopra dell’attuale piano di campagna. La Corte ha dunque travisato i fatti, considerando interrato un manufatto che non lo è, oppure ha errato nel qualificare come interrato un manufatto solo parzialmente tale, rispetto a quello che era il piano di campagna originario prima degli sbancamenti.
Tale secondo errore a dire dei ricorrenti incidentali è censurabile sotto il profilo della violazione di legge oppure sotto il profilo di una motivazione che è meramente apparente, in quanto priva di un’adeguata considerazione delle risultanze peritali e delle condizioni materiali dei luoghi. In particolare, sotto tale profilo, si richiama la perizia del c.t.u., che indica come l’autorimessa fosse interrata rispetto alla situazione precedente del terreno, mentre, secondo la situazione attuale, essa si trova al di sopra del piano di campagna modificato dopo i lavori. Si rileva che l’accesso al box, il cortile e i muri
circostanti sono stati realizzati a una quota inferiore al terreno preesistente, creando un assetto differente che non giustifica la qualificazione del manufatto come completamente interrato.
Tale secondo motivo è fondato sotto il profilo della censura di motivazione apparente (che quindi viola l’art. 132 co. 2 n. 4 c.p.c.), vizio che ricorre « quando la motivazione, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento » (così, per tutte Cass. SU 2767 del 2023). Tale è la motivazione censurata nel caso attuale. Infatti, nel brano della c.t.u. che la Corte di appello pone a fondamento della propria decisione si legge (e la lettura si ritrae dal testo della sentenza): « la porzione di box che insiste nella fascia compresa tra il confine ed i 5 mt. dal confine stesso è sicuramente interrata rispetto alla situazione precedente del terreno l’accesso al box stesso, il cortile, i muri ed i manufatti fioriera sono stati comunque ricavati ad una quota inferiore al terreno preesistente ed hanno creato una situazione dei luoghi del tutto diversa da quella precedente ciò anche nella fascia compresa tra il confine ed i 5 metri dal confine stesso ». Da ciò la Corte fa discendere: « Poiché la distanza delle costruzioni dal confine e fra di loro va calcolata solo in relazione a quelle che sovrastano il piano campagna non può ravvisarsi alcuna violazione di distanze nel caso di specie trattandosi di costruzione, della cui regolarità si discute, completamente interrata ». Se ne fa seguire ulteriormente che non si app lica l’art. 873 c.c., poiché esso non riguarda né le opere completamente realizzate nel sottosuolo, né i manufatti che non si elevino oltre il livello del suolo (fra le sentenze massimate, cfr. Cass. 12489 del 1995).
Su un’argomentazione così strutturata è sufficiente osservare che la motivazione è apparente, giacché non si può inferire che un manufatto sia interrato completamente da una attestazione che è
interrata una porzione di esso rispetto alla situazione precedente del terreno (cioè della « la porzione di box che insiste nella fascia compresa tra il confine ed i 5 mt. dal confine stesso» ).
Oltre a ciò che è strettamente necessario per decidere, conviene aggiungere che il caso attuale non rientra peraltro fra le ipotesi di « travisamento del contenuto oggettivo della prova », per come esse sono state delineate (in termini rigorosamente restrittivi) e discusse dalla recente Cass. SU 5792/2024. Infatti, quest’ultima pronuncia esclude espressamente (anche nel principio di diritto) che tali ipotesi riguardino la « verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio ». Essa esclude cioè dal campo del travisamento del contenuto oggettivo della prova proprio il tipo di verifica che questa Corte è stata chiamata a svolgere nel caso di specie e che si è conclusa nel senso che l’informa zione probatoria (cioè che l’autorimessa è interrata completamente) non è riconducibile logicamente al fatto probatorio (i rilievi contenuti nel c.t.u. che la Corte territoriale ha citato, ritenendo di poterli porre a fondamento della propria decisione).
D’altra parte, è la stessa Cass. SU 5792/2024 a riconoscere che con la modifica dell’a rt. 360 n. 5 c.p.c. del 2012 « il controllo motivazionale è stato soltanto circoscritto entro limiti non giugulatori, com’è testimoniato del resto dal larghissimo impiego, nella pratica, del motivo formulato in relazione all’articolo 132 n. 4 c.p.c. ».
Il caso attuale costituisce riprova della correttezza di tale affermazione.
2.5. – La Corte accoglie il ricorso principale e il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Brescia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale e il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte
di appello di Brescia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 16/01/2025.