Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 31860 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 3 Num. 31860 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/12/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 4393/2022 R.G. proposto da: COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
nonchè contro
NOME COGNOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dal l’ avvocato NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
nonchè contro
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
nonchè contro
COGNOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO SALERNO n. 1671/2021 depositata il 25/11/2021;
udita la relazione svolta nella udienza del 30 settembre 2024 dal
Consigliere NOME COGNOME
udita la requisitoria del Procuratore Generale NOME COGNOME udite le difese degli avvocati NOME COGNOME per il ricorrente, NOME COGNOME per RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME per NOME COGNOME e NOME COGNOME per NOME COGNOME:
FATTI DI CAUSA
Per quanto qui interessa, la Corte d’appello penale di Salerno, con sentenza n. 322/2016, riformando la sentenza n. 1462/2013 del Tribunale penale di Salerno, assolveva NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME dai reati di falso ideologico in atto pubblico e di abuso d’ufficio per insussistenza dei fatti, in relazione ad un nullaosta all’adempimento dell’attività produttiva a favore di RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME che avrebbe causato danno ingiusto a NOME COGNOME – proprietario di un terreno che gli sarebbe stato espropriato per consentirne l’acquisto al COGNOME il quale si era costituito parte civile.
A seguito di ricorso della parte civile NOME COGNOME con sentenza n. 53981/2017 la Cassazione penale dichiarava l’impugnazione inammissibile nei confronti del COGNOME – essendo egli deceduto durante il giudizio d’appello – e annullava la sentenza nei confronti di NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME con rinvio al giudice civile d’appello, ritenendo che nella sentenza d’appello non erano state confutate adeguatamente ‘le argomentazioni della decisione di condanna’ e che vi era stata violazione di legge ‘nell’equiparare un’attività di mera esposizione di autoveicoli ad un opificio industriale’ da parte del COGNOME; quanto poi al dolo per i reati contestati, sempre ad avviso della Cassazione penale, la sentenza d’appello non risultava essersi confrontata con le argomentazioni del primo giudice, essendosi invece limitata ad affermare l’insussistenza dell’elemento soggettivo.
NOME COGNOME riassumeva ex articoli 622 c.p.p. e 392 s.s. c.p.c., chiedendo la condanna di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME nonché degli eredi di NOME COGNOME -cioè NOME COGNOME NOME e NOME COGNOME -, di RAGIONE_SOCIALE di NOME & C. e del Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale di Salerno, in solido o ciascuno secondo la propria responsabilità, al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali; chiedeva pure di disporre la cancellazione della relazione tecnica depositata dal COGNOME e dal Caserta il 18 dicembre 2006 e la delibera del suddetto Consorzio del 21 dicembre 2006, e di dichiarare la nullità o l’inefficacia dell’atto pubblico del 4 agosto 2009 con cui RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE aveva acquistato dal Consorzio il fondo già appartenuto al Di Napoli stesso, previa disapplicazione di ogni atto amministrativo, incluso il decreto di esproprio, e con conseguente condanna alla restituzione.
Si costituivano, resistendo, i Senatore/COGNOME, l’RAGIONE_SOCIALE di NOME RAGIONE_SOCIALE, il Consorzio, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
La Corte d’appello civile di Salerno, con sentenza n. 1671/2021, dichiarava inammissibile la domanda nei confronti dei Senatore/COGNOME, dell’RAGIONE_SOCIALE di NOME & C. e del Consorzio, e la rigettava nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, condannando NOME COGNOME a rifondere le ‘spese dell’intero giudizio’: e precisamente a rifondere per il primo grado penale, il secondo grado penale e ‘il grado di legittimità’ le spese ad NOME COGNOME, NOME Caserta, NOME COGNOME e agli eredi di NOME COGNOME, nonché a rifondere le spese per ‘la fase del rinvio’ ad NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, agli eredi di NOME COGNOME, all’RAGIONE_SOCIALE di NOME RAGIONE_SOCIALE, e al Consorzio per l’Area di RAGIONE_SOCIALE Industriale di Salerno.
Ha presentato ricorso NOME COGNOME si sono difesi con rispettivo controricorso NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE di NOME NOME RAGIONE_SOCIALE
Memoria hanno depositato rispettivamente il PG, il ricorrente, Autosantoro, Marotta e Caserta.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è articolato in tre motivi.
3.1.1 Il primo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3, c.p.c., violazione e/o falsa applicazione degli articoli 2043, 2055, 2697 c.c., 40, 41 c.p., 112, 115, 116 c.p.c. e 622 c.p.p.
Si afferma che la sentenza merita censura laddove esclude ‘il nesso causale fra la condotta penalmente rilevante di COGNOME, Caserta e COGNOME in favore di RAGIONE_SOCIALE, la frustrazione dell’insediamento produttivo Di Napoli e la perdita del fondo per effetto dell’espropriazione per pubblica utilità’.
Vengono trascritte le pagine da 13 (dall’ultimo paragrafo) fino a 20 (fino al terz’ultimo paragrafo incluso) della sentenza qui impugnata, per sostenere poi, assai ampiamente, come si sarebbero verificati i danni che lamenta il ricorrente, richiamando pure passi delle precedenti pronunce, e soprattutto di quella del Tribunale penale, per sostenere la sussistenza di falso nella relazione COGNOME-Caserta sulla presenza di un opificio sul fondo di Autosantoro nonché per spiegare come ‘l’intreccio non fu solo oggettivo, ma anche soggettivo’ a discapito di NOME COGNOME.
Se ne deduce un ‘vizio di sussunzione’ in cui sarebbe incorso il giudice di rinvio, sotto tre profili: sub a), in violazione degli articoli 2043 e 2055 c.c., per cui ‘non risponde al vero che la condotta illecita di Mascolo, Caserta e Marotta si consumò solo dopo la revoca del nullaosta a Di Napoli’ (ricorso, pagine 26 -32); sub b), ancora in violazione degli articoli 2043 e 2055 c.c., per cui a
concausare il danno subito dall’attuale ricorrente sarebbe stata ‘anche la condotta illecita di RAGIONE_SOCIALE‘; sub c), per avere il giudice di rinvio ‘sbagliato a non sussumere la condotta di COGNOME, Caserta e Marotta sotto l’egida dell’art. 2043 c.c.’.
Si sostiene infine che l’espropriazione del fondo sarebbe ‘senz’altro riconducibile ai tre’ suddetti, e che l’indennità di esproprio non ‘elide il pregiudizio patito da COGNOME‘, come avrebbe rimarcato lo stesso giudice penale di primo grado. Anche qui ricorrerebbe ‘il vizio di sussunzione in cui si traduce il rifiuto della Corte d’Appello di ricondurre almeno in parte il danno a COGNOME alla condotta illecita di Mascolo, Caserta e Marotta’, in violazione ancora dell’articolo 2043 c.c.
3.1.2 Il motivo consiste in una assai estesa ricostruzione fattuale, estratta in gran parte da passi della pronuncia del primo giudice penale e radicalmente alternativa rispetto a quella adottata dal giudice di rinvio – che ha ritenuto irrilevante, in sostanza, quel che avevano compiuto i tecnici imputati nel giudizio penale, attribuendo il pregiudizio che avrebbe subito NOME COGNOME alla condotta sua propria -, tentando poi di ‘ricoprirla’ con il concetto di sussunzione e con il richiamo degli articoli 2043 e 2055 c.c.: tentativo che non può avere successo, in quanto tutta l’effettiva sostanza del motivo in esame corrisponde al merito in modo diretto ed assolutamente evidente, ed è quindi in questa sede inammissibile.
3.2.1 Il secondo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione degli articoli 91 ss. c.p.c. e 622 c.p.p.
Si censura la sentenza impugnata per avere ‘liquidato a Mascolo, Caserta e Marotta anche le spese del giudizio penale’, il che, essendo un principio ‘ineccepibile nel rinvio civile’, non potrebbe invece ‘valere per il giudizio ex art. 622 c.p.p., che solo impropriamente può dirsi <>’, considerata ‘l’autonomia
strutturale e funzionale del giudizio rimesso al giudice civile dalla sede penale’, che impedisce ‘di traslare al giudizio ex art. 622 c.p.p. il principio, proprio del rinvio civile, che vuole le spese del processo addossate per intero a chi soccombe nell’ultima fase’. Pertanto non sarebbe ‘processualmente consentito porre a carico di COGNOME anche le spese del giudizio penale’, per il quale sarebbe rimasto ‘vittorioso’.
3.2.2 A prescindere dall’asserto, non comprensibile, per cui il Di Napoli sarebbe rimasto vittorioso nel giudizio penale – ove però gli imputati sono stati tutti assolti dal giudice d’appello -, il motivo è palesemente infondato, in quanto le spese che egli è stato condannato a rifondere ad NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME attengono al processo civile che, in conseguenza della sua costituzione come parte civile, è stato inserito nel giudizio suscitato dall’azione penale, ed è proseguito con il giudizio di cassazione richiesto dalla parte civile al giudice di legittimità penale sfociato nella sentenza n. 53981/2017 e conseguentemente nel giudizio di rinvio ex articolo 622 c.p.p.
Pertanto tutta la sequenza civile, anche nella parte in cui è stata incastonata nel processo penale, comporta la decisione finale sulla condanna civile alla rifusione delle spese da parte del soccombente nei confronti dei soggetti che erano stati da lui convenuti appunto con l’azione civile nell’ambito del giudizio penale, e che sono rimasti come sue controparti quando il giudizio penale si era concluso.
Questo è stato da ultimo confermato, tra gli arresti massimati, da Cass. sez. 3, 15 giugno 2023 n. 17134, il cui dictum , chiaramente condivisibile, è il seguente: ‘In materia di spese processuali, nel caso di annullamento della sentenza penale ai soli effetti civili da parte della Cassazione, con rinvio in sede civile, sussiste il potere del giudice del rinvio di provvedere sulle spese, non solo del giudizio di rinvio e di quello di legittimità, ma dell’intero processo,
anche se svolto in sede penale, posto che egli conclude il giudizio sulle statuizioni civili che era stato iniziato davanti ai giudici penali e che è proseguito davanti a quello civile dopo l’annullamento in Cassazione, dovendo trovare applicazione il principio di soccombenza all’esito globale del processo’; e il medesimo insegnamento, nello stesso periodo, è stato reso pure da Cass. sez. 3, 19 gennaio 2023 n. 1570 .
In ordine poi al generale criterio dell’esito globale del processo per individuare tra le parti chi è investito dalla soccombenza si rimanda alla recente S.U. ord. 8 novembre 2022 n. 32906, da cui emerge sine dubio la correttezza della condanna alla rifusione delle spese processuali nella sentenza qui impugnata: ‘ In tema di spese processuali, il giudice del rinvio, cui la causa sia stata rimessa anche per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, si deve attenere al principio della soccombenza applicato all’esito globale del processo, piuttosto che ai diversi gradi del giudizio ed al loro risultato, sicché non deve liquidare le spese con riferimento a ciascuna fase del giudizio, ma, in relazione all’esito finale della lite, può legittimamente pervenire ad un provvedimento di compensazione delle spese, totale o parziale, ovvero, addirittura, condannare la parte vittoriosa nel giudizio di cassazione – e, tuttavia, complessivamente soccombente – al rimborso delle stesse in favore della controparte. ‘
3.3.1 Il terzo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione degli articoli 81, 99, 100, 112, 132 c.p.c. e 622 c.p.p., nonché, in subordine, ex articolo 360, primo comma, n.4 c.p.c., nullità della sentenza in relazione ai medesimi articoli.
Si censura la sentenza impugnata laddove – nelle pagine 8-9 – ha dichiarato inammissibile la domanda nei confronti di RAGIONE_SOCIALE dichiarando che, essendo passata in giudicato la sentenza d’appello penale nei confronti di NOME COGNOME l’attuale
ricorrente non potrebbe più vantare alcuna pretesa, oltre che verso i suoi eredi, neanche verso la società, essendo inammissibile il ricorso per cassazione nei confronti del COGNOME
Si afferma di non voler censurare ‘la dichiarazione d’inammissibilità delle domande verso RAGIONE_SOCIALE (e gli altri), che consente a COGNOME di promuovere nuovo giudizio verso la società (e verso tutti)’, bensì di voler contestare ‘il motivo che sorregge quella pronunzia, e cioè che il giudicato di assoluzione di NOME COGNOME sottrarrebbe a COGNOME ogni pretesa verso RAGIONE_SOCIALE‘, che non fu parte del processo penale. Considerata allora ‘l’autonomia soggettiva della s.n.c.’, il giudice di rinvio avrebbe dovuto dichiarare inammissibili le domande proposte verso di essa, ‘ma non come effetto dell’assoluzione di NOME COGNOME, ma unicamente (come per il Consorzio) perché l’odierno giudizio non poteva essere riassunto verso chi fu estraneo alla sede penale’.
Quindi ‘alla corretta lettura della statuizione d’inammissibilità procederà il giudice dell’incipiente processo contro RAGIONE_SOCIALE‘ e, ‘per scrupolo, ove occorra’, questo giudice di legittimità ‘correggerà in parte qua la motivazione della sentenza, dicendo inammissibile la domanda verso RAGIONE_SOCIALE non per la ragione addotta dalla Corte d’Appello, ma per il motivo (comune anche agli eredi COGNOME e al Consorzio) che la riassunzione ex art. 622 c.p.p. non poteva dirigersi verso parte estranea alla sede penale’.
3.3.2 In sostanza, quel che si lamenta è che la riassunzione ex articolo 622 c.p.p. si è rivolta – e non si sarebbe potuto farlo – nei confronti di un soggetto estraneo alla sede penale.
A prescindere dal fatto che tale riassunzione ha per oggetto l’azione civile, e non l’azione penale, in quanto il rinvio viene effettuato dalla Corte di cassazione se della sentenza ‘annulla solamente le disposizioni o i capi che riguardano l’azione civile ovvero se accoglie il ricorso della parte civile contro la sentenza di proscioglimento dell’imputato’ -come recita appunto l’articolo 622 c.p.p. -, deve
rilevarsi che è stato lo stesso ricorrente a compiere la riassunzione davanti al giudice di rinvio nei confronti non solo dei tre eredi di NOME COGNOME (NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME), bensì nei confronti anche di un soggetto ‘nuovo’ e ulteriore, cioè RAGIONE_SOCIALE di NOME NOME RAGIONE_SOCIALE (oltre che nei confronti del Consorzio).
Imputa dunque il ricorrente al giudice di rinvio di avere preso in considerazione la riassunzione dallo stesso ricorrente effettuata nei confronti di COGNOME, dichiarando l’inammissibilità delle domande nei confronti del suddetto COGNOME, ma dovendola dichiarare perché era stato riassunto. Il giudice di rinvio avrebbe quindi dichiarato l’illegittimità della riassunzione operata dall’attuale ricorrente, il quale ora chiede di correggere la motivazione sulla sussistente illegittimità che il giudice ha fornito in ordine all’atto illegittimo che lo stesso ricorrente ha compiuto.
Questa contorta prospettazione non pare fondata su alcun concreto interesse, tanto più che lo stesso ricorrente la qualifica come presentata ‘per scrupolo’, aggiungendo che ‘alla corretta lettura della statuizione d’inammissibilità procederà il giudice dell’incipiente processo contro COGNOME‘.
3.3.3 Comunque, per completezza, si osserva che la corte territoriale, dopo avere dichiarato inammissibile l’azione proposta dall’attuale ricorrente nei confronti di COGNOME ne ha dedotto che, ‘costituendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione nei confronti di COGNOME e, dunque, il passaggio in giudicato della sentenza n. 322/2016 fattori ostativi all’accertamento dell’ipotetica responsabilità civile ascrivibile a tale imputato, il COGNOME non è legittimato ad azionare alcuna pretesa nei riguardi dei suoi aventi causa e dell'<>’. Il che non è condivisibile, non valendo certo il giudicato penale relativo ad una persona fisica nei confronti di una società che non era parte nel processo penale
stesso. In tal senso va quindi corretta la motivazione della sentenza impugnata.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
La peculiarità della vicenda e la sua protrazione temporale giustificano la compensazione totale delle spese in tutti i rapporti processuali.
Seguendo l’insegnamento di S.U. 20 febbraio 2020 n. 4315 si dà atto, ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso compensando le spese processuali.
Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 30 settembre 2024