Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 5782 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 5782 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11827/2023 R.G. proposto da:
COMUNE DI COGNOME, nella persona del Sindaco in atti indicato, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME presso l’indirizzo di posta elettronica certificata del quale è domiciliato per legge;
-ricorrente-
contro
COGNOME NOMERAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_SOCIALE
-intimati- avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di ENNA n. 145/2023 depositata il 15/03/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/02/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. In data 06.03.2019 veniva notificata a NOME COGNOME dalla società RAGIONE_SOCIALE su incarico del Comune di Barrafranca, l’ingiunzione di pagamento n. 251825 dell’importo di € 597,00 con riferimento a canone acqua per l’anno 2012 di competenza del predetto Ente.
Il COGNOME proponeva opposizione davanti al Giudice di Pace di Barrafranca avverso la suddetta ingiunzione di pagamento, denunciando: nullità e/o illegittimità della stessa (per violazione di legge, mancanza del visto di esecutorietà e della sottoscrizione del funzionario comunale; intervenuta prescrizione), nonché omessa motivazione dell’ingiunzione di pagamento.
Il Comune di Barrafranca si costituiva contestando l’opposizione, e, in particolare, rappresentava, fornendone prova documentale, di aver notificato al COGNOME in data 27.11.2017 la diffida prot. 6127 del 07.06.2017, meglio denominata come avviso di insoluto del canone idrico relativo all’anno 2012.
Anche la Società RAGIONE_SOCIALE si costituiva nel giudizio di primo grado, contestando i motivi di opposizione del COGNOME.
Il Giudice di Pace di Barrafranca, con la sentenza n. 64/2020, accoglieva l’opposizione proposta dal COGNOME annullando l’atto impugnato per intervenuta prescrizione.
Avverso tale sentenza proponeva appello il Comune di Barrafranca – che, rilevata innanzitutto l’appellabilità della sentenza di primo grado, nonostante la stessa riguardasse una controversia di valore pari ad €. 597,00, avendo la stessa ad oggetto una questione giuridica, quale per l’appunto era la presunta intervenuta prescrizione del diritto dell’Ente al pagamento del canone idrico – deduceva che era stato prodotto atto interruttivo di tale prescrizione quinquennale, ovverosia la diffida prot. 6127 del 07.06.2017.
Si costituiva nel giudizio di secondo grado il COGNOME chiedendo il rigetto dell’appello, mentre rimaneva contumace la RAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_SOCIALE
Il Tribunale di Enna, con sentenza n. 145/2023, dichiarava inammissibile e comunque infondato l’appello del Comune di Barrafranca.
Avverso la sentenza del giudice di appello ha proposto ricorso il Comune di Barrafranca.
Parte intimata non ha svolto difese.
Per l’odierna adunanza il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte, mentre il Difensore dell’ente ha depositato memoria.
La Corte si è riservata il deposito della motivazione entro il termine di giorni sessanta dalla decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Nella impugnata sentenza, il Tribunale di Enna, quale giudice di appello, ha ritenuto l’appello inammissibile ai sensi dell’art. 339 comma 3 c.p.c., essendo stata pronunciata secondo equità la sentenza di primo grado e non essendo stata dedotta in sede di atto di appello nessuna violazione di norme sul procedimento, di norme costituzionali o comunitarie e neppure la violazione dei principi regolatori della materia.
In disparte la dichiarata inammissibilità, ha comunque ritenuto infondato l’appello sul presupposto che nel giudizio di primo grado l’ente comunale convenuto si era irregolarmente costituito nella persona del Funzionario (che era stato delegato dal Sindaco non per l’intero giudizio ma soltanto per l’udienza del 6 febbraio 2020), con la conseguenza che <> e che l’unica documentazione utilizzabile era quella prodotta da RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALEgià RAGIONE_SOCIALE, che non risultava contenere l’atto interruttivo indicato dal Comune.
Il Comune di Barrafranca articola in ricorso tre motivi.
2.1. Con il primo motivo, l’ente comunale ricorrente denuncia: <> nella parte in cui il giudice di appello ha ritenuto l’impugnazione inammissibile facendo riferimento esclusivamente al valore della controversia.
Osserva che, secondo il Giudice di appello (cfr., sentenza impugnata, pp. 3-4), avendo il Giudice di Pace accolto la domanda dell’attore appellato in ragione della ritenuta prescrizione del credito ingiunto, tale sentenza doveva ritenersi pronunciata secondo equità e, pertanto, essa era impugnabile solo nei limiti di cui all’art. 339 comma 3, c.p.c., mentre, con l’atto di appello non era stata dedotta alcuna violazione di norme sul procedimento, di norme costituzionali o comunitarie nè dei principi regolatori della materia.
Sottolinea che le controversie in materia di opposizione all’ingiunzione per il pagamento delle entrate patrimoniali degli enti pubblici (come nel nostro caso trattandosi di canone idrico dovuto al Comune di Barrafranca) di cui all’articolo 3 del Testo Unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato e degli altri enti pubblici, approvato con R.D. 14 aprile 1910, n. 639, sono regolate dal rito ordinario di cognizione.
Osserva che il contratto di fornitura per il canone idrico rientra nell’alveo di cui al comma secondo dell’art. 113 c.p.c.: invero, è stato stipulato secondo le modalità di cui all’art. 1342 c.c. essendo relativo alla fornitura di un pubblico servizio (erogazione idrica) da parte dell’Ente locale, posto in una posizione di monopolio, e quindi rientra nei contratti c.d. di massa in relazione ai quali il Giudice di Pace non può decidere secondo equità. A sostegno del proprio assunto richiama
il principio affermato da Cass. n. 4848/2013, in conformità del quale il Tribunale di Enna avrebbe provveduto in caso analogo.
Aggiunge che la causa, in quanto aveva ad oggetto un diritto indisponibile dell’ente comunale (pagamento del canone idrico) ed era relativa all’esplicazione di un potere pubblico, era sottratta al giudizio di equità ed invoca al riguardo il principio affermato da Cass. n. 18184/2014.
Osserva che a tutto concedere il giudice di appello avrebbe dovuto avvedersi dell’esistenza dell’atto interruttivo della prescrizione, sopra indicato, e, quindi, determinando tale circostanza una violazione di norme sul procedimento (nello specifico la violazione dell’art. 115 c.p.c.), avrebbe dovuto invece applicare l’art. 339, co. 3, c.p.c.
2.2. Con il secondo motivo, l’ente comunale ricorrente denuncia: <> nella parte in cui il Giudice di appello, entrando comunque nel merito, ha ritenuto e dichiarato (cfr. pagg. 4 e 5) la irregolare costituzione in giudizio di esso comune e ciò anche nonostante tale questione, con le consequenziali domande ed eccezioni formulate dal COGNOME, non era stata dal predetto fatta oggetto di appello incidentale avverso la sentenza di primo grado.
Sostiene che il Giudice di appello, tanto affermando, ha errato: sia perché non ha considerato che, secondo quanto statuito dall’art. 82, 1° co., c.p.c., davanti al giudice di pace le parti possono stare in giudizio personalmente nelle cause il cui valore non eccede euro 1.100 (e la controversia in questione, così come rilevato dal Giudice di appello, aveva un valore di euro 597,00); sia perché la normativa in materia di riscossione consente la rappresentanza in giudizio dell’Ente in persona del suo legale rappresentante, il quale ha piena facoltà di delegare il funzionario competente.
Nel richiamare l’art. 3-bis, comma 1, del Dl. n. 44/2005, invoca il principio di diritto affermato da Cass. n. 9842/2010, sottolinea che
esso comune si era costituito in giudizio mediante comparsa di costituzione e risposta e regolare delega conferita in data 6.12.2018 dall’allora Sindaco al funzionario nominato responsabile per la gestione e riscossione dei tributi e delle entrate comunali; osserva che comunque il giudice di primo grado, nonostante l’eccezione del COGNOME, aveva autorizzato il funzionario delegato a stare in giudizio, ammettendone comunque la presenza e pronunciandosi su quanto dal predetto funzionario dedotto e chiesto, con la conseguenza la questione, non avendo il COGNOME proposto appello incidentale, doveva intendersi ovviamente rinunciata.
2.3. Con il terzo motivo, l’ente comunale ricorrente denuncia: <> nella parte in cui il Giudice di appello, entrando comunque nel merito, ha ritenuto, sull’erroneo assunto della irregolare costituzione dell’ente nel giudizio di primo grado, di ritenere tutta la produzione probatoria da esso prodotta in primo grado tamquam non esset e, consequenzialmente, ha confermato la sentenza di primo grado in ordine alla maturata prescrizione del canone idrico relativo all’anno 2012.
Nel premettere che il pagamento del canone per la fornitura del servizio idrico è soggetto al termine di prescrizione quinquennale che, come precisato nella giurisprudenza di legittimità, decorre dalla scadenza dell’ultima rata non pagata dal cittadino (al riguardo richiama Cass. n. 6966/2018), osserva che: in data 29.11.17 aveva notificato, mediante raccomandata a/r spedita in data 6.11.2017, nota di sollecito di pagamento per l’insoluto del canone idrico dell’anno 2012 portante n. prot. 6127; tale diffida era stata regolarmente ricevuta, come risulta dalla sottoscrizione della moglie del ricorrente, nell’avviso di ricevimento della relativa raccomandata e, d’altra parte, lo stesso COGNOME nel procedimento di primo grado non aveva contestato tale atto interruttivo, limitandosi a richiedere al Giudice di ordinare al Comune
di produrre l’originale della cartolina; detto atto interruttivo era stato notificato entro il termine prescrizionale dei 5 anni, essendo la richiesta del canone idrico relativa all’intero anno 2012.
Il primo motivo è fondato, nei termini di seguito indicati.
Si premette che, ai sensi dell’art. 32 D. Lgs. n. 150 del 2011, le controversie in materia di opposizione all’ingiunzione per il pagamento delle entrate patrimoniali degli enti pubblici (come nel nostro caso trattandosi di canone idrico dovuto al Comune di Barrafranca) di cui all’articolo 3 del Testo Unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato e degli altri enti pubblici, approvato con R.D. 14 aprile 1910, n. 639, sono regolate dal rito ordinario di cognizione.
Ciò posto, occorre rilevare che il contratto di fornitura idrica essendo relativo alla fornitura di un pubblico servizio (erogazione idrica) da parte dell’Ente locale, posto in una posizione di monopolio è un atto predisposto e disciplinato in maniera unilaterale da parte dell’ente senza possibilità alcuna per l’utente di apportare modifiche, sicché il cittadino può scegliere solamente di stipulare alle condizioni imposte unilateralmente o, viceversa, di non farlo.
Pertanto, è un contratto stipulato secondo le modalità di cui all’art. 1342 c.c. e, quindi, rientra nei contratti c.d. di massa, in relazione ai quali il Giudice di Pace non può decidere secondo equità ai sensi di quanto disposto dal succitato art. 113 comma secondo c.p.c.
Come già più volte spiegato da questa Corte (cfr., ad es., Cass. n. 10394/2007), nelle intenzioni legislative, l’esigenza della decisione secondo diritto risponde alla necessità che ogni eventuale relativa controversia venga decisa in modo uniforme in ragione della uniformità di disciplina dei rapporti che ne sono oggetto, il tutto al fine di garantire all’utente parità di trattamento.
D’altronde, nel giudizio innanzi al giudice di pace, concernente controversia di valore non eccedente millecento euro, la indisponibilità
del diritto in questione preclude la pronuncia secondo equità, dovendo la disposizione di cui all’art. 113 comma 2 essere letta in correlazione con quella dell’art. 114 del codice di rito.
Ne consegue che va data continuità al principio di diritto (già affermato da Cass. n. 18184/2014 e, prima, da Cass. n. 19531/2004), per cui non può essere decisa dal giudice di pace secondo equità una causa in materia di somministrazione di acqua potabile da parte del Comune (che abbia assunto la gestione del relativo servizio) la quale, pur rientrando nei suddetti limiti di valore, abbia ad oggetto il diritto dell’ente pubblico territoriale di percepire dall’utente, in base alle norme di apposito regolamento comunale, l’importo corrispondente al consumo minimo, indipendentemente dall’effettivo raggiungimento di detta quantità minima di consumo.
Quanto precede in considerazione dell’indisponibilità del diritto del Comune al conseguimento (irrinunciabile, una volta emanato il regolamento che lo preveda) di detto corrispettivo per la somministrazione dell’acqua potabile. Tale indisponibilità discende direttamente dalle finalità di pubblico interesse perseguite dall’Amministrazione, restando a tale riguardo ininfluente che il rapporto con gli utenti sia disciplinato dalle regole privatistiche (e, in particolare, dagli artt. 1559 e ss. c.c.)
In definitiva, il Tribunale di Enna ha errato nella parte in cui ha ritenuto che la sentenza resa dal Giudice di Pace di Barrafranca non era appellabile ed ha ritenuto inammissibile l’appello.
Gli altri motivi restano assorbiti: ciò che preclude il rilievo della loro inammissibilità.
Invero, ormai da diversi anni le Sezioni Unite di questa Corte (cfr. SU n. 3840/2007) hanno affermato il seguente principio di diritto (seguito dalla successiva giurisprudenza di legittimità a sezione semplice: cfr. ad es. Cass. n.17004/2015, 30393/2017; 11675/2020, 27388/2022, 32092/2024): <>, come per l’appunto si verifica nel caso di specie <>.
Per le ragioni che precedono, accolto il primo motivo e assorbiti gli altri, la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata al Tribunale di Enna, in persona di diverso magistrato, perché, ritenuto ammissibile l’appello, proceda ad esame dello stesso sotto ogni altro profilo, beninteso impregiudicato il relativo esito.
Al giudice di rinvio è demandato anche il compito di liquidare le spese del presente giudizio di cassazione.
Stante l’accoglimento del ricorso, non sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
P. Q. M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; per l’effetto, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, al Tribunale di Enna, in persona di diverso magistrato.
Così deciso in Roma, il 26 febbraio 2025, nella camera di consiglio