Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 5227 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3   Num. 5227  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 27/02/2024
Oggetto
Responsabilità civile ─ Danno da illecito extracontrattuale -Danno da reato
Ordinamento  giudiziario  –  Magistrati  onorari -Giudice onorario  di pace  inserito  nell’ufficio  per  il  processo  Trattazione di giudizio di rinvio ex  art. 622  c.p.p. -Possibilità
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20218/2021 R.G. proposto da NOME NOME e NOME NOME, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO (p.e.c. indicata: EMAIL) e dall’AVV_NOTAIO COGNOME (p.e.c. indicata: EMAIL),  con  domicilio  eletto  presso  lo  studio  del secondo in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrenti –
contro
COGNOME  NOME,  rappresentata  e  difesa  dall’AVV_NOTAIO (p.e.c. indicata: EMAIL) e dall’AVV_NOTAIO  COGNOME (p.e.c.  indicata:  EMAIL)  ,
con  domicilio  eletto  in  Roma,  INDIRIZZO,  presso  lo  studio dell’AVV_NOTAIO (pec: EMAIL);
-controricorrente – avverso la sentenza del Tribunale di Belluno n. 147/2021   depositata in data 17 maggio 2021.
Udita  la  relazione  svolta  nella  camera  di  consiglio  del  12  febbraio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
con sentenza n. 381 del 2015 il Giudice di Pace di Belluno dichiarò NOME  COGNOME  e  NOME  COGNOME  responsabili  dei  reati  loro  ascritti  di ingiurie e minacce in danno di NOME COGNOME e, per l’effetto, li condannò  alla  pena  di    Euro  700,00  di  multa  ciascuno,  oltre  al pagamento delle spese processuali, nonché al risarcimento del danno morale liquidato in via equitativa in  Euro 1.000,00 ciascuno, oltre al pagamento delle spese di lite;
in riforma di tale decisione, il Tribunale di Belluno, con sentenza n. 12 del 2017, dichiarò non doversi procedere a carico degli imputati essendo i reati loro ascritti estinti per prescrizione, con revoca di ogni statuizione civile;
con sentenza n. 17136 del 09/01/2019 la Quinta Sezione Penale della  S.C.  annullò  tale  sentenza,  con  rinvio  per  nuovo  esame,  al Giudice civile competente per valore in grado di appello;
pronunciando quindi nel giudizio civile riassunto ex art. 622 c.p.p. il Tribunale di Belluno, in persona del designato giudice onorario di pace -premesso che il thema decidendum era circoscritto alla verifica del solo reato di minacce, essendo stato il reato di ingiuria abrogato già prima della sentenza di secondo grado (Cass. Sez. U. n. 46688 del 29/09/2016), e rilevato che le prove raccolte confermavano il relativo addebito ─ ha condannato NOME COGNOME e NOME COGNOME al pagamento in favore di NOME COGNOME, a titolo di risarcimento del danno, della somma di Euro 600,00 ciascuno, oltre
interessi legali con decorrenza dalla data del fatto ed oltre alle spese dei vari gradi e fasi del giudizio;
avverso tale sentenza i predetti propongono ricorso per cassazione  affidato  a  due  motivi,  cui  resiste  l’intimata,  deposita ndo controricorso;
è stata fissata per  la  trattazione  l’odierna  adunanza  camerale  ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ., con decreto del quale è stata data rituale comunicazione alle parti;
non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero; sia i ricorrenti che la controricorrente hanno depositato memorie;
considerato che:
con il primo motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 158 cod. proc. civ., per essere stata pronunciata da giudice onorario di pace, in violazione del divieto posto dall’art. 11, comma 6, d.lgs. 13 luglio 2017, n. 116;
con il secondo motivo essi denunciano, in subordine, con riferimento  all’art.  360,  primo  comma,  num.  3,  cod.  proc.  civ., « violazione  dell’art.  112  cod.  proc.  civ.,  per  non  avere  il  Giudice deciso su tutta la domanda;  violazione dei principi sul giusto processo »;
rilevano che, se, da un lato, il giudice di rinvio ha correttamente ritenuto  di  non  dover  riconoscere  alcunché  sul  danno  relativo  alle ingiurie, dall’altro,  ha  però  omesso  di  considerare  che,  con  l’atto  di riassunzione,  i  resistenti  lo  avevano  nuovamente  incluso  nel thema decidendum ,  così  omettendo  anche  di  dar  conto  nel  dispositivo  del parziale  rigetto  delle  pretese  di  controparte,  pur  avendo  ridotto  del 40% i danni;
sostengono  che  « per  decidere  davvero  su  tutta  la  domanda,  il Giudice del rinvio avrebbe dovuto non già dire che la questione era già stata risolta dalla Suprema Corte e dunque circoscrivere
arbitrariamente  il thema  decidendum sostituendosi  quasi  alle  parti, bensì rigettare la domanda azionata quanto alle ingiurie perché vi era già il giudicato, ovvero prendere espressamente posizione quanto alla domanda  come  formulata  e  non  ” fare  come  se  non  ci  fosse “, prendendo atto della soccombenza parziale »;
va anzitutto disattesa l’eccezione opposta dalla controricorrente di inammissibilità della censura svolta con il primo motivo, per inosservanza dell’on ere di specifica indicazione imposto dall’art. 366 n.  6  cod.  proc.  civ., in  particolare  con  riferimento  all’ivi  richiamato decreto presidenziale di assegnazione della causa a giudice onorario, atteso che:
─  il  contenuto  di  tale  decreto  è  chiaramente  indicato (non rilevando che non ne sia offerta una testuale trascrizione) e così pure la sua localizzazione nel fascicolo di causa, essendo tale provvedimento indicato tra quelli depositati unitamente al ricorso;
─ la  circostanza  posta  a  fondamento  del  vizio  dedotto  risulta chiaramente dal testo stesso della sentenza impugnata, in calce alla quale  il  giudice  che  la  sottoscrive  si  qualifica  espressamente  quale G.O.P. (Giudice onorario di pace);
ciò posto, la censura è, però, nel merito, infondata;
il richiamato art. 11 del d.lgs. n. 116 del 2017, rubricato « assegnazione ai giudici onorari di pace dei procedimenti civili e penali », dispone al comma 1: « Ai giudici onorari di pace che sono inseriti nell’ufficio per il processo e che non rientrano nella categoria indicata all’articolo 9, comma 4, può essere assegnata, nei limiti di cui al comma 5, la trattazione di procedimenti civili e penali di competenza del tribunale », quando ricorre almeno una delle condizioni elencate nel prosieguo del medesimo comma (la cui sussistenza è nella specie non contestata) e quando, « per situazioni straordinarie e contingenti, non si possono adottare misure organizzative diverse » (requisito anche questo non in discussione
nella specie);
il comma 6 pone dei limiti a tale regola, tra i quali quello che nella specie viene in considerazione in virtù del quale « Non possono essere assegnati, a norma del comma 1, ai giudici onorari di pace: a) per il settore civile: …  2) i procedimenti di impugnazione  avverso  i provvedimenti del giudice di pace »;
il rapporto di eccezione a regola che si pone tra questa previsione e quella di cui al comma 1 impone di dare a detto limite una lettura restrittiva, non suscettibile di interpretazione estensiva o analogica;
per tale motivo deve escludersi che tra i procedimenti di cui al pt. 2 della lettera a) del comma 6 possa ritenersi compreso anche il giudizio di rinvio riassunto, ai sensi dell’art. 622 c.p.p., a seguito dell’annullamento ai soli effetti civili di sentenza penale resa in giudizio di appello avverso sentenza del giudice di pace, non potendo questo considerarsi, in senso proprio, « procedimento di impugnazione » avverso la sentenza resa dal giudice di pace nell’originario procedimento penale ;
va invero rammentato che, come questa Corte ha ormai definitivamente chiarito (Cass., 12/06/2019, n. 15859; 25/06/2019, n. 16916; 10/09/2019, n. 22525 e n. 22516; 15/01/2020, n. 517; 01/04/2021, n. 9129; 08/03/2022, n. 7474) e come del resto rilevato anche nella sentenza impugnata, « il giudizio di rinvio ex art. 622 c.p.p. è solo formalmente una mera prosecuzione del processo penale e si configura, invece, come sostanziale translatio iudicii dinanzi al giudice civile, per cui, seppur tecnicamente regolato dagli artt. 392 394 c.p.c., non è affatto ipotizzabile un vincolo come quello che consegue all’enunciazione di un principio di diritto ai sensi dell’art. 384, secondo comma, c.p.c. »;
pertanto,  il  giudice  civile  competente  per  valore  in  grado  di appello al quale viene rimesso il procedimento ai soli effetti civili « è tenuto  a  seguire  le  regole,  processuali  e  sostanziali,  proprie  del
giudizio  civile,  vedendo  il  giudizio  di  rinvio  su  azione  civile  che  si svolge in autonomia rispetto alla fase penale che, rimasta ormai priva di qualsivoglia interesse, si è definitivamente esaurita a seguito della pronuncia  emessa  dalla  Corte  di  cassazione  ai  sensi  dell’art.  622 c.p.p. »;
consegue da ciò che, come pure è già stato rimarcato, la morfologia del giudizio di rinvio, ricostruita in termini di autonomia strutturale e funzionale rispetto al processo penale ormai conclusosi, deve consentire di ritenere legittima, oltre alla possibilità di formulazione di nuove conclusioni sorte in conseguenza di quanto rilevato dalla sentenza di cassazione penale, anche l’ emendatio della domanda ai fini della prospettazione degli elementi costitutivi dell’illecito civile, sia pur nel limite del sistema generale delle preclusioni fissato dall’art. 183 c.p.c. alla luce dell’ insegnamento di Cass. Sez. U. 15/06/2015, n. 12310;
difatti,  se,  da  un  lato,  rimane  pur  sempre  l’azione  civile  come esperita  con  la  originaria  costituzione  di  parte  civile  nel  giudizio penale, dall’altro,  si  impone  tuttavia al  giudice  civile  l’esame  del contenuto della domanda così formulata secondo modalità « contenutistiche e formali sostanzialmente omologhe a quelle previste  dal  codice  di  rito  civile  per  il  contenuto  della  citazione » (Cass. n. 15859 del 2019, cit.);
il  secondo  motivo  è  manifestamente  infondato,  quando  non inammissibile;
il  Tribunale dà espressamente atto che la domanda risarcitoria è accolta, sia nell’ an che nel quantum , limitatamente al danno dedotto con riferimento alle minacce;
la  mancanza  di  una  espressa  statuizione  di  rigetto  nella  parte dispositiva  non  impedisce  di  considerare,  tale  statuizione,  come chiaramente implicita nel contenuto della decisione;
non  è  spiegato,  del  resto,  né  si  vede,  che  interesse  i  ricorrenti
abbiano  a  vedere  esplicitato nel dispositivo  un  contenuto  della sentenza, comunque, chiaramente ricavabile dalla motivazione;
né tale interesse può apprezzarsi in relazione al regolamento delle spese,  al  quale  nemmeno  i  ricorrenti  riferiscono  esplicitamente  la doglianza;
è appena il caso di rilevare al riguardo che il parziale accoglimento  della  domanda  originaria  avrebbe  potuto  in  astratto legittimare una compensazione, anche solo parziale, delle spese, il cui mancato  esercizio  però,  essendo  frutto  di  valutazione  discrezionale riservata al giudice del merito, per pacifico indirizzo, non è sindacabile  nel  giudizio  di  legittimità  (Cass.  Sez.  U.  15/07/2005,  n. 14989; Cass. 07/03/2001, n. 3272 e successive numerose conformi);
è peraltro opportuno aggiungere che il rigetto della domanda risarcitoria fondata sul solo rilievo dell’abrogazione del reato di ingiurie è frutto di un evidente errore di diritto: detta abrogazione precludeva la qualificazione del fatto come reato penalmente perseguibile, ma non eliminava certo il fatto in sé né la sua rilevanza quale illecito civile fonte di obbligo risarcitorio se produttivo di danno: temi questi che rappresentavano l’unico e specifico oggetto del giudizio rimesso al Tribunale ex art. 622 c.p.p. e che -come detto e come contraddittoriamente evidenziato nella stessa sentenza qui impugnata -erano da scrutinare in base alle sole norme sostanziali e processuali proprie del giudizio civile, senza potersi naturalmente predicare alcun vincolo di giudicato derivante dalla pregressa fase del procedimento;
tanto si rileva solo incidentalmente, per completezza, non essendo stato sul punto proposta impugnazione incidentale;
il  ricorso  deve  essere  pertanto  rigettato,  con  la  conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo;
va  dato  atto  della  sussistenza  dei  presupposti  processuali  per  il versamento, da parte dei ricorrenti ,  ai  sensi  dell’art.  13,  comma  1 -quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1,  comma  17,  legge  24  dicembre  2012,  n.  228,  di  un  ulteriore importo  a  titolo  di  contributo  unificato,  in  misura  pari  a  quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13;
P.Q.M.
rigetta  il  ricorso.  Condanna  i  ricorrenti  al  pagamento,  in  favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 680 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per  cento,  agli  esborsi  liquidati  in  Euro  200,00  ed  agli  accessori  di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P .R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n.  228,  dà  atto  della  sussistenza  dei  presupposti  processuali  per  il versamento, da parte dei ricorrenti ,  dell’ulteriore  importo  a  titolo  di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza