Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 15605 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 15605 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso 14757-2022 proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliate in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentate e difese dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE LANCIANO RAGIONE_SOCIALE VASTO CHIETI, in persona del Direttore Generale pro tempore, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 7/2022 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 13/01/2022 R.G.N. 144/2021;
Oggetto
Dipendenti RAGIONE_SOCIALE –
Infermieri
–
Tempo cd. tuta Giudicato.
–
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 07/05/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/05/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
La Corte di Appello de L’Aquila, confermando la decisione del giudice di primo grado, ha rigettato la domanda delle ricorrenti in cassazione COGNOME NOME e COGNOME NOME, dipendenti della RAGIONE_SOCIALE, con qualifica di collaboratore professionale sanitario -infermiere -inquadrate, la prima in categoria D1, e, la seconda in D4, di accertare il loro diritto ad essere retribuite per il tempo di vestizione, con conseguente condanna della parte datoriale al pagamento degli importi loro dovuti.
La Corte territoriale, premesso che il Tribunale di Lanciano aveva già definito con sentenza di rigetto n. 196/2016 del 31.10.2016, passata in cosa giudicata, una causa fra gli stessi soggetti avente il medesimo petitum e causa petendi, respingeva l’appello ritenendo maturato il giudicato non solo per il periodo anteriore all’instaurazione del primo giudizio (come affermato dal giudice di primo grado), ma avuto riguardo a tutte le pretese delle lavoratrici.
Nella sentenza di appello si afferma che sussistente l’identità dei soggetti, del petitum e della causa petendi -in carenza di qualunque riferimento temporale in ordine alle pretese azionate, nel primo così come nel secondo ricorso, il giudicato è caduto su ogni pretesa. Sul punto precisa altresì la Corte territoriale ‘ nè può ritenersi che, avendo il Tribunale rigettato le domande formulate dalle lavoratrici nel precedente giudizio alla luce della mancata allegazione e prova dei necessari fatti costitutivi, le odierne appellanti, pur avendo omesso di impugnare la prima sentenza, potrebbero riproporre ex novo le medesime domande in un nuovo giudizio, provvedendo stavolta a colmare le dette lacune di allegazione e di prova’ (cfr. pag. 7), evidenziando che ragionare il senso contrario condurrebbe alla sostanziale disapplicazione del principio del ne bis in idem e che, infine, neppure sono state dedotte circostanze fattuali nuove rispetto a quelle dedotte nel precedente giudizio .
Propongono ricorso per cassazione, articolato in un motivo, le lavoratrici.
Resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE Lanciano-Vasto-RAGIONE_SOCIALE, che deposita altresì memoria.
CONSIDERATO CHE
Con l’unico motivo di ricorso viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.
1.1. Si afferma che affinché il giudicato formatosi in un giudizio operi in un altro è necessario che tra la precedente causa e quella in atto vi sia un’identità di parti, petitum e causa petendi, e che quanto all’identificazione di quest’ultima non rilevano tanto le ragioni giuridiche addotte a fondamento della pretesa, bensì l’insieme delle circostanze che la parte pone a fondamento della stessa, perché è compito del giudice individuare correttamente gli effetti giuridici scaturenti dai fatti dedotti in causa. Si insiste che il giudicato si forma solo su ciò che ha costituito oggetto della decisione, ricomprendendosi in esso gli accertamenti di fatto che abbiano rappresentato le premesse necessarie ed il fondamento logico giuridico, oltre che funzionale, p er l’emanazione della pronunzia, con effetto preclusivo dell’esame degli stessi elementi in un successivo processo , quando l’azione in esso dispiegata abbia identici elementi costitutivi.
1.2. Si sostiene che, essendo qui preteso il diritto a maggiori poste retributive, il lavoratore è pienamente onerato, per i vari periodi di tempo azionati separatamente in giudizio, alla allegazione e dimostrazione dei fatti costitutivi del diritto alle maggiori retribuzioni, senza che, da questo punto di vista, in suo favore possano operare, rispetto a periodi successivi, gli effetti giuridici di un pregresso giudicato relativo a periodi antecedenti.
1.3. Conclusivamente si argomenta che le due pretese azionate nei due giudizi, pur fondate sul medesimo rapporto di lavoro, presentano un differente petitum. Si osserva che costituisce dato pacifico, desumibile dalla stessa sentenza impugnata, che il credito fatto valere nel procedimento definito con sentenza irrevocabile n. 196/2016 avesse ad oggetto differenze di compensi
vantati dalle lavoratrici fino alla data di proposizione della domanda, ossia fino al 23.5.2013 (cfr. sentenza di appello pag. 3), laddove quella qui in esame crediti successivi, essendo stato il ricorso depositato il 5.9.2018.
Il motivo è fondato nei limiti segnati dalla presente motivazione.
2.1. Va premessa la piena adesione del Collegio ai principi più volte affermati dal giudice della nomofilachia secondo cui, se è vero che il giudicato copre il dedotto ed il deducibile e pertanto non soltanto le ragioni giuridiche e di fatto esercitate in giudizio, ma anche tutte le possibili questioni, proponibili in via di azione o eccezione, che, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono precedenti logici, essenziali e necessari della pronunzia, tuttavia esso non spiega e non può spiegare i suoi effetti in ordine alle questioni che non potevano essere proposte prima che sorgesse il fatto da cui scaturiscono (cfr. Cass. n. 11600 del 2018, rv. 648531-01; Cass. n. 27304 del 2018, rv. 65146701; Cass. n. 17078/2007, rv. 599132-01).
2.1.1. Sulla scorta di detto insegnamento va affermato che, senza alcun dubbio, si è formato il giudicato con riguardo alle domande relative al periodo anteriore alla proposizione del primo giudizio, conclusosi con la sentenza definitiva del Tribunale di Lanciano n. 196 del 2016. Identici i soggetti, petitum e causa petendi , la riproposizione della medesima domanda -in relazione al medesimo arco temporale -viola gli artt. 2909 c.c. e 324 c.p.c.
2.2. Per converso, riguardo al periodo diverso e successivo a quello del primo giudizio, più precisamente per il periodo successivo alla introduzione della lite, alcun giudicato è maturato, sulla scorta, proprio dell’insegnamento del giudice di legittimità che va ulteriormente dettagliato quanto al caso in esame.
2.3. Quanto ai rapporti di durata, qual è quello di lavoro qui in esame, rilevano, infatti, i principi già affermati dal giudice di legittimità ( ex plurimis, si vedano tra le più recenti e massimate, Cass. n. 10430/2023, rv. 667608-01, ma anche la precedente Cass. n. 17223/2020, rv. 658538-01).
2.4. Nel dettaglio, in linea con i principi già innanzi enunziati, questo giudice di legittimità ha infatti evidenziato, quanto ai
rapporti di durata, che il vincolo del giudicato formatosi in relazione a periodi temporali diversi opera solo a condizione che il fatto costitutivo sia lo stesso e con riguardo ai soli aspetti permanenti del rapporto e non a quelli variabili.
2.5. Nello specifico Cass. n. 17223/2020, per esempio, ha escluso che il giudicato relativo ad alcune annualità possa estendersi alle successive, con riferimento alla individuazione delle quote assistiti di un pediatra, venendo in rilievo elementi variabili del rapporto, le scelte compiute anno per anno dagli assistiti, che condizionano l’esistenza stessa del diritto, oltre che il suo ammontare .
2.6. Tanto vale anche nel caso di specie in cui le somme pretese dalle lavoratrici affondano le loro radici nell’allegazione fattuale che, evidentemente, va riferita, tempo per tempo a ciascun periodo, di aver dovuto indossare per lo svolgimento dell’attività lavorativa la divisa fornita dall’azienda, presentandosi in reparto, all’ora di inizio del turno , con la divisa già indossata, con la conseguenza di aver diritto alla retribuzione per il periodo cd. di ‘tempo tuta’ utilizzato per vestirsi e svestirsi.
2.7. E’ di tutta evidenza , infatti, che nell’ipotesi qui all’attenzione la causa petendi si colora in relazione ai singoli periodi che vengono in rilievo rispetto ai quali va verificata la fondatezza della domanda in relazione al presupposto fattuale (l’aver indossato e dismesso le divise fuori dall’orario lavorativo) nei singoli periodi temporali che di volta in volta vengono in rilievo, oltre che in virtù della normativa anche contrattuale vigente.
2.7.1. Tanto premesso, va pure brevemente ricordato che, secondo l’insegnamento del giudice della nomofilachia , il giudicato può essere interpretato direttamente dalla Corte di cassazione e l’erronea interpretazione che di esso sia stata data dal giudice di merito può essere denunciata in sede di legittimità sotto il profilo della violazione delle norme di diritto (cfr. fra le altre Cass. n. 5925/2004, rv. 571513-01; Cass. n. 21069/2004, rv. 577931-01)
2.8. Ebbene, sulla scorta delle suddette osservazioni, è evidente che nel caso qui all’attenzione – secondo quanto emerge dalla sentenza di appello ( cfr. pag. 7) -il rigetto delle domande nella sentenza del Tribunale di Lanciano n. 196 del 2016 è stato reso sulla base della mancata allegazione e prova dei fatti costitutivi del diritto e non sulla base dell’esame della normativa vigente
ratio temporis, sicché il giudicato non può essere riguardare il periodo successivo a quello oggetto di valutazione nella sentenza definitiva n. 196 del 2016 del Tribunale di Lanciano.
Conclusivamente, in accoglimento del ricorso, la sentenza di appello deve essere cassata con rinvio alla Corte d’Appello d i L’Aquila in diversa composizione non essendo riscontrabile alcun giudicato al periodo successivo all’introduzione del giudizio di primo grado.
Il giudice di appello provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1bis , dello stesso art. 13.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa e rinvia alla Corte di Appello di L’Aquila , in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio,
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione