Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 16824 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 16824 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16983/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COGNOME NOMECOGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE -controricorrenti- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 1161/2019 depositata il 19/03/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Venezia, decidendo in sede di rinvio, ha condannato la RAGIONE_SOCIALE al risarcimento del danno in favore di
Bon amigo NOME e NOME, in relazione all’inadempimento di un contratto preliminare, con il quale si conveniva la cessione di un terreno dietro corrispettivo costituito in parte dalla costruzione di un appartamento da parte della promissaria RAGIONE_SOCIALE. Era avvenuto che, mentre il terreno era stato trasferito in via definitiva, il contratto era rimasto inadempiuto in relazione al trasferimento dell’unità immobiliare da costruire. La Corte d’appello, con la sentenza cassata, aveva liquidato il danno in un certo modo, ma la Corte di cassazione, con la sentenza n. 15896 dl 2016, aveva ritenuto la sentenza contraddittoria sul punto, in quanto non aveva tenuto conto delle complessive pattuizioni del preliminare («la sentenza impugnata risulta contraddittoria laddove riconosce la irrevocabilità del contratto definitivo di vendita, ma allo stesso tempo non lo mette in rapporto con le complesse e articolate pattuizioni del preliminare. E, nonostante ciò, detrae dalla stimata entità della valutazione del risarcimento del danno (parametrato sul valore del terreno edificabile) quanto ricevuto con il contratto definitivo»).
In via preliminare la Suprema Corte ritenne «doveroso dar conto della richiesta di parte ricorrente connessa al già accennato deposito della sentenza del Tribunale di Padova n. 761/16 (intervenuta successivamente alla proposizione del ricorso): alla stregua di tale sentenza, intervenuta a seguito di querela di falso in via principale, e della dichiarata falsità della sottoscrizione la società ricorrente ha prospettato, in sede di memoria ex art. 378 c.p.c., l'”eventuale sospensione del presente giudizio in attesa del passaggio in giudicato della sentenza dichiarativa della falsità del preliminare 10.12.1988″. Senonché, ad avviso di questa Corte, non ricorrono (e non solo per il riconosciuto mancato passaggio in
giudicato della decisione) gli estremi e l’opportunità per dar corso ad una impropria sospensione del presente giudizio. Infatti, avvenuto il detto passaggio in giudicato (e solo dopo di esso), ricorrerebbe una eventuale ipotesi di vizio revocatorio e non, di per sé, un ulteriore sopraggiunto motivo di cassazione della decisione. Il tutto specie in considerazione di una necessaria rivalutazione, in fatto, delle conseguenze che scaturirebbero dallo specifico accertamento delle conseguenze dell’accertata falsità della firma del preliminare attribuita a tale NOME NOME. Tale firma, definitivamente accertata come falsa, implicherebbe (anche in ragione di quanto risultante dal contratto preliminare) la verifica, in fatto, della effettiva illegittima formale attribuzione della qualifica di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE ed anche alla specifica individuazione dello stesso sottoscrittore. Non può, quindi, comunque darsi in questa sede corso alla pur richiesta sospensione del giudizio».
La sentenza a cui ha fatto riferimento la Suprema corte fu quindi invocata da RAGIONE_SOCIALE dinanzi al giudice di rinvio, il quale ha così statuito sul punto: «in primo luogo risultano privi di rilevanza nel presente giudizio gli effetti della sentenza del Tribunale di Padova n. 761/16 del 2.3.2016, divenuta definitiva, che ha dichiarato la falsità della sottoscrizione apposta al preliminare di vendita per cui è causa dal legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE La sentenza della Corte di cassazione, avendo riformato la sentenza impugnata soltanto con riferimento alla quantificazione del danno che ha rimesso al giudice del rinvio, ha confermato la risoluzione del contratto per inadempimento di RAGIONE_SOCIALE, già dichiarata dal Tribunale di Padova e dalla Corte d’Appello di Venezia, implicitamente confermando altresì la validità del contratto stesso. Non può
assumere ormai più rilevanza, quindi, l’accertata nullità di un contratto che in questo giudizio risulta definitivamente valido tra le parti».
Il giudice di rinvio ha proseguito nell’esame della vicenda; ha considerato la ragione della intervenuta cassazione e ha, quindi, accolto la domanda in misura minore rispetto quanto liquidato dal giudice di primo grado.
Per la cassazione della decisione RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso sulla base di dieci motivi, illustrati da Memoria.
COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno resistito con controricorso.
RAGIONI DELLAA DECISIONE
I primi otto motivi di ricorso censurano la decisione nella parte in cui è stata riconosciuta l’irrilevanza della sentenza del Tribunale di Padova che ha dichiarato la falsità della sottoscrizione apposta al preliminare per cui è causa dal legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE In particolare, con il primo motivo si censura la decisione che avrebbe attribuito alla sentenza di cassazione un significato diverso da quello effettivo, non sussistendo alcun giudicato implicito sulla questione della validità del preliminare; anzi le considerazioni proposte dal giudice di legittimità lasciavano aperta la possibilità di far valere il giudicato nel giudizio di rinvio. Si doveva inoltre considerare che il giudicato esterno sopravvenuto è liberamente deducibile nel giudizio di rinvio.
Il motivo è fondato e il suo accoglimento comporta l’assorbimento dei motivi dal secondo all’ottavo, che pongono pur sempre la medesima questione sotto diversi e subordinati profili.
Al di là dei rilievi proposti dal giudice di legittimità nella sentenza sopra richiamata (i quali con l’alludere alla revocazione lasciavano
implicitamente aperta la possibilità di dedurre il giudicato nel giudizio di rinvio), vale pur sempre il principio secondo cui «In sede di giudizio di rinvio, il divieto per le parti, stabilito dal terzo comma dell’art. 394, terzo comma, c,p.c. di formulare nuove conclusioni e, quindi, di proporre domande ed eccezioni nuove o di prospettare nuove tesi difensive, trova deroga allorché si faccia valere la sopravvenuta formazione del giudicato esterno, il quale, facendo stato ad ogni effetto tra le parti, deve essere preso in considerazione dal giudice del rinvio se intervenuto – come fatto impeditivo, estintivo o modificativo della pretesa azionata – in un momento successivo a quello della sua possibile allegazione nelle pregresse fasi processuali» (Cass. n. 17690/2011; n. 7301/2013; n. 2411/2016).
La Corte d’appello non si è attenuta a tale principio, trattandosi nella specie di giudicato sopravvenuto.
Sono assorbiti inoltre i restanti motivi: il nono sulle spese e il decimo sulla liquidazione.
La sentenza deve essere cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata alla Corte d’appello di Venezia i n diversa composizione anche per le spese.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbiti i restanti motivi; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia alla Corte di appello di Venezia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda