Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 13184 Anno 2024
Civile Sent. Sez. L Num. 13184 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 14/05/2024
SENTENZA
Oggetto:
Pubblico
impiego
–
Licenziamento
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/02/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
udito il P.M. in persona del AVV_NOTAIO Procuratore AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
udito l’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO per delega verbale AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Ancona rigettava il reclamo proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza del locale Tribunale che aveva respinto la sua domanda volta ad ottenere la declaratoria di illegittimità del licenziamento disciplinare senza preavviso irrogato dal Comune di Offagna a seguito del decreto di fissazione dell’udienza preliminare in relazione al reato di cui agli artt. 81 cpv. cod. pen. e 55 quinquies del d.lgs. n. 165/2001 per essersi il predetto, responsabile dell’Area funzionale IV Tecnica e patrimonio, assentato più volte e in diversi giorni dal luogo di lavoro per motivi personali pe un totale di 28 ore circa, senza far rilevare la propria assenza mediante timbratura del cartellino oltre che del reato di cui agli artt. 81 cpv. cod. pen. e 640, comma 1 e 2 cod. pen. per avere, con i suddetti artifici e raggiri, procurato a sé un ingiusto profitto consistente nell’aver percepito la retribuzione anche nel periodo in cui era assente.
Riteneva la Corte territoriale che fosse applicabile l’art. 55 bis , commi 3 e 4 del d.lgs. n. 165/2001 nel testo anteriore alle modifiche di cui al d.lgs. n. 75/2017 essendosi i fatti addebitati verificatisi fino al 9 settembre 2016.
Considerava tempestiva la contestazione del Segretario comunale -organo competente a norma dell’art. 15 del Regolamento del medesimo Comune – decorrendo il termina dalla ricezione della notizia qualificata della condotta addebitata e cioè dalla notifica al Comune di Offagna del decreto di fissazione dell’udienza preliminare dinanzi al GIP (14 dicembre 2017), ossia il 14 dicembre 2017, e non, come invece sostenuto dal ricorrente, dalla ricezione della denuncia anonima, ovvero dall’audizione della dott.ssa NOME COGNOME, stante l’eccessiva genericità delle notizie ivi contenute.
Riteneva che il Comune avesse seguito il procedimento previsto dall’art. 55 quater comma 3bis del d.lgs., inserito dall’art. 1, comma 1, lett. b) del d.lgs. n. 116/2016 perché parte del comportamento illecito si era verificato dopo l’entrata in vigore di tale disposizione.
Considerava, ai fini della specificità della contestazione, sufficiente il richiamo al decreto di fissazione dell’udienza preliminare.
Escludeva che il COGNOME, in ragione dei propri compiti istituzionali, fosse tenuto ad uscire dall’ufficio durante l’orario di lavoro evidenziando che il predetto era tenuto, come
gli altri impiegati, di pari o inferiore livello, a timbrare il cartellino per le uscite ed evidenziava che, in ogni caso, si era trattato di uscite per ragioni private come descritto nelle annotazioni redatte dagli agenti ed ufficiali di P.G.
Per la cassazione della sentenza di appello NOME COGNOME ha proposto ricorso con quattro motivi.
Il Comune di Offagna ha resistito con controricorso.
Il P.G. ha presentato memoria scritta concludendo per il rigetto del ricorso.
Il ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, il lavoratore denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 55 -bis , commi 3 e 4, del d.lgs. n. 165/2001, con riferimento alla violazione delle norme che individuano il dies a quo per l’apertura del procedimento disciplinare.
In particolare, censura la sentenza d’appello nella parte in cui ha ritenuto la contestazione disciplinare tempestiva, ritenendo coincidente il momento di conoscibilità del fatto con la notifica all’Ente del decreto di fissazione dell’udienza preliminare contenente i capi d’imputazione contestati al ricorrente. Piuttosto, a parere del ricorrente, il dies a quo per l’apertura del procedimento disciplinare sarebbe dovuto coincidere già con la ricezione, da parte dell’Amministrazione Comunale, dell’esposto di ‘Un RAGIONE_SOCIALE di Cittadini Arrabbiati’, a fronte del quale il Comune avrebbe dovuto dare impulso all’azione disciplinare, effettuando in via autonoma gli opportuni riscontri. Sicché, il mancato esercizio, nei termini perentori previsti dal legislatore, del potere disciplinare comporta la decadenza dal potere stesso.
Con il secondo motivo, il ricorrente censura, con riferimento all’art. 360, comma 1 n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 55 -quater , comma 1, lett. a ), del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, inserito dall’art. 69, comma 1, del d.lgs. 27 ottobre 2009, n. 150 e modificato dal d.lgs. n. 75/2017, in relazione all’asserita configurabilità in astratto di qualsivoglia automatismo nell’irrogazione di sanzioni disciplinari.
Assume che ambedue i giudici di merito hanno ritenuto che i fatti addebitati al ricorrente fossero disciplinarmente rilevanti al fine dell’applicazione automatica del provvedimento espulsivo, senza effettuare in concreto un sindacato giurisdizionale sulla proporzionalità della sanzione rispetto al fatto addebitato. Nello specifico, la Corte d’appello avrebbe dovuto valutare l’effettiva rilevanza disciplinare delle condotte contestate, tenuto peraltro conto che, ai fini probatori, gli atti di indagine penale, acriticamente recepiti in giudizio, non sono stati vagliati in dibattimento né tantomeno poste a confronto con le prove orali articolate dal ricorrente ed escusse in primo grado.
Con il terzo rilievo, assumendo come parametro l’art. 360, comma 1 n. 3, cod. proc. civ., denuncia la violazione e falsa applicazione del combinato disposto di cui all’art. 2697 cod. civ. e all’art. 5 legge n. 604/1966, con riferimento alla violazione delle norme che regolano l’inversione dell’onere della prova in materia di licenziamento.
Censura la sentenza della Corte d’appello nella parte in cui ritiene provati gli addebiti ascritti al ricorrente, sulla base della semplice acquisizione dei verbali di attività di indagine svolti dalla RAGIONE_SOCIALE durante la fase delle indagini preliminari, nel parallelo giudizio penale. Sostiene che il recepimento delle dichiarazioni, rese nella fase di indagine in altro procedimento penale, integra la violazione del principio del contraddittorio in sede di formazione della prova ed introduce una violazione del diritto di difesa, atteso che le dichiarazioni rese da terze persone dovrebbero essere acquisite oralmente innanzi al Giudice del Lavoro, non potendo trovare ingresso, nel procedimento ordinario di cognizione, documenti che racchiudano dichiarazioni testimoniali, quali sono senz’altro le dichiarazioni verbalizzate dagli organi di polizia giudiziaria in sede di indagini preliminari.
In aggiunta a ciò, pone in evidenza il fatto che le prove testimoniali presentate in primo grado, se adeguatamente considerate dai giudici di merito, avrebbero condotto ad una valutazione dei fatti diametralmente opposta rispetto a quella offerta dai verbali della polizia giudiziaria, essendo idonee a far luce sui reali motivi per i quali il ricorrente usciva dalla sede del Comune.
Con la quarta censura, lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in forza dell’art. 360, comma 1 n. 5, cod. proc. civ., in relazione alle mansioni svolte dal dipendente.
Rileva, in particolare, come la Corte d’appello non abbia tenuto conto delle peculiarità delle mansioni affidate al Geom. COGNOME -così come evincibili dalle testimonianze rese in giudizio e, soprattutto, da quella rilasciata dal sindaco – e, conseguentemente, della necessaria flessibilità accordatagli dall’Amministrazione Comunale.
In sede di memoria il ricorrente ha dato atto di questi fatti sopravvenuti: assoluzione in sede penale con sentenza n. 1528/2022 del Tribunale di Ancona (diventata irrevocabile in data 18/2/2023), perché il fatto non sussiste; – presentazione da parte del COGNOME in data 19/5/2023 di istanza di riapertura del procedimento disciplinare; accoglimento dell’istanza da parte del Comune con provvedimento del 15/11/2023 con il riconoscimento della liceità dei comportamenti oggetto della contestazione; – avvenuta reintegra del dipendente nel posto di Lavoro come attestato la busta paga del mese di dicembre 2023; – mancata corresponsione delle retribuzioni pregresse.
Le suddette circostanze sopravvenute sono state debitamente documentate con il deposito di tutti gli atti richiamati nella memoria.
In particolare, si evince dalla sentenza penale passata in giudicato che il Comune di Offagna era costituito parte civile nel processo penale.
5. Come da questa Corte già affermato, nel giudizio di cassazione, l’esistenza del giudicato esterno è, al pari di quella del giudicato interno, rilevabile d’ufficio, non solo qualora emerga da atti comunque prodotti nel giudizio di merito, ma anche nell’ipotesi in cui il giudicato si sia formato successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata. Si tratta infatti di un elemento che non può essere incluso nel fatto, in quanto, pur non identificandosi con gli elementi normativi astratti, è ad essi assimilabile, essendo destinato a fissare la regola del caso concreto, e partecipando quindi della natura dei comandi giuridici, la cui interpretazione non si esaurisce in un giudizio di mero fatto. Il suo accertamento, pertanto, non costituisce patrimonio esclusivo delle parti, ma, mirando ad evitare la formazione di giudicati contrastanti, conformemente al principio del ‘ ne bis in idem’ , corrisponde ad un preciso interesse pubblico, sotteso alla funzione primaria del processo, e consistente nell’eliminazione dell’incertezza delle situazioni giuridiche, attraverso la stabilità della decisione. Tale garanzia di stabilità, collegata all’attuazione dei principi costituzionali del giusto processo e della ragionevole durata, i quali escludono la legittimità di soluzioni interpretative volte a conferire rilievo a formalismi non giustificati da effettive e concrete garanzie difensive, non trova ostacolo nel divieto posto dall’art. 372 cod. proc. civ., il quale, riferendosi esclusivamente ai documenti che avrebbero potuto essere prodotti nel giudizio di merito, non si estende a quelli attestanti la successiva formazione del giudicato; questi ultimi, d’altronde, comprovando la sopravvenuta formazione di una ‘ regula iuris ‘ alla quale il giudice ha il dovere di conformarsi in relazione al caso concreto, attengono ad una circostanza che incide sullo stesso interesse delle parti alla decisione, e sono quindi riconducibili alla categoria dei documenti riguardanti l’ammissibilità del ricorso (cfr. Cass., Sez. Un., 16 giugno 2006, n. 13916; Cass., Sez. Un., 28 novembre 2007, n. 24664; Cass. 22 gennaio 2018, n. 1534; Cass. 21 aprile 2022, n. 12754).
Come affermato da questa Corte (v. tra le più recenti Cass. 6 marzo 2023, n. 6660; Cass. 14 settembre 2022, n. 27130), se è vero che il giudice civile, investito dell’impugnazione della sanzione disciplinare, non è vincolato né alla valutazione degli elementi istruttori compiuta in sede penale, né al ‘ dictum’ della sentenza di assoluzione non definitiva, quand’anche pronunziata con la formula ‘perché il fatto non sussiste’, tuttavia, al contrario, l’assoluzione ai sensi dell’art. 653, comma 1, cod. proc. pen., se passata in giudicato, da un lato impone al giudice del lavoro di conformarsi ad
essa e, dall’altro, consente, a richiesta, la riapertura del procedimento disciplinare, il cui esito, del pari, deve adeguarsi alla statuizione penale.
Nello specifico, stante la sopravvenienza del giudicato penale rispetto al ricorso per cassazione e la formula assolutoria di cui all’art. 653, comma 1, cod. proc. pen., che risultano assorbenti rispetto agli stessi motivi di ricorso, va rimessa al giudice di merito la rivalutazione della intera vicenda, alla luce dei principi sopra ricordati.
Da tanto consegue che la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte d’appello di Ancona, in diversa composizione.
Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Non sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte, decidendo sul ricorso di NOME COGNOME, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Ancona, in diversa composizione.
Roma, così deciso nella camera di consiglio del 7 febbraio 2024.