Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16779 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 16779 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19643/2023 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato RAGIONE_SOCIALECOGNOME RAGIONE_SOCIALE (-) rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME COGNOME, elettivamente domiciliati in MILANO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 421/2023 depositata il 06/04/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE:
Con sentenza del 6.4.23 la corte d’appello di Milano, in riforma di sentenza del 2022 del tribunale della stessa sede, ha condannato RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore dei lavoratori in epigrafe delle somme per ciascuno indicate a titolo di retribuzione, essendo stato dichiarato illegittima la cessione del ramo di azienda a RAGIONE_SOCIALE
In particolare, la corte territoriale ha ritenuto infondata l’eccezione di giudicato, essendo diversa la causa attuale relativa a domanda dei lavoratori fondata su illegittima cessione, su un’ordinanza recante ordine di riammissione e messa in mora nonché sul protrarsi dell’inadempimento datoriale, rispetto alla domanda già oggetto di giudicato (che aveva invece riguardato le retribuzioni per illegittimo trasferimento del ramo di azienda).
Nel merito, la corte territoriale ha ritenuto la natura retributiva dei crediti dei lavoratori verso il cedente in caso di illegittimità del trasferimento di azienda e non deducibili le somme corrisposte dal cessionario per il lavoro di fatto prestato.
Avverso tale sentenza ricorre RAGIONE_SOCIALE per quattro motivi, cui resistono con controricorso i lavoratori. Le parti hanno presentato memorie. Veniva depositata in data 7.10.24 proposta di definizione agevolata (che proponeva dichiararsi l’inammissibilità del ricorso per difetto di autosufficienza); parte ricorrente proponeva istanza di decisione, sicché veniva fissata l’adunanza camerale.
Il Collegio, all’esito della camera di consiglio, si è riservato il termine di giorni sessanta per il deposito del provvedimento.
CONSIDERATO CHE:
Preliminarmente deve rilevarsi l’intervenuta cessazione della materia del contendere per COGNOME avendo le parti sottoscritto un verbale di conciliazione ex art. 2113 c.c. di altro giudizio con rinuncia ad ogni altro giudizio, con compensazione delle spese di lite.
Per gli altri lavoratori, si osserva quanto segue.
Il ricorso è ammissibile, risultando ivi contenuto il richiamo, che il Collegio ritiene adeguato e sufficiente, al giudicato formatosi tra le parti: invero, sono stati trascritti il testo integrale dell’autonomo capo motivazionale e anche il dispositivo della sentenza n. 715/2018, e peraltro della portata del giudicato si è discusso in tutti i gradi di giudizio e sulla portata di esso si è espressamente pronunciata la sentenza impugnata; inoltre, è stata anche data l’indicazione per il reperimento dell’atto rilevante in modo dettagliato ed inequivoco.
Ciò premesso, il primo motivo di ricorso deduce violazione dell’articolo 2909 c.c. e 324 c.p.c., ai sensi dei n. 3 e 4 del comma 1° dell’art. 360, per non avere la corte territoriale considerato che la sentenza del tribunale aveva rigettato la domanda per retribuzioni e non era stata impugnata sul punto.
Il secondo motivo deduce violazione degli articoli 3 e 36 Costituzione, 1206, 1207, 1218, 1223, 1227, 2094, 2099 e 2105 c.c., per avere la corte territoriale escluso l’effetto estintivo dei pagamenti medio tempore effettuati dal cessionario.
Il terzo motivo deduce violazione delle medesime norme, nonché degli artt. 1217 e 1256 c.c., per avere la corte territoriale escluso che la prestazione in favore del cessionario escludesse la validità dell’offerta al cedente.
Il quarto motivo deduce violazione degli articoli 1180, 2036, 2126 c.c., 29 comma 2 decreto legislativo 276 del 2003, 1676, 2112, 1206, 1207, 1217 c.c., nonché vizio di motivazione della sentenza impugnata per aver escluso la rilevanza dell’adempimento del terzo.
Il primo motivo è fondato.
I lavoratori già nei giudizi sulla fattispecie traslativa RAGIONE_SOCIALE-Modis ex art. 2112 c.c., oltre a chiedere il ripristino del rapporto con IBM, avevano altresì specificamente chiesto la condanna di IBM stessa al pagamento di emolumenti retributivi per il periodo intercorrente «dall’estromissione alla reintegrazione»; il Tribunale di Milano, con sentenza n. 715/2018, ha rigettato espressamente e motivatamente tale specifica domanda; i lavoratori non hanno proposto appello, neppure in via incidentale, per contestare il rigetto di detta domanda; nel successivo giudizio -che è quello che occupa la presente sede – i lavoratori hanno chiesto nuovamente l’accertamento del proprio diritto alla percezione di retribuzioni asseritamente maturate in un periodo comunque posteriore alla «estromissione» da IBM e antecedente alla loro «reintegrazione» e la corte territoriale ha accordato le somme relative.
Quest’ultima pronuncia viola il giudicato, posto che petitum e causa petendi dell’odierna domanda sono gli stessi della precedente, già respinta -come detto – con efficacia di giudicato: infatti i lavoratori avevano chiesto riconoscersi «il diritto a tutte le retribuzioni che sarebbero maturate in RAGIONE_SOCIALE (e relativa contribuzione) per il periodo dall’estromissione alla reintegrazione». Il petitum era dunque inequivocamente retributivo, come attestato in modo incontrovertibile dalla richiesta di ottenere, oltre alla retribuzione in senso proprio, anche i relativi contributi.
Ma nel caso che ci occupa a essere sempre lo stesso non è solo il petitum delle domande proposte in momenti diversi, ma anche le ragioni poste a loro fondamento, ossia la ritenuta sussistenza e
persistenza con la stessa IBM di un rapporto di lavoro mai validamente ceduto ai sensi dell’art. 2112 c.c.
Né vi sono sopravvenienze in punto di fatto rispetto al giudicato che -come detto si era compiutamente formato; l’unica novità è l’orientamento della giurisprudenza (v. Cassazione n. 3479 del 2023, n. 3480 del 2023, che peraltro affrontano anche il tema della legittimità costituzionale e confermano l’orientamento di Cass. n. 17784 del 2019 e delle successive sentenze che hanno superato il precedente orientamento), che da ultimo ha ammesso che, in caso di cessione di ramo d’azienda, ove su domanda del lavoratore ceduto venga giudizialmente accertato che non ricorrono i presupposti di cui all’art. 2112 c.c., il pagamento delle retribuzioni da parte del cessionario, che abbia utilizzato la prestazione del lavoratore successivamente a detto accertamento e alla messa a disposizione delle energie lavorative in favore dell’alienante da parte del lavoratore, non produce effetto estintivo, in tutto o in parte, dell’obbligazione retributiva gravante sul cedente che rifiuti, senza giustificazione, la controprestazione lavorativa. Si tratta però di circostanza rispetto alla quale il giudicato formatosi è del tutto insensibile.
Gli altri motivi restano assorbiti.
La sentenza impugnata va dunque cassata.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti la causa va decisa nel merito, con il rigetto della domanda introduttiva della lite.
Spese dell’intero processo compensate, in considerazione degli esiti altalenanti dei gradi di merito.
P.Q.M.
Dichiara cessata la materia del contendere quanto alla lavoratrice NOME COGNOME Riguardo agli altri lavoratori, accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo di lite. Spese dell’intero processo compensate.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 9 aprile 2025.