Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 17688 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 17688 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 8713-2021 proposto da:
COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALEC. DI COGNOME NOME RAGIONE_SOCIALE C., COMUNE DI
COGNOME
– intimati – avverso la sentenza n. 2331/2020 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 22/09/2020 R.G.N. 2364/2015; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
07/05/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
R.G.N. 8713/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 07/05/2025
CC
RILEVATO CHE
Con sentenza in data 22 settembre 2020 , la Corte d’Appello di Napoli, in accoglimento dell’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE di COGNOME RAGIONE_SOCIALE, ha respinto la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti de RAGIONE_SOCIALE e del Comune di Ariano Irpino (limitatamente alle somme da corrispondere a titolo di com penso per l’appalto) riformando la sentenza del Tribunale di Benevento del 16 marzo 2015 che aveva condannato i resistenti, in solido, al pagamento di euro 5.321,38 a titolo di differenze retributive ed euro 373,00 a titolo di TFR in favore della lavoratrice appellata.
In particolare, la Corte, andando di contrario avviso rispetto all’ iter decisorio del primo giudice, ha ritenuto che l’orario di lavoro da osservarsi avesse rappresentato specifico punto di intesa fra le Organizzazioni Sindacali e la società, essendo impossibile per il Comune e l’azienda subentrante mantenere i medesimi livelli occupazionali secondo lo stesso orario di lavoro già osservato dalla impresa uscente e che la ricorrente, al pari di altre lavoratrici, scientemente si era trattenuta in servizio più a lungo, a dispetto delle intese sindacali e degli accordi, anche singolarmente intercorsi fra le parti, onde ottenere la maggiorazione richiesta.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso assistito da memoria NOME COGNOME affidandolo a quattro motivi.
La RAGIONE_SOCIALE di COGNOME RAGIONE_SOCIALE e il Comune di Ariano Irpino non hanno spiegato attività difensiva.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo di ricorso si censura la decisione impugnata ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ. per non aver la Corte esaminato l’eccezione di inammissibilità del gravame per difetto di specificità dei motivi, ai sensi dell’art. 434 cod. proc. civ.
2.Con il secondo motivo si deduce, sotto il profilo dell’art. 360, commi 3 e 5 l’omesso rilievo circa il giudicato interno parziale formatosi per intervenuta acquiescenza del Tribunale di Ariano Irpino, con conseguente violazione degli artt. 324 cod. proc. civ., 1676 e 2909 cod. civ.
3.Con il terzo motivo si deduce l’omesso esame dell’estinzione del debito per effetto dell’intervenuto pagamento da parte del Comune di Ariano Irpino con determina dirigenziale n. 190 del 28 agosto 2015.
4.Con il quarto motivo si allega la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. per aver la Corte omesso di valutare la valenza probatoria del verbale unico di accertamento ispettivo del 31 ottobre 2011 redatto dalla DTL.
Il primo motivo è infondato.
5.1. Secondo quanto affermato in via consolidata in sede di legittimità, la eventuale omessa valutazione di una dedotta inammissibilità di un atto introduttivo, non dà luogo ad error in procedendo. Ed invero, come confermato, anche di recente, da questa Corte, (Cass. n. 26913 del 2024), l’omesso esame di una questione puramente processuale non integra il vizio di omessa pronuncia, configurabile soltanto nel caso di mancato esame di domande od eccezioni di merito.
Deve, d’altro canto, ritenersi che la Corte abbia implicitamente ritenuto ammissibile il gravame proposto, nel procedere all’esame delle censure, alla luce, peraltro, della giurisprudenza di legittimità, secondo cui l’art. 434, primo comma, cod. proc. civ., nel testo introdotto dall’art. 54, comma 1, lettera c) bis del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, in coerenza con il paradigma generale contestualmente introdotto nell’art. 342 cod. proc. civ., non richiede che le deduzioni della parte appellante assumano una determinata forma o ricalchino la decisione appellata con diverso contenuto, ma impone al ricorrente in appello di individuare in modo chiaro ed esauriente il “quantum appellatum”, circoscrivendo il giudizio di gravame con riferimento agli specifici capi della sentenza impugnata nonché ai passaggi argomentativi che la sorreggono e formulando, sotto il profilo qualitativo, le ragioni di dissenso rispetto al percorso adottato dal primo giudice, sì da esplicitare la idoneità di tali ragioni a determinare le modifiche della decisione censurata ( fra le tante, Cass. n. 2143 del 2015).
Il secondo motivo è fondato nei termini che seguono.
Parte ricorrente deduce l’omesso rilievo circa il giudicato interno parziale formatosi per intervenuta acquiescenza alla sentenza del Tribunale di Ariano Irpino con conseguente violazione degli artt. 324 cod. proc. civ., 1676 e 2909 cod. civ.
Va rilevato, al riguardo, che l’obbligazione solidale, pur avendo ad oggetto un’unica prestazione, dà luogo non ad un rapporto unico ed inscindibile, ma a rapporti giuridici distinti, anche se fra loro connessi, e, potendo il creditore ripetere da ciascuno dei condebitori l’intero suo credito, è sempre possibile la scissione del rapporto processuale, il quale può utilmente svolgersi nei confronti di uno solo dei coobbligati. Ne consegue che la mancata impugnazione, da parte di un coobbligato solidale, della sentenza di condanna pronunciata verso tutti i debitori solidali – che, pur essendo formalmente unica, consta di tante distinte pronunce quanti sono i coobbligati con riguardo ai quali essa è stata emessa -, così come il rigetto dell’impugnazione del singolo, comporta il passaggio in giudicato della pronuncia concernente il debitore non impugnante (o il cui gravame sia stato respinto) esclusivamente con riferimento a lui, pure qualora lo stesso sia stato convenuto nel giudizio di appello ex art. 332 c.p.c., mentre il passaggio in giudicato di detta pronuncia rimane, poi, insensibile all’eventuale riforma od annullamento delle decisioni inerenti agli altri coobbligati (cfr., in questi termini, fra le altre, Cass. n. 24728 del 2018 e Cass. n. 20559 del 2014).
6.1. Deve, quindi, affermarsi che il giudice di secondo grado, in assenza di qualsivoglia impugnazione della sentenza del Tribunale di Benevento da parte del Comune di Ariano Irpino, aveva il potere di intervenire sulla statuizione di quest’ultima modifica ndola, eventualmente, esclusivamente con riguardo alla posizione della società ricorrente, essendole precluso ogni altro provvedimento, nei confronti dell’obbligato solidale non impugnante, dal passaggio in giudicato della decisione medesima nei confronti dello stesso.
6.2. Accolto, quindi, il secondo motivo, la sentenza va cassata senza rinvio in parte qua – limitatamente al rapporto processuale con il Comune di Ariano Irpino – per intervenuto giudicato.
Il terzo motivo è inammissibile.
Atteso l’atteggiarsi della censura per il tramite dell’art. 360, co. 1, n. 5, cod. proc. civ., va rilevato che si verte nell’ambito di una valutazione di fatto totalmente sottratta al sindacato di legittimità, in quanto in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5 del cod. proc. civ., al di fuori dell’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, il controllo
del vizio di legittimità rimane circoscritto alla sola verifica della esistenza del requisito motivazionale nel suo contenuto “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. ed individuato “in negativo” dalla consolidata giurisprudenza della Corte -formatasi in materia di ricorso straordinarioin relazione alle note ipotesi (mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale; motivazione apparente; manifesta ed irriducibile contraddittorietà; motivazione perplessa od incomprensibile) che si convertono nella violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4), c.p.c. e che determinano la nullità della sentenza per carenza assoluta del prescritto requisito di validità (fra le più recenti, Cass. n. 13428 del 2020; Cass. n. 23940 del 2017).
7.1. Nella specie, in realtà, la Corte, con motivazione in fatto non implausibile, ha dato conto della valutazione che aveva offerto del verbale in questione, talché ogni diversa censura deve ritenersi sottratta al sindacato di legittimità.
Inammissibile deve ritenersi il quarto motivo di ricorso.
Con riguardo all a dedotta violazione dell’art. 11 5 cod. proc. civ., va rilevato che una questione di violazione e falsa applicazione di tale norma non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo allorché si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte di ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti, invece, a valutazione (cfr. Cass. 27.12.2016 n. 27000; Cass. 19.6.2014 n. 13960).
8.1. Nel caso di specie, appare evidente che la censura, veicolata per il tramite dell a violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., in realtà, corre lungo i binari della censura fattuale, in quanto mira ad una diversa ricostruzione della fattispecie oltre che ad una inammissibile diversa valutazione delle risultanze istruttorie di primo grado.
Parte ricorrente, infatti, pur denunciando, apparentemente, una violazione di legge, chiede, in realtà, alla Corte di pronunciarsi sulla valutazione di fatto compiuta dal giudice in ordine alle conclusioni raggiunte con riguardo alla sussistenza de i presupposti inerenti all’espletamento di attività lavorativa oltre l’orario contrattualmente previsto in assenza della prova dell’accettazione di tale attività da parte del datore di lavoro, avendo la Corte ritenuto di escludere, in base alle risultanze acquisite, che il
rappresentante dell’azienda tenuto alla sorveglianza potesse essere presente quotidianamente nei diversi plessi ove si articolava l’appalto per impedire il protrarsi dell’attività lavorativa oltre l’orario previsto. La censura si incentra, piuttosto, su doglianze intrise di circostanze fattuali, mediante un pervasivo rinvio ad attività asseritamente compiute nelle fasi precedenti ed attinenti ad aspetti di mero fatto, tentandosi di portare di nuovo all’attenzione del giudice di legittimità una valutazione d i merito, inerente a l contenuto dell’accertamento compiuto .
8.2. In particolare, poi, con riguardo alla dedotta violazione de ll’art. 116 cod. proc. civ., va rilevato che una questione di violazione e falsa applicazione di tale norma non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo allorché si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte di ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti, invece, a valutazione (cfr. Cass. 27.12.2016 n. 27000; Cass. 19.6.2014 n. 13960).
Nel caso di specie, del tutto inconferente deve reputarsi il richiamo alla disposizione considerata, atteso che parte ricorrente lamenta esclusivamente una erronea interpretazione delle prove offerte, delle quali, tuttavia, suggerisce un diverso apprezzamento, meramente contrapponendo alla motivazione della Corte la propria diversa interpretazione, senza apportare elementi che possano indurre a reputare la prima implausibile.
8.3. Deve concludersi che parte ricorrente, nel formulare le proprie censure mediante ricorso per cassazione, non si è conformata a quanto statuito dal Supremo Collegio in ordine alla apparente deduzione di vizi ex artt. 360 co. 1 nn.3 e 5 e, cioè, che è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l ‘ apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (cfr., SU n. 34476 del 2021).
9. Alla luce delle suesposte argomentazioni, va accolto il secondo motivo di ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata, in parte qua , senza rinvio, limitatamente al rapporto processuale fra la ricorrente COGNOME e il Comune di Ariano Irpino, per intervenuto giudicato. Va, invece, rigettato il primo motivo di ricorso e devono essere dichiarati inammissibili il terzo e il quarto.
Quanto al governo delle spese nulla per le spese in assenza dello svolgimento di attività difensiva da parte de RAGIONE_SOCIALE di COGNOME RAGIONE_SOCIALE e spese interamente compensate nei confronti del Comune di Ariano Irpino in ragione della parziale soccombenza complessiva nel presente giudizio.
PQM
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, cassa senza rinvio la sentenza impugnata, in parte qua, relativamente al rapporto processuale fra la ricorrente COGNOME ed il Comune di Ariano Irpino. Rigetta il primo motivo di ricorso. Dichiara inammissibili il terzo e il quarto.
Nulla per le spese nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e spese integralmente compensate nei confronti del Comune di Ariano Irpino.
Così deciso nella Adunanza camerale del 7 maggio 2025.