Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 30521 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 30521 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5523/2024 R.G. proposto da:
LABORATORIO DI ANALISI CLINICHE RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in RomaINDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), RAGIONE_SOCIALE (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO RAGIONE_SOCIALE n. 1488/2023 depositata il 20/12/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Fatti di Causa
RAGIONE_SOCIALE aveva agito nei confronti della RAGIONE_SOCIALE avanti al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE per ottenere il pagamento del residuo dovuto per le prestazioni sanitarie di radiologia erogate nel triennio 2010/2012, contestando l’avvenuta ingiustificata applicazione, da parte dell’RAGIONE_SOCIALE, dello sconto tariffario, riconosciuto dalla legge n.297/2006 per il triennio 2007/2009, anche al triennio successivo. La società attrice si era qualificata come struttura RAGIONE_SOCIALE privata già convenzionata con il RAGIONE_SOCIALE, ai sensi della legge n. 833 del 1978, successivamente accreditata ai sensi della legge n. 724 del 1994, art. 6, comma 6, e dal 2015 operante in regime di accreditamento definitivo ai sensi del d.lgs. n. 502 del 1992, e aveva allegato i contratti scritti intervenuti tra le parti per gli anni 2010, 2011 e 2012 e le distinte riepilogative degli sconti tariffari contestati, per complessivi € 130.193,62, oltre accessori.
La RAGIONE_SOCIALE si era costituita eccependo la carenza di giurisdizione dell’AGO, il giudicato esterno sulla questione dell’ultrattività degli sconti tariffari, in tesi costituito dalla sentenza del TAR Campania che aveva accertato la legittimità dei provvedimenti amministrativi della Regione Campania sul punto, e l’intervenuta prescrizione degli asseriti crediti; nel merito la convenuta non aveva contestato l’effettività delle prestazioni eseguite dalla struttura e il diritto della stessa alla remunerazione per esse ma aveva affermato di aver già riconosciuto il dovuto, legittimamente decurtato dello «sconto tariffario» previsto dall’art. 1, comma 796, lettera o) della legge n. 297 del 2006; secondo la convenuta detta normativa era da considerare ultrattiva e quindi applicabile oltre il triennio 2007-2009 espressamente disciplinato con essa, la previsione dello sconto tariffario dopo il 2009 era comunque stata trasfusa negli accordi negoziali tra le parti ma, in ogni caso, il riconoscimento di quanto richiesto avrebbe determinato il superamento del tetto di spesa fissato per gli anni di riferimento; per i diversi motivi proposti la domanda della struttura sarebbe stata da respingere.
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, con la sentenza n. 346/2022 depositata il 28.1.2022, aveva respinto sia l’eccezione di carenza di giurisdizione sia l’eccezione di prescrizione e,
accertato l’inadempimento contrattuale della RAGIONE_SOCIALE, l’aveva condannata al pagamento della somma di € 130.193,62, oltre accessori, in base a considerazioni che, in sintesi, si possono riassumere come segue (le parti tra virgolette sono riprese letteralmente dalla motivazione della sentenza): -‘ la pretesa creditoria di parte attrice’, qualificata espressamente come struttura accreditata, è ‘ fondata sulla documentazione dalla stessa prodotta, ossia i contratti ex art. 8-quinquies d.lgs. n. 502/92 stipulati con l’RAGIONE_SOCIALE per gli anni 2010, 2011 e 2012, le notule-distinte riepilogative con relative fatture ‘; -lo sconto tariffario previsto dalla l. n.297/2006 non è automaticamente applicabile oltre il triennio 2007-2009, né risulta essere stato comunque frutto, per gli anni successivi al 2009, di un accordo negoziale tra le parti, nulla di univoco emergendo al riguardo dai contratti prodotti (il cui contenuto potenzialmente rilevante per la questione controversa era stato analiticamente esaminato); -non può essere riconosciuta alcuna valenza, nella controversia, ai tetti di spesa, perché le prestazioni per le quali la struttura accreditata chiedeva il pagamento del residuo non erano prestazioni oltre il limite concordato ma erano già state riconosciute e liquidate; l’eventuale esistenza di superamento dei limiti di spesa, che RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto provare, non avrebbe potuto essere fatta valere in relazione agli sconti sulle prestazioni effettuate ed assentite per la singola struttura ma, se del caso, attraverso una ridefinizione complessiva della programmazione finanziaria della macroarea di riferimento che avrebbe potuto avere, a cascata, conseguenze economiche anche per la Struttura attrice, ma attraverso un iter complesso diverso non riconducibile direttamente alla questione degli sconti tariffari.
Avverso la sentenza aveva proposto appello la RAGIONE_SOCIALE che, reiterate l’eccezione di carenza di giurisdizione e l’eccezione di giudicato esterno per la pronuncia del TAR sulla legittimità dei provvedimenti amministrativi della Regione Campania sugli sconti tariffari, aveva affermato l’erroneità della decisione del Tribunale nella parte in cui aveva accertato l’inapplicabilità, sia in via normativa diretta che in base all’interpretazione degli accordi negoziali, dello sconto tariffario successivamente al triennio 2007-2009 e nella parte in cui aveva escluso la rilevanza del tetto di spesa imposto alla RAGIONE_SOCIALE per le prestazioni della tipologia di quelle in discussione, rese nell’ambito del SSN dalle Strutture accreditate.
La Corte d’Appello di RAGIONE_SOCIALE aveva invitato le parti, con ordinanza del 10.7.2023, ‘ ad interloquire riguardo: 1) alla sussistenza dell’accreditamento, provvisorio o definitivo, in virtù di un provvedimento all’uopo emanato dall’autorità a ciò
deputata; 2) alla validità ed efficacia degli accordi contrattuali prodotti in giudizio, con riferimento alle prestazioni effettuate in ciascuno dei periodi per i quali è stato sollecitato il pagamento, anche antecedente a quello di stipula dei contratti ‘. RAGIONE_SOCIALE aveva di conseguenza evidenziato che la sussistenza dell’accreditamento era pacificamente desumibile dai contratti, prodotti in atti sin dal giudizio di primo grado, la cui stipula presupponeva, di per sé, appunto l’accreditamento; comunque la società aveva dichiarato (e documentato) di essere accreditata definitivamente ai sensi degli articoli 8-bis ss., del d.lgs. n. 502 del 1992 a decorrere dall’anno 2015, in forza di Decreto del Commissario ad acta per la prosecuzione del Piano di rientro del settore sanitario della regione Campania, n. 175 dell’1/12/2015, e di aver operato, per il periodo precedente, in regime di accreditamento temporaneo ai sensi dell’art. 6, comma 6, della legge n. 724 del 1994 (disciplina operante nelle more dell’adozione della normativa regionale in materia di accreditamento istituzionale).
5. La Corte d’Appello di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n. 1488/2023, pubblicata il 20.12.2023, aveva respinto l’eccezione di carenza di giurisdizione ma aveva accolto, nel merito, l’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE rigettando la domanda proposta da RAGIONE_SOCIALE sulla base della seguente motivazione (le parti tra virgolette sono letteralmente riportate dalla motivazione della sentenza): -al fine di ottenere la remunerazione di prestazioni effettuate per conto ed a carico del servizio sanitario nazionale, era necessario prima di tutto ‘… aver ottenuto l’accreditamento’ e quindi ‘anche avere stipulato, nelle forme stabilite dalla legge, uno specifico accordo contrattuale ‘, pure integrante un ‘ indispensabile presupposto costitutivo del credito vantato ‘; -‘ l’accreditamento deve necessariamente risultare … da un provvedimento di competenza regionale, all’esito dei procedimenti amministrativi all’uopo previsti dalla legge ‘; -l’art. 6, comma 6, della legge n. 724 del 1994, aveva riconosciuto alle strutture private, già convenzionate, in possesso dei requisiti previsti dalla normativa vigente e che avessero accettato il sistema di remunerazione a prestazione ‘ il diritto all’accreditamento, ma non certo a prescindere da qualsivoglia provvedimento amministrativo, atteso che la scelta delle strutture private legittimate ad erogare prestazioni sanitarie non può che avvenire in seguito ad un ponderato scrutinio della sussistenza dei requisiti qualitativi previamente stabilite dalle regioni … nonché nel rispetto dei limiti quantitativi determinati sulla base dele risorse finanziarie e del fabbisogno territoriale di assistenza RAGIONE_SOCIALE ‘; -‘ nessuna erogazione di prestazioni sanitarie finanziariamente riconducibili ‘ al SSN è possibile ‘ qualora non sia
dimostrato il rapporto di accreditamento -unitamente ai presupposti che lo rendono operante- della struttura privata che ne invochi la remunerazione ed al di fuori di uno specifico accordo contrattuale instaurato con la pubblica amministrazione ‘; -‘ al cospetto di un contratto privo della forma richiesta ad substantiam non è possibile, inoltre, concepire alcuna forma di sanatoria, convalida o ratifica, né è possibile attribuire alcuna efficacia ad eventuali atti ricognitivi compiuti dalle parti ‘, con conseguente impossibilità, sul piano processuale, ‘ di applicare il principio di non contestazione ‘; -la società ‘ nulla ha dimostrato, non avendo prodotto in giudizio, entro i termini all’uopo previsti dall’ordinamento processuale, alcun documento comprovante la sussistenza, in relazione all’epoca alla quale si riferiscono le prestazioni … di un rapporto di accreditamento, né – quantomeno con riferimento a parte delle prestazioni dedotte in giudizio – contrattuale, instaurato nelle forme richieste dalla legge, a pena, peraltro, di nullità rilevabile anche d’ufficio ‘; -‘ nessuno … dei documenti prodotti in giudizio – entro i termini decadenziali stabiliti dalla legge – integra un vero e proprio provvedimento di accreditamento di competenza regionale’, mentre con riferimento ai contratti versati in atti ‘sono stati sottoscritti nel corso di – e non antecedentemente a- ciascun atto di riferimento ‘; -per tale ragione ‘ per le prestazioni erogate prima della loro stipula, sarebbe quantomeno opinabile – al di là di quanto in essi previsto con riferimento alla loro efficacia temporale – applicarli retroattivamente, proprio per i rigorosi vincoli formali – consustanziali alla genesi stessa di un rapporto valido ed efficace con la pubblica amministrazione ‘; -non sarebbe stata fornita ‘ alcuna dimostrazione, in termini appaganti e convincenti, della sussistenza, in relazione al periodo dedotto in giudizio, di un provvedimento amministrativo di accreditamento, tale da rendere giustificate e, quindi, remunerabili, le prestazioni erogate ‘, poiché la società si sarebbe limitata ad affermare di essere autorizzata ad operare ‘ in regime di provvisorio accreditamento ‘; -con l’ordinanza interlocutoria le parti erano state invitate a svolgere difese in ordine alla sussistenza di un provvedimento amministrativo idoneo all’instaurazione di un rapporto di accreditamento ‘e non certo a depositare documenti, la cui utilizzabilità, ai fini della decisione, sarebbe stata oltremodo perplessa ‘, trattandosi ‘ di nuovi documenti, che la società appellata avrebbe dovuto tempestivamente versare in atti, essendo inerenti a fatti costitutivi … della pretesa creditoria azionata, riguardo alla cui sussistenza l’RAGIONE_SOCIALE aveva formulato contestazioni già nel corso del giudizio di primo grado,
integrando l’eventuale ammissione di nuove prove – in dispregio, peraltro, dei principi enucleabili, con riferimento al giudizio di secondo grado, dall’art. 345, comma 3º, del codice di procedura civile – uno stravolgimento del sistema’ ; il decreto n. 175 del 2015 relativo all” accreditamento istituzionale definitivo ‘ risalirebbe comunque ad un’epoca successiva a quella alla quale si riferiscono le prestazioni oggetto di causa mentre, quanto all’accreditamento provvisorio, l’art. 8quater, comma 7, del d.lgs. n. 502 del 1992 lo ha previsto soltanto per le nuove strutture per l’eventuale ampliamento della tipologia delle prestazioni sanitarie già erogate in base alle originarie convenzioni; l’art. 6, comma 6, della legge n. 724 del 1994, avrebbe invece ‘ disposto la definitiva cessazione della disciplina contrattuale ancora in atto, con l’entrata in vigore del sistema di remunerazione a tariffa, consentendo la prosecuzione dell’attività di erogazione delle prestazioni subordinatamente alla formale accettazione – da parte degli operatori sanitari – di tale sistema di remunerazione ‘ e rendendo necessario ‘ un nuovo titolo nel caso in cui fosse stata prevista l’erogazione di prestazioni ulteriori e diverse rispetto a quelle originariamente assentite ‘; -la Corte costituzionale, con la sentenza n. 416 del 1995, nel dichiarare infondata la questione, ha interpretato la norma nel senso che ‘ in via transitoria, per gli anni 1995 e 1996, l’accreditamento avvenisse automaticamente, come forma di conversione del rapporto in atto, ma pur sempre in seguito ad uno specifico procedimento regionale, comportante ricognizione e verifica, per i soggetti – pubblici e privati – che fornivano le prestazioni, a condizione, appunto, che avessero accettato il sistema – nuovo – di remunerazione a prestazione ‘; in conclusione, nel nuovo sistema l’accesso alla qualifica di erogatore del servizio continuava ‘ ad essere mediata da un provvedimento amministrativo ‘ di competenza regionale.
Avverso la sentenza della Corte d’Appello di RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE affidandolo a sette motivi.
Nullità della sentenza per violazione degli artt. 112 c.p.c., 2909 c.c. e 324, 329, 342 c.p.c. ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4 c.p.c., in relazione alla esistenza di un giudicato interno sulla sussistenza di un rapporto di accreditamento tra l’RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
La sentenza impugnata sarebbe illegittima nella parte in cui afferma la presunta insussistenza, per carenza di prova, di un rapporto di accreditamento in favore della società ricorrente, senza considerare che non vi sarebbe stato appello sul punto da
parte dell’RAGIONE_SOCIALE e che quindi la questione sarebbe stata coperta da giudicato. Il giudizio di appello, infatti, avrebbe avuto ad oggetto esclusivamente l’accertamento della illegittimità della pretesa dell’RAGIONE_SOCIALE di trattenere sulle fatture attinenti alle incontestate prestazioni svolte un importo a titolo di ‘sconto’, in applicazione dell’art. 1 co.796 della Legge 27.12.2006 n. 296, mentre la sussistenza del rapporto di accreditamento sarebbe stata pacifica e incontestata.
b) Nullità della sentenza per violazione degli artt. 112 c.p.c., 2909 c.c. e 324, 329, 342, 132 c.p.c., 111, comma 6, Cost., ai sensi degli artt. 360, comma 1, nn. 3 e 4 c.p.c., in relazione alla esistenza di un giudicato interno sul fatto della sussistenza di ‘validi ed efficaci’ rapporti contrattuali stipulati tra le parti ‘con riferimento a parte delle prestazioni dedotte in giudizio’; nonché motivazione perplessa e apparente sul punto.
Per quanto la sentenza fondi il rigetto della pretesa sulla asserita ‘dirimente’ carenza del rapporto di accreditamento, la pronuncia sarebbe illegittima anche nella parte in cui afferma una presunta insussistenza, ‘ quanto meno con riferimento a parte delle prestazioni dedotte in giudizio ‘, di un ‘ valido ed efficace ‘ rapporto contrattuale instaurato tra le parti: si tratterebbe anche in tal caso di questione coperta da giudicato interno per mancata impugnazione specifica da parte dell’ASL. L’illegittimità della sentenza sul punto deriverebbe altresì dalla formula dubitativa con cui la Corte d’Appello ha ritenuto ‘opinabile’ l’efficacia dei contratti annualmente sottoscritti rispetto alle prestazioni rese in data precedente alla loro formale sottoscrizione, mancando quindi una chiara statuizione di tale supposta inefficacia.
c) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 c.p.c. e 2697 c.c. ai sensi dell’art. 360, co. 1, nn. 3 e 4 c.p.c., in relazione all’asserita mancanza di prova di documentazione valida e idonea a giustificare la remunerazione delle prestazioni sanitarie rese dalla società ricorrente, con particolare riferimento al rapporto di accreditamento e agli accordi contrattuali sottoscritti tra le parti.
La Corte d’Appello di RAGIONE_SOCIALE errerebbe anche nell’affermare una presunta insufficienza probatoria in relazione alla documentazione idonea a giustificare l’esistenza di un regolare rapporto di accreditamento della società ricorrente, perché avrebbe omesso di considerare che si sarebbe trattato di circostanza non contestata tra le parti, avendo il giudizio avuto ad oggetto esclusivamente l’accertamento della
illegittimità della pretesa dell’RAGIONE_SOCIALE di operare sulle fatture attinenti alle prestazioni svolte lo sconto tariffario normato invece solo per il triennio 2007/2009.
d) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 8, 8bis , 8quater e 8quinquies , del d.lgs. n. 502 del 1992, dell’art. 6, comma 6, della l. n. 724 del 1994, e dell’art. 1, commi 237quater e ss., della l.r. Campania n. 4 del 2011, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., in relazione all’asserita necessità di un provvedimento di accreditamento di competenza regionale, quale presupposto per l’erogazione di prestazioni sanitarie per conto e a carico del SSN in regime di accreditamento transitorio.
La sentenza d’appello è avvinta da violazione e falsa applicazione di legge nella parte in cui ha affermato, in contrasto con la normativa e con la consolidata giurisprudenza in materia, che l’erogazione di prestazioni sanitarie per conto e a carico del RAGIONE_SOCIALE da parte delle strutture private in regime di accreditamento transitorio ai sensi dell’art. 6, comma 6, della l. n. 724 del 1994 richiederebbe, come presupposto imprescindibile, il rilascio di un provvedimento di accreditamento di competenza regionale e che, a fronte di ciò, la società ricorrente non avrebbe dimostrato la sussistenza di tale fatto costitutivo della pretesa creditoria azionata in primo grado, non avendo prodotto in giudizio un simile provvedimento.
Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 8bis , 8quater e 8quinquies , del d.lgs. n. 502 del 1992, dell’art. 2, comma 7, del d.p.r. 14.1.1997, dell’art. 32, comma 8, della l. 27 dicembre 1997, n. 449 e dell’art. 1322 c.c., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., in relazione all’asserita necessità della stipula degli accordi contrattuali tra RAGIONE_SOCIALE e struttura privata accreditata in data antecedente a quella di fissazione dei tetti di spesa RAGIONE_SOCIALE regionale, quale presupposto per l’erogazione di prestazioni sanitarie per conto e a carico del RAGIONE_SOCIALE.
La sentenza d’appello sarebbe stata pronunciata in violazione e falsa applicazione di legge anche nella parte in cui ha affermato, in teorizzato contrasto con la normativa e con la pacifica giurisprudenza in materia, che, oltre all’accreditamento, l’erogazione di prestazioni sanitarie per conto e a carico del RAGIONE_SOCIALE da parte delle strutture private accreditate presupporrebbe la sussistenza di accordi contrattuali ex art. 8quinquies , del d.lgs. n. 502 del 1992 e s.m.i., sottoscritti antecedentemente a ciascun anno di riferimento, e non in corso d’anno come quelli prodotti dalla società ricorrente, con conseguente insussistenza dei fatti costitutivi della pretesa creditoria azionata in primo grado anche sotto tale profilo.
f) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 101 e 115 e 345 c.p.c. ai sensi dell’art. 360, co. 1, nn. 3 e 4 c.p.c., in relazione alla asserita tardiva e inammissibile produzione dei documenti comprovanti la pretesa creditoria ricorrente.
Salva l’efficacia assorbente dei motivi di ricorso precedenti, la sentenza gravata sarebbe illegittima altresì nella parte in cui ritiene tardiva e (dunque) inammissibile la produzione documentale della ricorrente intervenuta nel corso del giudizio di gravame a seguito del rilievo officioso da parte del giudice di appello in merito alla presunta insussistenza del rapporto di accreditamento; tanto in violazione del principio del contraddittorio rispetto a questioni officiosamente rilevate.
g) Omesso esame di un fatto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5; nullità della sentenza per manifesta illogicità della motivazione ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4 c.p.c., nella parte in cui, travisando il contenuto della prova documentale offerta e con motivazione incompatibile con detta prova, non ritiene provato il rapporto di accreditamento.
La sentenza gravata sarebbe illegittima, infine, nella parte in cui ritiene ‘non provata’ la circostanza che RAGIONE_SOCIALE operasse in regime di accreditamento nonostante la prova documentale offerta in merito dalla società ricorrente, avendo letteralmente travisato il contenuto oggettivo della documentazione prodotta, dal quale era pacificamente e oggettivamente risultante, senza necessità di interpretazione alcuna, l’esistenza di un valido rapporto di accreditamento di tipo ‘transitorio’ all’epoca delle prestazioni rese, con motivazione logicamente incompatibile con gli atti e le risultanze probatorie del processo.
Ha proposto controricorso la RAGIONE_SOCIALE, chiedendo il rigetto del ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE e prospettando, altresì l’abusivo frazionamento del credito ad opera della controparte, che avrebbe richiesto in separato giudizio con decreto ingiuntivo del 31.3.2014 il pagamento di prestazioni rese nei mesi di luglio, agosto, settembre e ottobre 2012, con abuso dello strumento processuale e conseguente improponibilità della domanda di pagamento proposta.
la società ricorrente ha depositato memoria ex art.380 bis 1 c.p.c.
Ragioni della Decisione
Si rileva in primis l’inammissibilità della questione relativa al prospettato illegittimo frazionamento del credito da parte di RAGIONE_SOCIALE, sollevata per la prima volta dalla RAGIONE_SOCIALE in questa sede: la questione in esame involge l’esistenza e la valutazione di situazioni in fatto che debbono essere state introdotte tempestivamente
nel giudizio e che, nel caso concreto, non risultano essere mai state allegate nelle fasi di merito -cfr. Cass. n.4867/2024 e Cass. n.18246/2024-: la RAGIONE_SOCIALE non indica quando, su che presupposti e con che esito avrebbe sollevato e supportato la questione nelle fasi di merito, ed anzi dalla stessa prospettazione contenuta nel controricorso è possibile derivare che essa non sia mai stata sollevata e documentata prima.
10. Si esaminano congiuntamente i primi due motivi di ricorso per cassazione proposti da RAGIONE_SOCIALE, perché strettamente connessi e correlabili alla valutazione di sussistenza, nel caso concreto, di un prospettato giudicato interno sull’esistenza dell’accreditamento e dei contratti scritti per gli anni 2010/2012, in tesi violato dalla Corte d’Appello di RAGIONE_SOCIALE.
11. Le norme di riferimento per l’identificazione di un eventuale giudicato interno, da valutare nella controversia sub iudice a partire dalla decisione assunta dal Tribunale di RAGIONE_SOCIALE in ordine alle domande ed eccezioni tempestivamente introdotte dalle parti, volte alla verifica di sussistenza effettiva del credito fatto valere da RAGIONE_SOCIALE verso la RAGIONE_SOCIALE, sono rappresentate dalle disposizioni processuali che identificano l’ambito del giudizio di appello prima di tutto attraverso i motivi di critica introdotti dalle parti con l’appello principale e incidentale, art.342 e 343 c.p.c., attraverso le questioni riproposte ex art.346 c.p.c. e attraverso le questioni rilevabili d’ufficio e/o nuove nei limiti disegnati dall’art.345 c.p.c.
L’identificazione dell’ambito del giudizio di appello è rimessa, alla luce delle disposizioni richiamate, alle parti, salva la possibilità di rilievi officiosi, disciplinata dall’art.345 c.p.c., limitata peraltro sia dalla necessità che essi si fondino su fatti già allegati/acquisiti al processo, sia dall’assenza di decisione sul punto da parte del Giudice di primo grado. Ove la questione rilevabile d’ufficio sia stata affrontata nel corso del processo di primo grado -è indifferente se su iniziativa delle parti o del Giudice- essa può essere reintrodotta nella fase di appello solo attraverso la proposizione di un motivo specifico di impugnazione, principale o incidentale, e quindi solo attraverso gli strumenti disciplinati dagli art.342 e 343 c.p.c.
12. Sono finalizzate alla identificazione della materia ancora controversa in sede di impugnazione anche le disposizioni dettate dagli art.329 e 336 c.p.c., che integrano i criteri di valutazione emergenti dalle norme sopra richiamate per le ipotesi in cui la sentenza impugnata sia articolata in più parti: l’Art.329 c.p.c., rubricato ‘ Acquiescenza totale o parziale ‘, dopo aver statuito che ‘ Salvi i casi di cui ai numeri 1, 2, 3 e 6 dell’articolo 395, l’acquiescenza risultante da accettazione espressa o da
atti incompatibili con la volontà di avvalersi delle impugnazioni ammesse dalla legge ne esclude la proponibilità ‘, prosegue sottolineando che ‘ L’impugnazione parziale importa acquiescenza alle parti della sentenza non impugnate’ : l’art. 336, rubricato ‘ Effetti della riforma o della cassazione ‘, dispone che ‘ La riforma o la cassazione parziale ha effetto anche sulle parti della sentenza dipendenti dalla parte riformata o cassata. La riforma o la cassazione estende i suoi effetti ai provvedimenti e agli atti dipendenti dalla sentenza riformata o cassata ‘.
13. In base ad una valutazione complessiva da operare su tutte le disposizioni richiamate, nell’ipotesi di sentenza articolata in più parti sono quindi sicuramente oggetto del giudizio di impugnazione: -le domande ed eccezioni la decisione di primo grado sulle quali viene rimessa in discussione attraverso motivi specifici di appello, ex art.342 e 343 c.p.c., e/o, attraverso il richiamo operato dalla parte vittoriosa che insiste per la loro valutazione, le eccezioni e domande effettivamente non esaminate per assorbimento, ex art.346 c.p.c.; rimane altresì aperta la possibilità per il Giudice di operare rilievi d’ufficio -purchè fondati su circostanze di fatto tempestivamente introdotte- e/o per le parti di introdurre istanze istruttorie e domande nuove e di sollecitare l’esercizio dei poteri officiosi del Giudice negli stretti limiti identificati dall’art.345 c.p.c.; -le parti della sentenza che, pur non direttamente impugnate, siano dipendenti da quelle impugnate (art.336 c.p.c.).
14. Più complessa è l’identificazione di quali questioni, decise dalla sentenza impugnata e poste a monte delle parti di questa sottoposte a critica, siano suscettibili di rivisitazione nella fase di appello anche in assenza di formulazione di doglianze specifiche su di esse, che è l’ambito di operatività dell’art.329 c.p.c. il quale offre i criteri interpretativi di riferimento per l’individuazione del giudicato interno: si tratta, in sostanza, di comprendere quale sia il significato da attribuire alla disposizione secondo cui ‘ L’impugnazione parziale importa acquiescenza alle parti della sentenza non impugnate’ e, in particolare, come si debba intendere e identificare la ‘parte della sentenza’ idonea a costituire giudicato nell’ambito del processo non ancora definito.
Indicazioni utili per la verifica indicata emergono dalla sentenza della Corte di Cassazione a SSUU n.21691/2016 che evidenzia, in motivazione, come il codice di proceduta civile, ‘ nella parte dedicata alle impugnazioni in generale, dopo aver affermato che si intende passata in giudicato la sentenza che non è più soggetta ad impugnazioni ed in particolare a ricorso per cassazione, considera, in alcune
disposizioni, l’ipotesi di sentenze articolate in più parti ‘; ‘ Lo fa nella norma sull’acquiescenza parziale, affermando che “l’impugnazione parziale importa acquiescenza alle parti della sentenza non impugnata” (art. 329, secondo comma). Tale previsione però presuppone che le parti della sentenza non siano collegate da un nesso per il quale l’impugnazione della parte principale se accolta comporta l’automatico e necessario venir meno di altre parti. In dottrina si sottolinea giustamente che il principio enunciato dall’art. 329, secondo comma, può valere solo per i capi che siano autonomi e indipendenti da quello impugnato. La giurisprudenza della Corte è nello stesso senso: cfr., ex plurimis, Cass., 23 ottobre 1998, n. 10550, 2 maggio 1967, n. 810, 9 aprile 1996, n. 3271, 18 ottobre 2005, n. 20143, 30 ottobre 2007, n. 22863, sez. un., 22 novembre 1994, n. 9872 ‘; si può verificare l’ipotesi in cui l’appellante, rimetta in discussione un punto della decisione implicante necessariamente pure la volontà di caducare anche la parte conseguente, strettamente collegata ad esso da un nesso causale, e in questo caso si deve considerare espressa chiaramente la volontà di non acquietarsi all’intera decisione di cui si mira a scardinare la parte principale con i suoi corollari; ‘ Non vale invece l’inverso: qualora l’impugnazione sia volta solo contro uno ‘ dei corollari, si deve ritenere sia intervenuta acquiescenza sulla parte principale.
Il giudicato interno viene pertanto ad essere individuato come relativo ad una statuizione minima costituita dalla sequenza fatto-norma-effetto, suscettibile in relazione a quest’ultimo di acquisire autonoma efficacia decisoria nell’ambito della controversia sulle parti della sentenza di primo grado non investite dall’impugnazione (così, prima della pronuncia richiamata, Cass. a SSUU n.14806/2014, che fa riferimento a pronunce precedenti nello stesso senso).
Le pronunce di legittimità successive sono negli stessi termini, e ripetono quindi un orientamento interpretativo che si può considerare consolidato nel senso che ‘ Costituisce capo autonomo della sentenza – come tale suscettibile di formare oggetto di giudicato interno – solo quello che risolva una questione controversa tra le parti, caratterizzata da una propria individualità e una propria autonomia, sì da integrare, in astratto, gli estremi di un “decisum” affatto indipendente, ma non anche quello relativo ad affermazioni che costituiscano mera premessa logica della statuizione in concreto adottata ‘. Così Cass.n.2379/2018 che rileva, in motivazione: ‘ quanto all’invocato giudicato interno, occorre rammentare che questo non è configurabile rispetto a meri passaggi argomentativi o alla valutazione delle prove
che attengono al capo di sentenza oggetto di impugnazione; che secondo principio già affermato nella giurisprudenza di questa Corte, cui qui si intende dare continuità, costituisce capo autonomo della sentenza – come tale suscettibile di formare oggetto di giudicato interno – solo quello che risolva una questione controversa tra le parti, caratterizzata da una propria individualità e una propria autonomia, sì da integrare, in astratto, gli estremi di un decisum affatto indipendente, ma non anche quello relativo ad affermazioni che costituiscano mera premessa logica della statuizione in concreto adottata ‘ -cfr. anche Cass. n.30728/22, che ha ribadito gli stessi principi in un’ipotesi in cui è stata esclusa l’operatività del giudicato interno: ‘ Il giudicato interno non si determina sul fatto ma su una statuizione minima della sentenza, costituita dalla sequenza rappresentata da fatto, norma ed effetto, suscettibile di acquisire autonoma efficacia decisoria nell’ambito della controversia, sicché l’appello motivato con riguardo ad uno soltanto degli elementi di quella statuizione riapre la cognizione sull’intera questione che essa identifica, così espandendo nuovamente il potere del giudice di riconsiderarla e riqualificarla anche relativamente agli aspetti che, sebbene ad essa coessenziali, non siano stati singolarmente coinvolti, neppure in via implicita, dal motivo di gravame. … ‘ -.
Emerge quindi univocamente dal disposto dell’art.329 c.p.c., come uniformemente interpretato dalla giurisprudenza di questa Corte, che la ‘parte di sentenza’ non più rimettibile in discussione -in assenza di motivi di censura specifici- suscettibile di acquisire la stabilità del giudicato interno è quella minima unità decisoria individuata nella sequenza logica costituita dal fatto, dalla norma e dall’effetto giuridico, ossia quella statuizione che affermi l’esistenza di un fatto sussumibile sotto una norma che ad esso ricolleghi un dato effetto giuridico.
16. Così evidenziati i criteri di riferimento per l’individuazione del giudicato interno, si devono valutare alla luce di essi le critiche esposte da RAGIONE_SOCIALE nei primi due motivi di ricorso per cassazione, a partire dal contenuto della sentenza di primo grado e dall’identificazione dell’ambito del giudizio di appello effettuata attraverso il contenuto dell’atto di impugnazione di RAGIONE_SOCIALE e le difese svolte dalla società appellata.
17. Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE aveva ritenuto fondata ‘ La pretesa creditoria di parte attrice (…) sulla documentazione dalla stessa prodotta, ossia i contratti ex art. 8quinquies d.lgs. n.502/92 stipulati con la RAGIONE_SOCIALE per gli anni 2010, 2011 e
2012, le notule distinte riepilogative con relative fatture, da cui emergono la quantità e qualità delle prestazioni erogate agli assistiti del S.S.N. nel periodo di tempo ivi indicato e nella branca di appartenenza, nonché i relativi esiti valutativi di riscontro della ASL, depositati, peraltro, anche da quest’ultima e dai quali si evince l’esatta corrispondenza dell’importo oggetto della domanda all’importo trattenuto a titolo di sconto ‘. Il primo Giudice aveva altresì proceduto alla valutazione analitica dei contratti prodotti dalla società attrice per escluderne, infine, l’interpretazione nel senso che lo sconto tariffario previsto dalla legge n.296/2006, non necessitato dall’applicazione diretta delle norme in essa contenute in quanto valide per il solo triennio 2007/2009, fosse stato comunque concordato pattiziamente anche per le annualità successive al 2009 a prescindere dall’esistenza di una previsione normativa. Il Tribunale aveva altresì evidenziato che ‘… occorre premettere che, per ormai consolidata giurisprudenza di legittimità, in tema di pretesa creditoria della struttura RAGIONE_SOCIALE accreditata per le prestazioni erogate nell’ambito del RAGIONE_SOCIALE, il mancato superamento del tetto di spesa, fissato secondo le norme di legge e nei modi da esse previsti, non integra un fatto costitutivo la cui prova deve essere posta a carico della parte creditrice (struttura RAGIONE_SOCIALE accreditata), mentre rileva come fatto impeditivo il suo avvenuto superamento, con conseguente onere della prova, ex art. 2697 ‘ c.c. a carico della parte debitrice, cioè la RAGIONE_SOCIALE; in ogni caso, a prescindere dall’adeguatezza della prova offerta dalla RAGIONE_SOCIALE, ‘il superamento dei tetti di spesa appare essere un falso problema. Invero, se anche tale superamento fosse effettivamente configurabile, ciò non pregiudicherebbe il diritto dell’attrice ad ottenere il pagamento delle somme indebitamente decurtate a titolo di sconto tariffario, atteso che tali somme rientrano, fino a prova contraria, nelle prestazioni legittimamente eseguite dalla struttura accreditata sulla base delle previsioni contrattuali, le quali risultano viziate nella parte in cui hanno richiamato uno sconto non più applicabile per legge. Non si tratta, cioè, nel caso di specie, di remunerare prestazioni extra budget ‘ bensì di garantire l’integrale pagamento di prestazioni già rese e accettate.
E’ evidente, dalle parti della motivazione della sentenza di primo grado riportate, che il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE aveva specificamente esaminato, nel rispetto del principio del contraddittorio e applicando il disposto degli art.115 e 116 c.p.c., gli elementi di prova documentale prodotti dalle parti per derivarne l’effettiva situazione di struttura accreditata di RAGIONE_SOCIALE, presupposto del resto necessario per la stipula di contratti
per prestazioni rientranti nell’ambito del SSN con la RAGIONE_SOCIALE, contratti che sono stati ritenuti esistenti e validi e che sono stati analiticamente interpretati al solo fine di verificare il diritto di ASL di applicare gli sconti tariffari in contestazione quantomeno su base pattizia -pacifico essendo, invece, il diritto di RAGIONE_SOCIALE ad ottenere il corrispettivo per le prestazioni effettivamente rese nel periodo 2010/2011/2012-.
18. Nei motivi di appello articolati la RAGIONE_SOCIALE, dopo aver ricostruito i fatti posti a fondamento della controversia precisando che ‘ A fondamento della pretesa creditoria ‘ RAGIONE_SOCIALE, ‘ che opera in regime di accreditamento con l’RAGIONE_SOCIALE ai sensi del D.lvo 502/92 e ss.mm.ii. erogando prestazioni afferenti la macroarea della patologia clinica, ha posto la ritenuta errata applicazione dell’art.1,comma 796 lett.O L. n.296/06 (legge finanziaria dello Stato per l’anno 2007) ‘ (e dopo aver riproposto come prima doglianza, respinta anche in sede di appello e non più coltivata in questa sede, l’eccezione di carenza di giurisdizione dell’AGO) aveva prospettato le seguenti critiche al deciso di primo grado: -B. ‘ Sulla non debenza delle somme richieste dalla appellata/superamento del tetto di spesa quale eccezione estintiva della pretesa . B.1- La sentenza di primo grado viene espressamente censurata, inoltre, da pag. 13 a pag. 21, ovvero a partire da ‘…Entrando nel merito della controversia, la norma oggetto di causa…’ (cfr. pag.13) fino a: ‘… sicché la pretesa azionata è astrattamente qualificabile come diritto soggettivo ad ottenere l’adempimento di un’obbligazione pecuniaria’ (cfr. pag.21). La concludente difesa si limita solo ad osservare il carattere ‘fantasioso’ della interpretazione fornita dal Giudice di prime cure alle clausole contrattuali secondo la quale le parti contraenti, con l’inciso al netto dello sconto, non avrebbero escluso di fatto la inapplicabilità dello sconto medesimo. … RAGIONE_SOCIALE ha dedotto fin dalla sua costituzione in giudizio ‘ che la normativa introdotta dalla Legge 27.12.2006 n. 296 ‘ prevede espressamente che dalla propria entrata in vigore le strutture private accreditate, ai fini della remunerazione delle prestazioni rese per conto del RAGIONE_SOCIALE, dovessero praticare uno sconto pari al 2% degli importi indicati per le prestazioni specialistiche di cui al decreto del Ministero della Sanità del 22.07.1996 e pari al 20% degli importi indicati per le prestazioni di diagnostica di laboratorio del medesimo decreto. L’applicazione dello sconto è stata recepita nei contratti ex art.8 quinquies D.lgs. n.502/92, successivi all’anno 2009 e precisamente negli anni 2010 al 2013 … ‘. L’RAGIONE_SOCIALE ha dedotto che le parti si erano espressamente
assoggettate al rispetto delle disposizioni commissariali sottoscrivendo i contratti ex art.8 quinquies D.lgs. 502/92 per l’anno 2010, 2011, 2012 e 2013. L’art.5) dei richiamati contratti vincolerebbe le parti alla esecuzione dei decreti commissariali prevedendo espressamente che ‘ Le remunerazioni delle prestazioni alle strutture erogatrici avverrà sulla base delle tariffe regionali vigenti al netto degli sconti di legge e fatti salvi eventuali adeguamenti tariffari che, tuttavia, non potranno comportare aumento del limite di spesa di cui all’art.4, se non espressamente modificato con decreto del Commissario AVV_NOTAIO per l’attuazione del Piano di Rientro o delibera della Giunta Regionale ‘; infine, ‘ con la sottoscrizione dei contratti ex art.8 quinquies D.lgs. 502/92, è stata formalmente e sostanzialmente accettata dalla società appellata l’applicazione dello sconto ex art.1 co.796 lett.o) della L. 296/06. I contratti sottoscritti dalle parti non possono essere tacciati di nullità parziale sicché erra il Tribunale nell’accogliere la domanda sul punto. L’erogatore privato, sottoscrivendo il contratto, accetta incondizionatamente il contenuto e gli effetti dei provvedimenti di determinazione dei tetti di spesa, di determinazione delle tariffe e ogni altro atto agli stessi collegato o presupposto, in quanto atti che determinano il contenuto del contratto e rinuncia alle relative impugnazioni. … E’ stato autorevolmente osservato che le strutture private, che operano e cooperano in regime di accreditamento all’erogazione del servizio sanitario, non possono ignorare questa fondamentale esigenza pubblica, di preminente valore costituzionale perché implicante un difficile equilibrio tra la preservazione del diritto alla salute (art. 32 Cost.), nel suo nucleo irriducibile, e le esigenze di contenimento della spesa nel settore della sanità pubblica in una fase sfavorevole del ciclo economico (art. 81 Cost., come sostituito dalla l. cost. n. 1 del 2012) ‘. Gli altri profili di critica ex art.342 c.p.c. formulati dalla RAGIONE_SOCIALE avevano riguardato l’irrilevanza, ritenuta dal Tribunale, dei limiti di spesa e l’omessa pronuncia sull’eccezione di giudicato esterno proposta per la ritenuta valenza della sentenza del TAR RAGIONE_SOCIALE – N. 4425/2017- non impugnata, che si è pronunciata sulla questione della legittima applicazione dello sconto tariffario per gli anni 2010-2011 e 2012.
Le parti dell’atto di citazione in appello della RAGIONE_SOCIALE, sopra evidenziate, delimitano chiaramente l’ambito delle critiche formulate nel merito dall’appellante al deciso di primo grado alla questione dell’effettiva applicabilità dello sconto tariffario per gli anni successivi al 2009 alle prestazioni effettivamente rese da RAGIONE_SOCIALE
nell’interesse del SSN, per diretta disposizione di legge (con applicazione diretta della l. n.296/06) o comunque per volontà negoziale espressa dalle parti negli accordi conclusi per gli anni in esame, e alla valenza da riconoscere nella presente controversia al tetto di spesa.
19. A fronte della chiara presa di posizione del Giudice di primo grado sia sull’esistenza dell’accreditamento, sia sull’esistenza dei contratti scritti e sull’interpretazione di questi ritenuta corretta, La RAGIONE_SOCIALE non ha mai messo in discussione né la qualità di struttura accreditata di RAGIONE_SOCIALE -anzi espressamente ammessa ancora nell’atto di appello-, né l’esistenza di accordi scritti effettivamente e validamente intervenuti tra le parti negli anni 2010-2012, lamentandosi solo dell’interpretazione offerta dal primo Giudice di detti accordi negoziali in relazione allo sconto (le difese svolte da RAGIONE_SOCIALE avanti alla Corte d’Appello di RAGIONE_SOCIALE non hanno rimesso in discussione le questioni dell’accreditamento e dell’esistenza dei contratti, trattandosi di punti di decisione ad essa favorevoli).
20. Ne consegue che, in applicazione dell’art.329 c.p.c., non potevano essere più messi in discussione, in appello, né l’esistenza dell’accreditamento presso il SSN di RAGIONE_SOCIALE per gli anni 2010-2012, né l’esistenza per gli stessi anni di contratti in forma scritti validi come fonti negoziali disciplinanti i rapporti tra le parti e regolanti le prestazioni effettivamente rese da RAGIONE_SOCIALE in basi ad essi, accettate e remunerate dalla ASL. Queste parti della sentenza del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE esaminano infatti i rapporti intervenuti tra le parti nel periodo 2010/2012 (fatto), inquadrandoli e interpretandoli nell’ambito della normativa di riferimento (norma) per derivarne la loro piena legittimità, sia quanto alla posizione della struttura (accreditamento) e all’esistenza di contratti stipulati validamente, sia quanto alla conseguente legittimità ed effettività delle prestazioni rese e del correlato sorgere del diritto ad ottenerne il corrispettivo -effetti-; esse sono autonome rispetto alla materia ancora controversia in sede di impugnazione e conservano decisività e definitività a prescindere dall’esito della valutazione dei motivi di contestazione nel merito formulati dalla ASL riguardanti -si ripete- solo la legittimità degli sconti tariffari praticati (su prestazioni non contestate sia nella loro effettività e quantità, sia nella loro monetizzazione al lordo degli sconti) e la rilevanza da attribuire, in concreto, ad eventuali sforamenti del tetto di spesa ove gli sconti non debbano trovare applicazione.
21. Sull’esistenza dell’accreditamento e sull’esistenza di validi contratti scritti si è formato il giudicato interno nel momento in cui la RAGIONE_SOCIALE, proponendo appello contro la sentenza del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, non ha messo in discussione le parti di decisione relative alle questioni evidenziate.
La Corte d’Appello di RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto decidere -oltre che l’eccezione di giurisdizione, effettivamente esaminata- il merito della controversia dando per presupposti, alla luce dei motivi di impugnazione proposti dalla RAGIONE_SOCIALE e del disposto dell’art.329 c.p.c., sia l’esistenza dell’accreditamento, sia l’esistenza dei contratti, a prescindere dall’essere o meno concorde con le valutazioni in fatto e in diritto, non più sindacabili, attraverso le quali il primo Giudice aveva giustificato il suo convincimento al riguardo.
La Corte di merito ha invece rimesso in discussione, esercitando poteri d’ufficio che non erano più esercitabili per l’intervento del giudicato interno, le questioni già definite all’esito del giudizio di primo grado e non ha trattato, per assorbimento nella diversa valutazione data alle prime, le questioni ancora effettivamente controverse sulla base della proposta impugnazione, che avrebbero dovuto essere invece l’unico effettivo oggetto del giudizio di appello.
La definitività della pronuncia del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE in ordine all’accreditamento di RAGIONE_SOCIALE e all’esistenza e validità dei contratti necessari a giustificare le prestazioni sanitarie rese dalla struttura per il SSN negli anni 20102012, assorbe ogni considerazione riguardante la correttezza della valutazione del materiale probatorio acquisito e dell’applicazione del principio di non contestazione, ex art.115 c.p.c., da parte del Giudice di primo grado, correttezza sulla quale, proprio per l’esistenza del giudicato, la Corte d’Appello non avrebbe potuto né dovuto interloquire rivalutando in modo autonomo quanto già definitivamente accertato e le modalità tecniche dell’accertamento.
Sono assorbiti gli altri motivi di critica proposti ex art.360 c.p.c. da RAGIONE_SOCIALE
Alla luce delle considerazioni svolte, la sentenza impugnata deve essere cassata per la fondatezza dei primi due motivi di ricorso proposti, con assorbimento dei rimanenti; si rinvia alla Corte d’Appello di RAGIONE_SOCIALE che, in diversa composizione, provvederà anche sulla determinazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie i motivi primo e secondo di ricorso; dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata in ordine motivi accolti, con rinvio alla Corte d’appello di
RAGIONE_SOCIALE, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 6 novembre 2024